domenica 18 ottobre 2009

IN MEMORIA DI BEPPE NICCOLAI


Nel ventesimo anniversario della sua scomparsa la comunità politica di Socialismo Nazionale, non può certo mancare di rammentare la memoria del grande pensatore, camerata toscano Beppe Niccolai prematuramente scomparso il 31 ottobre di cui vent’anni or sono all’età di 69 anni, proprio di più perché molti sono oggi (troppi) coloro che intendono strumentalizzarlo a loro beneficio insultandolo con l'accostamento alla parola "destra".
Non possiamo certo dimenticarlo sicuramente come nostro padre spirituale, nonché profeta e predecessore della nostra azione politica; ma allo stesso tempo non possiamo certo dimenticarlo come esempio morale di lealtà e giustizia nei rapporti umani, nella chiara militanza politica, e nella sua indiscussa fedeltà all’idea.
La sua valorosa esistenza di soldato politico sempre leale di fronte a tutto e a tutti, non può che aver tracciato un solco preponderante e non sottovalutabile nei nostri cuori di Uomini Liberi e nelle nostre battaglie d’oggi.
Nato in quel di Pisa il 26 novembre 1920 Beppe Niccolai cresce velocemente nel clima umanistico di casa sua, grazie soprattutto al padre, preside di liceo e provveditore agli studi.
Nella grande biblioteca paterna si formò presto una coscienza politica e divenne fascista, nel suo significato rivoluzionario del termine.
Laureato in giurisprudenza e militante nelle organizzazioni giovanili fasciste, Niccolai ne sposò in pieno il pensiero e l'azione partendo giovanissimo come volontario di guerra in Africa Settentrionale distinguendosi per il suo coraggio e valore.
A seguito al Colpo di Stato borghese del 25 luglio ed al tradimento dell’8 settembre 1943 Giuseppe Niccolai matura la sua adesione politica morale e militare alla Repubblica Sociale Italiana, intravedendo fin da subito nei suoi programmi sociali il trionfo del proprio fascismo e la piena affermazione di quel Socialismo Nazionale da lui sempre attesa.
Combattente repubblicano, al momento della disfatta della 1ª Armata Italiana, viene catturato dagli inglesi e insieme ad altri volontari italiani come Roberto Mieville finisce nel “Fascist's criminal camp” di Hereford, nel Texas.
Molti anni prima delle rivelazioni di Bacque sul genocidio dei soldati tedeschi, Niccolai aveva altresì più volte evocato le dure condizioni degli italiani nei campi di prigionia americani nonché l’inciviltà ed il freddo cinismo degli statunitensi, una realtà da svelare, sempre più scomoda per chi da anni detiene il potere nel mondo.
In effetti la vita fu molto dura per i 15.000 italiani che rifiutarono di collaborare con gli alleati, non pochi furono quelli presto passati per le armi, ancor di più del resto quelli deceduti a seguito delle disastrose malattie contratte in campo di concentramento, basti ricordare l’infelice e pure nascosta sorte che colpì il malcapitato Mario Gramsci (fratello minore del leader comunista).
Dal dopoguerra membro del Movimento Sociale Italiano Niccolai dedica la propria battaglia politica alla ricerca dei principi sociali e nazionali accarezzati come altri nelle file della Repubblica di Mussolini.
Sempre in contrasto verso i deviazionismi a destra dei vertici missini, Niccolai anche da parlamentare missino agirà sempre rispondendo alla propria coscienza di Uomo Libero e socialista nazionale, prima ancora che al partito ormai indirizzato verso una deriva liberal-conservatrice , clericale e massonica. Un partito che indubbiamente da tempo non era più il suo, ma che mai abbandonerà nel vano e disperato tentativo di riportarlo alla propria fonte, e alle proprie radici identitarie e sociali.
Purtroppo la storia è andata come è andata, ma certamente la memoria di Beppe Niccolai non potrà mai essere cancellata dai vari arrivisti e manutengoli del sistema; una memoria spesso strumentalizzata anche ai nostri giorni da parte di chi più volte facendone appello, gioca in realtà le carte del nemico comune, facendo buon viso a cattivo gioco.
Estraneo dall’identificarsi e porsi sotto qualsiasi aggettivazione della “destra”, per anni si dichiarerà un “fascista di sinistra” sempre alla ricerca di quella mitica Terza Via con cui la storia mantiene ancora un conto in sospeso.
Una persona Niccolai che non aveva certo dimenticato le proprie radici e la propria storia per la malefica strada del potere e della tentazione.
Discepolo del fascismo “eretico” di Berto Ricci, Niccolai intravide nel pensiero e nell’opera del poeta fiorentino la stella guida delle sue avventure politiche; ma il suo nome non manca di riecheggiare neanche l’immensa biografia di Nicolino Bombacci, da lui spesso ricordato e riportato come esempio di vita in non pochi dei suoi focosi interventi.
Sempre in lotta sia all’interno del partito cui rappresentava, sia al di fuori verso chiunque venisse a meno alla propria coscienza morale; certamente nella sua vita breve ma intensa di passione, il suo ultimo grido di voce fuori dal coro si farà sentire attraverso le pagine de “L’eco della Versilia”, di cui presto lascerà il timone nelle mani del suo grande affettuoso amico e compagno di lotta che pure ricordiamo Antonio Carli (scomparso nel 2000), che ne tramuterà il nome in “Tabularasa”.
Stimato per la sua onestà e schiettezza anche dai suoi avversari politici, Niccolai ha sempre mantenuto il suo volto di coerenza e franchezza, anche quando si scagliò apertamente senza remore o timori a difesa del leader comunista di Lotta Continua Adriano Sofri.
Che dire infine su di un uomo di cui non basterebbero le pagine di un libro per riesumarlo a giusto titolo; se non che la sua figura e la sua traccia di maestro politico e umano vive tutt’oggi e per sempre nei nostri cuori e nel nostro spirito di socialisti nazionali, non sapremo.
Un’impronta la sua che non potrà mai abbrunire col passare del tempo, poiché nel nostro percorso a distanza di vent’anni dal suo addio tale impronta risplende sempre viva di luce, e per sempre risplenderà ogni giorno della nostra militanza e della nostra esistenza.
Un esempio per le presenti e le future generazioni.
CAMERATA BEPPE NICCOLAI: PRESENTE!
GIACOMO CIARCIA.


"Denunciare i nemici mortali che sono dentro di noi: la partitocrazia che genera professionismo politico contro la militanza; la casta contro l’impegno morale; la burocratizzazione; la corte e i cortigiani; la tendenza a ridurre il partito periferico ad un rete di piazzisti del voto, e che conduce ad una selezione verticistica della classe dirigente secondo le fedeltà, non alle linee ideali, ma alle persone che hanno il potere".
Beppe Niccolai

“Io sono più a sinistra dei comunisti, anche di Ingrao; il PCI è uno dei più a destra dei partiti italiani poiché ormai è diventato anch’esso il braccio secolare del neo-conservatorismo americano”.
Beppe Niccolai.

«Se n'andò in Africa, leticando con Buffarini Guidi, abbandonando il Corso Allievi Ufficiali e lasciando quella Divisione Folgore in formazione a Tarquinia, nei cui ranghi era corso primo fra i volontari universitari italiani, insieme a Luigi Bertini e Luciano Ciucci. Anche l'andare in guerra era ritenuto bisogno primario della Nazione, sacrificio di sé, quindi, in pro d'Altro».
(su "Beppe Niccolai", Vito Errico, da "Tabularasa", anno IV, n° 4)

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