lunedì 5 giugno 2017

Il caso. Quando Mussolini tento di salvare Sacco e Vanzetti

Pubblicato il 4 giugno 2017
da Alfredo Incollingo


La copertina del volume di Philip V. Cannistraro e di Lorenzo Tibaldo,

La copertina del volume di Philip V. Cannistraro e di Lorenzo Tibaldo,
Quando si parla di Mussolini, se ne da sempre un’interpretazione fin troppo manichea: da un lato ci sono i buoni, gli antifascisti, dall’altro i cattivi, il Duce e i suoi sodali. Non si riescono a comprendere le zone grigie, se così le possiamo definite.  
 
Come giudicare l’impegno del Duce nel tentare di salvare gli anarchici Sacco e Vanzetti? 

Nell’ultimo di Philip V. Cannistraro e di Lorenzo Tibaldo, “Mussolini e il caso Sacco – Vanzetti”, uscito nel 2017 per le edizioni “Claudiana”, si parla ampiamente del fatto. Non concentriamoci sul libro però e rimandiamo ad esso per ulteriori approdimenti. Ferdinando Sacco e Bartolomeo Vanzetti erano due anarchici italiani, emigrati negli Stati Uniti in cerca di fortuna. Furono arrestati il 9 maggio 1920 con l’accusa di duplice omicidio in un contesto investigativo dubbio, dalle testimoniaze allo stesso processo inquisitorio. Furono accusati di aver ucciso un contabile e una guardia giurata durante una rapina ad calzaturificio. Probabilmente si voleva trovare un caprio espiatorio per risolvere un “fattaccio” di sangue, ma sta di fatto che già all’epoca l’opinione pubblica americana e europea era certa della loro innocenza. Le manifestazioni per la scarcerazione di Sacco e di Vanzetti furono organizzate in diverse capitali europee e negli Stati Uniti, ma a nulla valsero: i due (innocenti) anarchici italiani furono condannati a morte tramite la “Sedia elettrica” e uccisi il 23 agosto del 1927. Passarono decenni prima che la giustizia americana ammettesse gli errori: furono riabilitati solo il 23 agosto 1977. E’ uno degli scandali più noti e gravi del novecento. Il fior fiore dell’intellighezia internazionale si schierò in loro difesa. Erano personalità non di fede anarchica o comunista, almeno alcuni di essi, ma erano comunque mossi da compassione per quei due italiani processati in un tribunale “pregiudizialmente prevenuto”, come ebbe a dire Benito Mussolini. 
L’impegno del governo fascista

Il governo fascista si impegnò per liberare Sacco e Vanzetti da una detenzione ingiusta. Era chiaro che si stessero cercando delle vittime sacrificali e due poveri italiani, per di più anarchici, erano perfetti allo scopo. Mussolini, tramite l’Ambasciata Italiana a Washington, tentò per ben due volte la revisione del processo: la prima richiesta è del 1923, mentre la seconda risale all’agosto del 1927, qualche settimana prima dell’esecuzione. 
Mussolini comprese che l’esito del processo era già scritto

Perché Benito Mussolini ebbe a cuore la sorte dei due anarchici? L’antifascismo militante lo negherebbe a prescindere se non ci fossero documenti ufficiali a provarlo. E’ certo che Mussolini avesse capito la movenza pregiudiziale del processo: erano proletari, italiani, quindi considerati come degli “inferiori”, di fede anarchica e la paura dei “sovversivi” (che darà i frutti maturi negli anni cinquanta del novecento) giustificava la repressione di qualsiasi elemento potenzialmente pericoloso (anche facendo ricadere su di esso la responsabilità di un crimine). Il Duce voleva evitare che i due anarchici italiani divenissero in questo modo i nuovi martiri della sinistra. In questi termini chiedeva la revisione del processo a Sacco e Vanzetti. Invece, come sappiamo, non andò così. La “realpolitik” non è l’unica e esaustiva spiegazione del suo atteggiamento. 
Il libertarismo giovanile di Mussolini

E’ presente anche un sentimento di rivalsa nazionale nel difendere l’italianità bistrattata, così come la simpatia per il movimento anarchico. Durante la sua giovinezza Mussolini frequentò quegli ambienti politici e rimase colpito dal loro animo libertario e spregiudicato. Saranno modelli preziosi per il futuro Duce alle prese con gli inizi della sua carriera politicia. Anche quando divenne direttore dell’Avanti o quando fondò a Milano il “Movimento dei Fasci di Combattimento”, palesò sempre un riverbero anarchico. Non nascose neanche la sua simpatia per alcuni libertati noti, quali quel Gaetano Bresci che uccise a Monza il re Umberto I il 29 luglio 1900. Il caso Sacco e Vanzetti, analizzato in questa prospettiva, ci aiuta a comprendere non solo la verità su questo “omicidio di Stato”, ma anche la personalità poliedrica, libertaria e italiana di Benito Mussolini. 
La copertina del volume di Philip V. Cannistraro e di Lorenzo Tibaldo,
La copertina del volume di Philip V. Cannistraro e di Lorenzo Tibaldo
* “Mussolini e il caso Sacco – Vanzetti” di Philip V. Cannistraro e di Lorenzo Tibaldo (edizioni Claudiana)

TRATTO DA:
http://www.barbadillo.it/66286-il-caso-quando-mussolini-tento-di-salvare-sacco-e-vanzetti/

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