martedì 15 giugno 2010

Le vere motivazioni della guerra italiana



di Maurizio Barozzi

PREMESSA
: questa analisi storica cerca di attenersi il più -possibile ad avvenimenti e fatti comunemente conosciuti ed appurati. Volutamente non prende in considerazione tanti particolari ed informazioni più o meno segrete ed episodi che si sono svolti dietro le quinte della storia, limitandosi ad accennare all'operato di certe “Consorterie” non meglio specificate, ma sempre riferibili al grande potere e agli interessi dell'Alta Finanza che aveva i suoi Templi sull'asse City di Londra – Wall street.

Ciò non toglie, però, che gli avvenimenti storici non sono, non possono essere, solo quelli che appaiono in superficie, perchè interagiscono nei fenomeni umani, non solo fatti imprevedibili, ma anche strategie più o meno segrete, ben calcolate, che si sommano a tutta una serie di concause, restando dietro le quinte della storia.

Chi strilla al “complottismo”, spesso può avere ragione, se i fatti da cui questo ”complottismo” nasce, non sono appurati e oggettivi, ma il più delle volte è un deficiente che non vuol aprire gli occhi.

Abbiamo comunque scelto di seguire questa pacata metodologia storiografica per la semplice ragione che essendo già difficile, di per sè stesso, far accettare una confutazione della storiografia “politicamente corretta”, retaggio della propaganda di guerra Alleata, con fatti ed elementi comunemente conosciuti, addentrandoci viceversa in una controinformazione che prendesse in considerazione elementi occulti ed informazioni non alla portata di tutti, si sarebbe rischiata l'accusa di “complottismo”.

INTRODUZIONE

La “ versione ufficiale ” della Seconda Guerra mondiale

Semplificando e sintetizzando quanto viene spacciato dalla storiografia ufficiale , quella cioè propinata al grande pubblico, la II° Guerra Mondiale sarebbe dipesa dalle velleità di dominio planetario di un esaltato, Hitler che, sostenuto dal militarismo (dapprima titubante, ma poi sempre più convinto dai ricorrenti successi hitleriani) e dalla grande industria tedesca, desiderosa di mercati e di espansione aveva avuto per anni, con la sua spregiudicatezza in politica internazionale, buon gioco sulle nazioni democratiche, grazie anche all' ingenua politica di appeasement degli inglesi negli anni '30.

Ma Hitler, prosegue questa versione addomesticata, inebriato dai successi conseguiti con i suoi colpi di mano (rimilitarizzazione della Renania, anschluss in Austria (tra l'altro desiderato dalla stragrande maggioranza degli austriaci), Sudeti e occupazione della Cecoslovacchia, ecc.), non riuscendo più a controllarsi nelle sue conquiste (che poi non erano “conquiste” ma riappropriazione di quanto precedentemente rapinato alla Gemania) ai danni dei paesi limitrofi, arrivò all'invasione della Polonia, invasione che aveva alla fine provocato la legittima reazione armata delle grandi democrazie.

Uno scenario analogo viene disegnato per gli Stati Uniti d'America alle prese, si dice, con i fanatici militaristi che avevano preso il potere in Giappone e che minacciavano i mercati ed i commerci nel sud est asiatico e tendevano ad assoggettare ed occupare le nazioni asiatiche a cominciare dalla Cina. Una versione questa che capovolge fatti e responsabilità ed arriva a legittimare le ingerenze, le prepotenze e le pretese americane per quei luoghi lontani che, semmai, avrebbero dovuto costituire materia riservata agli asiatici.

L'Italia infine, ci illustra ancora questa storiografia mendace, grazie ad un dittatore megalomane e nonostante non fosse in condizioni di sostenere una guerra, fece il classico passo più lungo della gamba, illusa dalle stupefacenti vittorie tedesche e si gettò a capofitto nel baratro del conflitto.

Insomma, da anni, ci viene riproposta niente altro che la vecchia propaganda di guerra Alleata con la solita distinzione tra buoni e cattivi, tra guerrafondai aggressori e smaniosi di dominare il mondo e pacifiche nazioni democratiche aggredite .

Niente di tutto questo, però, corrisponde alla verità ed alla realtà di come sono effettivamente andate le cose, perchè le cause della guerra, gli eventi che la determinarono e la sua dinamica complessiva avevano altre motivazioni e si erano svolte in ben altro modo.

I presunti sogni di dominio mondiale di Hitler

Senza voler considerare gli assetti postbellici, vessatori e pesantemente iniqui imposti alla Germania con la conferenza di Versailles nel 1919, tali da configurarsi in una vera e propria rapina ai danni del popolo tedesco, i quali già da soli davano il diritto ed il dovere a questo popolo di riprendersi quanto gli era stato derubato e di rifiutare, non appena le forze lo avessero permesso, quanto gli era stato imposto con la prepotenza delle armi (perchè altrimenti sconfineremmo in valutazioni idealistiche qui non pertinenti), occorre senz'altro affermare che già da una semplice, ma esauriente e obiettiva osservazione della struttura militare tedesca (attrezzata con delle forze armate di tipo continentale ) e degli obiettivi strategici della sua politica (espansionismo ad est) si riscontra, inequivocabilmente, che non c'era in atto alcun progetto per un possibile dominio mondiale da parte di Hitler.

La visione geopolitica di Hitler, presente fin dal Main Kampf e da allora rimasta immutata, era quella di raggiungere la supremazia politica, economica e militare nel continente europeo (dominio del centro Europa) e di conseguire una espansione geografica nei ricchi territori dell' Est (Russia sovietica). Egli pensava o sperava di poter conseguire e soprattutto mantenere questi obiettivi attraverso un accordo globale con la Gran Bretagna (auspicato in via pacifica, ma risoluto ad imporlo anche con la forza delle armi). Agli inglesi egli avrebbe garantito l'Impero, il cui ruolo geopolitico egli riteneva fosse anche funzionale alla protezione dell'Europa.

Al contempo e fino a quando gli Stati Uniti non fossero assurti ad una politica di egemonia e di interesse nel contesto europeo, egli pensava di mantenere un rapporto di reciproco interesse commerciale e reciproco disinteresse politico con questa immensa nazione, disinteressandosi della loro egemonia nel continente latino americano e nel pacifico.

Al di là di quanto a tutt'oggi pur si conosce, su la politica hitleriana e su le relazioni internazionali di quel periodo, tutto questo è altresì indicato inequivocabilmente, proprio dal tipo di riarmo tedesco e dalla conseguente composizione delle sue forze armate di terra, di mare e di cielo, alla vigilia della guerra. Addirittura non era stato neppure programmato o previsto un adeguato arsenale bellico atto a sostenere una guerra europea su più fronti e di lunga durata, figuriamoci se di portata mondiale.

A meno che Hitler non fosse stato letteralmente pazzo, e con lui completamente folle tutta la classe politica e militare tedesca, sarebbe stato ridicolo e sciagurato parlare e progettare di piani di egemonia mondiale ed al contempo attrezzarsi militarmente per una guerra di stampo continentale e di breve respiro con programmi di riarmo sul mare, presupposto indispensabili per una strategia planetaria, limitati ad un contesto locale e che, al limite, avrebbero forse potuto essere incentivati nel futuro per garantire alla Germania il recupero e la gestione delle sue ex colonie sottrattegli con il precedente conflitto. Ma oltretutto una politica coloniale tedesca, neppure era, in quel momento, nei pensieri del Führer.

Che poi, giocando con il fuoco, Hitler spinse le cose fino ai limiti dello scontro bellico è un altro discorso, ma resta il fatto che “quello scontro” venne scientemente programmato e predisposto proprio dalle grandi democrazie occidentali.

Fatta questa constatazione e gettato lo sguardo a quanto falsamente è stato invece sostenuto dalla propaganda di guerra Alleata, devesi osservare come si finisca oltretutto nella farsa, perchè chi effettivamente aveva un Impero da sfruttare e difendere ai quattro angoli della terra, e quindi doveva giocoforza muoversi in un ottica di politica mondiale, era proprio la Gran Bretagna (ma anche la Francia non scherzava come possedimenti coloniali e aree di ingerenza), mentre l'altra potenza talassocratica , gli USA, stavano già pensando nel 1939 al varo di un costosissimo e immenso piano di riarmo – sui due oceani – di portata planetaria e con scopi proiettati ad un vero e proprio dominio mondiale.

La stessa Russia sovietica, pur essendo di fatto una forma di iper nazionalismo statalista, mascherato da comunismo, era comunque animata da una ideologia internazionalista e quindi suo presupposto logico era la esportazione del comunismo in ogni angolo della terra e la ricomposizione mondiale di stati e nazioni, conquistati al socialismo e posti sotto la guida della Grande Madre Russa.

Questa situazione è altresì attestata dalle vicende storiche di quegli anni che ci mostrano una Gran Bretagna, non solo impegnata ad imporre la sue egemonia in Africa, in Medio ed Estremo Oriente oltre che nel mediterraneo, ma come sempre anche attiva nella sua atavica politica tesa ad impedire il coagularsi nel centro Europa di una entità egemonica, militarmente ed economicamente forte.

Con questi presupposti, nel biennio '34 /'35, fu proprio la politica inglese che consentì alla Germania un certo risollevarsi politico e militare. Era quella, allora, un politica mossa dall'ottica inglese di ostacolare o contenere uno sviluppo dell' amica Francia nel centro Europa (Francia che, tanto per ricordarlo, oltretutto aveva vasti possedimenti coloniali ed oltremare).

Solo dopo che, nei fatti, questo tipo di politica britannica, tesa alla divisione del centro Europa, era da considerarsi superata e preso anzi atto delle inaspettate grandi capacità di ripresa tedesca e della forza della politica nazionalsocialista, essa venne ribaltata e dal 1936 in avanti si assistette ad un crescente impegno nel contrastare la rinascita della Germania e ad una lenta ma decisa politica di riarmo inglese.

Come vedesi, quindi, era sempre stata tutta la politica inglese strategicamente di portata planetaria.

Gli effettivi scenari internazionali nel ‘39

Se andiamo ad osservare le cartine dell'Europa, prima e dopo la Grande Guerra 1914 - 1918, ci si rende conto quale stravolgimento di situazioni geopolitiche, futura e sicura causa di eventi bellici, venne brutalmente imposto in Europa al termine di quel conflitto. E questi stravolgimenti vennero tutti architettati in esecuzione di un preciso piano, che si dispiegò attraverso varie strategie.

Si riscontra, infatti, da una parte, una piano di natura per così dire massonica , che porta alla creazione della Società delle Nazioni ed ai primi organismi mondialisti quali il CFR, ecc., che si può leggere come anti europeo in senso lato, perchè permeato di un presupposto ideologico mondialista e, dall'altro, una strategia dai classici canoni nazionali, antitedesca in senso stretto perchè tendente ad accerchiare la Germania e impedirne una sua rinascita, grazie ad una serie di nazioni, soprattutto slave, create artificialmente e gonfiate a spese della Germania stessa e dell'ex Russia zarista.

In qualche caso si vuol far passare questi assurdi rimaneggiamenti posti in atto dalla pace di Versailles come l'ingenuità del presidente americano Wilson con le sue utopie pacifiste. Ma a parte il fatto che Wilson era il semplice esecutore in una ben individuata lobby massonica che lo gestiva, le cose non stanno affatto in questo modo, perchè le strategie del 1919 furono attuate con coscienza di causa ed in vista della progettazione di un programma mondialista, transnazionale, teso al superamento ed alla subordinazione degli Stati e delle identità nazionali (quello che è esattamente avvenuto oggi nel Nuovo Ordine Mondiale post caduta del muro di Berlino.

Senza considerare poi le migliaia di Km. 2 , di colonie e possedimenti vari, rapinati con la guerra agli Imperi Centrali e quello Ottomano oppure estorti, come mandati, da quelle democratiche nazioni che, già in possesso di enormi Imperi, avevano assicurato di essere entrate in guerra, nel 1914 e nel 1917, senza alcun fine di conquiste territoriali!

Se poi andiamo a considerare tanti altri avvenimenti e sviluppi della seconda metà degli anni ‘30, ci rendiamo anche conto come, la politica di appeasement degli inglesi espletata in quegli anni, lungi dall'essere stata la politica degli ingenui o degli amanti della pace ad ogni costo (gli inglesi, poi, figurarsi!) , costituiva invece una opportuna condotta temporizzatrice, dettata dalla necessità di mediare con le varie componenti interne al paese, non tutte schierate su posizioni guerrafondaie ed antitedesche, una politica verso la Germania accettabile da queste componenti, ma sopratutto era necessaria per preparare e conseguire quel riarmo e quella maturazione politica e propagandistica indispensabile per colpire e distruggere una volta per tutte la Germania nazionalsocialista.

Chamberlain e Churchill, in definitiva, rappresentano due diverse facce di una stessa medaglia ed entrambi sono espressione di situazioni storiche, politiche e militari, contingenti affatto diverse, ma hanno lo stesso fine, da raggiungere seppur in modi diversi e secondo le necessità del momento: la distruzione dell'egemonia tedesca in Europa.

Gli accordi di Monaco (settembre 1938) furono il limite temporale della politica di appeasement: da quel momento in poi, essendo l'Inghilterra sufficientemente in grado di sostenere un conflitto, i suoi atteggiamenti cambiarono improvvisamente direzione e presero a far soffiare, neppure troppo sotto banco, i venti di guerra al fine di conseguire gli obiettivi strategici da tempo prefissatisi.

La Germania verso la guerra

La Germania di Hitler, in ogni caso, aveva voluto con tutte le sue forze un riscatto nazionale dopo le umiliazioni e le privazioni succedute alla Grande Guerra ed ora, assurta di fatto e di diritto, ad una dimensione di grande potenza, coltivava l'obiettivo di un dominio nell'Europa centrale ed il sogno di una sua espansione nei ricchi territori dell'Est sovietico che soli gli avrebbero consentito quella economia autarchica in grado di sostenere e mantenere, anche in futuro, un ruolo di grande potenza dominante e soddisfare le necessità del popolo tedesco.

Se gli inglesi avevano in piedi un vasto impero mondiale, per altro ben accettato da Hitler, che vi trovava un interesse reciproco per una barriera di fronte all'oriente, Impero accumulato e strenuamente difeso nei secoli attraverso guerre, violenza, inganni e stragi; se i francesi possedevano ampie estensioni coloniali e se gli Stati Uniti, già di per sè stessi ricchi di ogni risorsa materiale ed energetica, potevano agire indisturbati nelle due americhe e negli scacchieri oceanici, la Germania si impose e non vi avrebbe rinunciato per nessun motivo al mondo, gli obiettivi geopolitici continentali appena accennati.

Obiettivi da ottenersi, se possibile, in accordo con l'Impero britannico, ma se questo accordo non fosse stato realizzabile, da conseguire comunque, anche con la guerra, cercando però al contempo di evitare uno scontro su vasta scala che, alla lunga, la Germania sapeva di non poter sostenere.

Ma Hitler era anche perfettamente conscio che il fattore tempo giocava un ruolo nefasto contro le aspirazioni tedesche, perchè questo avrebbe entro pochi anni consentito alle nazioni occidentali di raggiungere una superiorità economica e militare schiacciante sui tedeschi, mentre al contempo la stessa Unione Sovietica, colosso indecifrabile e minaccioso mostrava un evidente ed inevitabile espansionismo nell'Europa del nord e nei Balcani se non addirittura un probabile attacco alla Germania.

Per il Führer la scelta era obbligata: o soprassedere e rinunciare all'indispensabile espansionismo ad Est, visti in prospettiva i pericoli militari che questo presentava o tentare il tutto per tutto, correndo il rischio di ritrovarsi, come infatti accadde, in un conflitto su due fronti ed infine di portata planetaria.

Ma in un caso o nell'altro, qualunque fosse stata la sua scelta, in un futuro più o meno prossimo e sicuramente in condizioni più deboli, non avrebbe potuto evitare lo scontro con l'Inghilterra o l'attacco sovietico. Come sappiamo egli volle correre il rischio di procedere su quegli obiettivi, sperando che la prima fase, quella del conflitto con la Polonia, potesse rimanere localizzata, non considerando invece che ora era interesse degli occidentali spingere le cose fino alla guerra.

Tutti i passi ed i colpi di mano che avevano consentito ad Hitler di recuperare le posizioni ed i territori sottrattigli nel 1919, non avevano potuto essere attaccati propagandisticamente di fronte all'opinione pubblica mondiale perchè erano stati logici e, possiamo dire legittimi. A marzo del 1939 però Hitler, come inevitabile conseguenza degli accordi di Monaco, era entrato a Praga, sia pure dietro un certo accordo estorto al presidente ceco Hácha, annettendosi di fatto quel che restava della Cecoslovacchia.

Il passo successivo fu la richiesta di restituzione ai tedeschi di Memel da parte della Lituania. Adesso quindi tutti sapevano che sarebbe venuto al pettine il problema di Danzica e del suo corridoio. Solo allora, la propaganda occidentale, una volta offerta una subdola garanzia politico militare alla Polonia, incentivandone al contempo il suo carattere già di per se stesso bellicista, ebbe le condizioni favorevoli per fare di tutta un erba un fascio e presentare gli intenti tedeschi su Danzica, forse i più legittimi di tutti, come una usurpazione ed una volontà di conquista indefinita da parte della Germania.

Il fatto che l'Inghilterra fosse ora in grado di affrontare il rischio di uno scontro militare, fece il resto e portò inevitabilmente alla guerra.

La falsa neutralità di Roosevelt

Dall'altra parte dell'oceano l'amministrazione americana di Roosevelt, strettamente controllata dalle lobby massoniche e finanziarie (a dimostrazione dei sottili e occulti fili che la riallacciavano alle strategie in atto in Europa), già da allora inaugurava quella politica sporca fatta di propaganda ipocrita e mendace, di falso pacifismo, di ricatti e provocazioni continue, di interventi paramilitari in ogni tempo e luogo (Cina), che doveva portare il paese, per altro psicologicamente restio se non addirittura contrario, ad imbarcarsi in un altra sanguinosa crociata per la difesa del cosiddetto mondo libero contro la barbarie e la tirannide, in una guerra mondiale insomma.

Si dovette alla decisa imposizione di Hitler, alla marina ed alla luftwaffe, di non rispondere alle provocazione statunitensi, anche quando erano spesso costituite da attacchi navali, se gli USA, per entrare in guerra dovettero aspettare il dicembre 1941. Tutti i ricercatori storici che hanno analizzato l'atteggiamento militare degli USA dal 1939 fino al momento della loro effettiva entrata in guerra hanno dovuto prendere atto che, di fatto, gli americani, autodefinitesi l'arsenale delle democrazie, erano già in guerra con l'Asse e sostenevano in ogni modo inglesi e francesi pur continuando a dichiararsi neutrali.

L'Italia costretta alla guerra

E veniamo infine all'Italia, vaso di coccio tra vasi di ferro costretta, volente o nolente, a scendere prima o poi in guerra a causa della sua natura geografica, dei suoi minacciati interessi mediterranei ed africani, del suo assetto di regime che, per analogia con quello tedesco, ammirato anni prima per aver debellato il bolscevismo, ora per la sua impostazione dirigistica del governo e del suo Stato dove primeggiavano gli aspetti etici e politici su quelli economici e finanziari, improvvisamente non veniva più tollerato dall'occidente.

L'Italia fu letteralmente trascinata nel conflitto attraverso la chiusura di ogni spazio diplomatico, le minacce ed i ricatti ed infine, come vedremo, invogliata anche dall' inganno inglese. La pretesa inglese, durante il periodo della nostra non belligeranza fu, fino ad un certo punto, quella di tenerci a freno, di minacciarci, colpendoci nei traffici sul mare con il sequestro della navi mercantili dove, soprattutto, quelle carbonifere creavano un grave danno alla nazione (atteggiamento questo, degli inglesi, che non aveva analogo atteggiamento verso altri paesi in quel momento neutrali). L'alternativa che ci si poneva chiaramente era quella di tradire l'alleanza con la Germania e schierarci apertamente con gli anglo francesi.

Cosciente della nostra intrinseca debolezza strutturale e di conseguenza anche militare, Mussolini tutto si era potuto augurare, tranne un conflitto bellico di portata Europea.

Significativamente ebbe a ricordare Carlo Silvestri, vecchio socialista che ebbe modo di ricevere confidenza dall'ultimo Mussolini di Salò, ed anche di leggere alcune documentazioni, che enormi erano state le responsabilità dell'Inghilterra che a suo tempo aveva sabotato le iniziative italiane che, viceversa, avrebbero portato ad una Piccola intesa e ad una Intesa balcanica, tale da stemperare la crescita politica e militare della Germania oltre certi limiti.

Era tesa, questa politica, alla ricerca di una sicurezza internazionale per proteggere gli enormi sforzi fatti in tutti campi da Mussolini per accelerare la crescita, la potenza ed il prestigio dell'Italia. Non è azzardato affermare che se non fosse stato per lo sforzo delle riforme e dei programmi di rinascita del Regime fascista, pur con tutte le loro carenze, contraddizioni e patetiche manifestazioni di retorica, l'Italia sarebbe probabilmente rimasta un paese sottosviluppato e arretrato come certi paesi del sud Europa o dei Balcani.

Alle prese con questi problemi Mussolini, che poi si indirizzo definitivamente verso l'alleanza con la Germania, non lasciò nulla di intentato percorrendo anche sondaggi verso Roosvelt (si parla giustamente moltissimo di uno scottante carteggio con Churchill, ma occorrerebbe anche considerare la presenza di importati documentazioni rispetto ai rapporti USA – Italia). La presenza di molti immigrati negli States e il prevedibile interesse americano a scalzare e occupare posizioni della Gran Bretagna, potevano costituire per Mussolini una carta da giocare.

Ma Roosvelt non era altro che l'arma, neppure troppo segreta, che l'Alta finanza cosmopolita, con solide radice in America, aveva in serbo per procedere allo smantellamento degli stati Fascisti in Europa e alla distruzione dell'Europa stessa e quindi la “carta America”, venne a vanificarsi da sola.

Il vero appunto che può essere elevato al Duce non è quello di averci portato in guerra, perchè come vedremo più avanti questa era inevitabile, ma quello di aver forse preteso troppo da un popolo di spaghettari e mandolinari , aduso da secoli al servilismo verso lo straniero. Ci si chiede infatti se era in grado l'Italiano di sostenere un minimo di ambizione politica per la sua patria e di anelito ad una certa indipendenza, affrontando i compiti che questa strada avrebbe presentato, o se invece non fosse stato meglio lasciare tutto il paese ridotto al rango di località turistica, immensa stazione termale di sole e mare, alla servile disposizione dei padroni del mondo, offrendo a costoro 40 milioni di camerieri, prostitute e pulcinella.

Partendo da questa introduzione entriamo in argomento.

LE VERE MOTIVAZIONI DELL'INTERVENTO ITALIANO

Risalire oggi, a 70 anni dal 10 giugno 1940, alle vere motivazioni dell'entrata in guerra dell'Italia, dopo che le potenze Alleate hanno sequestrato i nostri archivi di Stato e militari, mentre al contempo non hanno reso accessibili i propri, non è certo un compito agevole.

Oltretutto si è anche costretti a lavorare a fronte di una “storiografia addomesticata” che cerca di presentare la seconda guerra mondiale come il risultato dei sogni di dominio mondiale della Germania hitleriana quando, viceversa, è indubbio che se Hitler giocò con il fuoco, portando il punto di crisi in Europa fino alle soglie della guerra, sperando che gli anglo francesi, dopo il patto Molotov – Ribentropp (che gli copriva le spalle), alla fin fine gli avrebbero lasciato campo libero con i polacchi, è altrettanto vero che furono invece le “democrazie occidentali”, forti di un futuro appoggio statunitense, che dopo aver conseguito con la prudente politica dell'appeasement, il tempo necessario per un riarmo bellico, fecero soffiare i venti di guerra usando la Polonia e puntando decisamente allo scontro.

Partendo da questo presupposto, palesemente sottaciuto, ma storicamente inoppugnabile (già solo considerando la limitata struttura “continentale” delle FF.AA. tedesche), occorre tener presente che qualunque analisi storica che voglia risalire alle cause di un conflitto di portata mondiale, deve trovare in qualche modo conferma nelle grandi linee geopolitiche della Storia.

Se infatti portiamo lo sguardo oltre i particolari contingenti, dalle ideologie, dagli interessi economici divergenti, ecc., troveremo che il “motore” della Storia è quello della geopolitica, laddove Stati e Nazioni si dividono, si scontrano, e si compattano dietro i grandi interessi geopolitici, gli unici che possono garantire nel tempo lo sviluppo futuro e la sicurezza militare ai poli antagonisti della terra: le realtà continentali e quelle talassocratiche.

Valutazione questa, assolutamente vera per il passato, forse un pò meno vera da quando, nel secolo XX, un secolo dagli enormi progressi soprattutto nel campo dei trasporti e delle comunicazioni che hanno “globalizzato” le economie e le culture del pianeta, sono entrate pesantemente in gioco Lobby e Consorterie transnazionali, tendenti al dominio mondiale svincolato da un riferimento etnico e geografico, perché forti di una potenza finanziaria cosmopolita mai vista in passato.

In ogni caso la corrispondenza tra gli sviluppi e le tendenze militari, economiche ed ideologiche e la geopolitica resta sempre un presupposto irrinunciabile per avere la controprova della giustezza delle analisi storiche . Ed è appunto su questi presupposti che cercheremo di spiegare molti aspetti oscuri della nostra partecipazione alla guerra.

Come noto l'Italia entrò in guerra con una formula, coniata da Mussolini, di “guerra parallela”, quindi sostanzialmente sganciata dalle strategie dei tedeschi (questa la formula che il Duce ebbe anche ad illustrare al Re: << non per la Germania, né con la Germania, ma a fianco della Germania>> ) .

L'evidente “accordo” che poi, come vedremo, intercorse all'ultimo momento tra Mussolini e Churchill (accordo nascosto nel famoso “Carteggio” fatto sparire dal britannico) che determinò un inizio blando delle nostre operazioni belliche, ha fatto avanzare da molti il sospetto che tutto sommato, l'entrata in guerra di Mussolini era, paradossalmente, più contro la Germania che contro l'Inghilterra e del resto, svariate esternazioni del Duce farebbero sospettare anche l'ipotesi di un Mussolini “segreto nemico” di Hitler. In realtà, che Mussolini possa essere stato un “segreto nemico di Hitler” è una forzatura interpretativa di alcuni fatti, analizzati senza conoscere i retroscena geopolitici, perché le cose non stanno affatto in questi termini.

Vero invece che l'Italia giocò le sue carte strategiche indipendentemente dagli interessi tedeschi e Mussolini aderì all'ultimo momento alle “proposte segrete” di Churchill, non per sabotare la guerra tedesca, anche se poi in effetti ne derivò un danno per una possibile vittoria, ma semplicemente perché quell'intesa sembrava risolvere di colpo tutti i nostri problemi.

LA GEOPOLITICA DI MUSSOLINI

La strategia geopolitica di Mussolini, infatti, restò sempre, nonostante gli alti e bassi di una difficile alleanza tra partner di sbilanciata potenzialità economica e militare, una geopolitica antibritannica, e non poteva essere diversamente mantenendosi, al contempo, distinta e guardinga nei confronti dei tedeschi.

Oggi, finalmente, gli storici stanno, a poco a poco, arrivando a individuare i veri contenuti del Carteggio Churchill Mussolini, tranne che, magari, ancora non possono dire certe cose con chiarezza (non si fa carriera, divergendo troppo dalle linee ideologiche che sono alla base del “regime”). Per le vicende del “Carteggio”, comunque, ci sono due testi che bisogna assolutamente conoscere e ai quali rimandiamo: F. Andriola: Mussolini Churchill il carteggio segreto, SugarCo 2007 e U. Giuliani Balestrino: “ Il carteggio Churchill Mussolini alla luce del processo Guareschi”, Ed. Settimo Sigillo 2010.

In realtà, quello che avvenne tra il Duce e Churchill, a livello di diplomazia sotterranea, più
che un "accordo" fu un reciproco stato di necessità intercorso proprio al momento della nostra entrata in guerra.

Tutto scaturisce dalla nostra situazione storica e geopolitica, laddove è noto che Mussolini lavorava per elevare l'Italia al rango di una piccola - media potenza nel Sud Europa, trovando la soluzione demografica e degli approvvigionamenti di materie prime (atavica nostra deficienza strutturale) nelle colonie africane.

Il dramma era che la nostra geopolitica non poteva che essere espressione di una potenza marittima, ma contemporaneamente con uno sguardo al continente: insulare e peninsulare. Il che per una nazione economicamente debole, priva di risorse energetiche e militarmente scarsa e per di più con l'Africa settentrionale scollegata, era un vero e proprio dramma. Ma il dramma più grosso era l'irriducibile avversione degli inglesi.

Fotografando la situazione, così si espresse Mussolini con il suo medico Georg Zachariae: << L'Inghilterra [che] ha molti interessi nel mediterraneo, quale via di comunicazione con l'Egitto e l'India, era invidiosa dell'influenza che l'Italia andava prendendo nel bacino mediterraneo, nei Balcani, nel vicino Oriente e in Africa. L'ostilità britannica non poteva certo farmi desistere dai miei piani, perché tanto valeva che me ne andassi abbandonando l'Italia al suo destino>>.

Scrive Franco Cardini, riassumendo perfettamente la situazione dell'epoca:

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Il tragico era che tale disegno era destinato a inquadrarsi nel contesto del profilarsi di una subordinazione ancora più forte e tragica: quella alla Germania nazista. Qui l'abile giocoliere Mussolini, che aveva avuto fino ad allora la fortuna e l'abilità di costruire il mito della potenza italiana su una serie di colpi di mano e di bluff ben giocati – l'ultimo dei quali era quello di mediatore degli accordi di Monaco del '38 -, si trovava adesso a doversi confrontare con il vero nodo irrisolto della sua politica>> (F. Cardini: Una riflessione nel settantesimo dell'entrata dell'Italia in guerra ).

Mussolini quindi, partendo da una geopolitica sostanzialmente antibritannica, scelse giustamente di diventare junior partner della Germania proiettando in tal modo l'approdo futuro della sua geopolitica in una prospettiva euroasiatica.

Nel contingente, come tutti gli junior partner, egli non poteva che augurarsi che in Europa permanesse uno stato di equilibrio, senza dominatori assoluti ed evitando il più possibile la guerra e così infatti si mosse a Locarno 1925, Patto a quattro 1933, Stresa 1935 e Monaco 1938, barcamenandosi poi, a guerra purtroppo iniziata (settembre 1939), con la formula della “non belligeranza”.

Quanto dovette pesargli quella politica, di fatto, un evidente disimpegno dagli obblighi previsti dal Patto d'acciaio e da quella “propaganda combattentistica” che il fascismo aveva sempre propugnato, è risultato a tutti evidente. Ma non c'era scelta.

A gennaio del 1940, in un rapporto inviato all'alleato tedesco, Mussolini cercò di indurlo a preservare uno Stato polacco indipendente, quale ragionevole via di uscita con gli anglo francesi, anche nel presupposto, scriveva con lungimiranza il Duce, che gli Stati Uniti, in futuro, sarebbero sicuramente intervenuti, non potendo consentire la sconfitta delle democrazie europee. Ed in effetti fin dallo scoppio della guerra, quella statunitense era una ben “strana” neutralità, in realtà un sostegno bellico sottotraccia agli anglo francesi, un sostegno che dopo il crollo della Francia nel 1940 divenne sempre più una partecipazione bellica vera e propria, mascherata da neutralità.

Oggi, a posteriori, sappiamo che questi intenti di Mussolini erano irrealizzabili perché gli occidentali avevano un unico e pervicace scopo: la liquidazione degli Stati fascisti e la disintegrazione dell'Europa (che realizzeranno a Jalta) e per di più, dietro gli Occidentali c'erano le grandi Consorterie internazionali che da tempo perseguivano quel dominio finanziario mondiale, supportato da quella visione ideologica che oggi chiamiamo “ mondialismo”.

LA GEOPOLITICA DI HITLER

Resta il fatto che Mussolini, oltre all'estendersi del conflitto, paventava anche che inglesi e tedeschi si mettessero d'accordo tra loro su dimensioni globali (cosa ben diversa da un accordo Europeo, auspicato anche dall'Italia, che evitasse o che interrompesse il conflitto in corso).

In effetti la Germania di Hitler aveva una visione geopolitica classica, per così dire semplice, finalizzata ad uno spazio ad Est, unico modo per una potenza continentale di dominare il continente e garantirsi le fonti energetiche e alimentari. In quest'ottica l'Italia era considerata un alleata indispensabile per coprire il sud Europa ed in questo senso Hitler era anche disposto a rinunciare all'Alto Adige (pomo di discordia con gli italiani).

Questa geopolitica però era complicata dalla visione pangermanica del Führer, oltretutto impostata su basi razziali dai contenuti in buona parte “biologici” e quindi più che altro confacente al popolo tedesco (e sappiamo quante complicazioni questa visione razzista causò nei territori occupati in Russia), ma sopratutto coltivava anche un sogno ambizioso, anzi un fine preciso, quello di addivenire ad un accordo su larga scala con gli inglesi, considerati “fratelli di razza”: alla Germania il continente, all'Inghilterra l'Impero, garantendogli anche i suoi punti strategici come Gibilterra, Suez, Aden, Singapore, Hong Kong, Città del Capo e le Isole Falkland.

Tanto è vero che un giorno Hitler, nel 1941, ebbe a sottolineare come le alleanze in atto erano più che altro alleanze di convenienza ed aggiunse:

<< Il popolo tedesco sa che la nostra alleanza con l'Italia è solo un alleanza tra me e Mussolini. Noi tedeschi abbiamo simpatie solo per la Finlandia. Potremmo trovare qualche simpatia per la Svezia e naturalmente per la Gran Bretagna. Un alleanza tedesco britannica sarebbe un alleanza tra due popoli! La Gran Bretagna dovrebbe soltanto tener giù le mani dall'Europa, potrebbe tenersi il suo Impero, e se lo vuole tutto il mondo>>.

E questo “accordo globale” Hitler perseguì fino all'ultimo, contando sul fatto che l'apparire all'orizzonte di due superpotenze planetarie, gli USA e l'URSS, assurte in pochissimo tempo al rango di potenze talassocratiche (gli USA) o di genere misto (i sovietici), con mire di dominio mondiale, costringesse l'Inghilterra a rivedere la sua ricorrente politica, quella di attaccare e distruggere la nazione europea emergente nel continente: da Luigi XIV, a Napoleone a Guglielmo II, l'Inghilterra, nazione talassocratica, si era sempre mossa, e non poteva fare diversamente, in questo senso: dividendo gli avversari, attaccandoli o alleandosi con nazioni continentali o marittime (come l'Italia nella prima guerra mondiale).

In questa situazione l'Italia, seppur alleata della Germania, qualora l'accordo globale anglo tedesco, fosse andato in porto, avendo gli inglesi tutti i loro interessi in opposizione ai nostri, tale accordo non poteva che essere contro gli interessi italiani (è una legge storica inevitabile).

Si immagini quindi in quale difficile situazione venne a trovarsi Mussolini:

alleato della Germania non poteva che augurarsi il successo militare della stessa, ma al tempo stesso che questo successo non fosse troppo eccessivo; interessato alla pace in Europa, non poteva che sollecitare un accordo - armistizio tra gli anglo francesi e i tedeschi, ma al tempo stesso che questo “accordo” non fosse monopolio anglo tedesco e proiettato su scala planetaria; dover essere presente nel teatro bellico, al fine di evitare l'esclusione dell'Italia dalla definizione di quanto sopra, ma al tempo stesso non essere in grado di affrontare una guerra di quella portata, e così via.

IL DRAMMA DI MUSSOLINI

Questo il dramma che al tempo viveva il Duce, oltretutto a capo di una nazione “riottosa” a certe scelte impegnative anche perché, erede del Risorgimento massonico, aveva una industria, una finanza e buona parte di una cultura (tranne quella cattolica) in sintonia con gli anglo francesi e si aggiungano poi gli interessi non certo “italiani” di Casa Savoia e del Vaticano!

E le conseguenze di questa situazione si palesarono quasi subito, già dall'autunno del 1940 quando Mussolini, dopo i primi rovesci dell'esercito italiano, si trovò praticamente solo, a difendere gli interessi della nazione. Basta leggere quanto egli ebbe a dire ad Hitler nel corso di un loro incontro presso la “ Tana del Lupo”, nell'agosto del 1941 nel pieno dell'offensiva contro la Russia.

In quell'occasione il Duce confidò al Führer che ne rimase sconvolto:

<< Mi dica cosa farebbe lei se avesse degli ufficiali che hanno dei dubbi sul regime e sulle sue ideologie… e che dicono, mentre lei parla della sua ideologia o della ragion di Stato, che loro sono monarchici e che devono lealtà solo al Re?>>.

Si spiega così il comportamento contraddittorio e ondivago di Mussolini durante la non belligeranza e tutto il resto.

Eppure sarebbe forse bastato un intervento offensivo, deciso e a tutto campo della nostra marina, in quel momento certamente in superiorità nel mediterraneo, per creare una situazione oltremodo favorevole alle operazioni belliche dell'Asse e garantire nel futuro i nostri rifornimenti in Africa.

Scriverà significativamente, anche se forse esagerando un poco l'entità delle nostre forze navali, l'ammiraglio Andrew Cunningham, comandante in capo della flotta britannica nel mediterraneo:

<>.

Ma l'“accordo” con Churchill del giugno 1940 e successivamente l'operato di ambienti anglofili, di quelli massoni destati dal “sonno” nel quale li aveva relegati il fascismo nel ventennio e generali felloni, impedirono tutto questo.

Ma per tornare alla nostra politica, giocoforza “guardinga e ondivaga”, lo scorso aprile il bravissimo giornalista storico Fabio Andriola nella rivista Storia in Rete ha pubblicato un articolo (“ Dai nemici mi salvi Dio che dagli amici mi guardo io” ) che mostra come Mussolini, ancora in piena guerra, si premuniva anche rispetto ad una possibile aggressione dei tedeschi (che aveva messo in conto e pur paventava) e comunque si teneva circospetto ed ambiguo rispetto alla politica dell'Asse.

Una storia tutta da riscrivere e che dimostra come l' Asse era nella propaganda, ma non nei fatti, ed in effetti se la geopolitica di Mussolini era sostanzialmente antinglese, al contempo il Duce temeva l'affermarsi in Europa di una egemonia tedesca e quindi agiva di conseguenza.

Andriola, infatti, ha rievocato lo “strano” (a dir poco) comportamento dell'Italia, non solo durante il periodo della nostra non belligeranza (dove, presi per il collo da una disastrosa situazione finanziaria, si ebbe perfino una vendita di materiale bellico agli anglo francesi) ma addirittura fino al 1942 inoltrato, quando si procedeva alacremente a costruire imponenti fortificazioni (confidenzialmente soprannominate la “ linea non mi fido ”) in Cadore, Carnia e al Tarvisio, a protezione dell'Italia da una eventuale invasione tedesca.

Incredibilmente, mentre si combatteva una guerra a fianco della Germania, al contempo l'Italia si premuniva e si attrezzava come se, prima o poi, dovesse far fronte alla nazione amica.

Il gerarca Tullio Cianetti che andò in visita a quei cantieri, scrisse nel suo diario che gli era venuto il dubbio se si stava lavorando per la guerra dell'Asse oppure contro.

Cosa stava accadendo? Quali furono le conseguenze di questa politica dal “doppio binario” che, per esempio, a dicembre del 1939, dopo il discorso di Ciano alla Camera (ispirato da Mussolini), con il quale si presero le distanze dalle ragioni di guerra dei tedeschi, rischiò seriamente di incrinare l'alleanza con la Germania?

La risposa stava semplicemente in quella massima degli antichi romani, per cui: <<>salvezza della Patria è la legge suprema >> e per le conseguenze purtroppo, oggi possiamo dire che sono state nefaste.

La geopolitica e la ragion di Stato, spesso non vanno di pari passo con gli ideali di partito (vale a dire che le similitudini ideologiche tra fascismo e nazionalsocialismo non ebbero affatto un peso prevalente, ma questo non toglie che, nella considerazione storica, che trascende i particolari e le contingenze, in definitiva il 10 giugno 1940 fu proprio quello che affermarono gli ex combattenti della FNCRSI in un loro volantino: << Il sangue contro l'oro; il lavoro contro la speculazione e l'intrigo; schiavisti anglossassoni e sovietici contro proletari che volevano i frutti del proprio lavoro >>).

Scrive ancora Franco Cardini: << Quell'”Italia proletaria e fascista” evocata in termini al tempo stesso tanto laconici e tanto retorici non veniva affatto presentata come vittoriosa e potente. Al contrario: essa si metteva dalla parte dei poveri, dei “dannati della terra”, degli sfruttati.

Dietro al Duce chiuso nell'orbace dalle spalline dorate si profilava ancora e nonostante tutto l'ombra del giovane Benito Mussolini agitatore socialista-interventista: la guerra destinata a rovesciare i destini del mondo, a rovesciare i troni dei potenti e ad esaltare il destino dei diseredati. Una guerra ch'era davvero la prosecuzione di quella del '14-'18, il saldo dei conti ch'essa non aveva saputo chiudere, la reazione contro gli inganni e le ingiustizie della “pace ingiusta” di Versailles. Una guerra il conclamato scopo della quale era la rottura della prigione geopolitica mediterranea che rinserrava una giovane potenza entro il lago sorvegliato dalle due porte di Gibilterra e di Suez, saldamente in mano britannica>> .

E VENNE LA GUERRA

Arriviamo così alla guerra (1- 3 settembre 1939), conflitto dove l'Italia non poteva rimanere neutrale all'infinito senza rinunciare a tutto, anzi correndo addirittura grossi rischi. Sia che prevalesse uno dei due contendenti e sia che, invece, fossero addivenuti ad un accordo su larga scala l'Italia, senza aver combattuto, avrebbe di colpo dovuto rinunciare a tutte le sue mire. Proseguendo ed estendendosi il conflitto, invece, c'era anche il reale rischio che uno dei contendenti, per ragioni strategico militari, poteva invadere la nostra penisola ideale portaerei nel mediterraneo.

Mussolini procrastinò il nostro intervento fino all'impossibile, pur avendolo definitivamente deciso a marzo 1940 come ampiamente documentato, ma operativamente previsto, salvo sviluppi imprevisti del momento, all'incirca per il settembre di quell'anno. Oltre sarebbe stato un suicidio.

Nel “ Memoriale panoramico al Re” Mussolini scrisse il 31 marzo 1940:

<< Se si avverrà la più improbabile delle eventualità, cioè una pace negoziata nei prossimi mesi, l'Italia potrà, malgrado la sua non belligeranza, avere voce in capitolo e non essere esclusa dalle negoziazioni: ma se la guerra continua credere che l'Italia possa rimanere estranea fino alla fine. È assurdo e impossibile. L'Italia non è accantonata in un angolo di Europa come la Spagna, non è semiasiatica come la Russia, non è lontana dai teatri di operazione come il Giappone o gli Stati Uniti; l'Italia è in mezzo ai belligeranti, tanto in terra, quanto in mare,. Anche se l'Italia cambiasse atteggiamento e passasse armi e bagagli ai franco-inglesi, essa non eviterebbe la guerra immediata con la Germania, guerra che l'Italia dovrebbe sostenere da sola.

E' solo l'alleanza con la Germania, cioè con uno Stato che non ha ancora bisogno del nostro concorso militare e si contenta dei nostri aiuti economici e della nostra solidarietà morale, che ci permette il nostro attuale stato di non belligeranza.... L'Italia non può rimanere neutrale per tutta la guerra, senza dimissionare dal suo ruolo, senza squalificarsi, senza ridursi al livello di un Svizzera moltiplicata per dieci.

Il problema non è quindi sapere se l'Italia entrerà in guerra o non entrerà in guerra, perchè l'Italia non potrà fare a meno di entrare in guerra. Si tratta soltanto di sapere quando e come: si tratta di ritardare il più a lungo possibile, compatibilmente con l'onore e la dignità, la nostra entrata in guerra: a) per prepararci in modo tale che il nostro intervento determini la decisione; b) perchè l'Italia non può fare una guerra lunga, non può cioè spendere centinaia di miliardi, come sono costretti a fare i paesi attualmente belligeranti>> .

Quando a maggio la Francia, crollò inaspettatamente ed in quella misura poi, il nostro intervento non poteva più essere rinviato perché i tedeschi, che dal 1938 erano arrivati al Brennero e si erano riaffacciati anche nell'Adriatico adesso, spazzata via la Francia, minacciavano una ingerenza anche sul Tirreno, ponendo in forse quegli equilibri che garantivano la nostra geopolitica sul continente (anche in questo caso le leggi storiche dimostrano che alleanze ideologiche ed eventuali accordi, da soli, senza esercitare una influenza sul territorio, non sono mai una garanzia).

Dovevamo quindi entrare in guerra subito, pur senza forza economica e finanziaria e con un esercito non all'altezza. Solo la marina avrebbe potuto svolgere una sua parte (ma non lo fece).

Mussolini parlò ai responsabili delle operazioni militari (Badoglio, Cavagnari, Pricolo, Graziani) il 29 maggio 1940, all'indomani della resa del Belgio e con i franco - inglesi in rotta. Egli disse che inizialmente aveva previsto l'ingresso in campo dell'Italia all'incirca per la primavera del 1941, ma poi l'incalzare delle vicende belliche travolse ogni previsione. Infatti i tedeschi avevano in poco tempo vinto in Norvegia e Danimarca (aprile 1940) e Mussolini fu costretto ad anticipare il progettato intervento per il settembre di quello stesso anno, ma adesso:

<< La situazione attuale non permette ulteriori indugi, perchè altrimenti noi corriamo dei pericoli maggiori di quelli che avrebbero potuto essere provocati con un intervento prematuro.... D'altra parte se tardassimo due settimane o un mese, non miglioreremmo la nostra situazione, mentre potremmo dare alla Germania l'impressione di arrivare a cose fatte, quando il rischio è minimo...>>.

Era questa la famosa riunione, tenuta nella stanza del Duce, in cui si decise ufficialmente la nostra entrata in guerra (che Mussolini aveva comunque già deciso dalla prima decade di marzo). Il resoconto stenografico ci informa anche che non ci furono assolutamente obiezioni di sorta da parte dei generali presenti!

Riassumiamo ora cosa accadde in quel periodo precedente la nostra entrata in guerra.

IL CRIMINALE PROGETTO DI CHURCHILL

NEL SEGRETO DEL CARTEGGIO

Churchill fino a circa la metà del maggio 1940, nei suoi contatti segreti con il Duce (la classica "diplomazia sotterranea" tipica di tutte le nazioni), ha cercato di tenere l'Italia fuori della guerra, promettendo in cambio ampie concessioni territoriali a spese della Francia (e poi consenziente la Francia stessa, quando cominciò a trovarsi in difficoltà). E anche questo è abbastanza documentato.

Ma non è tutto, perché poi la situazione internazionale e militare precipitò in pochi giorni, quando, a causa dell'improvviso e imprevisto crollo militare dei francesi Churchill sostenuto, sull'asse Londra - New York, da certe Consorterie guerrafondaie, si trovò nella necessità di fronteggiare un eventuale assalto delle correnti pacifiste che potevano ritenere vantaggiose le generose offerte di pace avanzate da Hitler, anzi consideravano ora opportuno conseguire quell'"accordo globale" anglo tedesco, che Hitler aveva sempre prospettato.

Pertanto adesso (siamo ai primi di giugno '40) in attesa di un sicuro, ma ancora lontano nel tempo, intervento americano, Churchill aveva la assoluta necessità di allargare il teatro bellico e rendere la guerra irreversibili. Era una strategia, nella sua ottica guerrafondaia, rischiosa, ma necessaria, una strategia che lo portò a massacrare la flotta francese a Mars el Kebir i primi di luglio, anche al fine di mandare un messaggio di "guerra a oltranza" ad Hitler e, prima ancora, di giocare di furbizia e d'audacia con Mussolini, invitandolo a scendere subito in guerra (sia pure contro gli inglesi), proponendo un accordo a "non farsi troppo male" (cosa che in effetti è avvenuta nei primi tempi) in vista di un garantito prossimo tavolo della pace dove l'Italia, sostenne probabilmente e in mala fede Churchill, avrebbe avuto tutto da guadagnare e la sua presenza sarebbe stata anche utile per gli stessi inglesi.

Oltretutto Churchill sapeva benissimo che oramai Mussolini non poteva più rimanere neutrale, quindi tanto valeva che egli “mediasse” in qualche modo il nostro inevitabile intervento.

Non è azzardato ipotizzare che le basi di questa “intesa a non farsi troppo male” erano unA estensione bellica di un altra intesa che già era avvenuta alla vigilia della seconda guerra mondiale, quando, intorno al 28 agosto 1939, Mussolini ebbe ad inviare questo telegramma segreto al Re:

<< Desidero Maestà, nell'attesa di mandarvi tutto l'epistolario scambiato con il Führer, anticiparvene le conclusioni. E cioè l'Italia si limiterà almeno nella prima fase del conflitto ad un atteggiamento puramente dimostrativo. Francesi e inglesi ci hanno fatto sapere che faranno altrettanto>> .

Questo è il "terribile segreto" del Carteggio, ovvero Churchill che aveva chiesto e ottenuto, il nostro intervento in guerra!

Lo si evince chiaramente dalla lettura delle intercettazioni telefoniche ed epistolari carpite di nascosto dai tedeschi su Mussolini, i cui contenuti mostrano l'enorme l'importanza del “Carteggio” e l'intenzione del Duce di utilizzarlo nell'interesse nazionale. Vale per tutti questa registrazione tra Mussolini a Claretta Petacci del 22 marzo 1945 (si sta parlando di Pavolini):

<< ... lui non può capire la situazione, non può collaborare. Perciò io devo rispettare il suo punto di vista di parte. Lui non conosce gli avvenimenti accaduti pochi giorni prima della nostra entrata in guerra. Non ne ho parlato con nessuno. E Churchill ancora meno. Bisognerà raccontare una buona volta questa storia. Chi dovrebbe parlarne oggi ? In tutto la conoscono cinque persone !>>.

Ma non da meno è anche una lettera, precedentemente, inviata da Mussolini a Graziani il 9 gennaio 1945: <<[Scrive Mussolini]: Ho una lettera di Hitler, datata 2 gennaio 1945.

Il suo comportamento mi convince poco. La sua pretesa di ritirarci in caso di bisogno al Nord, molto al Nord, è un sintomo chiaro. Il suo consiglio di portare con me tutti gli incartamenti della cui esistenza gli feci cenno e che proposi di sfruttare, parlano chiaro. Sono seriamente preoccupato.

Le vicende della guerra non mi illudono più. Io non faccio questione della mia persona, ma quello che mi preoccupa è il pensiero di vedere in un prossimo futuro l'Italia interamente occupata dagli anglo-americani.

Al momento ritengo di grande importanza portare in salvo questi incartamenti, in primo luogo lo scambio delle lettere e gli accordi con Churchill. Questi saranno i testimoni della malafede inglese. Questi documenti valgono più di una guerra vinta, perchè spiegheranno al mondo le vere, le sole ragioni del nostro intervento a fianco della Germania. Ho bisogno di vedervi. Vi attendo per stasera” >>.

Interessante anche leggere quest lettera inviata da Mussolini a Graziani il 3 aprile 1945, evidentemente a seguito di una proposta, a dir poco ingenua, per non dire altro, di Graziani di trattare i preziosi documenti in mano a Mussolini attraverso la mediazione del Re:

<<[Mussolini]: ...” La vostra proposta è assolutamente insensata! Affidare al Savoia i documenti per vincere la pace ? Vittorio Emanuele mi ha rinnegato e continuerà a tradire uno dopo l'altro i suoi compari, liquidandoli dopo averli sfruttati.... Mai il Savoia potrà servirsi delle nostre carte. Se tentasse ne sarà impedito! Il Savoia vuol portare l'Italia alla disfatta, alla capitolazione incondizionata, solo per seppellire il Fascismo” >>.

(Per il contenuto e la grande importanza che rivestono queste, ed altre, intercettazioni si veda: R. Lazzero: Il sacco d'Italia, Mondatori 1994).

Ricorda Pino Romualdi, al tempo vicesegretario del Partito Fascista Repubblicano:

<< Ero a conoscenza dell'esistenza di un carteggio intercorso tra Mussolini e Churchill fin dall'inizio del 1945 per esserne stato informato da Mussolini stesso, ma non ho mai preso visione direttamente di qualcuna delle lettere pubblicate Il vero carteggio, invece quello a cui Mussolini attribuiva il potere di giustificare la condotta della nazione italiana, era di tenore molto diverso. In esso infatti, lo so personalmente... sarebbe risultato che l'entrata in guerra dell'Italia avvenne con un larvato consenso inglese >>.

In sostanza Mussolini, non è che dovette credere a tutte le sciocchezze del britannico (tra l'altro non poteva ignorare che ad un eventuale “tavolo della pace” gli inglesi non avevano di certo bisogno del nostro appoggio per mitigare Hitler anzi, l'Italia addirittura, con i suoi interessi in contrasto con quelli inglesi sarebbe stata un ulteriore carico su la Gran Bretagna), ma si trovava nella tremenda situazione di dover ora e subito entrare in guerra. Una guerra che, è bene ripeterlo, non rifiutava per principio, ma paventava per la nostra debolezza.

In questa prospettiva, il Duce non si lasciò sfuggire l'occasione della proposta segreta, chiamiamola di "accordo" transitorio, che gli avanzava Churchill e che apparentemente gli consentiva di ottenere il massimo rischiando pochissimo.

Il tutto probabilmente venne formalizzato, pochi giorni prima del nostro intervento del 10 giugno 1940, forse in un paio di lettere che Mussolini, come attesta Elena Curti, portava indosso al momento che venne catturato a Dongo. Scrive la Curti:

<< Prima di sedersi (Mussolini era giunto nell'autoblinda, n.d.r.) sistemò ordinatamente il suo bel giubbotto bianco e una ‘machine-pistole' a canna corta, senza mai abbandonare una busta di pelle di 25 – 28 cm. per 18 circa che teneva tra le mani. Una volta seduto si mise la busta su le ginocchia, vi appoggiò sopra le mani incrociate con fare possessivo. Mi guardava. “ Qui ci sono dei documenti di estrema importanza. Qui c'è la verità di come sono andate le cose e chi sono i veri responsabili della guerra. Il mondo deve saperlo e si sorprenderà ”… Quando il Duce scese dalla blindo (per recarsi nel camion tedesco, n.d.r.) portava la busta con sé. Le sue dimensioni gli permettevano di nasconderla sotto la giacca>> (Elena Curti, Il chiodo a tre punte, Juculano editore Pavia 2003).

E questa affermazione circa “documenti di estrema importanza” legati ai destini dell'Italia, ebbe a farla precedentemente al suo attendente, il brigadiere Pietro Carradori e poi al partigiano Bill alias Urbano Lazzaro che lo prese in custodia a Dongo.

Due altre valige invece contenevano un Carteggio precedente alla nostra entrata in guerra, quindi meno importante. Probabilmente si trattava di quei 62 fogli che in qualche modo riuscì a leggere Luigi Carissimi-Priori, al tempo a capo dell'ufficio politico della questura di Como.

Così ha raccontato il Carissimi-Priori, ricordando le peripezie di questa borsa di documenti, praticamente finita nelle mani dei comunisti di Como e poi anche fotografata da un fotografo dell' Unità :

< 62 lettere di una corrispondenza intercorsa tra Mussolini e Churchill solo prima, e sottolineo prima, che l'Italia entrasse in guerra il 10 giugno 1940. Non vi sono lettere del periodo successivo. Io so, ho avuto fra le mani quei documenti, li ho letti e dunque so cosa c'era scritto

Credo che potessero essere importanti in quel momento, quando l'Italia ha trattato la pace. Perché prima dell'entrata in guerra Churchill, affinché Mussolini non entrasse nel conflitto al fianco della Germania, gli garantiva che poteva avere anche la Corsica, anche Nizza, anche la Tunisia. Questo è certo… >> (vedesi: Nuova Storia Contemporanea N. 5 del 2004, e R. Festorazzi Mussolini Churchill Le carte segrete Datanews 1998).

Ovviamente sparì tutto!

Quella tra Mussolini e Churchil, in ogni caso, fu più che altro una "intesa" resa possibile dalla inconfessata esigenza inglese di allargare il teatro bellico e dalla reale necessità italiana di scendere in guerra facendo finta di farla. Di fatto una convergenza di interessi. Il do ut des, di questa intesa è più che altro qui, ed eventuali offerte di future concessioni all'Italia (che in qualche modo non mancavano) sono del tutto secondarie, anche perché avrebbero dovuto fare i conti con la Germania.

Mussolini oltretutto non si preoccupò di fare il gioco degli inglesi, perché il suo interesse era quello che dalla guerra non uscisse fuori un vincitore assoluto.

Franco Bandini, nel suo interessante “Vita e morte segreta di Mussolini” Mondadori 1978, riporta che l'industriale Alberto Pirelli, nel maggio del 1940, commentando con il suo medico, l'endocrinologo milanese prof. Alcide Fraschini, la situazione internazionale che in quel momento vedeva la sconfitta francese oramai quasi definitiva e l'Italia ancora alla finestra, di fronte alle preoccupazioni del medico, Pirelli lo tranquillizzò:

“Niente paura, caro professore! Il ‘testone' si è già messo d'accordo con Churchill. Qualche mese fa ho fatto io stesso la spola con Londra, come ‘corriere segreto', e le posso garantire che non succederà nulla. E' già tutto stabilito”.

Comunque, come sappiamo, l'Italia scese effettivamente in guerra senza impartire direttive strategiche offensive, in pratica facendo purtroppo il gioco in malafede di Churchill.

Scrisse Dino Campini, già segretario del ministro RSI Carlo Alberto Biggini:

<> (D. Campini, Piazzale Loreto , Il Conciliatore 1972).

Ma altrettanto interessante è questa valutazione del giornalista storico Franco Bandini:

<

Uniformò la sua condotta politica e militare, interamente su questo presupposto: ma nel farlo sembrò aggirarsi in un perimetro ben definito, il cui aspetto storicamente più curioso è che non venne condotta alcuna azione militare contro le posizioni inglesi, tranne una, e cioè la conquista della Somalia, nell'agosto del 1940.

Dovrebbe essere evidente ormai, che fino al settembre 1940 le forze armate italiane vennero cautamente mosse sul presupposto della pace di compromesso, e sulle linee di un programma che era già stato definito.

In altre parole occorrerebbe spiegare, se questo non fosse vero, in qual modo e per qual motivo Mussolini avrebbe potuto pretendere qualcosa al tavolo della pace britannica, senza esserselo conquistato, almeno formalmente, con un minimo di sacrifici.

Sostenere che egli entrò in guerra per ‘arraffare la parte di bottino', e non trarre le dovute conseguenze dal fatto, incontestabile, che egli non si mosse per prenderlo, o ne prese uno piccolissimo, significa cadere in una contraddizione di termini, e attribuire a Mussolini un grado di incoerenza eccessivo, almeno per quel periodo>> (F. Bandini: Tecnica della sconfitta, Sugar 1963 e Longanesi 1969).

E ancora il Bandini fa una giusta considerazione:

<< Chiediamoci quali tresche vennero intrecciate nel periodo della nostra ‘non belligeranza': soltanto un ingenuo potrebbe credere che non ve ne furono affatto. Generali e gerarchi tedeschi complottarono non meno di sette od otto volte con gli inglesi per sopprimere Hitler e porre termine alla guerra .

Vi furono un ala integralista e una conciliante in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Francia e persino nella Russia Sovietica, e perchè non in Italia?...>> ( F. Bandini: “Appuntamento sul lago, in Il Tempo 26.4.1985)

LA GUERRA PARALLELA

Ma anche successivamente, almeno fino al 1942, la strategia bellica italiana, benchè non più condizionata dall'accordo segreto del “Carteggio”, seguì una sua linea, quella della guerra parallela, logica e consequenziale, in considerazione delle nostri esigenze geopolitiche, ma decisamente nefasta per le sorti della guerra (in particolare a causa del nostro intervento in Grecia).

Quel che accadde nel teatro bellico (o meglio “non accadde”), in quei giorni del giugno 1940, lasciò sconcertato anche Hitler il quale, seppur dimentico che anche lui, pochi giorni prima e per analoghe ragioni geopolitiche , di fatto, aveva risparmiato quasi 350.000 uomini del contingente inglese a Dunkerque, così osservò con il suo addetto militare a Roma che lo ha poi ricordato:

<< Quando il Duce gli aveva dichiarato di non poter ritardare l'annuncio della sua entrata in guerra a una data posteriore all'11 giugno, lui aveva creduto che l'Italia avesse preparato un'azione fulminea contro la Corsica, Tunisi o Malta e che il segreto militare ne impedisse naturalmente un rinvio. Di conseguenza, dopo il discorso di Piazza Venezia, gli era sembrato logico aspettarsi che accadesse qualcosa. Invece, nessuno si era mosso. Questo, aveva concluso il Führer, gli aveva ricordato ciò che accadeva nel Medio Evo, quando le città si scambiavano messaggi di sfida e tutto finiva lì” (S. Corvaja: Mussolini nella tana del lupo , Ed. Dall'Oglio, 1982).

Ma di questa, “strana”, situazione e delle sue conseguenze, Hitler ebbe a tornarci su con delle considerazioni nelle sue note segrete a febbraio del 1945, considerazioni che fanno anche capire meglio quelli che erano stati gli interessi di Churchill a spingere l'Italia in guerra:

<< Ah, se gli italiani fossero rimasti fuori dalla guerra!. Se fossero rimasti in stato di non belligeranza.! Gli stessi alleati si sarebbero rallegrati, perchè seppur non avevano un opinione molto elevata della potenza militare dell'Italia, non potevano immaginare una tale debolezza da parte di quest'ultima. Avrebbero considerato un guadagno la neutralizzazione della forza che le attribuivano. Ma siccome non potevano darle fiducia, ciò li avrebbe obbligati a immobilizzare numerose truppe in prossimità dei suoi confini, al fine di evitare il rischio di un intervento sempre minaccioso, sempre possibile, se non probabile.

Questo significava, per noi, soldati britannici immobilizzati, i quali non avrebbero fatto né l'esperienza della guerra né quella della vittoria – insomma una sorta di ‘strana guerra' che si sarebbe prolungata a nostro esclusivo vantaggio >> (A. Hitler: Ultimi discorsi, Ed. di AR, 1988).

Oltre al testo base di Renzo De Felice: Mussolini l'alleato , L'Italia in guerra. 1940 -‘43 , Einaudi, 1990, ci sono tre testi, importantissimi che, a saperli leggere, mostrano molto bene lo strano comportamento militare italiano nel primo mese di guerra e il “segreto del Carteggio”.

Questi testi sono: Dino Campini, Strano gioco di Mussolini, Editoriale PG - Milano 1952; Franco Bandini Tecnica della sconfitta, op. cit; e Pietro Sella L'occidente contro l'Europa, Ed, Uomo Libero 1985.

Per concludere occorre aggiungere che Churchill, oramai coinvolta l'Italia nel conflitto, gettò ben presto la maschera e Mussolini, che certamente non aveva creduto a tutte le assicurazioni e impegni del britannico, dovette capirlo subito perché, come documentazioni ci attestano, già i primi di luglio '40, cominciò a tempestare Badoglio invitandolo a spronare Balbo in Libia (e poi, alla morte di questi, Graziani) affinchè sferrasse un offensiva decisiva verso l'Egitto e lo stesso fece con Supermarina perché intraprendesse qualche azione di rilievo nel mediterraneo (Il 28 giugno 1940 Badoglio con un telegramma aveva pressato Balbo in Libia affinchè accelerasse gli studi per l'offensiva, in quanto “ il Duce sta fremendo... fa di tutto per essere pronto per il 15 luglio” e successivamente il 3 luglio confermò al subentrato Graziani nel comando libico: ”Duce mi ordina di comunicarvi che est interesse vitale per l'Italia che voi siate pronti a sferrare l'offensiva per il giorno 15”.

Tutto però fu inutile perché, accordo o non accordo, in Italia, a cominciare dal Re, da Badoglio e da Supermarina (e anche da certe gerarchie del fascismo, come per esempio i filo “occidentali” Grandi e Ciano), ben pochi avevano la voglia di fare la guerra sul serio agli inglesi, ma questo è un altro discorso.

Andò a finire come tutti sanno:

- ad ottobre iniziò la scriteriata, sventurata e sabotata campagna di Grecia;

- a novembre ci fu il duro colpo alla nostra marina con la notte di Taranto;

- ed infine, a dicembre, il contrattacco inglese in Africa che travolse la Libia e, successivamente, pose fine per sempre al nostro impero coloniale nell'Africa orientale.

Ebbene, come quasi ad un segnale o momento convenuto, fin da metà autunno andò formandosi spontaneamente e/o artatamente il circolo di coloro (Badoglio, Cavagnari, Caviglia, Ciano, Grandi, per citare i nomi più noti) che già puntavano ad una pace separata gettando a mare Mussolini, mentre la massoneria in svariati ambiti e settori era da tempo operativa nell'opera di sabotaggio di tutta la guerra.

Sembra che proprio dopo questi primi rovesci per le nostre forze armate ed il disastro subito dalla marina con la notte di Taranto, vi furono anche alti gradi della Marina che presero contatto con gli inglesi (tra dicembre '40 e marzo 1941) non solo per impegnarsi a non consegnare la nostra flotta ai tedeschi, ma peggio ancora per vendere le nostre migliori navi ad un prezzo, definito dagli stessi inglesi irrisorio, richiedendo ovviamente anche un salvacondotto per loro e le proprie famiglie (negli anni '80 su questo abominevole avvenimento la mondadoriana Storia Illustrata ne fece un servizio memorabile).

Non a caso, a fine guerra, gli Alleati pensarono bene di inserire nel trattato di pace, con l'art. 16, l'impunità retroattiva per tutti questi traditori che operarono a favore degli Alleati fin da allora, se non prima!

A fine aprile 1945 Mussolini, di fatto abbandonato in quel di Menaggio da pseudo comandanti fascisti desiderosi di arrendersi al più presto agli Alleati e magari riciclarsi nel dopoguerra come anticomunisti e antisovietici, si trovò inevitabilmente a passare in un crocevia di morte:

Morto lo volevano gli inglesi , per nascondere l'intesa con Churchill, una intesa che una volta svelata, avrebbe rivoltato tutta l'interpretazione storiografia della seconda guerra mondiale, squalificato il britannico agli occhi del mondo e complicato la politica internazionale degli inglesi soprattutto rispetto alla Jugoslavia di Tito.

Morto lo volevano gli americani , come ben sappiamo da una registrazione telefonica intercontinentale tra Churchill e Roosvelt del 29 luglio 1943, e questo nonostante che apparentemente e ufficialmente, gli americani dicevano, ma non facevano niente!, di volerlo catturare per processarlo e umiliarlo.

Morto lo volevano i sovietici (e i comunisti italiani, non muovevano foglia che Stalin non voglia), visto che Stalin voleva tenere nascoste certe “intese segrete” con l'Italia del ventennio, risalenti fin dal 1924 e che, praticamente, avevano preservato il nostro paese da attentati delle cellule comuniste (gli unici attentati furono quelli dei massoni e di Giustizia e Libertà), ma anche si voleva nascondere certi contatti, avvenuti nel primo semestre del 1943, quando l'Italia e l'Urss si trovarono concordi a sondare le possibilità di far uscire i sovietici dalla guerra.

Morto lo voleva il Re che paventava che venissero fuori le sue responsabilità nella guerra, dove lui, che aveva tutti gli interessi finanziari della Corona nelle banche di Londra, aveva condiviso, eccome!, l' “intesa” con Churchill (il Re era sicuramente una di quelle 5 persone, indicate da Mussolini e al corrente degli accordi con il britannico.

Morto infine non dispiaceva neppure ai tedeschi di Wolff, che lo avevano tradito con la loro ignobile resa.

Ci meravigliamo che finì a Piazzale Loreto?

Lo storico Alessandro De Felice, nipote del celebre Renzo, ebbe a raccontare una confidenza che gli fece Leo Valiani: << La morte di Mussolini deve rimanere un mistero. Ed è meglio che sia così …, Londra ha suonato la musica, ed il PCI è andato a tempo!>>.

Non a caso ebbe ad affermare lo zio, lo storico Renzo De Felice:

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Ci fu un suggerimento inglese: ‘Fatelo fuori', mentre le clausole dell'armistizio ne stabilivano la consegna. Per gli inglesi era molto meglio se Mussolini fosse morto. In gioco c'era l'interesse nazionale legato alle esplosive compromissioni presenti nel carteggio che il premier britannico avrebbe scambiato con Mussolini prima e durante la guerra>>.

Oggi sono passati 70 anni da quegli avvenimenti, la guerra fu perduta e l'Italia venne colonizzata e inserita nel sistema occidentale della Nato. Un altra parte dell'Europa venne sottomessa al sistema sovietico del Patto di Varsavia. Per circa 40 anni tutta l'Europa ha avuto confini, popolazioni, governi, partiti politici e circoli culturali, divisi, anteposti: i fans della Nato e i partigiani del Patto di Varsavia: Scemi & più Scemi.

Un sistema perfetto per tenere sottomessa tutta l'Europa, scompaginarla, rimodellarla in un Nuovo Ordine Mondiale, diluirla in un miscuglio multietnico.

E dopo il “crollo del muro” questo Nuovo Ordine Mondiale ha mostrato definitivamente il suo volto: quello del dominio incontrastato e in ogni campo dell'Alta Finanza cosmopolita, quegli interessi finanziari che già furono alla base delle vere cause della Seconda Guerra mondiale.

In un ultimo scritto di Mussolini, si può leggere:

<< Tra le cause principali del tracollo del fascismo io pongo la lotta sorda ed implacabile di taluni gruppi industriali e finanziari, che nel loro folle egoismo temevano ed odiano il fascismo come il peggior nemico dei loro inumani interessi. Devo dire per ragioni di giustizia che il capitale italiano, quello legittimo, che si regge con la capacità delle sue imprese, ha sempre compreso le esigenze sociali, anche quando doveva allungare il collo per far fronte ai nuovi patti di lavoro>> .

In una sua sottolineatura a matita, come era uso fare, di un discorso di Churchill ai Comuni del maggio 1944, Mussolini aveva evidenziato quanto segue:

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Stiamo ancora aspettando che Giustizia si compia.

http://www.corrierecaraibi.com/FIRME_Vari_100615_MBarozzi_Le-vere-motivazioni-della-guerra-italiana.htm

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