sabato 21 maggio 2016

Una bozza di riflessione sul carcere… La recrudescenza dell’elogio della vendetta…

“La ronda dei carcerati” un dipinto a olio su tela realizzato nel 1890 da Vincent van Gogh conservato nel Museo Puškin di Mosca]
Premessa di SOCIALE.

Sapevo che il fascismo nella RSI aveva quasi completata una riforma delle carcari o meglio dell'azione penale ma, pur cercandola, non sono mai riuscita a trovarla.
Una cosa che doveva equipararsi in modo rivoluzionario alle pene alla "Carta del Lavoro".
Sarei grato a chi ne è a conoscenza di segnalarmela.
Nel frattempo, in mancanza di questa, mi accontento di segnalare questo interessante articolo.

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di 
Nicola Trisciuoglio
 
La tesi abolizionista dell’istituzione carceraria dai fratelli Rocco a Gentile nella visione dello Stato Etico…

In una società che sia etica… morale… in quanto “non immorale” basata sull’aggregazione comunitaria che ritrovi il vincolo della comune stirpe originaria… in uno “stato sociale” ove il cancro della democrazia sia stato finalmente debellato e sconfitto, il carcere dovrebbe essere considerato istituzione inutile… valutandola anche religiosamente come istituzione “inumana”… oltre che “anticristiana”… e quindi “anti-etica”… unicamente “recidivante” e, conseguentemente, contraria alla “morale naturale”… e conseguentemente al “diritto naturale”…
La forma organica, etica ed estetica di uno Stato “morale” o di “diritto” non può concepire “la bruttezza” del carcere…

Nella società malata, degenerata, drogata e perversa, come quella che contraddistingue e caratterizza l’attuale società non si dovrebbe continuare a permettere all’imperante stato di polizia che ha soppiantato lo stato di diritto di utilizzare il carcere come strumento per garantire “la sicurezza” - in una visione di emergenza continua - delle lobby imperanti e delle classi socialmente abbienti.


Solo il recupero e il rilancio di strumenti di comprensione della dimensione dell’esclusione sociale e della cultura dei diritti può fare uscire il carcere dalla condizione disperante in cui è congelato ed offrire prospettive nuove di convivenza alla società intera.

In questo senso sarebbe logico preparare la lotta per l’affermazione di un modello alternativo di Stato “sociale” che imporrebbe - recuperando in tal senso la tradizione giuridica e di diritto romano-italica - il superamento del modello detentivo basato sulla carcerazione… e non invece - come stiamo assistendo - evocare da parte di taluni ambienti, indistintamente di centro, sinistra e soprattutto di destra, una maggiore durezza del “sistema” carcere.
Una corretta visione ideologica del carcere, infatti, a sommesso avviso di chi scrive, non può essere mistificata da concetti quali la sicurezza e la convivenza i quali non dovrebbero essere intesi come termini antitetici.
La legge naturale ci impone di pensare a relazioni umane fondate esclusivamente sulla solidarietà… concetto “etico” puramente “gentiliano”…
Le regole del consorzio civile e umano, infatti, dovrebbero esaltare in questa visione, “naturaliter” la fiducia ed il mutuo soccorso…
Nel riconoscimento dell’altro, legato a Noi nella “societas” dalla comunanza originaria della stirpe… nella relazione e nella mediazione con l’altro si realizza la sicurezza per tutti e per ciascuno.
Quando invece prevale la paura dell’altro, lo spirito di ogni comunità va in frantumi e si ripropone il modello della contrapposizione delle classi sociali il cui superamento dovrebbe apparire come fondamentale…
Al riguardo tantio abbiamo da apprendere dalla rilettura gentiliana di Marx…
In una ottica unicamente perversa - quale è quella rappresentata dalla tirannia di ogni democrazia - la sicurezza diventa esclusivamente difesa dall’altro e contro l’altro.
Il bisogno, individuale e sociale di sicurezza, nell’ottica democratica, muta nella “ossessione securitaria” organizzata intorno alla risposta penale ed alla centralità del carcere.
Il penale invocato dall’ossessione securitaria ha poco a che fare con l’aspirazione alla giustizia e la riparazione dell’offesa.
Tanto meno con la concezione del carcere come risposta “ultima” e terribile alle ferite inferte al vivere civile…
Nell’immaginario securitario il penale veicola necessariamente l’idea del conflitto… la vittima “contro” il colpevole… un conflitto sentito come insanabile, simbolo perciò della ineluttabile separazione dall’altro. 


Nella società democratica della paura ci sono interi gruppi sociali identificati come “nemici appropriati”…
Si tratta di “colpevoli” a prescindere, dunque, di soggetti da allontanare e segregare.


E’ questo un riflesso condizionato che consegue alla logica democratica della finta accoglienza…
I “nemici appropriati” sono i tossicodipendenti… gli immigrati… frutto questi ultimi di sciagurate politiche democratiche chiaramente inclini alla distruzione della stirpe… ma anche i mendicanti… i barboni… gli “ultimi”… tutti gli “ultimi”della società…


Non ci si rende conto - nella lotta per la sopravvivenza alla quale siamo sempre più costretti - che queste categorie sono state create ad hoc come valvola di sfogo del sistema della violenza e della repressione per far sentir forte chi forte non lo è per nulla…


A cosa serve essere forti con i deboli?
Nasce così il “panpenalismo”… che con logica “totalitaria-democratica” pretende di sanzionare qualsiasi comportamento fuori dalla norma e punire ogni conflitto sociale. 


Il diritto penale “massimo” mina alle radici la cultura della convivenza.
Il simbolo della giustizia penale non è più la bilancia che cerca di mediare tra ragioni contrapposte, ma la spada che inesorabilmente divide colpendo indiscriminatamente. 


Di questa ideologia, è spia la nuova enfasi del rifiuto del perdono.
Quando un’intera comunità di fedeli grida in una chiesa di fronte l’ucciso di turno la sua rabbia… è difficile pensare che si tratti solo di una espressione di umano dolore.
Sarà impopolare dirlo… ma l’invocazione della pena afflittiva ha oggi una legittimità sociale impensabile fino a ieri.


La nostra epoca è riprecipitata nella logica della divisione… o forse non l’ha giammai superata con l’avvento di questa pseudo-repubblica nata dalla “Resistenza”… che ha instillato unicamente odio di classe...


Oggi siamo in presenza di una “detenzione di classe” con alcune precise caratteristiche… una caratteristica sociale, una caratteristica etnica ed una caratteristica generazionale.
Siamo di fronte cioè a uno specchio rotto, deformante che rivela l’esclusione come bussola di riferimento.


Il carcere è, dunque, lo specchio che riproduce l’incattivimento della società, il prevalere di egoismi e la dimensione della paura.

 
Il carcere, e la giustizia, sono divenuti il terreno di sperimentazione di nuovi linguaggi, di falsificazioni dei dati, di amplificazione di un senso comune rozzo.


In un tempo assai breve si è consumato il riferimento, magari rituale e spesso retorico a Cesare Beccaria e lo si è sostituito con il ritornello della certezza della pena… corollario del “vulgata” del chiudere la cella e buttare la chiave… che se per un verso cozza con il principio - non solo di una costituzione pseudodemocratica che non può appartenerci… ma del buon senso - della necessaria funzione risocializzante della pena... - la qual cosa poco rileva essendo la nostra Carta Costituzionale essenzialmente espressione di forme avulse da qualsivoglia applicazione… - per un altro verso sbatte contro l’idea di stato sociale e di diritto… che pure dovrebbe affascinare ancora taluni ambienti ed aree di pensiero che si spacciano come di “opposizione al sistema”… non essendolo, purtroppo, per nulla…


Le ripetute campagne sulla sicurezza esplicitamente fondate sulla cosiddetta percezione più che sui dati reali della criminalità… l’attacco continuo alla legge Gozzini indicata come causa del diffuso clima di paura… la criminalizzazione dell’indulto e dell’amnistia additati come provvedimenti buonisti, a favore dei delinquenti e contro i cittadini onesti… sono segni di una democrazia totalitaria che si è affermata - secondo la sua perversa essenza - come “stato di polizia” e che non ci fa vivere affatto meglio…

Operazioni di cinismo propagandistico che, animate dagli imprenditori della paura, hanno innescato un “perverso senso comune” che alimenta se stesso in una spirale incontrollata di incultura… chiacchiere da bar… e purtroppo violenza contro il disgraziato di turno - molte volte reo per colpe non proprie o espressamente per colpe di un sistema che emargina e rende poveri fino alla miseria… - che finisce con l’essere identificato come nemico.


L’intolleranza è il prodotto di uno scontro sociale che vede protagonisti soggetti insospettabili in campo contro gli “ultimi”... gli emarginati… i reietti della società…
La guerra fra poveri è così specialmente feroce perché è una guerra fra vicini che non si sono scelti e che non vogliono accettarsi.
La sinistra ormai va solo dietro ai gay ed agli immigrati...
A destra si urla e si strepita affinché le carceri diventino gironi infernali nei quali punire indiscriminatamente… 


C’è, invece, ed abbiamo il coraggio e la umiltà di dirlo, intelligenza nel fascismo di matrice socialista e sansepolcrista che approda nell’accezione etica “gentiliana” del marxismo, rivisitata da Ugo Spirito nella forma del “socialismo (o comunismo) gerarchico” (come approdo del fascismo originario) che punta dritto, senza troppi preamboli di “stile”, alla tesi abolizionista delle carceri… istituzioni obsolete… inumane… che si contrappongono nella bruttura assoluta all’etica dello Stato ed alla “estetica sociale”… che tali idee volevano ferocemente affermare…
 
La sinistra attuale in tutte le sue componenti ha perduto definitivamente la sua finta innocenza, smarrendo un vocabolario ricco di false evocazioni dei diritti e delle libertà, a favore “finalmente” di un livido giustizialismo che promette illusoriamente galera per i corrotti, ma che in realtà realizza le condizioni per una stretta autoritaria per tutti…


La sinistra al termine della sua corsa ha mostrato finalmente il suo vero volto…
L’affermazione pseudopolitica del “taverniere fiorentino” propone questo autentico volto della sinistra… il giustizialismo e lo stato di polizia… che afferma il gulag come metodo di sicurezza del sistema politico e sociale…


Questo sistema si è perpetuato dal “nano di Arcore”… a dimostrazione che destra e sinistra non sono altro che i due volti di un Giano bifronte…


Ed oggi talune opposizioni di destra altro non sanno fare che scavalcare in rigore e becero autoritarismo - nei loro proclami - le posizioni tiranniche del sistema affermatosi…


Si ha timore di una ambizione troppo alta… se si fosse alzata l’autentica bandiera della ricostruzione morale dell’Italia… e si fosse messo al primo posto la riaffermazione del Codice Penale… ispirato a principi fondamentalmente ancora validi come quelli del Codice Rocco del 1930… (del quale si consiglia vivamente la lettura della Relazione preliminare) riscrivendo ovviamente i reati gravi per la società del nuovo millennio… persona, ambiente, criminalità organizzata, economica ed informatica e depenalizzando i comportamenti pseudo-devianti, di disturbo sociale, nella prospettiva di sanzioni alternative finalizzate alla riparazione e alla reintegrazione sociale.

Non solo… non si è fatto quanto si sarebbe già dovuto fare per restituire dignità allo stato di diritto… ma ci si è fatti stritolare dalla logica dei pacchetti sicurezza… dando così forza ed autorevolezza alla sinistra ed alle destre più becere… 

 
Si è finiti per legittimare, fino a farla diventare senso comune, l’opinione perversa che un furto, il possesso di uno spinello e uno scippo siano delitti più gravi delle stragi mafiose, dei grandi scandali nazionali… degli scandali delle Regioni… dei crac bancari… delle razzie finanziarie… i cui autori - autentici criminali - non conosceranno giammai le sbarre di una cella…


E chi mai si è preso il fastidio di andare a confrontare le pene inflitte dalla Magistratura di questo stato… debole con i forti e forte con i deboli… ad uno spacciatore o ad un rapinatore rispetto a quelle inflitte ai noti colletti bianchi?


Da brivido sarebbe leggere talune sentenze… in ordine alla sperequazione di certe pene…


Ha prevalso la logica dell’invocazione plebea dell’elogio della vendetta… di contro l’idea di una convivenza solidale e non vendicativa… per indicare un futuro ad una società atomizzata che ha bisogno di nuovi legami, di solidarietà profonde, di inclusione non demagogica… 


La logica della “emergenza continua” ha prevalso incontestabilmente ed ha travolto ogni argine della ragione… il garantismo è divenuto una bestemmia, considerato poco meno di una astrattezza intellettuale o una stranezza snobistica… quando rappresenta esattamente il contrario soprattutto per quelle fasce di popolo tendenzialmente indifese… che non hanno possibilità di buoni avvocati “al servizio del sistema” e spesso ad esso collusi… per evitare la galera…


L’ondata di proibizioni e di divieti che la destra becera, filo-atlantista che si ispira al modello americano, ha proposto e che ripropone oggi per rilanciarsi… e la nuova affermazione di leggi repressive di questo governo dei gulag… e che sostanziano un “diritto morale” da stato da operetta e certamente non etico, anzi “anti-etico”… si affiancano alle leggi criminogene sulle droghe che unite al liberismo-buonismo immigrazionista, causano una insensata… illogica… dannosa repressione di massa che intasa tribunali e riempie galere.

L’esito ineluttabile, se non fatale, è l’attuale - per nulla superato come problema - sovraffollamento delle carceri italiane.
Corpi ammassati in celle nella stragrande maggioranza delle carceri italiane prive di servizi igienici decenti… stipati in pochi metri quadrati… senza attività trattamentali e senza lavoro… un carcere che ha come unica funzione il riproporre se stesso all’infinito come sistema di controllo della società e degli uomini…

 
Il carcere si rafforza nella sua realtà di discarica sociale e di un luogo che invece di affermare il principio di legalità quotidianamente viola le sue leggi costitutive…

Il carcere è oggi un luogo di raccolta di debolezze, senza forza, un luogo in cui trionfa la deresponsabilizzazione e, quindi, si realizzano comportamenti regressivi che spingono ad una sorta di infantilizzazione.

Privilegiare l’inerzia invece che la soggettività e l’autonomia personale, aumenta, per un altro verso, anche la violenza… e tutto ciò fa comodo al “sistema”…


Le voci ed i rumori del carcere - per chi li conosce - sono eloquenti.
Soprattutto di notte… la babele di lingue… la battitura dei ferri… il volume alto dei televisori sintonizzati su diversi canali… le grida di commento ai programmi… comunque omologati da un nuovo stile volgare… le richieste ossessive di “terapia”… le urla di dolore di chi si taglia…

 
Ed anche quando talvolta nella notte si alza “puro” il canto dolce e malinconico di una voce nel cielo che intona una melodia… è solo disperazione…


La notte del carcere è fatta anche di sangue… i detenuti resi senza parola, muti… hanno un solo linguaggio, quello del proprio corpo, ferito e martoriato… 

 
Questo campo di battaglia non vede i detenuti come protagonisti, portatori di forme di sub culture con originali linguaggi e propri codici di comportamento, ma fantasmi obnubilati dall’ozio forzato… dalla noia e condizionati dal dominio del conformismo di un paese ignorante ed incattivito dalle politiche di regime supportate dai massmedia al soldo delle lobby.
Si elencano così categorie… i “tossici”… gli “stranieri”… i “protetti”… i “transessuali”…


Si fa cioè un esercizio di classificazione massificante e non si è capaci di usare quella della distinzione per riconoscere il singolo uomo o la singola donna.
Un catalogo di umanità disperata.


Ora, andrebbe pensato per davvero, che sia giunto il momento di porre come priorità assoluta la questione di come liberare il carcere dalle persone che non ci devono stare… in verità “nessuno dovrebbe stare in carcere”… ma questo è discorso che riguarda l’etica di uno Stato ideale…
Oggi andrebbe pensato che occorre liberare il carcere… 

Siamo convinti che questo sia il grande tema di un dibattito politico serio, perché se noi diamo per scontato che si debba continuare ad accettare che le leggi, di fronte a una nuova emergenza costruita sulla maledetta percezione, producano inesorabilmente nuove carcerizzazioni, allora dovremo rassegnarci ad un affollamento smisurato, senza limite… soprattutto in un clima di miseria e di mancanza di lavoro come quello che viviamo… avviandoci assai presto verso grandi gulag a cielo aperto…
Una bulimia della carcerazione è quello che vuole uno stato democratico che diventa garantista dei diritti delle lobby…

 
Jonathan Simon nel volume “Il governo della paura” (Raffaello Cortina Editore -2008) descrive in maniera sconvolgente gli effetti della guerra alla criminalità.
Basta cominciare… e la voracità panpenalistica si mostra insaziabile. 


Le prime cavie sono stati i tossicodipendenti, poi il nemico esterno, cioè gli immigrati, che sia ben chiaro si vuole che entrino e violino i confini della patria, per divenire bestie da produzione, contaminatori della stirpe, e, quindi, bestie da macello… poi le prostitute, poi i clienti delle prostitute… infine chi non fa la spia… chi legge libri proibiti… chi nega certa storia… chi fa sciopero… chi beve birra… perfino i ciclisti e l’elenco alla fine diventa sterminato…

Anziché l’invocazione del carcere… dovremmo avere la forza di imporre questo tema come un aspetto della questione di modello di “stato” in questo Paese… dove troppo a lungo ha regnato incontrastato il cancro della democrazia…

Le parole scritte dal cardinale Carlo Maria Martini nel suo libro “Sulla giustizia” (Edizioni Mondadori - 1999) in cui poneva al centro il tema del superamento della centralità del carcere e la necessità di ripensare la stessa situazione carceraria nei suoi fondamenti e nelle sue finalità, proprio a partire dalle sue attuali contraddizioni possono essere un serio punto di riferimento per l’idea alternativa di un carcere diverso da quello attuale… in attesa di una società matura per una tesi abolizionista dell’istituzione più inutile ed inumana - ed anticristiana - che la società abbia giammai conosciuto…
Sono parole rivoluzionarie e certamente in controtendenza rispetto ai luoghi comuni dell’opinione dei moderati trasformatisi in cultori del carcere sempre e comunque… “…basta che… io sia sicuro… mi senta sicuro”…

 
Ma sicuro… da chi e da che cosa… dovremmo chiederci?
Invece continuiami a non porci domande…

 
Forse bisogna rassegnarsi al tempo del disincanto… in attesa dell’Apocalisse…



Tratto da:
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=268745460139613&set=a.118294648518029.1073741828.100010124828693&type=3


1 commento:

  1. Tutto questo sproloquio per dire che ci vogliono, al posto della detenzione, delle pene "catartiche", le uniche in grado di riabilitare u soggetto deviato, invece nei casi più gravi si deve operare come coi drogati (con la cura israeliana, che adotta la comunità di Muccioli: tre giorni in flebo legati al letto, poi a lavorare nei campi, in miniera, alla catena di montaggio, così imparano anche un mestiere).

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