lunedì 18 gennaio 2010

1999 - 2009, dieci anni di sporche guerre usraeliane



Il decennio appena trascorso ha visto scorrere il sangue di numerosi popoli eurasiatici, nella impari lotta contro la forzosa occidentalizzazione del pianeta.

Tocca all’ultimo popolo europeo rimasto libero, nel 1999, subire l’aggressione degli Stati Uniti e dei suoi ascari. Stiamo parlando ovviamente della Serbia, uscita da poco dalla terribile guerra civile che aveva polverizzato la Jugoslavia. Il 24 marzo ha inizio la guerra di aggressione della Nato nei confronti del paese balcanico, colpevole di non chinare il capo ai diktat provenienti d’oltreoceano.
I bombardamenti durano fino al 9 giugno, provocando la morte di 6.000 civili serbi e ingenti danni economici: 500.000 disoccupati e 100 miliardi di dollari per citare “solo” le cifre più rilevanti .
La gloriosa resistenza della Serbia tuttavia, fa sì che questa guerra si risolva per l’aggressore atlantico con un sostanziale nulla di fatto da un punto di vista strategico, e quindi a ragion veduta si può parlare di fiasco totale. Gli obiettivi primari, ossia l’abbattimento di Milosevic e la secessione del Kosovo sarebbero stati raggiunti solo in seguito. I motivi geostrategici di tale aggressione sono fin troppo lampanti: dopo aver polverizzato l’entità jugoslava ed aver quindi limitato fortemente il potenziale geopolitico del principale stato della regione balcanica, restava da “modernizzare e occidentalizzare” la tenace Serbia, ancora troppo legata al mondo slavo ortodosso e quindi troppo poco affidabile per i disegni geopolitici americani di conquista dell’Eurasia.

Arriviamo così a una data chiave del nuovo millennio, l’11 settembre 2001. Per i neocon, l’inizio del nuovo secolo americano, per i popoli liberi d’Eurasia è l’inizio di un incubo. Gli auto attentati terroristici che sconvolgono il mondo intero, colossale operazione false flag neanche troppo meticolosamente orchestrata , sono infatti il chiaro pretesto per dare inizio all’aggressione dell’Afghanistan, cominciata il 7 ottobre 2001 e i cui piani d’attacco sono già pronti da tempo.
Ha inizio la cosiddetta “guerra al terrorismo”, fingendo che la presunta mente dei finti attentati, Osama bin Laden, la cui famiglia era da tempo in affari con la famiglia Bush, si trovi in Afghanistan e che i talebani (a suo tempo armati e foraggiati in funzione anti sovietica) offrano riparo al diabolico terrorista. Anche in questo caso con un pretesto del tutto infondato quindi, gli Stati Uniti cominciano una sporca guerra ad esclusivo vantaggio dei propri interessi geoeconomici nell’area. Oltre al controllo delle risorse energetiche di cui l’Afghanistan è ricco, il rifiorire della produzione di oppio nel paese delle montagne, e l’accerchiamento in chiave strategica degli immensi spazi russi. L’intervento armato, tuttora in corso, non è riuscito nemmeno nell’intento (dichiarato alla vigilia) di spodestare i talebani, che controllano tuttora circa il 90% del territorio (tutto il paese ad esclusione di qualche città, a giudicare dall’ingente numero di attentati). Alla guida dell’Afghanistan, quotidianamente sconvolto da decine di attentati, è stato posto il quisling Hamid Karzai, un radioso passato negli Stati Uniti come consigliere della UNOCAL.
Alla cd. Forza Internazionale di Stabilizzazione (Isaf) partecipano svariati paesi, tra cui l’Italia, e il numero di militari coinvolti nella sporca guerra potrebbe presto superare le 100.000 unità.

Nel frattempo si accrescono le pressioni degli Stati Uniti sull’Iraq di Saddam Hussein (a suo tempo armato e foraggiato in funzione anti iraniana), stato laico in cui il partito socialista Baath detiene in maniera del tutto legittima il potere. Le accuse rivolte a Saddam di ospitare cellule di Al-Qaeda e di fabbricare armi di distruzione di massa rappresentano anche in questo caso assurdi pretesti per dare il via all’aggressione di un altro paese sovrano, che ha inizio il 20 marzo del 2003. Le analogie con l’aggressione all’Afghanistan meritano di essere sottolineate: il tributo di sangue versato dalle colonie degli Stati Uniti in termini di vittime è ancora una volta pesantissimo, e ancora una volta, nonostante la dichiarata superiorità militare dell’invasore, la gloriosa resistenza delle vittime dell’aggressione è veemente e fa sì che anche in questo teatro di guerra gli Stati Uniti e i loro ascari si trovino in serissima difficoltà. Contestualmente, la cattura del legittimo presidente iracheno Saddam Hussein vede anche l’istituzione dell’ennesima Norimberga del XII secolo, in cui i “vincitori” mandano a morte gli sconfitti.
Le vere ragioni dell’invasione sono, ça va sans dire, geopolitiche. L’accaparramento delle ingenti risorse energetiche (in Iraq ci sono alcuni tra i più grandi pozzi petroliferi in assoluto) e l’accerchiamento della Russia. Impadronirsi dell’heartland eurasiatico per impadronirsi del mondo.

Le sporche guerre dell’Occidente tuttavia non sono “solo” quelle condotte da Stati Uniti e dalle sue colonie per il controllo dell’Eurasia. Sono anche quelle dell’entità sionista, che nel giro di poco più di due anni ha portato morte e distruzione in Libano e nella Striscia di Gaza.

L’aggressione sionista al Libano comincia il 13 luglio 2006 il giorno dopo la cattura da parte di Hezbollah di due soldati israeliani, a seguito dell’ennesimo sconfinamento provocatorio di Tsahal in territorio libanese. I martellanti bombardamenti andranno avanti per 34 giorni, prendendo di mira esclusivamente infrastrutture civili. L’obiettivo dichiarato dai sionisti è quello di distruggere e fiaccare la resistenza del partito libanese sciita, ma anche stavolta gli arroganti piani dell’aggressore sono destinati a fallire. Lungi dall’esser stato fiaccato o indebolito, Hezbollah infatti infligge pesantissime perdite al nemico, ed esce notevolmente rafforzato da questa guerra lampo, sia a livello di consapevolezza del suo potenziale che a livello di consenso tra la popolazione .

La furia omicida dell’entità sionista purtroppo non si placa qui, ed arriviamo così al 27 dicembre 2008, data in cui ha inizio l’operazione tristemente nota come “Piombo Fuso” contro la Striscia di Gaza, che prosegue sino al 17 gennaio 2009. Non contenta di aver rinchiuso i Palestinesi in un lager, “israele” decide di accanirsi su un popolo già fortemente provato da mancanza di cibo e medicinali a causa del feroce embargo cui è sottoposta. La “colpa” di cui si sono macchiati i Palestinesi consiste nell’aver scelto a larga maggioranza, in libere e democratiche elezioni, Hamas come il loro partito più rappresentativo, a causa della corruzione e del collaborazionismo di Fatah.
Vista l’enorme disparità tra carnefici e vittime, e anche grazie alla capillare rete di disinformazione allestita dall’entità sionista, le conseguenza su una popolazione civile già fortemente provata sono terribili, e destano impressione soprattutto per l’elevatissima percentuale di bambini morti in quest’attacco, circa il 30% del totale delle vittime. “Israele” si giustificherà asserendo che tutta la popolazione della Striscia è da considerarsi terrorista per l’appoggio dato ad Hamas, e questo la dice lunga sulla considerazione che ha l’entità sionista dei più basilari princìpi di diritto internazionale.

Al termine di questo sommario resoconto, alcuni punti vanno messi in evidenza: l’aggressione alla Serbia decreta la morte del diritto internazionale così come emersa nel 1648 a Westfalia. Dal 1999 inoltre non è più necessario che un organismo internazionale dia la propria autorizzazione ad un intervento armato. E’ la nascita dell’aberrante concetto di “guerra preventiva”. Ogni guerra condotta da Usa e Israele è una guerra condotta preventivamente a difesa della propria integrità e, più in generale, tesa all’affermazione di princìpi volti all’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale.
Contestualmente, tali guerre si segnalano purtroppo per una sistematica violazione dei diritti umani e per l’elevatissimo numero di civili morti nel corso di tali operazioni. A chi oggi quindi vorrebbe fare la morale sul mancato rispetto dei diritti umani in Iran e Cina (ma sappiamo che comunque è solo un pretesto) giova ricordare le torture di Abu Grahib, l’utilizzo massiccio di armi crudeli e vietatissime come fosforo bianco e proiettili all’uranio impoverito.
E infine, la costante minaccia che tutti i paesi liberi non ancora aggrediti (spregiativamente indicati come stati canaglia dagli Stati Uniti) sono costretti a subire. Uno su tutti, l’Iran di Ahmadinejad, indicato da molti come prossima vittima della furia devastatrice usraeliana, nonchè uno dei più ingombranti ostacoli sulla via dell’unipolarismo e del Nuovo Ordine Mondiale.

Augusto Marsigliante

15/01/2010
tratto da: http://www.italiasociale.org/alzozero10/az150110-1.html

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