L’antifascismo dei vili traditori
di: Fabio Calabrese
Siamo l’unico
Paese al mondo che festeggia la sconfitta: con questa grottesca
ricorrenza del 25 aprile celebriamo la nostra sconfitta nella seconda
guerra mondiale come se fosse stata una vittoria, certamente attirandoci
il dileggio del mondo intero, mentre le ricorrenze delle vere vittorie
dei nostri predecessori che hanno fatto dell’Italia una nazione, a
cominciare dal 4 novembre, trascorrono dimenticate.
L’abbiamo detto e ridetto.
Gli errori e i torti del fascismo, le violazioni dei diritti umani che tutti
commettono durante le guerre sono stati amplificati e ingigantiti per
coprire o far dimenticare le atrocità commesse dai vincitori: i
bombardamenti terroristici contro le popolazioni civili – fra cui due
olocausti nucleari contro il Giappone che aveva già chiesto la resa – le
stragi di civili tedeschi compiute dall’Armata Rossa (tre milioni di
persone), quelle di italiani compiute dai comunisti jugoslavi in Istria e
Dalmazia, gli eccidi di innocenti compiute dagli stessi partigiani
italiani, spesso non altro che per sopprimere i testimoni delle loro
ruberie, i prigionieri italiani e tedeschi massacrati dopo essersi
arresi, o fatti morire di freddo e di fame. Più si scava, più si scopre
il volto del “bene” uscito vincitore dalla seconda guerra mondiale, che è
quello di un orrore infinito.
L'invasione
delle forze alleate contro l'Italia fascista, voluta dai poteri
finanziari che non potevano accetare che il socialismo fascista e della
Germania nazionalsocialista, prendesse piede soppiantando in tutta
Europa, le banche usuraie dell'elite ebraica la quale, governa
occultamente gli USA.
Anche questo l’abbiamo detto e dimostrato più volte, dati alla mano.
Quella partigiana, “resistenziale” non
fu epopea ma un’ignobile mattanza contro coloro che avevano continuato a
combattere gli “alleati” invasori della nostra terra, compiuta colpendo
alla schiena, e soprattutto a guerra finita, quando i vinti avevano
dovuto deporre le armi ed erano ormai inermi.
Anche questo è stato detto e dimostrato
più volte, non solo da parte nostra, ma si pensi al lavoro fatto da uno
storico non certamente di cultura “nostra” ma proveniente da sinistra
come Giampaolo Pansa.
Sinceramente, alla vigilia di questo 25 aprile 2018 che il regime
certamente celebrerà con la sua consueta retorica, non trovo troppo
utile ripetere per l’ennesima volta quanto è stato già detto in
precedenza non solo da me, ma da molti altri.
Alcune
immagini dell'epoca dei massacri compiuti dai cosiddetti "partigiani", i
collaboratori del nemico invasore, che normalmente vengono chiamati
traditori.
Giuseppina Ghersi
una bambina di 17 anni che fù picchiata, stuprata e poi uccisa dai
partigiani con l’accusa di
essere al servizio del regime fascista. La sua colpa avere scritto un
tema che poi la maestra inviò al Duce che le fece i complimenti.
Stavolta vorrei cercare di fare qualcosa
di diverso, tentare di esplorare cosa c’è al fondo della mentalità
antifascista, mettere a nudo la fenomenologia dell’antifascismo.
Tempo fa, girando in internet, mi sono
imbattuto in un sito di sinistra dove ho potuto leggere il seguente
slogan: “Antifascismo in assenza di fascismo? Sempre meglio di fascismo
in assenza di antifascismo”. E’ ovvio che la mia opinione è esattamente
contraria, anche se devo dire che ho in un certo senso apprezzato il
fatto che l’autore dello slogan avesse almeno un barlume di comprensione
della realtà del fatto che quel fascismo che gli antifascisti
pretendono oggi di combattere, non esiste più da settant’anni, che il
fascismo continuamente risorgente che costoro vedono dietro ogni angolo,
non è altro che una creazione delle loro paranoie.
Ebbene, è così difficile capire che
l’antifascismo in assenza di fascismo non è, non può essere altro che
una legittimazione irrazionale e pretestuosa dell’ordine imposto a
livello planetario dai vincitori del secondo conflitto mondiale? Ma alla
stupidità e alla plagiabilità delle masse umane non si possono porre
limiti, ancora meno che alla provvidenza.
Ci sarebbe stato da pensare che con
l’andar del tempo, con l’allontanarsi da noi degli eventi avvenuti tra
le due guerre mondiali e nel corso del secondo conflitto, con la
scomparsa per naturale falcidie della generazione che ne è stata
protagonista, l’atmosfera si sarebbe man mano svelenita, il clima si
sarebbe fatto più respirabile, specialmente dopo la caduta del muro di
Berlino e il crollo dell’Unione Sovietica che costituiscono la prova
provata del fallimento dell’ideologia “rossa”.
Il sistema sovietico, infatti, non è
crollato per un’aggressione esterna, non è caduto come il fascismo sui
campi di battaglia, ma – caso unico nella storia umana – è crollato per
implosione interna, sotto il suo stesso peso, da quel pachiderma deforme
che era, incapace di somministrare ai suoi sudditi null’altro che
oppressione e miseria.
Tutto questo sarebbe stato vero se il
comportamento umano rispondesse perlo più a delle motivazioni razionali,
ma certamente così non è. Non vorrei vantarmi di essere stato buon
profeta, ma già allora avevo nutrito il sospetto che gli antifascisti si
sarebbero sempre più incarogniti nel loro odio irrazionale, perché dopo
il crollo dell’Unione Sovietica, il fallimento dell’ideologia marxista,
il ripudio della lotta di classe, l’antifascismo era l’unico articolo di fede che gli rimaneva, ed è l’unico che tuttora gli rimane, e certamente non hanno null’altro con cui sostituirlo.
Noi potremmo definire la mentalità di
sinistra come una serie di riflessi condizionati che ruotano attorno al
perno dell’antifascismo. Poiché il fascismo ha considerato fondamentali i
valori dell’identità nazionale, dell’appartenenza etnica, ecco che i
sinistrorsi si fanno fautori dell’immigrazione, del meticciato, della
sostituzione etnica. Naturalmente, in ciò non entra minimamente la
considerazione che le prime a essere danneggiate da questa invasione
mascherata da immigrazione sono precisamente le classi lavoratrici
perché il valore del loro lavoro, per la semplice legge della domanda e
dell’offerta, non può che essere deprezzato dall’immissione sul mercato
del lavoro, di una quantità enorme di braccia a basso prezzo.
Le nuove leve della sinistra. Da sempre gli utili idioti dei banchieri internazionali
I “compagni” non si accorgono o fingono
di non accorgersi che l’immigrazione è promossa dal grande capitale
internazionale precisamente a questo scopo, e anche perché, essendo
queste popolazioni “colorate” meno intelligenti dell’uomo europeo e
quindi più facilmente manipolabili, sostituire quest’ultimo con esse
permetterà di creare una società di schiavi proni ai voleri
dell’oligarchia capitalista, è quello che si chiama piano Kalergi, ma
costoro dopo il crollo dell’Unione Sovietica hanno messo in archivio (in
cantina, in soffitta, fate voi) la lotta di classe o anche solo l’idea
che una società è composta di ceti diversi i cui interessi sono
obiettivamente divergenti.
Un discorso del tutto analogo si può
fare per un altro dei temi in passato cari alla sinistra, quello del
femminismo, perché queste masse allogene che oggi ci invadono provengono
da “culture” (non solo quella islamica, ma anche quella indiana, per
non parlare dell’Africa nera al disotto del Sahara) dove la donna riceve
una considerazione minore di quella del cane di casa.
La defunta Oriana Fallaci nel suo libro La rabbia e l’orgoglio
ha espresso un filo-americanismo assolutamente inaccettabile, ma per
quanto riguarda le pseudo-femministe di sinistra, pronte sempre a
saltare addosso al maschio bianco occidentale, a vedere una violenza in
uno sguardo troppo intenso, ma che automaticamente ammutoliscono di
fronte agli stupri, alle sevizie, agli assassinii di donne commessi
dagli extracomunitari o li scusano come “espressione della loro
cultura”, ne ha dato una definizione tecnicamente perfetta: “galline”!
Oltre a quello della sinistra, esiste un
antifascismo liberal-democratico “borghese”, e questo è forse l’aspetto
più “strano” e rivelatore della nostra storia. Che i fascismi siano
nati in Europa dopo la prima guerra mondiale come reazione immunitaria
alla “rivoluzione” bolscevica avvenuta in Russia, questo è un fatto
assodato, ma questo non significa certo che la favola marxista del
fascismo come “cane da guardia della borghesia” sia in qualche modo
accettabile. Particolare su cui “i compagni” glissano, nelle file dei
movimenti fascisti militavano milioni di uomini di estrazione
proletaria-lavoratrice, che avevano ben chiaro che l’Unione Sovietica
non rappresentava certo “il paradiso dei lavoratori”, ma al contrario
una mostruosità tirannica che teneva il popolo affamato e oppresso. Le
democrazia borghese, dal canto loro, soprattutto l’area anglosassone,
mentre erano apertamente ostili ai fascismi, trattavano la mostruosità
bolscevica con evidente simpatia. Ne sono una chiara testimonianza, ad
esempio gli articoli sul “New York Times” (il “New York Times”, mica un
giornaletto di provincia) di Walter Duranty negli anni ’30.
In realtà, quella che si andava
delineando era una “santa alleanza” tra il bolscevismo e le oligarchie
borghesi degli stati liberal-democratici anglosassoni, contro i
fascismi, colpevoli di realizzare quelle riforme sociali che il bolscevismo sovietico prometteva.
Se si considerano gli eventi storici
senza paraocchi ideologici, i fatti parlano chiaro; si pensi per esempio
alla guerra civile spagnola, dove le simpatie e gli aiuti degli stati
liberal-democratici: Inghilterra e Francia, andarono tutti alla parte
“repubblicana” cioè comunista, come se trovarsi con due bolscevismi
convergenti dagli angoli opposti dell’Europa sarebbe stato una cosa da
nulla.
Sappiamo poi che gli Stati Uniti avevano
cominciato (segretamente, è ovvio) a rifornire l’Unione Sovietica di
armamenti già dal 1938 in previsione di una prossima guerra contro la
Germania. Due uomini che vanno considerati i due più grandi criminali
del XX secolo e probabilmente di tutti i tempi, Fraklin Delano Roosevelt
e Josef Stalin, hanno di fatto preparato e provocato le seconda guerra
mondiale.
Lo si vede con grande chiarezza nella
crisi polacca. Che la Germania ambisse a riprendersi Danzica, città
tedesca da secoli, per gli Occidentali era intollerabile, ma che
l’Unione Sovietica aggredisse a sua volta la Polonia senza nessuna
provocazione né alcun pretesto etnico, non provocò a Stalin nemmeno un
modesto rabbuffo diplomatico. Che la Germania ambisse a riportare nella
sua compagine nazionale i territori tedeschi perduti in conseguenza
degli innaturali confini tracciati a Versailles, questo era per le
liberal-democrazie la prova che i Tedeschi miravano al dominio mondiale,
ma che Stalin avesse tolto alla Cecoslovacchia la Rutenia Subcarpatica,
alla Romania la Moldavia, avesse annesso le repubbliche baltiche,
avesse aggredito la Polonia, e più tardi avrebbe fatto la stessa cosa
con la Finlandia, erano tutte prove della volontà di pace di Stalin.
In realtà la Polonia non era che un
pretesto, se i Tedeschi meritavano un bis della Grande Guerra, mentre la
sua invasione da parte dei Sovietici lasciava gli Occidentali del tutto
indifferenti, il motivo era chiaro: il capitalismo internazionale si
sentiva minacciato dal fatto che i fascismi, a cominciare da quello
nazionalsocialista, avevano realizzato un socialismo che funzionava,
cosa che non si poteva certo dire per il fallimentare modello
sovietico. Joseph Goebbels spiegò questo concetto in un memorabile
discorso al Reichstag all’indomani della dichiarazione di guerra
franco-inglese alla Germania. Ebbene, bisogna ammettere che non disse
altro che la verità.
I tre criminali di guerra Winston Churchill, Franklin Roosevelt e Joseph Stalin
La scomparsa dell’Unione Sovietica, la
fine della guerra fredda che possiamo considerare in ultima analisi una
lunga baruffa tra compari per la spartizione del bottino, l’Europa
uscita sconfitta, nonché l’intero pianeta (l’Europa tutta intera è
uscita sconfitta, non solo l’Asse ma anche i Paesi nominalmente
vincitori che, al pari dei vinti, hanno dovuto rinunciare agli imperi
coloniali, hanno visto il loro peso sulla scena planetaria ridursi
enormemente, si sono visti ridurre a protettorati americani o
sovietici), ha portato al riformarsi della “santa alleanza” antifascista
tra il grande capitale internazionale e la sinistra orfana dell’Unione
Sovietica, che collaborano alla sostituzione etnica e alla distruzione
delle nazioni europee, sempre nel segno dell’antifascismo.
Noi abbiamo visto che negli ultimi anni
storici antifascisti di provata serietà come Ernst Nolte e Luigi
Salvatorelli sono stati contestati dall’ “antifascismo militante”. La
loro colpa: affrontare il discorso sul fascismo con gli strumenti
dell’analisi storica, politica, sociologica, e non con quelli della
demonologia. Proprio perché il naturale trascorrere del tempo allontana
questi eventi sempre più da noi, occorre che essi siano trasposti,
trasfigurati dal piano storico a quello di una sorta di aberrante
mitologia. Il fascismo deve essere “il male assoluto” per non permettere
di vedere quanto orribile sia in realtà il cosiddetto bene.
L’immagine del fascismo, del
nazionalsocialismo, degli eventi fra le due guerre mondiali, del secondo
conflitto stesso, che hanno gli antifascisti, è modellata sui film
hollywoodiani che non hanno mai smesso i toni della propaganda bellica.
E’ probabile che gli antifascisti di
sinistra non amino gli Stati Uniti, che ogni tanto si sparino qualche
trip mentale a base di rivoluzione d’ottobre, Che Guevara, Vietnam, ma
l’immagine che hanno del fascismo è quella disegnata dalla propaganda
hollywoodiana.
Vi si può vedere una bizzarra analogia
con i testimoni di Geova: credono che la verità si trovi in un testo
“canonico”, la bibbia, pur non riconoscendo l’autorità che ha stabilito
questo canone, la Chiesa cattolica col concilio di Nicea. Allo stesso
modo, costoro danno un valore di testimonianza storica alla propaganda
hollywoodiana nel momento in cui non professano esattamente amore per
gli USA.
Forse però questa è più di un’analogia: i
cultori della “religione dell’antifascismo” e i testimoni di Geova sono
portatori di una stessa mentalità rigida, di una visione “tubolare”
stretta da pesantissimi paraocchi.
Noi dobbiamo sapere che con la fine
della guerra fredda è cessata una lunghissima pausa al processo di
distruzione dell’Europa conseguente alla sconfitta della seconda guerra
mondiale, una distruzione che oggi prosegue con la sostituzione etnica,
infinitamente più devastante di qualsiasi bombardamento bellico.
L’antifascismo è la complicità con chi vuole appunto la morte della
nostra civiltà.
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