giovedì 21 gennaio 2010

UGO SPIRITO E FONDAZIONE


Ugo Spirito nacque ad Arezzo il 09-09-1896 e si laureò in giurisprudenza nel 1918 ed in filosofia nel 1920. In origine Spirito era stato educato nel positivismo, alunno del socialista Enrico Ferri circa gli studi di antropologia criminale e sociologia criminale, durante la laurea in legge. Allievo dell’economista liberale Maffeo Pantaloni, avendo, speculativamente, i prodromi del carattere comunista, si accorse dei limiti di una metafisica che rivelava la superficialità dei suoi presupposti e dei suoi principi informatori. Discepolo più brillante ed autonomo nel 1918 del filosofo Giovanni Gentile, influenzato dal medesimo fu condotto a vivere in prima persona quella stagione intellettuale che fu il neoidealismo all’indomani della prima guerra mondiale, quando la critica all’intellettuale neutrale della politica portò Gentile ed i suoi uomini ad impegnarsi nell’arena della politica culturale italiana. Nel 1920 fu redattore, poi segretario di redazione del gentiliano ‘’Giornale Critico della Filosofia Italiana’’,di filosofia del diritto, e dell’Enciclopedia Italiana per la Filosofia, l’Economia e Diritto, di cui, poi, divenne direttore. Spirito trasse l’esigenza, fondamentale nel suo pensiero, di concepire il soggetto umano come espressione del mondo, naturale e sociale, in cui è inserito. Sulla base di tale presupposto, si può considerare l’uomo libero, responsabile, consapevole di sé e delle proprie azioni:‘’autocosciente’’? La risposta la trovò nell’attualismo di Gentile, che aveva dialetticamente risolto la realtà tutta nell’unità dell’autocoscienza, comprendendo che l’uomo non può conoscersi e possedersi se non conoscendo e possedendo al tempo stesso il complesso della realtà in cui è integrato, e staccato dal quale diviene pura astrazione. Il presupposto scientifico e l’esigenza filosofica della conoscenza e del possesso del tutto, sembravano fondersi nell’attualismo.

A partire dal 1924 Spirito si avvicinò a Giuseppe Bottai, collaborando con ‘’Critica Fascista’’. Scrisse le prime opere:‘’Il pragmatismo nella filosofia contemporanea’’ del 1921, ‘’Storia del diritto penale italiano’’ del 1925, ‘’ Il nuovo diritto penale ‘’ del 1929,‘’Scienza e filosofia’’ del 1933’’.

Nel 1927 insieme ad Arnoldo Volpicelli cofondò e condiresse la rivista dei ‘’Nuovi studi di diritto, economia e politica’’, che durò fino al 1935. Tra il 1926 ed il 1935 Spirito scrisse saggi e note critiche al problema del corporativismo, come ‘’La Critica dell’Economia liberale’’ nel 1930, ‘’I Fondamenti dell’Economia Corporativa’’ del 1932,’’Capitalismo e corporativismo’’ del 1933, ‘’Il pian de Man e l’economia mista’’ del 1935. Spirito insegnò tra il 1932 ed il 1935 Politica ed Economia corporativa all’Università di Pisa; nel 1935-6 lasciò quella cattedra per l’insegnamento di filosofia e storia della filosofia all’Università di Messina, nel 1936-8 insegnò all’Università di Genova, come ordinario di Filosofia teoretica, poi all’Università di Roma di cui fu professore emerito dal 1938, prima alla facoltà di magistero e dal 1952 alla facoltà di lettere e filosofia. Risolse l’attualismo in problematicismo, da tale posizione, cioè dalla riconosciuta impossibilità di risolvere adeguatamente i grandi problemi filosofici, ricavò il precetto ‘’non giudicare’’, la norma etica di comprendere gli altri, di intendere la vita come amore. Constatata la contraddittorietà di tutte le tesi metafisiche occidentali,( anche del- l’attualismo), in quanto queste posizioni mirano a definire il tutto e così lo trascendono rendendolo parte di una nuova realtà che sfugge alla definizione, sostenne il ‘’problematicismo’’, per cui unico atteggiamento possibile per l’uomo moderno era quello di una ricerca continua e di un’accettazione di punti di vista differenti (onnicentrismo). Il problematicismo è cosciente di tale contraddizione ed aspira ad annullare in una più immediata fruizione della vita intesa come ‘’ricerca’’, come ‘’arte’’, come ‘’amore’’, nella rinunzia ad ogni giudizio e nel riconoscimento delle centralità di ogni cosa, di ogni punto dell’universo ,ovvero l’onnicentrismo.

Il problematicismo era la tendenza della filosofia contemporanea a considerare come non definitiva alcuna posizione filosofica, a negare ogni valore al sapere metafisico-dogmatico. Il problematicismo ebbe due indirizzi di pensiero, molto diversi tra loro: quello del comuista Antonio Banfi, secondo cui la realtà stessa si presenta come problematica: compito della filosofia

(della ragione critica) non è quello di chiuderne la vivente ricchezza in un sistema rigido, ma di organizzarla in una sistematica aperta e progressiva del sapere. Per Ugo Spirito il problematicismo era

la conclusione dell’attualismo gentiliano, che,dopo aver criticato ed eliminato ogni metafisica dogmatica, critica anche se stesso, e pur negando ogni possibilità risolvere adeguatamente i grandi problemi filosofici, non rinuncia alla ricerca, ne sente anzi tutte le profonde esigenze,

(‘’Il problematicismo’’ nel 1948). Nel libro ‘’Giovanni Gentile’’ ,edito da Sansoni in Firenze nel 1969, analizzò gli scritti di e su Gentile e sul suo pensiero tra il 1918 ed il 1968, specie nelle fasi del rapporto Spirito e Gentile, suo maestro. La Concezione metafisica, religiosa, del giudizio su Marx ,del rapporto con Benedetto Croce, della riforma della scuola, alla teoria dell’umanesimo del lavoro, del problema del fascismo e del corporativismo. Spirito cercava nella filosofia i fondamenti speculativi di tali discipline come diritto penale, economia-politica, che non aveva trovato nei libri dei giuristi ed economisti. Gentile dal 10 gennaio 1918 con le sue lezioni di filosofia all’Università di Roma gli aprì nuovi orizzonti, per cui dopo di esse Spirito ebbe una trasformazione radicale del suo pensiero e del modo di concepire la vita. La visione storica del Gentile, il richiamo al pensiero dei classici, la forza logica dell’argomentazione ed il pathos di una fede speculativa profondamente vissuta, lo elevarono ad un nuovo piano critico con ampie prospettive e con criteri di giudizio essenzialmente diversi. Un rinnovamento radicale della cultura italiana operato dal neoidealismo, vera illuminazione. Attualista ortodosso per circa un decennio, sicuro ed intransigente nel testo ‘’L’idealismo italiano e i suoi critici’’, edito da Le Monnier di Firenze nel 1930. Il passaggio dall’attualismo ortodosso alle prime riserve critiche si affermò insensibilmente e senza vera consapevolezza. La prima differenziazione risale alla fondazione della rivista ‘‘Nuovi Studi di diritto,economia e politica’’ nel 1927,in cui per esigenze comunistiche, cominciò a profilarsi la tesi della identificazione di scienza e filosofia, ed in cui il nuovo modo di considerare la scienza diede i suoi frutti. L’unità di filosofia e scienza in cui l’universale si coglie solo nella vita del particolare attraverso un unico processo conoscitivo che va dal particolare all’universale e dall’universale al particolare.

Il processo di revisione critica si accentuò, col distacco ne’ ‘’La vita come ricerca’’, edito da Sansoni a Firenze nel 1937, con cui Spirito prese congedo dall’attualismo e diede inizio al problematicismo, contro cui Gentile reagì duramente, con una rottura perché Spirito ravvisò una grave contraddizione in Gentile, consistente nell’ipostatizzare la dialettica come essenza della realtà, facendone il congetturato non dialettizzabile di tutto il sistema.

Prese atto della radicale antinomicità del reale, riconoscendo che l’uomo non possiede l’autocoscienza assoluta ( la soluzione di tutte le antinomie), ma vive in una condizione di ricerca, tormento, tensione verso l’assoluto, senza poterne mai conseguire il possesso. Scienza e filosofia ridiventarono termini distinti: dove per ‘’scienza’’ s’intendeva l’esperienza della ricerca nelle sue forme; e per ‘’filosofia’’ sta ad indicare unicamente l’autocoscienza assoluta dell’attualismo, intesa come la meta ideale di ogni ricerca, da raggiungersi in un futuro soltanto più ipotetico. Nacque il ‘’problematicismo’’ che condusse progressivamente le posizioni dell’attualismo al loro radicale capovolgimento. Il contrasto con Gentile fu attenuato e fu pubblicata ‘’La vita come ricerca’’ e ‘’La vita come arte’’, edito da Sansoni nel 1941, il giudizio di Gentile fu più comprensivo vedasi il convegno del 1941 del ministero dell’Educazione nazionale in cui accennò a uno Spirito ‘’non più mio’’. Nel 1944 la polemica si estinse. Spirito ebbe l’esigenza di un nuovo esame della posizione speculativa del Gentile, specie dopo la sua morte, quando la preoccupazione dominante divenne la comprensione del significato storico dell’attualismo e di un riavvicinamento progressivo ai principi informatori della filosofia di Gentile. Il riavvicinamento fu segnato dal riconoscimento esplicito di dovere a Gentile l’esigenza fondamentale dell’identificazione di scienza e filosofia ed il primo avvio alla concezione della metafisica come scienza. Spirito aveva pubblicato nel 1930 per l’editore Sansoni il libro ‘’Il Corporativismo’’, che riuniva i tre libri che Spirito aveva scritto sull’argomento negli anni intorno al 1930 e nel periodo di vita di ‘’Nuovi Studi di diritto,economia e politica’’, ossia: ‘’Dall’economia liberale al corporativismo

(critica dell’economia liberale)’’, edito dal socialista ebreo Treves di Milano nel 1930, ‘’I Fondamenti dell’economia corporativa’’, ’’Capitalismo e Corporativismo’’. Il lettore non doveva essere condizionato dal confronto tra passato e presente, ma dal significato originario che gli diede l’autore. Spirito capì che le potenzialità rivoluzionarie del Fascismo sarebbero state frustrate senza il profilarsi di una effettiva soluzione di continuità rispetto al passato liberale. Tale frattura si verificava rimettendo in discussione il modello di produzione capitalistico e borghese: con il interesse per la critica all’economia classica, che caratterizzò la sua riflessione durante l’intero Ventennio fascista. Al II convegno di studi sindacali e corporativi di Ferrara, nel maggio del 1932, la critica al dualismo di classe insito nel modello capitalistico vide Spirito relatore e difensore, nonché formulatore della teoria e della costruzione utopistica dell’istituto della ‘’ corporazione proprietaria’’, ovvero del corporativismo comunista, seconda la tesi comunista ovvero della negazione della proprietà individuale, che assegnava la proprietà dei mezzi di produzione non al privato, ma alla corporazione.

L’economia corporativa del fascismo fu interpretata come via alla trasformazione della proprietà privata in proprietà pubblica (corporazione proprietaria). Per superare la contraddizione di un sistema economico oscillante tra anarchia produttiva e dirigismo statale, elaborò la proposta della ‘’corporazione proprietaria’’, cioè la trasformazione in corporazione della grande società anonima. Il superamento dell’antagonismo tra datori di lavoro e lavoratori sarebbe dovuto avvenire attraverso una fusione ed una integrazione reciproca fra capitale e lavoro, con il passaggio del capitale dagli azionisti ai lavoratori, ora divenuti proprietari della parte loro spettante. La sua teoria, che aveva fra i suoi presupposti la risoluzione del sindacalismo nel corporativismo integrale, con la sua sostanziale soppressione, suscitò violente reazioni, venne accusata di tendenze ‘’bolscevizzanti’’. Realizzandosi così la fusione di capitale e lavoro, sarebbe divenuta inutile la presenza delle associazioni di categoria (dei lavoratori come dei datori di lavoro) e si sarebbe proceduto verso una completa identificazione tra l’individuo e lo Stato. Spirito fu attaccato sia da destra – dal fascismo moderato, dagli industriali, dai nazionalisti, dai conservatori – con l’accusa di bolscevismo, sia dalla sinistra sindacale, che lo tacciò di scarsa sensibilità sociale e di utopismo. Ebbe una polemica accademica non politica con Cesare Maria De Vecchi, ma i rapporti tra il filosofo ed il regime restarono buoni. Vicino a Bottai fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, Spirito tentò a più riprese di rivitalizzare gli studi corporativi, fino a riproporli in chiave internazionale con ‘’Guerra rivoluzionaria’’: un saggio scritto nel 1941, ma la cui pubblicazione fu bloccata da Mussolini, che considerava la prospettiva di Spirito eccessivamente filo-tedesca. Nel testo, Spirito tracciava un quadro senza compiacenze dei rapporti di forze esistenti fra gli Alleati contro l’Asse, e non nascondeva la delusione per la mancata alleanza delle tre potenze totalitarie:Italia,Germania,U.R.S.S. contro le demoplutocrazie internazionali. Allontanatosi da Bottai per la conversione del gerarca al cattolicesimo, Spirito individuò in Camillo Pellizzi, presidente dell’Istituto Nazionale di Cultura fascista, il proprio referente politico e culturale. Spirito già negli anni trenta aveva sviluppato la sua filosofia politica partendo dallo studio critico dell’economia liberale, passando all’economia programmatica ed alla teoria del corporativismo. Partì indi dall’attualismo comunista o bolscevico, per cui fu espulso dal Partito Nazionale Fascista. Il fallimento politico di tale impostazione lo spinse a riconoscere la frattura fra universale e particolare: ogni volta che il pensiero tentava di definire il tutto si trovava obbligato a trascenderlo e a renderlo parte della realtà che si sottraeva alla definizione. Nel secondo dopoguerra l’adesione ad un comunismo intransigente ed antiborghese lo portò a scrivere nel 1964 ‘’Dal Corporativismo comunista al Comunismo scientifico’’,edito da Lacaita a Manduria (TA), nel 1965 ‘’Il Comunismo’’. Con la riedizione dei libri ‘’Corporativismo’’ ed ‘’Il Comunismo’’,nel 1970 per Sansoni, si contemplò la finitura della costruzione comunista del corporativismo di Ugo Spirito, ovvero 40 anni di studio ed esperienze dirette. I principi direttivi di una concezione comunista della società, messi a confronto con l’evoluzione della dottrina marxista da Marx ad oggi e con le ideologie dominanti dell’epoca moderna e contemporanea ( liberalismo, totalitarismo,democrazia, socialdemocrazia, capitalismo). Studiò i rapporti tra cristianesimo e comunismo, nei loro punti di convergenza, divergenza, incompatibilità. Sulla sua esperienza personale nei viaggi effettuati nei Paesi comunisti d’oltre cortina, ossia nelle regioni del’U.R.S.S., dagli Urali e nelle terre vergini, nella Cina popolare da Pechino a Canton. Valutò le possibilità teoriche e pratiche del comunismo internazionale, concluse il tentativo di previsione circa lo sviluppo ulteriore dei vari regimi politici e delle varie ideologie attualmente in contrasto. Organizzò gli scritti tra il 1966 ed il 1969, quelli sulla rivista ‘’Nuovi Studi di diritto,economia e politica’’ ed il libro ‘’L’Economia programmatica’’edito dalla Scuola di Scienze corporative dell’Università di Pisa nel 1932 e da Sansoni di Firenze; toccando il tema della nuova concezione economica dell’U.R.S.S.. Nei confronti di questo libro vi furono ampie ed aspre reazioni accademiche, a causa dei loro principi classici del liberalismo, già esaminati da Ugo Spirito in ‘’La critica dell’economia liberale’’, edito da Treves di Milano nel 1930. Altra reazione ampia fu nell’ambito scientifico e politico, come la reazione alla corporazione proprietaria presentata al convegno di Ferrara del 1932 (riprodotta, poi, in ‘’Capitalismo e corporativismo’’, 3° edizione Sansoni, Firenze). Nel 1946 al Congresso Internazionale di Filosofia di Roma tenne la relazione su’’Il pensiero italiano di fronte al materialismo storico’’. L’interesse per il marxismo dilagò in Italia e così pure i successi bellici e postbellici dell’U.R.S.S. lo interessarono criticamente sulla natura e sulla possibilità del Comunismo. Le informazioni e le lettere internazionali, di tentare l’esperienza diretta di quei regimi informati alla ideologia rivoluzionaria. I suoi viaggi nell’U.R.S.S., in Polonia, nella Cina popolare, gli allargarono gli orizzonti e gli fecero considerare il problema sotto diverse prospettive ed in maniera non solo teorica. ‘’Il Comunismo’’ riepilogò i tre precedenti libri: ‘’La Filosofia del Comunismo’’(1948), ‘’Cristianesimo e comunismo’’(1958),’’Comunismo russo e comunismo cinese’’ (1962). Un saggio del 1970 ‘’Dalle rivoluzioni politiche alla rivoluzione scientifica’’, cercò di dare uno sbocco alla sua lunga esperienza in materia. In realtà si evinse la non definitività della sua ricerca ipotetica; come già era avvenuto nelle conferenze per l’Associazione Culturale Italiana dal titolo’’L’avvenire del comunismo’’, tenutesi nel marzo 1966 a Torino, Genova, Milano, Roma, Napoli. Nel 1975 ‘’Dal cattolicesimo al comunismo’’

Il testo ‘’Stato democratico e stato programmatico’’, derivante da una delle sue varie scritture critiche, presenti in più periodici culturali e di studio, come ‘’Cultura e Politica’’ n. 5 del 1967. ‘’Verso il comunismo scientifico’’ in Cultura e Politica, nn. 10-11 del 1969; ‘’Dal marxismo al comunismo scientifico’’, tratto dai ‘’Futuribili’’ agosto-settembre 1969. Quivi emergeva il carattere hegeliano del comunismo contemporaneo ( totalitarismo, Gentile, Marx, la critica, de la ‘’La proprietà privata’’ di Hegel), già presenti nel 3° Congresso Internazionale hegeliano a Roma, nell’aprile 1933. La filosofia dello Stato di Hegel accoglieva la negazione della proprietà privata e l’affermazione dell’ideale comunista. Lo Stato era assoluta immanenza e vi era riconosciuta in esso la vita del soggetto trascendentale della storia, la conclusione comunista era inevitabile, e il conservatorismo dei filosofi idealisti - anche di Hegel – era contraddizione logica dovuta a motivi sentimentali e tradizionali o a residui di ideologie confessionali, empiristiche ed illuministiche: ad un sopravvivere del mondo della trascendenza nella concezione immanentistica della realtà. Una previsione politica conseguente al riconoscimento della crisi dell’idealismo fondamentale. Occorreva superare la crisi e giungere alla concezione comunista su basi speculative da resistere alle esigenze critiche del pensiero contemporaneo. Altrimenti non si sarebbe superata la crisi ed il Comunismo sarebbe precipitato verso forme dispotiche ed anarcoidi, che avrebbero segnato con l’imborghesimento del proletariato, l’ultima fase della società borghese. Nel 1978 Spirito fece pubblicare per l’editore Volpe di Roma, ‘’La fine del comunismo’’, in cui a 60 anni dalla rivoluzione russa sovietica si faceva il bilancio del Comunismo nel mondo fra sostenitori ed oppositori. Spirito mostrava una comprensione delle idee e degli stati d’animo, utilizzando la piazza editoriale della destra neofascista, avendo fatto nella sua lunga vita di ricerca ideale e filosofica una svolta duplice di 180 gradi. Riconosciuto nel 1956 come comunista dal P.C.I., nel 1956 aveva viaggiato in U.R.S.S., nel 1961 in Cina popolare; aveva tenuto in Italia dei convegni entusiasti alla presenza dell’ex azionista e poi socialista Ferruccio Parri e dell’ebreo comunista Umberto Terracini.

Fascismo, Comunismi, società di massa furono toccati da Spirito alla ricerca di quella cultura che fosse in grado di elaborare Istituzioni e forme politiche che conciliassero la particolarità con l’universalità.

Dopo l’iniziale fase ‘’ipercritica’’ verso l’attualismo gentiliano , attraverso un faticoso cammino speculativo, Spirito scrisse i testi: ‘’La vita come amore’’ nel 1953 e ‘’Inizio di una nuova epoca’’

(1961). Nel 1963 pubblicò ’’Critica della democrazia’’per la Sansoni , sistematico testo che rispondeva all’intento di una visione organica del problema, nella sua genesi storica e nella direzione dell’avvenire; filosoficamente proponeva un tentativo di costruzione della metafisica della scienza. Sotto il profilo della filosofia politica e della storia del pensiero politico offriva un contributo teorico al dibattito dell’istituto democratico e sulla prassi democratica. Una lettura interpretativa del fascismo alla luce delle vicende dell’ attualismo, sottolineava la fecondità euristica di un approccio in chiave culturale e filosofico del periodo storico del fascismo, per cui fra attualismo e fascismo si creò una unità speculativa. Nel 1964 scrisse ‘’Nuovo Umanesimo’’.Spirito fu direttore delle collezioni di Scrittori di Estetica e dei classici della filosofia per la Casa editrice Sansoni di Firenze, nonché di Storia antologica dei problemi filosofici. Fu anche presidente della Fondazione Giovanni Gentile per gli Studi Filosofici e socio nazionale dell’Accademia dei Lincei.

Nel volume ‘’Dal mito alla scienza’’(1966), approdò a salde certezze, tornando a formulare, l’identificazione di scienza e filosofia. Di fronte all’imponente realtà dei successi ottenuti nel nostro secolo dalla scienza, l’ideale di una filosofia che valesse come possesso della verità del tutto, perdeva

di significato. L’unica forma di sapere era quella scientifica e se la filosofia voleva

garantirsi un futuro doveva assumerne i metodi e l’orientamento: primo, rinunciando a valutare sulla base di un presunto criterio di verità i più vari aspetti del reale, ognuno dei quali da considerarsi in sé ‘’centrale’’, esplicitazione dell’universo intero in una forma determinata (onnicentrismo); secondo considerando le proprie affermazioni puramente ipotetiche e passibili di confutazione (ipotetismo). La fase di ‘’fideismo scientifico’’ di Spirito fu di breve durata; le istanze problematicistiche rimaste sullo sfondo ripresero il sopravvento in ‘’Storia della mia ricerca’’( 1971), presso Sansoni in cui venne evidenziata, con la critica più dissolvente, l’intrinseca antinomicità della realtà scientifica.
Il disintegrarsi del sapere scientifico in un incontrollabile processo di specializzazione; l’insorgere, come reazione all’abito scientifico, di un bisogno di convinzioni assolute che si traduceva in atteggiamento e stati d’animo radicalmente antiscientifici; dimostrava come la scienza, invece che semplificare la realtà, la complicava enormemente, rendendola meno passibile di controllo e programmazione. Se da una parte l’uomo contemporaneo appariva orientato ( come insegnano la psicologia, l’antropologia criminale e la sociologia) a riconoscersi espressione di una realtà naturale e sociale che lo trascende infinitamente e che è incontrollabile nella sua interezza; dall’altra l’uomo si sentiva incapace di orientare e progettare il proprio futuro sulla base di un criterio sicuro. Non rimaneva che prendere atto dell’impossibilità radicale di pervenire all’autocoscienza e ammettere che la condizione generale che tende a prevalere nella nostra società è quella dell’’incoscienza’’. Il rovesciamento dell’attualismo era completo e segnava la conclusione definitiva del pensiero occidentale, iniziatosi col ‘’conosci te stesso’’ socratico. L’ultima speculazione di Spirito ( ‘’Storia della mia ricerca’’, ‘’Dall’attualismo al problematicismo’’,1976, ‘’Memorie di un incosciente’’,1977) assunse toni negativi e preoccupati: la ‘’fine dell’autocoscienza’’ si tradusse sul piano sociale in gravi forme di inquietudine e insicurezza, che definì come ‘’problematicismo di massa’’. Ogni previsione per il futuro della nostra società era impossibile: per la prima volta nella storia l’uomo era totalmente incapace di dare una direzione al proprio cammino.

Il riconoscimento della contraddittorietà del pensiero e della necessità di rivolgersi al mondo con apertura, con amore. L’esito di tale apertura era il riconoscimento che era in atto un processo di unificazione in funzione della scienza e della tecnica, i cui valori creavano una società

anti-individualistica , cui si accompagnava una piena consapevolezza del carattere ipotetico del sapere tecnico-scientifico e del carattere onnicentrico, del fare e del sapere umano. Ogni realtà individuale si concepiva come centro e decadeva di continuo per la relatività del suo porsi e, in tale decadere, si apriva

il dialogo con le altre realtà individuali. Da ultimo l’iter speculativo di Spirito si evolse verso interrogativi problematici sul ruolo della scienza come nuovo assoluto nella società post-industriale e continuò a dedicarsi alla ricerca filosofica ed all’insegnamento all’Università di Roma. Spirito ravvisò nella scienza, come superamento di ogni mito e dottrina filosofica, l’esperienza che muove inarrestabilmente l’uomo contemporaneo verso la comprensione della verità problematica e onnicentrica, non senza rilevare gli aspetti degenerativi della odierna cultura di massa e dell’umanità nel pensiero e nell’azione.

Ugo Spirito morì a Roma il 28 aprile 1979.

Antonio Rossiello

tratto da: http://www.italiasociale.org/cultura07/cultura060207-1.html

AGGIUNTE DA SOCIALE

Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
http://www.archividelnovecento.it/index.php?option=com_content&view=article&id=393&catid=3&Itemid=13&lang=it

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