venerdì 16 ottobre 2009

IL SOCIALISTA CARLO SILVESTRI AMICO-NEMICO DI MUSSOLINI

IL SOCIALISTA CARLO SILVESTRI AMICO-NEMICO DI MUSSOLINI
domenica 15 giugno 2008
Ho letto il suo articolo rievocativo di Giovanni Ansaldo e mi è venuto in mente il nome di un altro giornalista forse meno famoso, ma certo importante nella storia del secolo scorso.
Trattasi di Carlo Silvestri, uomo di punta del giornalismo ai tempi del delitto Matteotti anche dalle pagine del Corriere, attivo antifascista poi (con condanna al confino), finito però al tempo della repubblica di Mussolini quale suo consigliere politico assieme a Nicolino Bombacci. Ho letto appunto di Silvestri sul libro scritto tempo addietro da Arrigo Petacco sulla vita di "Nicolino", e ho trovato ultimamente su una bancarella una pubblicazione del dopoguerra di Silvestri in cui soprattutto descrive la sua deposizione sul "secondo processo a Matteotti", assolvendo Mussolini dall’accusa di esserne il mandante. Ciò gli costò l’ostracismo degli uomini dell’antifascismo di cui faceva parte a pieno titolo, cosa che provocò anche la sua prematura scomparsa.
Già molti anni addietro Montanelli fece una brevissima rievocazione dell’incontro che ebbe con lui nei giorni successivi al 25 luglio ’43, ma mi piacerebbe leggere una sua rievocazione che illumini anche l’attività della cosiddetta Croce Rossa socialista di Silvestri, che sembra abbia salvato molti antifascisti dalle mani dei repubblichini e delle SS, cosa che appunto avvenne per la sua frequentazione di Mussolini.Laura Bossi

Cara signora,
Montanelli incontrò Carlo Silvestri al Corriere nell’estate del 1943, dopo la caduta del fascismo.
Ai giornalisti più giovani di lui (era nato nel 1893) raccontava di essere stato redattore del Corriere all’epoca di Albertini, amico di Filippo Turati (il patriarca del socialismo italiano), fiero accusatore di Mussolini all’epoca dell’assassinio di Giacomo Matteotti, e di avere pagato quella "colpa" con qualche mese di carcere e parecchi anni di confino. Ebbene quello stesso Silvestri, come lei ricorda, fu interlocutore e confidente di Mussolini all’epoca della Repubblica Sociale e ne sostenne l’innocenza quando prese parte, come testimone, al nuovo processo Matteotti che si tenne a Roma durante il febbraio del 1947 nella stessa aula del Palazzo di Giustizia dove si riuniva il Tribunale speciale all’epoca del fascismo. Un personaggio contraddittorio, forse soggetto a precipitosi entusiasmi e cambiamenti di rotta? È probabile. Ma tra le diverse fasi della vita di Silvestri esiste un filo socialista che vale la pena di individuare e seguire.
Sulle ragioni del delitto Matteotti e sui suoi responsabili, Silvestri cambiò opinione conversando con Aldo Finzi, allora sottosegretario al ministero degli Interni, e più tardi con lo stesso Mussolini. In un libro apparso nel 1947 («Matteotti, Mussolini e il dramma italiano ») sostenne di avere capito che la strategia del capo del governo, nella primavera del 1924, non era la liquidazione del partito socialista, ma una sorta di ritorno alle origini. Mussolini, secondo Silvestri, si era reso conto che una parte importante del suo partito era ormai autoritaria, corrotta, legata a circoli affaristici, e sperava di rovesciare questa tendenza aprendo le porte del governo ai suoi vecchi compagni.
Matteotti fu ucciso per sbarrare la strada a qualsiasi pacificazione e il suo "cadavere, gettato tra Mussolini e il socialismo, impedì che la situazione politica nazionale evolvesse su strade diverse da quelle che ci portarono al rafforzamento dell’autoritarismo, alla dittatura, al nazionalismo esasperato, alle avventure di conquista, all’alleanza con la Germania, alla guerra, infine alla catastrofe". Sempre secondo Silvestri, la creazione di una Repubblica sociale, dopo l’8 settembre, ebbe il merito di rimettere il socialismo all’ordine del giorno. Ne fu convinto quando nei suoi contatti con Mussolini sul Lago di Garda, soprattutto verso la fine del 1944, scoprì che il suo interlocutore stava coltivando, in circostanze molto diverse, un progetto simile a quello del 1924: consegnare la Repubblica sociale, nel momento della disfatta, al partito socialista. Invitato abbastanza frequentemente a Salò, Silvestri fu autorizzato a creare una istituzione, la Croce Rossa socialista, che si occupò degli antifascisti detenuti e divenne una sorta di tramite con qualche esponente della Resistenza, fra cui, a quanto pare, Corrado Bonfantini.
L’operazione naturalmente fallì e Carlo Silvestri dedicò i suoi ultimi anni (morì nel 1955) a rivendicare la coerenza del «filo socialista» che aveva attraversato tutta la sua vita.

Corriere della sera, Domenica 15 Giugno 2008 - Lettere al Corriere

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