lunedì 22 giugno 2009

Civilta ?


di Rutilio Sermonti

Il gran parlare di civiltà che si fa ai nostri giorni nel mondo...civile, mi fa venire tanto in mente il gran parlare di onestà che è carattere precipuo di tutti i truffatori.

Ecco il solito Bastian contrario ! - mi par di sentirli, i bempensanti. Invece, non è per il gusto di andare contro corrente, che affermo quanto sopra, ma solo per una riflessione sulla storia umana, compiuta con un minimo di obbiettività.

Qualsiasi storico o etnologo, certo, è in grado di enumerare e, in certo modo, caratterizzare, nel tempo e nello spazio, un numero assai rilevante di civiltà, variamente diverse o affini tra loro, come variamente diversi e affini sono e sono stati i vari popoli che le hanno espresse. Nè c'è da stupirsi nel costatare l'esistenza di alcuni caratteri di fondo comuni a tutte quelle, che tanto più si accentuano quanto più dal livello più esteriore e superficiale si scende a quello più profondo e sostanziale. E anche quello trova riscontro nei livelli di differenza tra le diverse razze ed etnie, tutte peraltro partecipi della stessa umanità.

Quel che si presenta assai difficile e, a mio avviso, soprattutto arbitrario, è compiere, tra le civiltà, una graduatoria di superiorità. Ogni valutazione qualitativa, infatti, esige un sicuro criterio, che altro non può essere che quello di idoneità allo scopo. La bontà di un atleta pugile, o di un'infermiera, o di un insegnante di greco non si possono certo misurare con gli stessi parametri, in quanto gli scopi che essi si propongono sono del tutto diversi ed esigono diverse attitudini e diversa preparazione: è addirittura lapalissiano! Ma allora, e per lo stesso motivo, anche un confronto tra civiltà diverse, per formulare qualsiasi giudizio di "superiorità", non può prescindere dalla previa e chiara risposta alla domanda: "qual'è lo scopo di una civiltà ?", che poi viene, a ben vedere, a identificarsi con l'altra: " che cos' è una civiltà?" Che cosa intendiamo, con quella parola ?

Ebbene, io credo che una chiara risposta possa derivarci da due considerazioni del tutto oggettive:

La prima discende dallo stupore e venerazione che prende ogni uomo, quando considera la sterminata dimensione e perfezione dell'armonia cosmica, in cui tutto, dalle infinite immensità stellari alle meraviglie, non minori, dell'ultra-microscopico, appare come coordinato da un'illimitata sapienza e potenza che ne garantisce il costante equilibrio dinamico. Uno stupore e timore che risale alle più lontane vestigia della nostra specie, e che ha dato luogo ovunque al culto di una o più divinità, simboli più o meno umanizzati di quell'arcano e ineludibile potere, la cui esistenza si imponeva come evidente.

La seconda, derivante dalla prima, è quella di valutare ogni azione come positiva se conforme a quell'armonia (definita "volontà divina", o anche "bene"), e come negativa e deprecabile se in contrasto con essa (definita "peccato" o anche "male").

Anche gli animali, agiscono. Ma a loro il problema non si pone, perchè, anche nelle più vaste e complesse forme di loro vita sociale organizzata ( tutti sanno delle grandi e funzionalissime comunità di certi Imenotteri, o Isotteri, o delle colonie di castori , per limitarci alle più articolate), nella naturale dotazione di essi rientra una sorta di conoscenza innata, che chiamiamo "istinto", guida sicura e infallibile delle loro azioni, sia individuali che "sociali".

Per l'Uomo, e solo per lui, la situazione è diversa. La sua naturale dotazione gli consente infatti un margine di autonomia incomparabilmente maggiore, attraverso il pensiero, e conseguente libero arbitrio. Egli è in grado, cioè, di operare volontariamente delle scelte, tra le quali primeggiano per importanza e incidenza quelle relative alla struttura e funzionamento delle proprie aggregazioni sociali. Non solo, ma le "esigenze" che egli deve tener presenti, pur essendo in parte simili a quelle degli animali, e in particolare degli altri Mammiferi (cibo, riproduzione, omotermìa, ecc.), in parte sono peculiari della sua natura anche spirituale, e sono della massima importanza, anche se più "sottili".

Quello che gli uomini di tutti i tempi e le razze hanno sempre capito, però, è che "libero arbitrio" (o come altrimenti lo chiamassero), non significava affatto che ognuno potesse fare il proprio comodo, a scapito degli altri uomini o e del resto del creato. L'obbligo assoluto di inserirsi ordinatamente nella grande armonia generale, rispettandone le leggi solenni, sussisteva anche per lui, e il violarlo avrebbe avuto conseguenze nefaste, a cominciare dalla perenne violenza reciproca. Questo implicava per l'Uomo il doppio onere, tutt'altro che lieve, di decifrare le regole vigenti nel cosmo, e di studiare ed emanare una serie di norme e di istituti in armonia con esse, escogitando anche i modi per indurre tutti a rispettarle.

Ecco: i risultati di un simile sforzo, cioè le convinzioni, concezioni e strutture sociali che ne derivarono, furono le CIVILTA', almeno prima dell'avvento del famoso "progresso".

Molteplici e diverse ? Certo. Perchè molteplici e diversi erano i popoli che le crearono, adottarono e diffusero, diverse le condizioni ecologiche in cui vivevano, e diverse anche (pur se molto meno di quanto comunemente si crede) le menti eccelse dei profeti e demiurghi che di quelle civiltà furono gli annunciatori. Ma tutte, e diciamo TUTTE, perchè NECESSARIAMENTE, accomunate dall'assoluta continuità e compenetrazione tra il livello contemplativo-religioso e quello giuridico-civile.

Raggiunsero esse lo scopo ? Lo raggiunsero in misura diversa, tanto da poter effettuare in base ad essa una graduatoria di "superiorità" in assoluto ? Io penso che un simile tentativo, oltrechè del tutto inutile, non possa conseguire che risultati inaccettabili. E questo semplicemente perchè il famoso intelletto umano, pur essendo una egregia dotazione, ha i suoi ben noti limiti. Tra essi, quello di essere fortemente condizionato, oltre che da fattori endogeni (quale il temperamento), anche da fattori esogeni, quali la "cultura", l'educazione ricevuta, le abitudini mentali contratte, le tante forme di suggestione, per tacere del conformismo per pigrizia mentale. Tutti questi gli derivano dalla civiltà che ha intorno e di cui fa parte (non certo per sua scelta), e lo portano quindi, anche inconsciamente, a giudicare "buone" le altre di cui ha notizia ( regolarmente assai rozza e distorta), in quanto simili alla sua, e "cattivo", ovvero "inferiore" ciò in cui ne divergano.

Ma - sia detto per inciso- anche il fenomeno opposto, oggi tutt'altro che infrequente tra alcuni "intellettuali" occidentali, e consistente nel "civettare" con culture estranee ( in genere, orientali), non è, per i più, che una effimera "moda", attestante al massimo lo stato di disagio diffuso verso le aberrazioni di quella "Civiltà superiore" buona per tutti, di cui ci occuperemo.

Dobbiamo peraltro registrare che dai giudizi di "superiorità" cui accennavamo era antico costume astenersene, in quanto non se ne vedeva l'utilità. Civiltà e religioni diverse, anche geograficamente contigue e con frequenti scambi, hanno convissuto per secoli, senza che alcuna pretendesse di "convertire" l'altra alle proprie convinzioni, e tanto meno di imporle con la forza. Anche nei casi in cui un popolo dominatore ebbe ad assoggettarne un altro, il primo non impose coattivamente che quelle regole che riteneva indispensabili per la pacifica convivenza, ma non si sognò di privare i vinti dei loro dei, dei loro miti, delle loro tradizioni, delle loro regole e gerarchie interne. Nè Egizi nè Babilonesi, pur essendo titolari di ben precise civiltà, e avendo esercitato in tempi diversi il dominio sui Giudei, pretesero mai da questi ultimi alcuno snaturamento ed alcuna abiura. Ma l'esempio più chiaro di rispetto per le civiltà altrui dato dai dominatori, fu quello dei Romani. Dai diversi popoli che essi associarono al loro imperium essi richiesero soltanto il leale rispetto del "foedus", ma si astennero scrupolosamente da qualsiasi interferenza sulla loro religione, sui loro miti, sulle loro gerarchie, sulle loro regole e costumi di vita. Ne abbiamo una "fotografia" eloquente nelle drammatiche vicende giudiziarie di Cristo, quali descritte minutamente nei vangeli sinottici ( fonte, quindi, non romana), in cui il procuratore romano in Giudea, Ponzio Pilato, pur essendo del tutto convinto dell'innocenza dell'accusato, avendola ripetutamente proclamata e avendo apertamente qualificato di sporco affare tutto il castello di accuse montato contro di lui (tale il significato del pubblico lavaggio delle mani, non disinteresse, come la solita calunnia anti-romana vorrebbe far credere !), nulla potè fare per risparmiargli il supplizio voluto dal sinedrio.
Era lo stesso concetto tradizionale di civiltà quale espressione dell'anima di un popolo ad essere incompatibile con forme di costrizione tra un popolo e l'altro e con ogni mancanza di rispetto per le concezioni religiose altrui. Allorchè l'estendersi dell'ecumene romano provocò l'afflusso verso l'Urbe di numerose genti praticanti i più diversi culti, è noto come Augusto abbia avuto cura di far progettare e costruire dall'architetto Agrippa, a spese dello Stato, un grande tempio come il Pantheon, dove ogni comunità allogena, anche esigua, potesse liberamente praticare i propri riti. Proprio così riuscì Roma a fare "patriam diversis de gentibus unam", come cantò il poeta di Namazia, gallico di stirpe, senza alcun bisogno di stenderle sul letto di Procuste dell'eguaglianza.

Fu proprio, invece, l'infausta proclamazione dell'uguaglianza tra gli uomini a inaugurare l'era della sopraffazione morale, dello stolto razzismo e ad offrire sempre più spesso l'alibi per autentici genocidi, perpetrati in realtà per sordidi interessi, che con la "civiltà" poco o nulla avevano a che fare. Fu la pretesa eguaglianza, "conquista" moderna, a generare lo stolto concetto di superiorità razziale e relative "civiltà superiore" e "religione superiore" (anche detta "vera") , con la missione di combattere quelle inferiori e "false", anche senza andare tanto per il sottile, data la nobiltà del fine.

Ma come: dall'uguaglianza generale sarebbe nata la disuguaglianza ? Dall'equità l'iniquità? Dall'amore generale l'imperativo di assalire e distruggere il prossimo ?

Proprio così: E il procedimento fu il seguente:

GLI UOMINI SONO EGUALI ! Ma chi sono, GLI UOMINI ? Lì sta il "busillis"! E' ben noto come, per molti popoli, gli uomini non siano che se stessi. Al punto che, di frequente, gli etnologhi costatino come i nomi che i popoli si attribuiscono, nella loro lingua significano semplicemente "uomini". Da un simile atteggiamento mentale consegue la convinzione che gli uomini sono, si, tutti uguali, ma a patto che siano uomini, e cioè uguali a quel popolo-tipo. Uguali come rapporti col sopra-sensibile (religione), uguali come criteri associativi, come regole e ideali di vita, come gerarchie di valori, come tutto ciò, insomma, che costituisce una civiltà.
Altrimenti ? Altrimenti non sono proprio "uomini": sono abbozzi, tentativi, imitazioni, conati di uomini. E non sono "uguali" proprio per niente.

Anche la questione del famoso monoteismo assume un aspetto particolare. Non si tratta soltanto di considerare le forze misteriose che dominano il cosmo come personificate da un'unica divinità con diversi attributi, anziche' da divinità plurime, ripartentisi gli attributi (politeismo), bensì anche dell' esclusiva del "proprio" Dio unico, rispetto al dio (altrettanto unico) degli altri monoteisti, malvagi e infedeli. A questo punto, esiste solo un'alternativa. E questa è tra la soluzione ebraica, consistente nel proclamarsi l'unico "popolo di dio", per espressa convenzione col medesimo, e quindi gli unici uomini uguali, mentre tutti gli altri ( i "goim" ) sono esseri sub-umani, simili a bestie, destinati a funzioni servili e privi di diritti, e quella più "altruistica" dell' Ebreo scismatico Gesù di Nazareth (o, meglio, dei suoi asseriti epigoni), consistente nel fare di tutto per distogliere il resto dell'umanità dai propri dei, dalle proprie tradizioni e dalle proprie civiltà, allo scopo di "redimerli" e di renderli finalmente umani (e quindi eguali). Chi invece si ostinasse a restare fedele alle proprie origini e concezioni, (tale fu la ferma convinzione dei monoteisti cristiani fino a ieri) sarebbe stati invece dannato in eterno alle fiamme infernali. Convinzione strana davvero, se si considera che la "buona novella" recata dal Cristo raggiunse al massimo qualche centinaio di Giudei, mentre i malvagi "pagani" non ne ebbero che notizia per sentito dire, e tutt'altro che unanime, magari addirittura 15 o 20 secoli più tardi, non certo direttamente da Dio o suoi parenti, bensì da uomini come loro, con colletti bianchi di varia foggia, dediti a calunniarsi e combattersi a vicenda e, il più delle volte, accompagnati dai peggiori predoni e pendagli da forca che essi pagani avessero conosciuto.
Sulla strada della nefasta invenzione della Civiltà Unica, grande rilevanza ebbero due nuove concezioni, pur aventi origine dai due monoteismi su menzionati: l'Islam e la Riforma.

Il primo, sei secoli dopo Cristo, nacque - si deve ammettere- esente dal ringhioso esclusivismo dei suoi predecessori. Il suo fondatore, Mohammed, nato regolarmente da un uomo e da una donna, coniugato e di professione commerciante, allorchè sentì nascere in sè la divina ispirazione, non si sognò neppure di accusare giudei e cristiani di adorare un "falso dio". Anzi, egli tributò il massimo onore e venerazione sia ai profeti biblici che a "Isa ben Mariam", cioè Gesù. Ciò che quasi tutti i Cristiani ignorano, è che, nel Corano, il Profeta pone se stesso a un livello molto inferiore al Cristo, che, seguendo i vangeli sinottici, egli dichiara essere stato miracolosamente concepito nell'utero di una vergine, fecondato dallo Spirito Santo senza intervento di maschio, con tanto di annunziazione angelica (leggasi la sura 27 ), e quindi non ispirato da Dio, come se stesso e gli altri profeti, bensì unico INVIATO. L'accusa che l'Islam muove ai Giudei è di aver disconosciuto il Messia, e ai Cristiani di averne disatteso e falsato il messaggio: tesi tutt'altro che peregrine. Peraltro, nei secoli VIII-XV, dove i Musulmani ebbero il potere politico, la loro tolleranza verso Cristiani e Giudei fu sempre ben maggiore di quella di questi ultimi verso gli islamici.

Senza voler tranciare giudizi, una cosa è certa: che Mohammed conosceva a fondo e rispettava la Bibbia e gli Evangeli, mentre Ebrei e Cristiani disprezzano e aborrono il Corano senza neppure prendersi la briga di dargli un'occhiata. Gli Islamici, stando all'espressione di Marco Polo nel suo "Milione", semplicemente "adorano Malcometto", il che è un'autentica bestemmia per coloro che hanno come principale articolo di fede "La Illahi ill'Allahi" (non vi è altro dio all'infuori di Dio).

La seconda concezione derivata fu, nove secoli dopo l'Egira, la riforma protestante, o meglio le riforme, da quella Luterana a quella Anglicana, a quella Calvinista e alle minori per tutti i gusti. Come il cattolicesimo romano aveva recepito molte componenti della romanità classica, a cominciarte dal latino, i cristianesimi riformati erano profondamente intrisi di ebraismo. In particolare nei neonati Stati Uniti, dove il taglio netto con le patrie d'origine degli immigrati aveva soppresso ogni remora tradizionale, la versione di tipo calvinista, santificando il successo economico come segno della benevolenza divina, oltre a legittimare qualsiasi sistema per raggiungerlo, giunse a concepire per quel popolo, dedito soltanto al denaro, un "destino manifesto" di guidare il mondo, la cui stretta affinità col "patto con Dio" degli Ebrei è sin troppo evidente.

UGUAGLIANZA, SI, MA PURCHE' UGUAGLIANZA A LORO, agli Unti del signore, ai Liberatori, agli Ammazzacattivi, Come negazione di tutte le civiltà, era nata LA CIVILTA', unica alternativa alla quale era solo l'inciviltà, la "barbarie", l'"arretratezza", il "crimine contro l'umanità".

Con essa nacque anche l'inedito concetto di "progresso", del tutto ignoto a tutta la millenaria storia del pensiero umano. Il progresso altro non sarebbe che il continuo e fatale sviluppo della Civiltà (quella con la maiuscola) per affermare la propria unicità. Sviluppo in che direzione? Nella direzione in cui si sviluppa, che sol per quello è automaticamente la migliore, dato che il successo di fatto è l'unico metro di giudizio.
Per rendersi ben conti di come tale mostruosa balordaggine porti al degrado dell'Uomo addirittura al disotto del disprezzato "livello animale", sospingendolo a un tipo di "progresso" consistente nella insensata distruzione della Terra e di se stessi in nome di "valori" ridicoli, in cui la casta dominante è la prima a non credere, la storia ci offre un esempio di rara efficacia. E' la nota contingenza storica che pose per un secolo e mezzo in diretto contatto la pretesa Civiltà per Eccellenza con un intero continente abitato da popoli viventi nella condizione civile considerata da quella il non plus ultra dell'arretratezza, e cioè il Paleolitico. Parlo naturalmente del Nordamerica, in cui la massima parte delle popolazioni esistenti, anche se razzialmente eterogenee, erano cacciatori- raccoglitori (o pescatori-raccoglitori), in assenza sia di agricoltura che di allevamento e di metalli. Per fare un confronto tra i due modi di vivere, teniamo sempre presente quello che abbiamo all'inizio definito il fine di ogni civiltà, e la valutazione di essa in base all'idoneità a quel fine.

Non c'è di meglio che usare le parole di uno di quei selvaggi, il capo Duwamish di nome Seattle, pronunziate nel 1853, allorchè il civilissimo presidente degli USA, Pierce, gli chiese di comprare la terra del suo popolo, nel Nordovest. Riporto, per brevità, testualmente, solo i punti più significativi.

Il Grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. Ma come potete comprare o vendere il cielo e il calore della terra ? L'idea ci sembra assurda. Se noi non possediamo la freschezza dell'aria, lo scintillio dell'acqua sotto il sole, come potete chiederci di acquistarli ? Ogni zolla di questa terra è sacra per il mio popolo; ogni ago lucente di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma nei boschi ombrosi, ogni radura ed ogni ronzio d'insetti è sacro nel ricordo e nell'esperienza del mio popolo. La linfa che scorre nel cavo degli alberi reca con sè le memorie dell'Uomo Rosso. (....) Siamo parte della terra, e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli: il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli: le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore dei corpi dei cavalli e l'Uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. (....). (L'uomo bianco) tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate, vendute (....). La sua ingordigia divorerà tutta la terra, e a lui non resterà che un deserto.
(....) Qualora accettassimo la vostra offerta di acquistare le nostre terre, io porrò una condizione: l'uomo bianco dovrà rispettare gli animali che su di essa vivono, come se fossero suoi fratelli. Io sono un selvaggio, e non conosco altro modo di vivere. Ho visto migliaia di bisonti imputridire sulla prateria abbandonati dall'uomo bianco che gli aveva sparfato da un treno che passava; Noi li uccidiamo solo per sopravvivere. (,,,,). Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi sappiamo almeno questo: non è la terra che appartiene all'Uomo, è l'Uomo che appartiene alla terra. Tutte le cose sono collegate, come i membri di una famiglia sono collegati da un medesimo sangue. Tutto ciò che accade alla terra, accade anche ai suoi figli. Non è l'Uomo che ha tessuto la trama della vita: egli è un semplice filo dentro di essa. Tutto ciò che egli fa alla trama, lo fa a se stesso. (....). Anche i bianchi spariranno, forse prima di tutte le altre tribù . Contaminate i giacigli dei vostri focolari, e una notte vi ritroverete soffocati dai vostri stessi rifiuti. Ma, mentre morirete, brillerete bruciati dalla forza dello stesso dio che vi ha condotti qui.

E così conclude: " E' LA FINE DELLA VITA E L'INIZIO DELLA SOPRAVVIVENZA".

Penso che ogni commento sia superfluo per rispondere al nostro quesito: quale delle due meglio risponde allo scopo di inserire volutamente le comunità umane nell'inviolabile ordine cosmico, mantenendole compatibili con esso ? Da che parte è la saggezza lungimirante e da che parte l'insana follia ? Da parte della rozza civiltà paleolitica degli indiani delle Pianure o da quella della Civiltà Superiore unica e insuperabile , buonista e umanitaria a chiacchiere, ma animata soltanto dall'inseguimento idiota del denaro ?

Come poteva, già nel 1853, l'illetterato "selvaggio" porre in guardia i "progrediti" invasori dal soffocamento nei rifiuti e addirittura dall'apocalisse nucleare, come sbocchi fatali della loro insipienza? Era forse più "intelligente" o più "istruito" del Pierce ? L'uomo moderno e progredito non è in grado di spiegarselo, proprio perchè, per quanto attiene all'uomo, fa solo questione di intelligenza e di istruzione. Quel che conta, invece, è la direzione in cui l'ingegno e le nozioni acquisite vengono impiegati, ed è proprio nella direzione che la pretesa civiltà unica si differenzia da tutte le altre che la precedettero, e non in meglio.

Non potete servire Dio e Mammona - affermò il Cristo - e, al di là di ogni interpretazione teistica, pose proprio il dito sulla piaga. Intendendo la divinità come personificazione della suprema armonia cosmica, di cui anche l'Uomo fa parte, e Mammona come ogni sorta di appetito o cupidigia incontrollata, l'incompatibilità tra i due criteri è infatti assoluta. Riconoscendo infatti un ordine universale precostituito, valido intorno all'Uomo e per l'Uomo stesso, lo scopo di qualsiasi ordine civile, volontaria creazione dell'intelletto umano, può essere soltanto quello di permettergli la massima realizzazione di se stesso e quella piena gestione delle proprie potenzialità naturali che è la libertà, bene intesa. In caso contrario - com'è per la pretesa civiltà unica - non vi sarà neppure uno scopo, bensì solo un intrecciarsi caotico di pulsioni di ogni genere, e al fine il predominio, non dei migliori e più saggi, ma dei più capaci di manovrare quelle pulsioni per il proprio tornaconto (democrazia). Saranno quindi necessariamente le più infime, perchè più "facili", più diffuse e più manipolabili, a dare l'impronta alla società, fornendole il "modello di sviluppo". Quel modello che, per la selezione a rovescio delle classi dirigenti, segue il tremendo circolo vizioso che lo porta ad aggravare sempre più la degradazione. L'arte e la tecnica del condizionamento mentale delle masse, dell'annullamento di qualsiasi autonomia di pensiero divengono i nuovi attributi dei moderni demiurghi, ma, a differenza della saggezza, esse possono acquistarsi col denaro.

Tornando all'esempio degli indiani delle Pianure, essi, pur ammirando l'ingegnosità dei "wasichu", ben si rendevano conti che "il metallo giallo li rende pazzi". L'oro, a quel tempo, voleva dire ricchezza, e nulla vi è di più stolto che l'inseguimento della ricchezza, il che TUTTI i Grandi Maestri del passato, di tutte le razze e sotto tutti i cieli, proclamavano concordi, e anche i "selvaggi" ben sapevano, ma non così i loro civilissimi massacratori, sebbene asseriti seguaci di uno di quei Maestri.. Ma anche quella fase doveva superarsi nella caduta. Ben più astuti di quegli alchimisti medievali, che cercavano di "fabbricare" l'oro, i membri della nuova società dei banchieri, fattisi padroni con l'usura del potere finanziario, trovarono il sistema di "fabbricare" ricchezza a loro libito, senza bisogno dell'oro, attraverso il "controllo dell'emissione" di Rothschildiana memoria. Una ricchezza-fantasma, con cui sono riusciti davvero a comprarsi l'intero Mondo Moderno ( per fortuna, non ciò che resta dell'altro ), e che dà la misura della sconfinata balordaggine dei suoi evoluti cittadini, che, in barba al loro materialismo, economicismo e "senso pratico", continuano come polli a lasciarsi spennare.

Ma i nuovi tiranni, titolari ormai di un potere assoluto supernazionale che può allegramente ridersene del potere politico "democratico", voluto da loro per coprirsi alla meglio le pudende, sono anch'essi uomini, degradati non meno dei loro sudditi: questo è importante intendere. Travolti dalla loro diabolica "specializzazione", essi non si chiedono neppure che cosa sia bene e che cosa male per l'Uomo, e neppure per loro stessi. Inseguono anelanti, come cani da corsa la lepre di pezza, la ricchezza per la ricchezza e il potere per il potere, a costo di ricorrere ai più infami delitti e a seminare dolore e sofferenza per i loro simili, ma senza trarne nulla che un uomo sano e libero possa considerare un beneficio.

Pazzia, che genera altra pazzia: questo e non altro è la pretesa "Civiltà Definitiva".
Penso che sia il caso di andare a scovare qualche residuo "selvaggio", da cui farsi insegnare a vivere.


http://www.corrierecaraibi.com/FIRME_Vari_080904_RSermonti_Civilta.htm

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