martedì 4 maggio 2010

La Grecia come l'Italia nel 1992



la Grecia ha annunciato il suo piano per poter accedere agli “aiuti” di FMI, UE e BCE, tagli per 30 miliardi -il 10% circa del suo PIL!- entro i prossimi 3 anni, stipendi e pensioni tagliati e congelati mentre nel privato si agevoleranno le procedure per licenziare.

Misure drastiche che sicuramente avranno impatti notevoli anche nel PIL (Prodotto di Infelicità Lordo) perché porteranno meno consumi e senza una svalutazione della valuta, anzi dopo questo piccolo episodio l’euro tornerà a correre più forte di prima, la situazione diventerà veramente difficile nel paese che 3.000 anni fa era la culla delle civiltà.

Stranamente l’episodio della Grecia riporta alla memoria quello che accadde nel 1992 all’Italia, appena dopo aver firmato la propria condanna con il trattato di Maastricht, quello di Lisbona per la Grecia.

Per rinverdire la memoria riporto la cronologia dei fatti italiani….

Per la cronaca nel 1991 avevamo un debito pubblico di 1.453.789 miliardi di lire al 101% del PIL (fonte bankitalia) oggi 1.787.800 milioni di euro al 115,8% del PIL e quei sacrifici non hanno giovato in alcun modo a noi italiani mentre hanno arricchito molti degli attori, visibili e invisibili, di quegli anni.

7 Febbraio 1992

Giulio Andreotti come Presidente del Consiglio assieme al Ministro degli Esteri Gianni de Michelis (Membro dell’Aspen Institute) e il Ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore di Bankitalia) firmano il Trattato di Maastricht, il 7 febbraio 1992 per l’entrata nell’Unione Europea. Così facendo, l’autonomia delle banca centrale stava entrando in tutti gli ordinamenti giuridici dell’Unione Europea per effetto del Trattato (articolo 107).

Articolo 107 del Trattato di Maastricht: Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo Statuto del SEBC, né la BCE né una Banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti.

Gli Stati aderenti rinunciano alla sovranità monetaria nazionale per trasferirla con l’articolo 105 alla Banca Centrale Europea (BCE).

Articolo 105A del Trattato di Maastricht

1. La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote all'interno della Comunità. La BCE e le Banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla BCE e dalle Banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nella Comunità.

2. Gli Stati membri possono coniare monete metalliche con l'approvazione delle BCE per quanto riguarda il volume del conio.

7 Febbraio 1992

Lo stesso giorno l’autonomia della Banca Centrale si è perfezionata con la legge 7.2.1992 numero 82 varata dal ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore della Banca d’Italia), che ha attribuito alla Banca d’Italia la facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il Tesoro.

17 febbraio 1992: Inizia MANI PULITE

che letteralmente toglie di mezzo Democrazia Cristiana, Partito Socialista e molti altri protagonisti della politica italiana del dopoguerra.

Alla luce dei fatti successivi sorge il dubbio che Mani Pulite non sia stata altro che una manovra architettata dai “poteri forti” per rimuovere persone scomode che si sarebbero opposte con tutti i mezzi alla disfatta finanziaria dell’Italia. Il nome eccellente che spicca su tutti gli altri è Bettino Craxi colui che solo pochi anni prima a Sigonella, si era opposto con fermezza e con successo agli Stati Uniti.

Maggio 1992: assemblea della Banca d’Italia

All'assemblea annuale della Banca d'Italia il governatore Carlo Azeglio Ciampi chiede al futuro governo di avviare immediatamente il risanamento della finanza pubblica con una manovra da 30.000 miliardi per il '92, e una da 100.000 per il '93.

23 maggio 1992: Strage di Capaci

19 luglio 1992: Strage di via D’Amelio

Falcone e Borsellino vengono uccisi. I due magistrati indagavano su mafia, collusioni politiche e con la P2 (Mangano, Marcello dell’Utri e Berlusconi). Berlusconi, con le elezioni del 1994, diventerà un protagonista della scena politica. Di rilievo le indagini finanziarie all’estero che stavano conducendo i due magistrati e che avrebbero potuto chiarire coinvolgimenti di poteri stranieri con mafia, politica e P2 (inutile dire che dopo la morte dei due magistrati non si è saputo più nulla)

2 giugno 1992: la cospirazione del Britannia

Al largo di Civitavecchia molla l’ancora il panfilo della Regina Elisabetta II. Dentro vi sono i rappresentanti di Goldman Sachs (Mario Draghi fu in seguito assunto da Goldman Sach fino a diventarne vicepresidente e Prodi era consulente della banca d’affari prima di entrare in politica), Warburg, Barclays, personaggi come George Soros, Mario Draghi, IRI, Ambronveneto, Crediop, Generali, Banca Commerciale, Società Autostrade, ENI, ecc.

Il motivo è la svendita dei patrimonio italiano.

28 giugno 1992: Amato Presidente del Consiglio

il deputato e dirigente del Partito socialista Giuliano Amato diventa presidente del Consiglio dei ministri sostenuto da un quadripartito formato da Dc-Psi-Psdi-Pli.

10 luglio: il governo vara una manovra economica da 30.000 miliardi per risanare il disavanzo dello Stato.

16 luglio: arrestato per corruzione aggravata e continuata Salvatore Ligresti, uno dei più importanti uomini d'affari italiani. La Banca d'Italia aumenta per la terza volta in sette mesi il tasso di sconto.

20 luglio:Ciampi ritiene la manovra economica del governo "necessaria, ma ancora insufficiente".

31 luglio: fine della scala mobile

firma dell'accordo sul lavoro fra il governo Amato e i sindacati confederali (CGIL-CISL-UIL), viene abolita la scala mobile, bloccati i salari fino a tutto il 1993 in cambio di un forfait di 20.000 lire al mese, aumentate le tasse sugli scatti retributivi maggiormente elevati.

28 agosto: il marco sale al tetto massimo di oscillazione consentito dal Sistema Monetario Europeo (Sme): 765,40 lire.

Agosto 1992: declassamento del debito italiano

La Standard & Poors, l’agenzia di Rating più famosa al mondo, declassa il debito italiano e mette lo stato nella condizione di fare cassa per rientrare nei parametri decisi dal trattato di Maastricht

1 settembre:il ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio chiede altri 10.000 miliardi per la manovra finanziaria al fine di compensare il maggior costo del debito causato dal livello record degli interessi.

4 settembre:la Banca d'Italia porta il tasso di sconto dal 13,25 al 15%. Amato dichiara che l'Italia, d'accordo con la Cee, non ha intenzione di svalutare.

Settembre 1992: Speculazione di George Soros sulla lira

Il guru della globalizzazione George Soros, specula sterlina contro lira provocando una svalutazione della nostra moneta del 30%, l’uscita dallo SME. Il governatore della Banca d’Italia dell'epoca era Carlo Azeglio Ciampi che dilapidò circa 48.000 miliardi di dollari per cercare di opporsi (inutilmente e dannosamente) agli speculatori. Il governo Amato vara una legge finanziaria da 100.000 miliardi (aumento dell'età pensionabile, aumento dell'anzianità contributiva, blocco dei pensionamenti, minimum tax, patrimoniale sulle imprese, prelievo sui conti correnti bancari, introduzione dei ticket sanitari, tassa sul medico di famiglia, imposta comunale sugli immobili (Ici), blocco di stipendi e assunzioni nel pubblico impiego, privatizzazioni ecc.).

Ottobre 1992: Scalfaro da Ciampi

per favorire un clima di maggiore fiducia sulla situazione economica nazionale, il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, si reca personalmente in Banca d'Italia dal governatore Carlo Azeglio Ciampi. E' la prima volta in assoluto, precedentemente era stato sempre il governatore ad essere convocato al Quirinale.

29 ottobre la camera ratifica Maastricht:

con quattrocento voti favorevoli quarantasei contrari e diciotto astenuti, la Cameradei deputati approva in via definitiva la ratifica del trattato di Maastricht, che, in vista della futura unione monetaria europea, vincola gli Stati a dei rigorosissimi parametri di finanza pubblica (inflazione, deficit/pil, deficit annuale/pil annuale).

Partono i saldi: con una svalutazione del 30% i gioielli italiani come l’IRI vengono regalati ai capitali stranieri. Multinazionali anglo-americane, ma anche francesi fanno incetta di società specialmente agroalimentari e di meccanica di precisione. Vengono privatizzate totalmente Telecom, parzialmente Enel ed Eni.

Le decisioni vennero prese in fretta e furia con un atto di forza da Mario Draghi direttore generale del Ministero del Tesoro esautorando il Parlamento. Basti pensare alla risposta data da Draghi a chi, durante un convegno, gli chiedeva timidamente se non fosse stato il caso, prima di privatizzare, di aspettare un quadro legislativo che consentisse le liberalizzazioni (magari per evitare di avere monopoli privati e non più pubblici, come poi è di fatto accaduto...): “qual era la capacità di produrre leggi che aveva quello Stato, nel ’92-’93? Avremmo aspettato all’infinito!









(tratto da http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=176) E veniamo alle cifre incassate. Ad oggi (2002), il Tesoro ha effettuato direttamente operazioni di privatizzazione per un controvalore di circa 66,6 miliardi di euro. A questa cifra vanno però aggiunte le privatizzazioni gestite dall’IRI (sempre sotto il coordinamento del Tesoro), per un controvalore di circa 56,4 miliardi di euro, le dismissioni realizzate dall’ENI (5,4 miliardi di euro) e la liquidazione dell’EFIM (440 milioni di euro). Si tratta di cifre molto consistenti, da cui è facile intuire il valore e l’importanza degli assets venduti. Sono anche cifre adeguate? In altri termini, il Tesoro ha venduto le società pubbliche al loro giusto prezzo oppure no? Per quanto strano possa sembrare, questo tema non è stato praticamente mai affrontato seriamente. Eppure il metodo ci sarebbe: basterebbe prendere il prezzo di vendita delle società e confrontarlo con le attuali quotazioni di borsa delle stesse società. La cosa è complicata dal fatto che pressoché tutte le banche sono state coinvolte da processi di concentrazione e fusione con altre banche dopo la privatizzazione, ma si può comunque arrivare a valutazioni attendibili. Vediamo quindi, innanzitutto, i valori incassati all’atto della privatizzazione.

E ora qualche cenno ai valori di borsa attuali. Oggi (2002) Unicredito Italiano capitalizza 26.593 milioni di euro, IMI-Sampaolo 16.941 milioni, Intesa-BCI (che comprende Comit) 20.760 milioni, Banca di Roma 4.087 milioni, BNL 4. 922 milioni [5]. Un caso a parte, che ha dell’incredibile, è poi rappresentato dal Banco Napoli: quel 60% che lo Stato vendette alla BNL per 32 milioni di euro (dopo ripulito il Banconapoli delle perdite e dei crediti inesigibili con 6.200 milioni di euro di danaro pubblico), è stato rivenduto dalla BNL, a distanza di pochi anni, per 1.000 milioni di euro. Alla luce di queste cifre appaiono decisamente curiose le dichiarazioni dell’allora Ministro del Tesoro Ciampi: “il Tesoro vuole valorizzare prima di vendere: è un suo dovere nei confronti del cittadino che, dopo le risorse profuse per finanziare le perdite delle imprese pubbliche negli anni passati non tollererebbe ‘regali’ al momento della loro vendita” [6].

Ma non è tutto: va infatti considerato che le cifre riportate nella tabella con i prezzi di vendita sono lorde. Da esse vanno infatti sottratti i costi delle operazioni di privatizzazione, che includono: le commissioni per i collocatori in borsa (banche che compongono il sindacato di collocamento e altri consulenti), così come le spese di registration e listing sui mercati azionari (spese per adempimenti CONSOB, SEC e altri adempimenti normativi). Questi costi sono andati scendendo nel corso degli anni, ma si collocano comunque tra il 2% e il 3% sull’ammontare totale del ricavato [i].

Una fetta consistente di questo denaro (circa l’1% sull’ammontare totale) è andato alle maggiori investment banks anglosassoni (JP Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Credit Suisse First Boston, Merrill Lynch, ecc.), per la loro attività di consulenza. Il tutto senza ovviamente rischiare in proprio neanche un dollaro. E, meno ovviamente, senza dover neppure sostenere una gara pubblica per l’affidamento dell’incarico.

21 dicembre: crolla la produzione. L'Istat e il centro studi della Confindustria confermano: è recessione.

Blog di Pierluigi Paoletti

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