sabato 25 ottobre 2014

Fascismo - RIASSUNTO STORICO


di Maurizio Barozzi


Al fine di dirimere ogni confusione, luoghi comuni e inesattezze e quindi attestare alcune realtà storiche, cercherò di ricostruire storicamente i passaggi che hanno portato il fascismo dalla nascita al ventennio conservatore, fino alla Repubblica Sociale (ista) Italiana.
E’ un percorso ondivago, contraddittorio, laddove le necessità pratiche e gli interessi nazionali, prevalgono su quelle ideologiche.
Riassumo e semplifico al massimo.
IL SOCIALISMO NELLA NAZIONE CON L’APPORTO DELLE ENERGIE COMBATTENTISTICHE
Tutto inizia nel 1914 quando il Mussolini socialista e per giunta massimalista fa la scelta Interventista nella guerra, conscio che il socialismo marxista è naufragato nel crollo della seconda internazionale, dove in ogni paese ha prevalso l’aspetto nazionalista su quello internazionalista.
Da uomo d’azione, quale è sempre stato, Mussolini intuisce che, stante la natura umana, il socialismo marxista e internazionalista è una utopia, ma è invece realizzabile nella nazione e che la guerra può costituire una rigenerazione epocale, liberando spiriti ed energie in grado di compiere la rivoluzione.
Gli anni di guerra formare quella che poi sarà l’ideologia del fascismo. In pratica si cementa lo spirito nazionalista, esaltato dalla Vittoria, e sul piano sociale si opta per la “collaborazione di classe” nella ricerca di un compromesso di giustizia, al posto della “lotta di classe”. IL Popolo d’Italia da quotidiano socialista, diventa quotidiano dei combattenti e dei produttori. Emerge inoltre anche una nuova figura: quella della “Aristocrazia delle trincee”.
La fine della guerra, con i disastri economici e la miseria che investe tutto il paese, mentre l’Industria è alle prese con la difficile fase della riconversione industriale, che provoca disoccupazione, scatena il velleitario tentativo socialista di ripetere in Italia, in condizione totalmente diverse, la rivoluzione bolscevica di Lenin. Il tentativo rivoluzionario socialista, sull’onda della rivoluzione dì ottobre in Russia, assume aspetti particolarmente violenti, e oltretutto legandosi alla critica della guerra, pur vittoriosa, si indirizza sul piano sovversivo e antinazionale
Questo determina la reazione degli ambienti militari, accusati di aver “fatto la guerra”, delle classi padronali impaurite e dei cittadini in genere sconvolti dai disordini, le violenze e gli scioperi incontrollati.
Di nuovo entra in campo Mussolini il quale è convinto , conoscendoli, che i quadri dirigenziali del socialismo non sono adeguati a fare i leninisti, e quindi naufragheranno determinando una controreazione nel paese.
I FASCI DI COMBATTIMENTO
Investito in prima persona, in quanto è ritenuto responsabile della guerra e dei suoi orrori, Mussolini reagisce creando i Fasci di Combattimento del 1919, il cui programma sociale è di fatto un socialismo da realizzarsi nella nazione. il programma di sostanzia anche di vari punti programmatici di marca populista, assumendo anche aspetti anticlericali e repubblicani. Si constaterà che al momento della sua costituzione, sono presenti nei Fasci molti massoni. Questo dipende dal fatto che, all’epoca , in Italia la politica ruotava attorno alle componenti più agitatorie che erano quelle di stampo risorgimentale e massonico, presenti nella sinistra ma che avevano anche partecipato all’Interventismo, in opposto a quelle più conservatrici legate a vecchie aristocrazie e soprattutto al clero. Era un fenomeno anche culturale, per il quale, era ovvio che molti agitatori e rivoluzionari, già interventisti, avessero la tessera massonica in tasca, e si ritrovassero alla nascita del fascismo attorno a Mussolini.
In pratica il fascismo nasce mettendo insieme alcune componenti: ex socialisti seguaci di Mussolini, sindacalisti rivoluzionari, alcuni anarchici e alcune componenti combattentistiche, soprattutto gli Arditi.
Lo scontro con il tentativo “leninista” dei socialisti, si fa particolarmente violento e sanguinoso, si riversa nelle strade, mentre politicamente il nascente fascismo va incontro ad una sonora sconfitta elettorale nel novembre del 1919, che avrà forti conseguenze sulla sua formazione ancora in atto.
LA SVOLTA A DESTRA
Mussolini infatti, da pragmatico quale era, intuisce che il fascismo sta crescendo soprattutto in seguito agli scontri con i “rossi”, alle lotte di strada. Questo gli porta il sostegno dell’idealismo dei giovani, e delle classi borghesi spaventate dalle violenze dei “sovversivi”. Oltre che il sostegno del capitalismo, e degli agrari spaventati da una rivoluzione bolscevica, e quello delle componenti combattentistiche e militari della nazione, coinvolte anche loro, dalla contestazione socialcomunista. Già a maggio del 1920, si inizia ad avere un sensibile attenuarsi degli aspetti “socialisteggianti” del primo fascismo, e un ridimensionamento della “pregiudiziale repubblicana” e dell’anticlericalismo. Questo comporterà l’uscita dai Fasci, di buona parte dei futuristi, degli anarchici e dei massoni del Grande Oriente.
Gli storici sono concordi nel definire la crescista del fascismo, che assumerà poi con la marcia su Roma, aspetti insurrezionali (ma non rivoluzionari), come la “rivoluzione dei ceti medi”, indicandone il carattere nazionalborghese.
Inevitabilmente il fascismo assume l’aspetto reazionario, rispetto agli scioperi e alle agitazioni socialiste e nasce neanche il non di certo edificante fenomeno dello squadrismo agrario.
Mussolini cerca di attenuare, nei limiti del possibile, la svolta a destra, dando anche le dimissioni, ma questo non è più possibile e il congresso di Roma del 1921, sancirà definitivamente i connotati di destra del fascismo
I TENTATIVI DI MUSSOLINI DI “APRIRE A SINISTRA”
Il fascismo che va al potere con la marcia su Roma è caratterizzato da forti componenti reazionarie e conservatrici, dal fenomeno dello squadrismo agrario e da quello dei Ras. E’ il prezzo che si paga per la conquista del potere che avviene non con una fase rivoluzionaria, ma tutto al più insurrezionale. Oltretutto si tratta di una andata al governo, che non comporta cambiamenti Istituzionali.
Mussolini è conscio che deve pagare la cambiale a tutte quelle forze industriali e finanziarie che gli hanno finanziato l’ascesa al potere, ma preferirebbe ridimensionare il potere dei Ras e quello dello squadrismo agrario tosco-emiliano, che come dice al socialista Carlo Silvestri, è il solo veramente armato, e comunque è una creatura reazionaria, utile per la presa del potere, che ora però preferirebbe strozzare.
Il progetto di Mussolini è quindi quello di aprire a sinistra attraverso una pacificazione con i socialisti che fermi la guerra civile. Il nuovo governo dovrebbe assumere i connotati dei vecchi esperimenti giolittiani, aprendo ai socialisti, alla Confederazione sindacale e ai popolari. E’ l’unico mezzo per attenuare e mediare i gravi provvedimenti economici che dovranno essere presi per far fronte ad una nazione ancora devastata dagli esiti della guerra e profondamente arretrata.
Ma il progetto sfuma, per la reazione delle componenti di destra del fascismo, oramai molto forti, per l’ostilità dei popolari di don Sturzo, e per la riottosità dei socialisti.
Riprenderà questo progetto nel 1924, forte di un mezzo accordo con il Vaticano che gli toglie di mezzo don Sturzo spedendolo in America. Ma ora questo progetto ha anche l’avversione dei massoni.
IL DELITTO MATTEOTTI E LA DITTATURA.
Il delitto Matteotti, non a caso pone fine alle aperture a sinistra di Mussolini e le sue conseguenze saranno l’instaurazione della dittatura.
IL FASCISMO LIBERISTA.
Occorre adesso sapere alcune cose. La prima è il fatto che Mussolini salito al potere con la marcia su Roma, si trovò la sorpresa di una “fregatura” che gli presentò il Re: quella che occorreva pagare un oneroso e ingente debito di guerra, contratto con la Banca Morgan degli Stati Uniti. Non c’era alcun mezzo per evaderlo e bisognava pagare, rinegoziandolo e diluendolo nel tempo.
A questo si aggiungeva la necessità della ricostruzione. Mussolini, in queste condizioni di emergenza, si indirizzò, verso una politica di stampo liberista, posta nelle mani del ministro De Stefani e puntando sul rilancio soprattutto della grande Industria..
Fu una lunga fase politico - economica, dal 1922 al 1929, caratterizzata da privatizzazioni, contenimento dei salari, e imposizione della “pace sociale” nelle aziende. Il prezzo più alto fu pagato dalla classe lavoratrice, ma non c’era altro mezzo per far fronte alle necessità nazionali e per difendere il valore della lira.
Rispetto ai ceti popolari, Mussolini cercò di andargli incontro con tutta una serie di normative sociali, il cui culmine fu la Carta del Lavoro del 1927 che instituì diverse leggi di interesse sociale. Non è esatto dire che Mussolini creò la pensione, perché questo istituto già esisteva, ma lo riportò all’interno di una legge quadro e delle assicurazioni sociali, in modo da estenderlo a tutti. Ci furono poi i contratti collettivi di lavoro come da norma di legge, la regolamentazione delle ore lavorative. Oltre a vari provvedimenti per la maternità, il dopolavoro, la sanità, orto al popolo, costituzione di importanti Enti di assistenza e supporto, ecc. Insomma, sebbene conservatore, il regime fascista non era certo un regime prettamente capitalista come quello di Franco in Spagna.
A questo si aggiunsero le Grandi Opere, che si indirizzarono alla costruzione di ogni genere di infrastrutture, di scuole, ospedali, fino alle bonifiche e alla battaglia del grano, ecc. Fu un vero miracolo di ingegneria e di volontà, tanto più di valore in quanto fatto da una nazione finaziariamente povera e priva di risorse naturali. Oggi gli osservatori dell’epoca ritengono che, senza gli impulsi dinamici alla ricostruzione, dati dal fascismo e le sue grandi opere, forse l’Italia sarebbe rimasta un paese arretrato come alcuni paesi balcanici.
FINE DEL LIBERISMO E AVVIO DELLA POLITICA DI STATO
Con la grande crisi economica del 1929 ebbe anche fine la fase “liberista” del fascismo, perché da quel momento Mussolini si indirizzo su una politica di diretto intervento dello Stato nell’economia.
Nacque l’IRI e le riforme del fascismo, compresa quella del 1936 sulla Legge per la Banca D’Italia, presero un indirizzo non più liberista, ma di stampo nettamente sociale. Mentre in tutto il mondo il liberismo capitalista, di fronte alla grave crisi n manifestava , oltre le sue ingiustizie e sperequazioni, anche il suo fallimento, la politica inaugurata dal fascismo, scimmiottata in malo modo da Roosevelt con il New Deal, consolidò definitivamente anche una altra prassi governativa: quella che lo Stato doveva essere retto dalla preminenza dei principi etici e politici prevalenti su quelli economici e finanziari. Era il principio, magari non sempre osservato, antiliberista per eccellenza, sostanziato poi dalla politica dirigista dei governi di Mussolini.
Ma soprattutto presero corpo le Corporazioni, una riforma epocale, totale anche di natura Istituzionale, che si concretizzò nel 1939 con la Camera dei fasci e delle Corporazioni.
VENTENNIO CONSERVATORE MA NAZIONALPOPOLARE
Possiamo quindi dire che la politica del fascismo nel ventennio fu di stampo Conservatore, ma con forti provvedimenti popolari e soprattutto con il principio di mettere nelle mani dello Stato o in sua compartecipazione, i settori strategici e primari dell’Industria e quelli che andavano in crisi rischiando il fallimento.
Forse più di questo non era possibile fare, perchè il potere in Italia, più che nelle mani del fascismo era rimasto nelle mani della Monarchia, della Chiesa, dell’esercito, delle componenti borghesi e industriali, con una forte presenza della massoneria, sia pure in sonno.
Fu comunque una politica di stampo altamente sociale che, non a caso, riscosse il sia pur demagogico apprezzamento dei fuoriusciti comunisti, con il loro famoso “manifesto ai fratelli in camicia nera” e ancora non a caso, spinse un acome Bombacci, deluso dalla involuzione della rivoluzione bolscevica, ad avvicinarsi, anzi a cooperare con Mussolini. In Italia inoltre sul piano intellettuale e tra i giovani universitari fascisti si manifestarono una molteplicità di idee, di posizioni e di “spinte a sinistra” tali da assimilare la rivoluzione fascista in linea con la rivoluzione russa e proiettarla contro le grandi plutocrazia d’occidente.
Per il ventennio possiamo dire che Mussolini, pur conscio di una politica di stampo conservatore cercò di attuare vari principi di stampo socialista e riforme di utilità nazional popolare. Un lento processo di riformismo socialista, sempre ostacolato e attenuato dalle forze reazionarie e dal conformismo borghese e interrotto dalla guerra.
SVOLTA EPOCALE E REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
Con il crollo de 25 luglio 43, e la misera fine del “fascismo popolare e borghese”, si ha una svolta epocale. Un cambiamento strategico nel fascismo e la sua compiutezza ideologica , che a causa delle contingenze e delle necessità nazionali non era potuta avvenire prima.
Dopo l’8 settembre, infatti, Mussolini, approfittando da vero rivoluzionario, del fatto che , per la prima volta nella sua storia, l’Italia non era più in mano alle forze e ai poteri reazionari, quali la Confindustria, la Chiesa e la Monarchia, con la massoneria per giunta in quel momento fuori gioco, ne approfittò ed edificò la Repubblica Sociale Italiana, una riforma dello Stato in senso repubblicano, che rivedeva anche il principio gerarchico delle cariche dall’alto, fallito nel ventennio, pur senza sconfinare nella democrazia (principio falso e ingannatore), ed una riforma socialista di tutta l’economia portando a compimento definitivo anche le Corporazioni, le quali, senza la socializzazione, erano state facilmente coartate dal padronato ai suoi interessi. Lo Stato infatti superava ora la sua funzione di mediatore tra parti, padronato e lavoratori, con poteri troppo sbilanciati, e portava il lavoro direttamente alla guida e alla partecipazione delle Aziende. Socializzazione delle Imprese, nazionalizzazione di quelle di importanza strategica, riforma del mercato azionario liberista, riforma del mercato immobiliare con il principio della casa in proprietà popolo, riforma del commercio alimentare e del vestiario nei settori di importanza primaria per il popolo. commissariamento della Banca D’Italia. La proprietà privata e il diritto di investimento, così limitato dalla cointeressenza del lavoro, restava, quale elemento indispensabile per la crescita economia, ma si attuava il principio che la proprietà doveva essere al servizio della nazione e non della speculazione affaristica privata.
POSSIAMO COSI’ DIRE CHE L’UNICO SOCIALISMO ATTUATO IN ITALIA E’ STATO QUELLO DELLA RSI.
Termino ricordando che il fascismo non è solo progettualità socialista e programmi politico-socio-economici, ma anche una determinata visione della vita e del mondo, ma questo è un altro discorso.

tratto da: https://www.facebook.com/maurizio.barozzi.7/posts/986403178053218:0

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