mercoledì 22 giugno 2016

L'esperienza coloniale e le opere del Regime in terra d'Africa

 Le coltivazioni sulle dune, le scuole, gli ospedali, palazzi, strade e pozzi: ecco cosa fece l'Italia di Mussolini

La storia attraverso i documenti

 Le opere pubbliche il Fascismo fece nelle Colonie sono moltissime e straordinarie. Nei giorni scorsi abbiamo parlato delle opere in Italia, facendo una rapidissima carrellata. Anche questa volta prendiamo tra le mani il volume di Martina Mussolini, Edoardo Fantini e Andrea Piazzesi, "Fascismo: Stato sociale o dittatura?", e andiamo a sfogliare ancora l'appendice che contiene moltissime foto di opere di vario genere. In Tripolitania, per esempio, vediamo - come prima immagine - il Museo di Sabratha, poi il nuovo Ospedale di Tripoli, la scuola elementare e professionale femminile di Tagiura, la scuola elementare di Kicla, l'acquedotto di Tripoli, modernissimo, le Scuole Medie di Bengasi, intitolate a Giosuè Carducci, il nuovo Palazzo Governatoriale di Tripoli, l'ingresso della Fiera di Tripoli, il Palazzo dell'Amministrazione degli Auqaf, le case popolari, l'acquedotto Hamidié. Una serie di immagini poi mostrano i lavori per le nuove fognature, il cantiere del porto di Bengasi, il nuovo Stadio, sempre a Bengasi, e ancora il centro della Nuova Asmara, la sede della Banca d'Italia a Massaua, la palazzine costruita dall'INCS e il Brefotrofio femminile e maschile a Mogadiscio. Ancora a Tripoli il nuovo palazzo delle Poste, l'ufficio postale di Apollonia, la scuola elementare "Trieste", la scuola elementare per mussulmani "Principe di Piemonte", quella per alunni israeliti di Giama Mahmud, quella di Istruzione e di lavoro per alunne musulmane, quella per le alunne israelite "Margherita di Savoia", tutte a Tripoli. Per essere un'epoca tacciata di "razzismo" non c'è male, non credete? Vediamo, ancora, la palestra di ginnastica delle Scuole Medie, quella d'Arti e Mestieri e alcuni dei suoi reparti (avviamento motoristi, falegnameria), il Palazzo di Giustizia di Misurata, l'Ospedale coloniale "Vittorio Emanuele II" di Tripoli e quello Coloniale di Bengasi, poi quello di Derna, il "De Martino" di Mogadiscio, la casa per bambini orfani nell'accampamento di Sidi Ahmed El Magrum, l'ospedale e ambulatorio eretto nei pressi degli accampamenti indigeni. Una lista lunghissima: ecco gli orti per indigeni di Soluch, con i pozzi  che si congiungono agli orti per mezzo di canaletti realizzati in muratura, l'oliveto dell'Istituto Sperimentale di Sidi Mesri, con il suo vivaio forestale e l'irrigazione a pioggia. Ci sono, ancora, le immagini dei lavori di costruzione della Diga di Genale sullo Uebi Scebeli, un'altra foto illustra i cumuli di sesamo  e il Ponte Vittorio Emanuele III della società agricola italo-somala, le case per gli impiegati a Tripoli. Particolarmente interessanti, poi, sono le immagini delle zone dunose di Sidi Ben Nur, attraversate dalla rotabile Tripoli-Homs. "La figura - spiegano gli autori in didascalia - mostra come si divide l'area con la costruzione delle siepette di 'Imperata Cilindrica' per ostacolare il movimento della sabbia e mostra pure l'inizio della vegetazione delle piantine collocate nella scacchiera". Ancora una foto con in primo piano le piante di "Robinia pseudo-acacia" della piantagione eseguita nel 1924, e in secondo piano la continuazione dei lavori di consolidamento realizzati al fine di proteggere la rotabile in parte insabbiata nel '24. Certo, le condizioni climatiche non sono ottimali, in certe zone di quelle terre, ma l'esperienza fascista dimostra senza ombra di dubbio che si possono realizzare opere non indifferenti, e anche in breve tempo. Straordinarie le immagini che mostrano i risultati dei lavori di rimboschimento delle dune di Sciara Ben Asciur, impressionanti.  

Insomma, di opere il Fascismo ne fece tantissime. Tantissime furono le leggi, tutte straordinariamente sociali e popolari. Tantissimi gli ambiti in cui gli uomini di Mussolini intervennero. Ne abbiamo fornito qualche esempio, non si può restare indifferenti di fronte a tutto questo. Ecco perché quando si pretende di cancellare questi venti anni della nostra storia si commette un errore, un delitto. Il Novecento è stato segnato da due guerre di proporzioni immani, è vero, ma non soltanto. In mezzo ad esse c'è il Fascismo, con tutto ciò che esso portò in Italia e fuori, e non si può ricondurre questa esperienza storica addossandola interamente al secondo conflitto mondiale, come purtroppo accade troppo spesso. E, lo ricordiamo ancora una volta, il Paese usciva da una guerra difficile, che era costata moltissimo. C'era stata la crisi mondiale, nel '29. Eppure quelle costruzioni sono ancora lì, a testimoniare un'epoca che non si può e non si deve cancellare. 

Emma Moriconi

Nessun commento:

Posta un commento