mercoledì 3 ottobre 2018

L’EVOLUZIONISMO VA IN CRISI



«L’evoluzionismo “intrappolato” dalla “trappola per topi»

di Maurizio Barozzi 


Nella sua tormentata storia, l’evoluzionismo, oggi per continui adattamenti e correzioni, rispetto alla genesi e allo sviluppo della vita sulla terra, è oramai qualcosa di alquanto diverso dal primo darwinismo, ma analogamente ha “scientificamente” fatto il suo tempo e non è più credibile.
La teoria evoluzionista e il darwinismo hanno accompagnato il secolo tardo positivista e sono state anche politicamente funzionali a supportare i movimenti marxisti, la contestazione del creazionismo, quindi della Chiesa.
Ricordo alla fine degli anni ’50, che mi capitò nelle mani un libretto edito credo direttamente dal Partito Comunista, pregno di foto e disegni (sinceramente molto ben fatto) dove vi era un capitolo dedicato proprio a Darwin e all’evoluzionismo con i soliti arbitrari disegni delle scale evolutive (dal primate all’homo sapiens, ecc.). Accattivante, ma scientificamente errato.
Proprio il confronto con il Creazionismo, con tutti gli interessi, le polemiche e le tematiche che finisce per sollevare, ha permesso a questa “teoria dell’evoluzione” di sopravvivere fino ad oggi, “contro natura scientifica”, visto che la genesi raccontata dalla Bibbia, non coincide affatto con la “storia della terra”, con la paleontologia, la stratigrafia ed altre discipline a queste collegate.
La Bibbia, se presa in senso “storico” e trasposta sul piano scientifico, fornisce dei riferimenti troppo vicini nel tempo, anche rispetto alle prime forme di vita che invece risalgono a miliardi di anni addietro, e la fede nella “creazione” non può essere portata a confutazione dell’evoluzionismo (il fatto che la natura nella sua perfezione e complessità spaventosa, non può che far ritenere sia parte di una “dimensione divina”, o di una “creazione”, è tutt’altro discorso, che non può rientrare in un confronto scientifico).
In America lo scontro tra evoluzionisti e creazionisti raggiunse a volte livelli semplicemente ridicoli, anche se oggi i creazionisti più seri e preparati, forti di alcune recenti osservazioni scientifiche che smentiscono la teoria dell’evoluzione, hanno da tempo affrontato il discorso esulando dagli aspetti biblici.
Per tornare all’evoluzionismo, se andiamo a considerare quella che poteva essere la “vita” nelle lontane Ere, vi troviamo indubbiamente una “diversità” rispetto alle forme di vita attualmente presenti. Per gli evoluzionisti come si è determinata la vita e sviluppata questa “diversità”, dato anche l’iniziale numero ridotto e la complessità delle forme di vita, via via aumentate dai primordi e specializzatesi, è indice di una “evoluzione”, di un passaggio da organismi inferiori e primitivi ad altri più specializzati e superiori.
Ma proprio qui sta l’errore di fondo dell’evoluzionismo perchè, intanto questa “complessità” che si presume “inferiore”, scientificamente parlando, è una considerazione del tutto arbitraria e relativa, secondo poi tutto il mondo vivente andrebbe visto nella sua organicità ed interdipendenza, una interdipendenza che agisce anche nei confronti del “non organico”, e non ridotto invece al singolo elemento che del resto non potrebbe sussistere come tale (ecosistema) ed in questo l’olismo è sicuramente più adatto a spiegare certi fenomeni che non la scienza “del caso” derivata dal meccanicismo e dal determinismo.
Ed infine, più che una scala evolutiva, ricostruendo, in termini di milioni e milioni di anni le varie ere biologiche, troviamo una “diversità” causata dalla scomparsa di alcune specie e l’apparizione di altre del tutto nuove.
E questi passaggi, la paleontologia oramai lo ha ampiamente dimostrato, non sono di carattere evolutivo, non hanno una “fase intermedia”, non hanno un “anello di congiunzione”, ma sono di carattere “saltativo”, come se si estinguesse, più o meno improvvisamente, una certa specie, un determinato “sistema” di vita e ne subentrasse un altro simile, ma al tempo stesso diverso.
Qualcuno ha provato a spiegare questo “fenomeno” anche con la possibilità che determinate radiazioni nucleari del tutto naturali, hanno potuto interagire nelle forme di vita, certo è però che questi “passaggi”, queste “nuove specie” non sono “mostruose”, “deformi” e non hanno “difetti” dal punto di vista genetico, ma sono forme di vita altrettanto corrette, “complete”, “belle” e maestose come quelle che le hanno precedute.
Che sia allora possibile che nel codice genetico degli esseri viventi vi sia latente e invisibile un orologio biologico, per cui, per chissà quali motivi ad un certo momento, quella stessa specie va ad estinguersi e ne esce un'altra del tutto diversa?
Comunque sia le variazioni studiate da Darwin, oltretutto digiuno di conoscenze sul DNA, osservate nei suoi viaggi e studi nel Pacifico, rispetto ad altri animali rimasti confinati in qualche isola, non possono definirsi “evoluzione” per selezione naturale, ma sono variazioni all’interno delle stesse specie.
L’adattamento dei microbi, per dirne un'altra, che acquisiscono resistenza agli antibiotici, non fanno “evolvere” microbi gli stessi microbi, che restano semplicemente microbi, ma come è stato dimostrato sono una acquisizione scritta nel loro codice genetico, tra gli altri caratteri.
Oggi i famosi “anelli di congiunzione”, dall’Archeopetrix, ai dinosauri pennuti, all’uomo di Piltdown, tanto per citare uno dei falsi più eclatanti, si sono rivelati dei falsi o del tutto fantasiosi, mente al contempo la Paleontologia trova negli strati fossili processi del tutto diversi dalla evoluzione, in cui le specie non trapassano dall’una all’altra, ma si riscontrano invece vere esplosioni improvvise di forme di vita, che poi vengono ridotte da massicce estinzioni, sicché ne restano poche, ma quelle poche, come lo squalo che naviga da 150 milioni di anni immutato, non cambiano mai.
Oltretutto, con grande meraviglia degli evoluzionisti, le origini dell’uomo e la sua presenza sulla terra si sono dovute continuamente arretrare di tantissimi anni nel tempo, sconvolgendo ogni teoria evoluzionista in proposito, arrivando addirittura al paradosso di far sospettare che sono forse le scimmie a discendere dall’uomo e non viceversa.
In altri casi, inspiegabili, si è dovuto ipotizzare che la vita sulla terra sia di provenienza extraterrestre, spostando così il problema dell’evoluzione a livello interstellare.
Le famose “derivazioni” ad albero, con i suoi rami, per giustificare le varie diversità e aspetti sempre più attuali, nella discendenza umana, si sono rivelate delle mutazioni saltative e i rami assomigliano dei “cespugli” inestricabili, non a delle derivazioni.
La scalette evolutiva, dal pitecantropo semi piegato, all’eretto Homo Sapiens, tanto sbandierate dalle reti televisive alla CNN, alla History Channel, e sulle enciclopedie, sono solo dei “rami collaterali”, non delle discendenze, delle derivazioni.
Lo stesso uomo di Neanderthal non è precedente, ma quasi contemporaneo all’uomo attuale e riporta tali differenze genetiche da far ritenere impossibile una nostra derivazione da lui ed anche improbabile che l’accoppiamento di un Homo con un Neanderthal potesse essere stato fertile.
La considerazione della “selezione naturale”, selezione da essa procurata con l’eliminazione dei “meno adatti” e la promozione dei più confacenti alle mutate condizioni di vita, si è rivelata per quello che era: la selezione naturale è funzionale ad eliminare i meno adatti, i “difettosi”.
Già le teorie evoluzioniste per spiegare il passaggio dal “non occhio”, ovvero da un qualcosa che “non vede”, all’occhio, che “vede”, a seguito di piccoli accumuli di mutuazioni ed adattamenti, su qualche povero esserino o inerte “neo”, non riuscivano a spiegare pienamente come poteva, tale esserino così imperfetto, nella sua lenta “crescita” verso la vista, sopravvivere e non essere spazzato via dalla selezione naturale.
Maurizio Blondet, attento osservatore critico di questi fenomeni, ha pubblicato qualche anno addietro, una raccolta di articoli su questi argomenti, ben fatta e alla portata di tutti: “La disfatta Evoluzionista”, Ed. Effedieffe 2012, che ruota attorno al concetto di “Complessità irriducibile” e “Intelligent design” che più avanti spiegheremo.
Anche sul presunto passaggio dal ”non occhio” all’occhio, Blondet ha osservato che già a partire da quando un fotone colpisce un tessuto pigmentato sensibile alla luce (retina), si innesta un lungo e complesso processo biochimico a più stadi e un complesso processo di “recupero” della condizione iniziale della retina. Come per il sangue (un altro tra i tanti esempi), anche l’occhio sono tutte “complessità irriducibili”, non sono semplificabili.
Se gli si sottrae un singolo elemento, una singola proteina non abbiamo “sangue primitivo” o un “occhio imperfetto”, abbiamo sostanze morte e inerti, che non adempiono alla funzione. Occhi ciechi, sangue che non portano ossigeno agli organi. Reni che non filtrano le tossine.
Tutti processi irriducibilmente complessi che non possono sopravvivere in condizioni ridotte o mancanti come vedremo appresso, parlando della teoria di Michael Behe della “complessità irriducibile”
Insomma il darwinismo si è sempre trovato di fronte ad assurdità e contraddizioni dalle quali non è mai uscito, mentre al contempo adattare e modificare la teoria evoluzionista a tutte le nuove scoperte biologiche, genetiche, paleontologiche, ecc., che la andavano smentendo, diventava sempre più arduo.
Ma prima di parlate della teoria di Michael Behe che non è mai stata seriamente confutata, introduciamo altre considerazioni.
Come accennato, secondo l’idea evoluzionistica, ogni organismo vivente, è il risultato di un lunghissimo processo di trasformazione progressiva da forme monocellulari a forme pluricellulari, col tempo sempre più complesse fino ad arrivare ai mammiferi e all’uomo stesso. E questa teoria, ovviamente, si estende alla origine stessa della vita, formatasi dalla inerte materia tramite un processo di combinazioni chimiche di tipo ordinario tra molecole organiche disciolte nelle acque primordiali del pianeta (il famoso “brodo primordiale”).
Questa ipotesi dovrebbe quindi essere suffragata, oltre che da altre condizioni, soprattutto dalla scienza dei fossili, la paleontologia, e dalla geologia stratificata che su essa si fonda, perché se ci fosse stata questa graduale evoluzione, dovremmo avere un enorme periodo iniziale senza alcuna vita, dove si realizza la “evoluzione chimica”, quindi dovremmo trovare sicuramente rocce sedimentarie, mano a mano sempre più pregne di organismi pluricellulari fossilizzati; dovremmo riscontrare la genesi dei primi e approssimati organismi pluricellulari e quindi la nascita, sempre più numerosa di questi pluricellulari che arriva a produrre artropodi (insetti), poi i vertebrati, ecc.
Tutto questo dovrebbe quindi mostrarsi in un quadro genealogico con i suoi rami che si succedono, senza interruzioni, e con le loro fasi intermedie.
Orbene, si da il caso, invece, che se la successione stratigrafica elaborata dalla geologia moderna risponde alla storia della vita sulla terra, quanto sopra viene inesorabilmente smentito.
Addirittura nelle rocce sedimentarie più antiche (per esempio quelle in Isua Goellandia) e meteoriti, quelle risalenti a 4 miliardi di anni fa, subito dopo il raffreddamento del nostro pianeta, si rinvengono corpi microscopici, sferoidali, a bastoncello o filamentosi, di materia organica unicellulare da attribuire generalmente a batteri o alghe azzurre.
Quindi, altro che evoluzionismo, la vita è apparsa sul nostro pianeta GIA’ PRONTA non appena ci furono le condizioni ambientali per accoglierla, mentre l’infinitamente lungo periodo di tempo che la doveva realizzare, tramite un processo chimico ed evolutivo, non si riscontra affatto.
E se queste sconcertanti scoperte, questi micro organismi, non fossero resti di materiale vivente, ma invece solo delle “bizzarrie” minerali della natura, rispetto alla loro smentita dell’evoluzionismo le cose non cambiano.
La stratigrafia infatti ci mostra che queste strutture microscopie sono rimaste imperterrite e immutate nelle acque delle terre Pre Paleozoiche, per circa 3 miliardi e mezzo di anni, per verificarsi poi, di colpo il fenomeno inquietante di tutta la Paleontologia:
incredibilmente, con l’inizio dell’era Paleozoica (quasi 600 milioni di anni orsono, il meraviglioso e straordinario Cambriano) si assiste ad un fenomeno sconcertante che sconvolge tutta la paleontologia: ad un tratto, di botto, geologicamente parlando, ritroviamo una massa enorme di fossili a rappresentare senza alcun dubbio forme di vita ben organizzata pluricellulari: spugne, celenterati, brachiopodi, molluschi, artropodi, ecc. ecc.
Un salto abissale dalle forme unicellulari microscopiche a queste forme di vita anatomicamente complesse, che l’evoluzionismo non può assolutamente spiegare.
E da questo momento in poi la storia della vita smentisce il famoso albero genealogico con successioni ramificate, perchè invece abbiamo tante discontinuità che indicano una grande scala di un vero systema biologico, con improvvise comparse di forme nuove diverse tra loro, che permangono per milioni di anni e terminano con estinzioni altrettanto improvvise a cui seguono altre comparse.
Ed ovviamente non si riscontrano “anelli di congiunzione” e “progenitori comuni”, laddove i reperti che vengono presentati a forzata dimostrazione della loro esistenza intermedia, se non dei falsi, sono del tutto discutibili, quando invece dovrebbero essere facilmente dimostrabili.
Insomma la flora e la fauna, nella vita della terra durante le sue lunghe Ere sono di certo cambiate ma non si riscontra affatto quel progressivo aumento di complessità, perché si è trattato di “variazioni su temi fondamentali” rimasti poi immutati da più di mezzo miliardo di anni, una condizione di fondamentale “stabilità” che smentisce l’evoluzionismo.
E veniamo alla teoria del biochimico Michael Behe della complessità irriducibile, ripresa dal filosofo e matematico William Dembsky che smentiscono l’evoluzionismo da un punto di vista “logico concettuale”, scientifico – matematico e introducono il prospetto di un Intelligent design.
LA COMPLESSITA’ IRRIDUCIBILE & L’INTELLIGENT DESIGN
E’ passato del tempo, da quando Michael Behe, biochimico, docente alla Università di Leighton, Pensylvania, propose sulla rivista Boston Review la sua teoria della “complessità irriducibile”, poi presentata con maggiori dettagli ed esempi nel suo famosissimo saggio dal titolo Black Box di Darwin.
Queste considerazioni scientifiche di Behe sono divenute poi, grazie al contributo del filosofo e matematico William Dembsky, fondamentali per la teoria del disegno intelligente (intelligent design).
Non solo ogni animale o pianta, osserva ancora Maurizio Blondet, ma ogni apparato, organo tessuto nell’animale sembra progettato da una intelligenza, la sua complessità spesso stupefacente (non esistono firme di vita semplici, tutte avendo come base il complicatissimo DNA) è irriducibile, ossia non si può semplificare sottraendone uno o l’altro elemento per ottenere una forma di vita più primitiva: basta una sottrazione e ciò che viveva e funzionava smette di vivere e funzionare.
E questo contraddice l’idea di una evoluzione dal semplice al complesso.
L’Intelligent design, non dice chi è il progettista intelligente, si limita a far notare che i viventi non sono opera del cieco caso perché sembrano fabbricati in base ad un progetto.
Behe, infatti, partendo da quello che constata nei suoi studi, dove vede ”macchine”, “macchine intelligenti”, composte di molecole e straordinariamente complesse che non possono che essere frutto di un progetto, non di “accumuli casuali” formati da mutazioni utili
Ovviamente il parlare di progetto intelligente gli ha subito fatto avere l’accusa di essere un creazionista e di aver tirato in ballo Dio, ma in questo caso Behe, ha fatto presente di non aver mai detto o scritto che il progettista di queste meravigliose e complesse macchine viventi sia Dio.
I sostenitori dell’evoluzionismo hanno allora dovuto ripiegare nelle accuse entrando nel personale, per esempio che Michael Behe, è si un professore universitario (ci mancherebbe), ma la sua stessa università lo avrebbe accantonato perche insegnava religione.
E per William Dembsky, viene detto che è un “ricercatore” pagato dalla Discovery Institute, un organizzazione con finalità religiose.
Accuse pretestuose, quando la critica, semmai, dovrebbe volgersi alle asserzioni, alle teorie dei due professori non alla loro fede religiosa.
Tanti hanno però provato a dimostrare errata l’idea di M. Behe, ma le sue considerazioni sono rimaste in piedi.
La complessità irriducibile spiega infatti quello che è facile osservare in natura e cioè che il funzionamento di molti sistemi dipende da più parti che sono tutte indispensabili e in relazione tra di loro. La teoria dell’evoluzione invece non è in grado di spiegare i sistemi con complessità irriducibile che necessitano di “progettazione”.
La definizione di M. Behe relativa alla complessità irriducibile è questa:
«Un singolo sistema composto da diverse parti interagenti che contribuiscono alla funzione di base, e per il quale la rimozione di una qualunque delle parti causerebbe la cessazione del funzionamento del sistema».
Anche W. Dembsky ha presentato una definizione precisa: «Un sistema che esegue una data funzionalità di base è a complessità irriducibile se comprende un insieme di parti ben assemblate, mutuamente interagenti, non arbitrariamente individuate tali che ciascuna di queste parti sia indispensabile a mantenere la funzionalità di base, e dunque originale, del sistema. Un insieme di queste parti indispensabili è noto come nucleo irriducibile del sistema».
LA FAMOSA TRAPPOLA PER TOPI
L’esempio più famoso e più semplice per descrivere la complessità irriducibile è sicuramente quello della trappola per topi composta da soli 5 elementi:
una tavoletta di legno, una piccola tagliola, una molla, una bacchetta metallica e un pezzetto di formaggio per esca.
La trappola per topi è molto semplice ma non ha nessun tipo di funzionalità se uno dei 5 elementi fosse mancante.
Nella sua semplicità, afferma Behe, la “trappola per topi” è di una complessità irriducibile, non si può rendere più semplice. basti che manchi, anche una sola delle sue 5 parti e non funzionerà.
Non è che non funzionerà in modo meno efficiente, non funzionerà per nulla.
La trappola non si potrebbe mai sviluppare a poco a poco, gradualmente; così come altri esempi proposti da M. Behe e rintracciabili, laddove la vita presenta in natura macchine eimili o analoghe, per esempio: la coagulazione del sangue, il sistema immunitario e il flagellum.
Di fronte alle stringenti considerazioni di Behe che non lasciano spazio ad una seria confutazione, gli evoluzionisti hanno cercato di ripiegare su speculazioni dialettiche sostenendo che «una trappola per topi è un congegno artificiale, progettato con lo scopo preciso di catturare i topi. L’occhio, il flagello, le proteine, eccetera, sono invece strutture naturali che non è detto abbiano avuto sempre la stessa funzione nel corso dell’evoluzione, senza contare che spesso le strutture biologiche presentano tratti ridondanti, cioè diverse parti che svolgono la stessa funzione».
Ma la si metta come si vuole si arriva sempre al punto in cui le strutture biologiche devono essere funzionali al progetto “essere vivente” e questo progetto è “irriducibilmente complesso”.
Sempre Blondet, nel suo citato “La disfatta Evoluzionista”, porta ad esempio il flagellum, quel lungo ciglio che molti batteri usano per nuotare. Questo flagellum, ricorda, è un propulsore rotatorio mosso da un “motore” biochimico (un vero motore fuoribordo) e attaccato ad una struttura stazionaria (il corpo del batterio),
Un apparato semplicissimo in un corpicciolo formato da una sola cellula, un microbo.
Questa creatura unicellulare è, nonostante tutto, niente affatto semplice, anzi molto complessa, tanto che i biochimici la paragonano ad una astronave in miniatura. Basta che manchi una sola proteina, un solo amminoacido delle centinaia di cui la cellula è composta e la ciglia non funziona più.
Non è che funzioni meno; si bloccano, si trasformano in grovigli si paralizzano.
Ne consegue quindi che le cellule, come la “trappola per topi”, devono essere state progettate in un'unica volta in un solo processo “intellettuale” con tutti gli elementi a posto.
E allora questo flagellum come si è formato?
I darwinisti rispondono; con causali, continue e piccole mutazioni poi conservate e perfezionate, di generazione in generazione di batteri;
dapprima l'apparato sarà stato meno efficiente, poi la selezione naturale, eliminando i microbi cigliati più lenti nel nuoto, e lasciando in vita i più veloci, i favoriti nella lotta per la vita.
No, risponde Behe: il motore dei ciliati è irriducibilmente complesso, nel senso che ogni suo elemento e componente è necessario.
Basta che manchi un solo elemento, e il ciglio non funzionerà affatto. Non si riesce ad immaginare una forma semplificata del rotore naturale; ogni sua semplificazione non lo rende meno efficiente, lo rende inefficiente del tutto.
Fra l'altro, il ciglio dei microbi ciliati è davvero immensamente più complicato della trappola per topi, La sua costruzione richiede, tanto per cominciare, l'espressione ordinata e coordinata di cinquanta geni del DNA del batterio, che devono portare le proteine (espresse dai geni) al posto giusto, con una qualità organizzativa stupefacente.
Come un remo, il ciglio del batterio dà un colpo di potenza e un colpo di richiamo, ma - diversamente da un remo - si piega sinuosamente nell'azione di ritorno, con un vasto movimento (180 gradi) della massima efficienza.
Visto in sezione al microscopio elettronico, spiega Blondet, il lungo e sottilissimo flagellum risulta composto da due fibre centrali circondate da nove paia di fibre tutto attorno. Più precisamente, non si tratta di fibre, ma di micro-tubuli vuoti all'interno, composti di una proteina chiamata tubulina.
È questa sofisticata struttura che rende pieghevole e sinuoso il flagellum, grazie anche a una proteina (la nexina) stesa fra i tubuli appaiati, come una sorta di adesivo gommoso. Grazie alla nexina, i tubuli scivolano l'uno sull'altro quando sono sotto l'azione del motore, composto di una terza proteina, detta dyneina.
Questa proteina, fra l'altro, connette fra loro ogni paio di microtuboli, e provoca il moto in questo modo: un'estremità della dyneina resta stazionaria su uno dei microtuboli, mentre l'altra estremità lascia la presa sul microtubulo vicino, e poi lo riprende in posizione un poco più alta, facendolo piegare verso il basso.
Tutto ciò in una struttura capillare, invisibile ad occhio nudo, nella massa di un batterio grande pochi micron!
Non può essere una casuale, cieca accumulazione di proteine dovuta alla mutazione genetica e alla selezione naturale prodottasi nei secoli dei secoli, perché un presunto antenato più primitivo del batterio ciliato, mancando di una sola proteina non avrebbe più potuto nè nuotare, nè vivere.
Un batterio sarebbe, secondo i darwinisti, una delle forme di vita più semplici e primitive: invece constatiamo che si tratta di un insieme di sofisticatissimi apparati miniaturizzati.
È difficile credere che la miniaturizzazione sia un fenomeno primitivo.
Ma lasciamo correre: qui importa notare la necessità di ogni componente del flagellum. Senza la dyneina, i microtuboli non scivolano l'uno sull'altro e il flagellum resta rigido.
Senza nexina, i tubuli scivolerebbero troppo l'uno sull'altro, fino a che il flagello si scomporrebbe in un arruffato gomitolo di microtubuli. Senza tubulina, non ci sarebbero i microtubuli.
Ciò significa una cosa: il flagellum dei batteri ciliati è irriducibilmente complesso.
Per funzionare, occorre che tutt'e tre le proteine siano presenti allo stesso momento, e che lo siano state fin dall'inizio.
«Non può essere nato gradualmente», dice Behe, «a tentoni, per casuali aggiustamenti delle tre proteine coinvolte. Il meccanismo del flagellum infatti è noto da 25 anni. Ma nella letteratura scientifica, in tutto questo tempo, non è apparso un solo articolo che abbia cercato di dimostrare come un meccanismo del genere si sia sviluppato per selezione naturale.
La teoria di Darwin è completamente sterile quando si tratta di spiegare l’ origine del flagellum o di ogni altro sistema biochimico complesso: e la sterilità del darwinismo rivela che è uno schema errato per capire le basi della vita.
Io sostengo un'ipotesi alternativa, allo stesso tempo naturale ed ovvia: sistemi come il flagellum devono essere stati progettati da un agente intelligente».
Post Scriptum
Questo articolo di certo non esaurisce il discorso della “creazione e/o evoluzione”, e non tutta la scienza prospettata dall’evoluzionismo può considerarsi errata.
L’evoluzionismo, infatti, dovrebbe essere visto come una “ipotesi di lavoro”, non come una teoria, oltretutto l’evoluzionismo ipotizza, ma non ci dimostra, in concreto e oltre ogni ragionevole dubbio, come si è prodotta la vita sulla terra, come ad un certo punto sono apparse forme di vita del tutto nuove.
L’evoluzionismo cerca di spiegarlo, ma è concettualmente inadeguato a dimostrare tutto questo, mentre, da parte sua, il creazionismo non può risolvere il problema con la bacchetta magica di un Dio e affidarsi ad una congettura apparentemente logica (tutto ciò, essendo complicato e perfetto non può che essere opera di una entità superiore) o alla fede.
E allora? Che tutto forse avvenga attraversi l’archetipo di certe FORME che si manifestano uguali, ma diverse nel tempo, codici genetici latenti e invisibili che si attivano improvvisamente per qualche sconosciuto motivo o cambiamento di ecosistema, per cui più che di evoluzionismo bisognerebbe parlare di ORGANICISMO, o troviamo la risposta nell’esoterismo della Sapienza antica, laddove si ha presente una realtà Metafisica di cui l’universo da noi conosciuto ne è una sua similitudine su un piano fisico e biologico?
Lasciamo ai filosofi, agli scienziati con la S maiuscola, ai teologi, agli “iniziati” trovare le risposte, a noi preme solo evidenziare una cosa:
se l’evoluzionismo lo si prende come una degradazione dell’essere umano, considerandolo una semplice evoluzione dai primati, nella implicita presunzione denigratoria si è comunque fuori strada.
In definitiva il discorso che l’uomo discenda dalla SCIMMIA o no, è del tutto relativo.
E’ indubitabile infatti che tra uomo e scimmia c’è uno iato e come tale incolmabile, dove le diversità vere non sono solo e non tanto nella graduazione della intelligenza e nell’apprendimento, ma in tutto un complesso che riguarda il ragionamento logico matematico, le sue elaborazioni e proiezioni e intuizioni, e le caratteristiche esistenziali quali la forza di volontà, il libero arbitrio, ecc.
Siamo quindi in presenza di due esseri affatto diversi, e come questa diversità si sia verificata ce ne può anche fregare di meno. C’è e basta, a sancire due esseri viventi le cui similitudini biologiche, come altre similitudini con altre forme viventi, in questo aspetto non hanno alcuna importanza.
Con buona pace dell’evoluzionismo.

TRATTO DA:
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