mercoledì 6 ottobre 2010

La madre Patria è al nord. Noi siamo una colonia.


di Antonio Perrucci

Diffusamente, in forme più o meno esplicite, molti media riportano dichiarazioni di politici, storici che invitano a considerare nel bene e nel male l’esistenza di una Patria che accomuna le varie parti d’Italia. Inutile recriminare su ciò che è stato, guardiamo al presente e ad un comune “prospero” futuro. Abbiamo una Patria e quindi teniamocela ben stretta, anche se questa Patria, quasi una madre snaturata presta poca attenzione ai suoi figli che hanno avuto la sventura di nascere oltre il Garigliano. Molto bene ha scritto Veneziani accusando di supponenza e infingardaggine la pletora di storici di regime incollati alle loro cattedre e che continuano a produrre senza mai sfiorare il nocciolo del problema. Questi storici di regime, hanno semplicemente interrotto la storia di una parte di questa Patria e hanno fatto sì che un Popolo, quello del Sud, si sentisse come portatore di un peccato originale. Da 150 anni siamo il fardello che pesa e rallenta lo sviluppo del Nord. Viviamo una storia negata, dove un Borbone viene considerato uno straniero dal quale conviene liberarsi per finire sotto un Savoia arciitaliano, anche se incapace di parlare la lingua di dante e valletto delle diplomazie anglo-francese. Meglio che niente, meglio piuttosto ed è così da troppo tempo. Promesse e mazzate. Scorre il tempo, cambiano i metodi ma non il risultato se, oggi leggo, che la disoccupazione al Sud ha raggiunto l’11%. E con gli inoccupati a quale percentuale si arriva? Il 25-30%? Naturalmente i figli del Sud obbligati ad emigrare non vengono conteggiati. Alle promesse di un “re galantuomo” e di un “fine tessitore” seguirono dieci anni di mazzate, allora la vita di un terrone lombrosianamente incasellato nella genia dei delinquenti abituali dipendeva dal capriccio di un caporale piemontese. I metodi di oggi, sono quelli che ad ogni approssimarsi di elezioni, cominciano a circolare sempre grazie all’egemonia che alcuni hanno sui media e alla collaborazione dei soliti ascari. Basterebbe leggere le dichiarazioni di ogni parte politica; Vendola passa dalla poesia alla “rivolta del Sud”, Fini novello messia parla del Sud come la sua terra promessa, Casini ha il mezzogiorno nel cuore e lo stesso dice il premier Berlusconi in un suo messaggio, Di Pietro pronto a scendere in piazza, Fitto novello Martin Lutero, affigge i suoi otto punti inaugurando la Fiera del Levante. Otto punti e 100 miliardi al Sud, programmati oggi, stanziati forse domani ma quanto alla effettiva erogazione…. Tutti sembrano aver dimenticato l’editto di Scaroni (amm. deleg. ENI) lanciato in quel di Cortina: “..non è conveniente investire al Sud, meglio al Nord o in altri Stati…” i terroni sono troppo assenteisti. E Moretti (amm. deleg. Ferrovie Italia), ci fa capire che: “ … nelle priorità della sua azienda il Sud non compare”.

La storia del Sud sembra cominciare il 5 maggio del 1860, il passato di un Popolo un tunnel affatto illuminato, e se apprendisti storici revisionisti, cultori e studiosi non cattedratici e quindi non titolari della “verità” si confrontano nella ricerca di quel filo che riannodi il filo interrotto della storia, se l’ottimo giornalista Aprile si cimenta con una cronaca particolareggiata e veritiera del “buio risorgimentale”, ben vengano i soloni della storia e che trovino il coraggio di un confronto sereno con quel passato fino ad oggi travisato. In cinque pagine di un suo libro, un ex PdR, Einaudi, in forma molto velata, ebbe l’ardire di accennare ad una larva della verità che è alla base dello sviluppo del Nord e della provocata “ questione meridionale”.-“ Peccammo, è vero di egoismo quando il settentrione riuscì a cingere di una forte barriera doganale il territorio nazionale e ad assicurare alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale. Noi riuscimmo così a far affluire dal Sud al Nord una enorme quantità di ricchezza” (Il Buongoverno pagg.147/151).

Eravamo nel 1878, in 18 anni le industrie del Sud erano state distrutte, non avremmo più esportato noi del Sud, le locomotive che Pietrarsa fabbricava e vendeva al Piemonte già nel 1843, eravamo diventati e ancora siamo il mercato del Nord.

Tratto da: Rete di Informazione del Regno delle Due Sicilie Notiziario Telematico - 6 Ottobre 2010

A conforto suggerisco leggere:

http://pocobello.blogspot.com/2010/05/pietrarsa-il-6-agosto-del-1863-una.html

http://pocobello.blogspot.com/2010/03/ferriera-di-mongiana-calabria-un.html

http://pocobello.blogspot.com/2009/07/prigionieri-di-guerra.html

http://pocobello.blogspot.com/2010/02/la-pagina-piu-nera-della-storia-ditalia.html


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