lunedì 9 maggio 2016

La Costituente rifiutò di inserire la Sovranità Monetaria

La Costituente rifiutò di inserire la Sovranità Monetaria 

di Sara Lapico della Scuola di Studi Giuridici Monetari Giacinto Auriti


da www.giacintoauriti.eu
 
Va da sé, dunque, che un popolo che gode di sovranità monetaria conserva la libertà di non indebitarsi. C’è qui da chiedersi se è vero, che prima del 1981 il popolo italiano godeva di questa libertà. Per rispondere a tale quesito vogliamo ricordare per sommi capi quanto accadde nella notte tra il 9 e il 10 Luglio 1943 nel nostro paese.
Forse non tutti conoscono la storia delle AM-lire, la moneta d’occupazione americana. Stampate in un primo momento negli Stati Uniti d’America e poi anche in Italia, presentava vari tagli da 1 lira fino a 500 e 1000 lire[1]. Questa cartamoneta giunse inizialmente nel nostro Paese seguendo le truppe americane entrate nel territorio italiano con lo sbarco in Sicilia. L’AMGOT, l’Allied Military Government of Occupied Territories (Governo militare alleato dei territori occupati), fu lo strumento con cui le forze alleate occuparono i territori e l’amministrazione di Austria, Germania, Giappone, Norvegia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Francia[2] e l’Italia, con le AM-lire, fu il primo Paese dove tale strumento venne utilizzato per sostituire la circolazione monetaria della Lira italiana, abolendone il corso forzoso, con la moneta d’occupazione distribuita dalle truppe alleate. Fu così che un vero e proprio fiume di denaro invase il meridione senza alcun controllo né argine, portando in queste terre un indiscriminato aumento dei prezzi.

La conseguenza fu un duplice esproprio subito dai cittadini italiani, i quali vennero depredati del potere d’acquisto delle lire italiane e chiamati a farsi carico del debito scaturente dalla nuova valuta. Pare che la prima “tiratura” fosse pari a circa 143 miliardi di AM-lire. La situazione era aggravata dalla fissazione di un cambio pari a 100 lire per dollaro americano e 400 lire per ogni sterlina inglese. Ciò conferiva ai militari statunitensi un formidabile potere d’acquisto maturato a discapito della popolazione civile, la quale veniva risucchiata in un vortice di disperata miseria. 
Ci racconta il Malaparte nel suo romanzo “La pelle” come, al domani dello sbarco alleato nella zona di Napoli, imperversassero tragiche condizioni di vita che spingevano giovani donne a vendere il proprio corpo ai militari americani per un dollaro. Da questo turpe mercimonio, non erano esclusi neppure gli innocenti. Si stima che nel 1944 l’aumento del costo della vita giunse fino al 344,47%[3]. Per fare un esempio tra il 1945-1950 con un intero stipendio si potevano acquistare solo 15 kg di zucchero. Questa fu la ragione principale per la quale si ebbe un parziale ritorno al baratto e alla borsa nera. Pare che con questa valuta gli americani acquistarono diversi possedimenti nella nostra penisola, tra cui la sede dell’ambasciata americana a Roma. La storia della moneta d’occupazione americana terminò il 30 giugno 1950, quando con il D.M. 18.2.1950 venne ritirata dalla circolazione, terminandone il corso legale e addebitandone nel contempo il prezzo ai cittadini della neonata Repubblica. 
E sì, perché le AM-lire non venivano attribuite al popolo da liberare come mezzo convenzionale, ovvero libere da debito, ma venivano addebitate in cambio di titoli di Stato italiani, come sancito dalla LEGGE 28 dicembre 1952, n. 3598 “Ratifica, con modificazioni, del decreto legislativo 12 dicembre 1946, n. 441, concernente l'autorizzazione al Ministro per il tesoro a stipulare con la Banca d'Italia una convenzione per la esecuzione dell'Accordo monetario, in data 24 gennaio 1946, fra il Governo italiano ed il Governo Alleato”[4] Qualcuno potrebbe obiettare che godevamo di sovranità monetaria in base all’assunto: “quando la banca d’emissione è pubblica, l’acquisto dei titoli di stato è una partita di giro, un debito verso sé stessi”. 
 Confutare questo assurdo è semplice: Quando la banca è pubblica che motivo ha lo Stato di emettere titoli di debito per farli acquistare a sé stesso, quando potrebbe emettere moneta direttamente? Se il debito è finto, perché pagarci gli interessi? Se vi sono degli interessi allora quel debito non è assolutamente fittizio. Non fatevi incantare da chi parla di DEBITO SOVRANO. Il debito è un concetto astratto, esso non può essere sovrano rispetto a un popolo. 
L’ Art.1 della Costituzione è la prima cosa che ricorda: “la sovranità appartiene al popolo”. 
Il debito è uno strumento di asservimento, sempre! 
Inoltre non è affatto vero che debitore e creditore sono la stessa persona perché debitore è lo Stato, creditore è la banca centrale e nessuna delle due "entità" è una persona. 
E comunque i due soggetti erano ben distinti e separati già prima del 1981. 
Ovvero, per capirci: tanto lo Stato quanto la banca sono “enti astratti di imputazione giuridica”, ove gli interessi del popolo NON vengono rappresentati. 
L’astrazione giuridica è l’artifizio usato per evitare che il mantra del debito cada come un castello di sabbia. Inoltre, se corrispondesse a verità l’assunto secondo il quale il nostro paese godeva di “Piena sovranità monetaria” almeno fino al 1981, l’emendamento discusso in assemblea costituente il 24 Ottobre del 1947 sarebbe stato approvato[5]. 
Esso infatti prevedeva “L’autorizzazione del parlamento a battere moneta”. 
A quel punto avremmo pututo dire che gli Artt. 1, 47 e 117 della Costituzione sarebbero stati applicati e rispettati. 
Perché, come soleva ricordare il Prof Giacinto Auriti, il contenuto della norma giuridica è duplice. Essa prevede l’interesse giuridico da tutelare e il bene giuridico da tutelare. Se manca uno di questi contenuti la norma resta, come in effetti ora è, lettera morta. Nel nostro caso se prevedi un diritto in astratto senza approntare gli strumenti che lo realizzino, è chiaro che l’impianto normativo diventa uno specchietto per allodole. 
La ragione per cui chi detiene il potere politico di una nazione emette titoli di debito, obbligando il popolo a pagarne gli interessi, è solo una: il dominio, l’imperio sul popolo. Semplicemente prima del 1981 il popolo italiano veniva chiamato a “sacrificare” una parte del valore da lui prodotto a una classe dirigente nazionale mentre ora è destinato a servire l’alta finanza internazionale che ha un appetito illimitato e, pertanto, una portata devastante. Che sia una classe dirigente o un paese straniero, il debito è l’artifizio attraverso il quale arricchirsi dei valori che il popolo produce. Per rafforzare la nostra tesi con una fonte ufficiale è sufficiente leggere quanto riportato sul sito bancaditalia.it, dove si legge: “L'accordo del 24 gennaio 1946 tra il Governo italiano e quello Alleato riconobbe alla Banca d'Italia la facoltà di emettere le Am-lire”, facoltà che risulta essere solo un’alternativa acciocché queste venissero prodotte negli USA[6]. Infatti, il decreto legislativo 12 dicembre 1946, n. 441, firmato dal capo provvisorio dello Stato De Nicola, sancisce all’Art.1: “Al fine di dare piena esecuzione all'Accordo monetario intervenuto tra il Governo Italiano e il Governo Alleato per l'unificazione, sotto l'autorità del Governo Italiano, della circolazione della Banca d'Italia e della moneta di occupazione alleata (AM-lire), il Ministro per il tesoro è autorizzato a stipulare con la Banca stessa, riconosciuta come l'autorità b emittente di detta moneta di occupazione, una convenzione per regolare i rapporti nascenti dalla detta unificazione, e dalla somministrazione, da parte della Banca d'Italia, alle Forze armate alleate, di biglietti propri e di crediti in lire e ciò a far tempo dal 1° febbraio 1946.”[7] È qui evidente il rapporto di sudditanza, altro che sovranità. Nella stessa pagina del sito bancaditalia.it si riporta il “caso Staderini”, tipografia privata incaricata di stampare cartamoneta, menzionando la mancata emissione dei biglietti da 500 e 1.000 lire tipo 1944, commissionata dalla Banca d’Italia quando Luigi Einaudi ne era governatore. L’episodio è avvenuto in seguito all’arresto di due dipendenti dello stabilimento Staderini di Roma accusati di aver falsificato la produzione di moneta[8], che in quel periodo era a tutti gli effetti moneta di occupazione. La vicenda ci ricorda la commedia italiana che riportava spaccati di vita italiana dell’epoca, con pellicole come “La banda degli onesti” e “la saggezza dei governatori delle banche centrali”. Tutto ciò ci rammenta quanto soleva dire il Prof. Giacinto Auriti: “A noi non interessa che l’emissione avvenga da parte di un’organizzazione pubblica o privata, a noi interessa di chi sia la Proprietà della moneta”. Cioè interessa che la produzione di moneta non avvenga contro debito e che la moneta non sia della tipografia ( pubblica o privata) ma del popolo Di recente l’on. Paolo Ferrero, Ministro della solidarietà sociale del Governo Prodi II dal 17 maggio 2006 all'8 maggio 2008, segretario di Rifondazione Comunista dal 27 luglio 2008, ha dichiarato: "Per questo noi proponiamo che la Banca Centrale sia pubblica e presti i soldi agli Stati“. Prestiti, ovvero debito, debito e ancora debito, le provano tutte. Ora tentano di confondere la gente paragonando goffamente e surrettiziamente la proprietà popolare della moneta con l’helicopter money di Milton Friedman. Ma occorre tenere a mente che tra proprietà e possesso la differenza è sostanziale. 
Ciò che davvero libererebbe i popoli dal martirio del debito è una corretta emissione monetaria. 
 Occorre cioè tenere distinto momento dell’emissione da quello della circolazione. 
 La moneta nasce come simbolo di costo nullo e assume valore SOLO quando inizia a circolare, inglobando potere d’acquisto. Per questo motivo non ci stancheremo di chiedere la fine del capitalismo, partendo dalla radice del male. 
Occorre cioè che ogni popolo sia riconosciuto proprietario della sua moneta e riacquisti la dovuta dignità.

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Il tradimento della Sovranità Monetaria avvenne con i “padri costituenti” che la rifiutarono.
Ecco il documento. Il 24 Ottobre del 1947 si discuteva in assemblea costituente un tema di vitale importanza per il paese, ossia “ L’ autorizzazione del Parlamento a battere moneta”.  
La discussione introdotta dall’ onorevole Romano ci offre interessanti spunti di riflessione, che cercheremo di sintetizzare. Nella seduta de quo l’On. Romano, forte delle pregresse esperienze, afferma come “a parità di circolazione e di volume di merci le variazioni dei prezzi sono proporzionate a quelle della quantità di moneta”. Si evidenzia quindi come la quantità di moneta debba rispecchiare, in qualche modo la merce messa in circolazione. *Perché riteniamo tale punto importante?. Perché cio’ era quanto sostenuto anche dal Prof Giacinto Auriti il quale ,evidenziando il carattere duplice di misura e potere d’ acquisto della moneta, raccomandava che quantita’ di massa monetaria e beni circolanti fossero legati da una precisa funzione. Egli individuava che quando l’ approssimarsi del prezzo di vendita coincide con i costi di produzione a quel punto bisogna cessare di immettere moneta nel sistema e cessare la produzione. Proseguendo nella lettura del testo dell’emendamento costituzionale in esame, leggiamo : “nell’emissione della moneta IL LEGISLATORE deve preoccuparsi di costringere il Governo ad una condotta seria”. *Ancora una volta il Prof. Giacinto Auriti aveva ragione. Nei numerosi scritti del giurista abruzzese, infatti è messo in luce come la questione monetaria sia, in primis, un problema di tipo giuridico. E’ la legge che deve regolare la nascita della moneta, e indicarne con precisione chi sia il proprietario di quel determinato bene economico immateriale nonché il controllo della politica monetaria che va affidato al parlamento che è espressione del popolo e ,pertanto, potenzialmente non rieleggibile in caso di scelte politiche improvvide per il popolo stesso . I politici rappresentano il popolo tramite elezioni mentre i banchieri centrali non vengono eletti dal popolo e restano al loro posto anche nel caso di disastrose scelte di politica monetaria. Continuando nella disamina incontriamo un altro interessante punto esposto dall’allora onorevole Romano: “La carta moneta è un credito, fonte di questo credito è la fiducia. Le industrie, l’agricoltura ed il commercio ruotano intorno a questa fiducia.”. La parola chiave è appunto fiducia che è la fonte del valore monetario. Quando Auriti parlava di emissione a credito non si riferiva ad una emissione “ a prestito “. Il termine “credito” stava ad indicare quello stato d’animo, la condizione psicologica per la quale l’individuo dà credibilità ; e la fiducia si ottiene con la credibilità. Per questo motivo riteniamo che l’on. Romano intendeva che la moneta della nazione aveva valore “credibile” ,e non “creditizio”, finchè si aveva fiducia nell’espressione politica del suo popolo: il Parlamento che doveva controllare il Governo nella politica monetaria, dalla sua emissione alla sua gestione. Possiamo dire che l’onorevole Romano aveva intuito il valore convenzionale elaborato giuridicamente dal genio di Giacinto Auriti 40 anni dopo ? Certamente no in quanto la moneta ha sempre avuto una concezione materialista, è stata sempre considerata nella sua emissione un credito dell’emettitore legata ad un sottostante come la produzione o il lavoro. Il Romano non ha mai parlato di credito come diritto ad avere moneta sulla base del valore dell’uomo, della persona, e quindi riconosciuta come bene economico immateriale riconosciuto come diritto fondamentale alla vita. Possiamo solo dire che si era avvicinato moltissimo perchè non abbiamo a disposizione elementi e prove che dimostrino che il Romano abbia approfondito la tematica. Ma la sua intuizione, il suo emendamento, fu pericolosa per i banchieri perchè proprio nello stesso periodo, come ci ricorda Auriti nei suoi testi, l’allora governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi, ebbe a dichiarare che “ abbiamo sostituito la qualità dell’oro con la saggezza dei governatori delle banche centrali” . Nel 1948 lo stesso Einaudi fu eletto presidente della Repubblica, forse premiato come fu premiato 50 anni dopo Carlo Azeglio Ciampi. Evidenziamo ancora un altro passaggio nell’emendamento del Romano : “Quando un Governo intende preparare una guerra fa prima girare il torchio e con la carta-moneta mette in moto gli alti forni. Allo stesso espediente ricorre quando vuole attuare un protezionismo industriale.” Da questo punto emerge come ,per far vivere l’ economia e gli scambi , occorra dapprima immettere il mezzo monetario. Successivamente la fiducia dei cittadini, supportata dall’induzione giuridica che è la legge che tutela il bene moneta come oggetto di diritto, restituirà vivacità al paese. Quanto affermato è di estrema importanza. Infatti ne consegue incontrovertibilmente che le crisi che oggi viviamo sono create artificialmente dal sistema bancario. Oggi come all’epoca. Per Auriti, come per il Romano, era doveroso il controllo politico della moneta visto che il governo è tenuto a controllare tutto, spesso anche creando disagi con l’estrema burocrazia. Lo stesso Romano , riferendosi all’esempio del torchio per finanziare guerre ed economia, dichiarava in assemblea costituente che “Il Parlamento, rimasto estraneo a questi atti, che incidono nella vita del Paese, viene a trovarsi in un secondo tempo di fronte al fatto compiuto. Penso quindi che sia doveroso controllare l’emissione della carta moneta, giacché la fiducia nella moneta è in rapporto alla condotta più o meno seria del Governo. Controllare questa condotta è dovere dei Parlamenti.Oggi prevale la tendenza a tutto controllare, anche quando il controllo costituisce un intralcio. Invece per l’emissione della moneta ci si rimette alla prudenza dell’istituto di emissione. Se la moneta rappresenta in qualche modo la fiducia che si può riporre in un popolo, questo ha il diritto ed il dovere di vigilare e controllare a mezzo dei suoi rappresentanti la nascita della moneta, strumento onnipotente ed onnipresente della vita economica del Paese*Come diceva Auriti: lil valore della moneta non nasce senza la fiducia nell’accettazione da parte del popolo E’ la collettivita’ dei cittadini che determina la genesi della moneta come bene economico sociale a contenuto patrimoniale e di valore indotto, pertanto solo essa ne deve essere riconosciuta proprietaria mediante l’ emissione a credito. Il sistema fornisce soltanto un mero supporto, di valore pressoché nullo (moneta cartacea o bit sul computer). Ed eccoci al punto nodale della questione, ossia la riserva. Appurato che la fonte del valore monetario è la fiducia, ed essendo fatto notorio che quando ci si fida di qualcuno,ad esempio di un amico, non si chiedono garanzie in cambio, ne consegue un altro importante corollario, ossia, l’ inutilità della riserva. Il denaro per nascere e per circolare non necessita di alcuna riserva in quanto nasce come bene oggetto di diritto e tutelato dal diritto stesso *La riserva non serve, altra celebre frase del Prof Giacinto Auriti. Questa frase di Auriti trova conferma nel regio decreto del 21 luglio 1935, n. 1293, e regio decreto-legge 5 settembre 1935, n. 1647, che vengono citati nell’emendamento costituente dell’on. Romano, quando, con tali provvedimenti, si dispose la “sospensione dell’ obbligo di riserva”. Il voler imporre una riserva al momento dell’ emissione, è solo un arbitrario atto di imperio posto in essere dal potere a danno del popolo, affinché questi non comprenda la vera natura del valore monetario, e non si renda conto dell’ enorme spoliazione subita. Questa assurda situazione ha concrete ripercussioni sulla vita di noi tutti: aziende che chiudono, persone senza impiego, tagli indiscriminati sul sociale che colpiscono le fasce piu’ deboli della popolazione. L’onorevole Romano l’aveva capito benissimo con l’esperienza vissuta con le due guerre mondiali e le due crisi monetarie che le precedettero. Inutile dire che l’emendamento dell’onorevole Romano non fu accolto dall’Assemblea Costituente Oggi, con l’avvento dell’Unione Europea che modificherà le costituzioni degli Stati nazionali, sentiamo ancora parlare di “difesa” o “ attuazione “ della Costituzione Italiana. Noi parliamo di “integrazione”, “completamento” della Costituzione perchè così com’è formulata non riconosce al popolo la sovranità, non attua quella “democrazia integrale” auspicata da Auriti in quanto è carente della sovranità monetaria. Non possiamo piu’ tollerare una cosi’ colossale ingiustizia, è ora che il parlamento prenda posizione chiara e netta sul punto. E’ ora che chi sta operando per la difesa della Costituzione ,studiando anche gli atti dei lavori costituenti, prenda in considerazione quanto intuì l’onorevole Romano nel 1947 e che fu enunciato in maniera scientifica nel campo del Diritto dal prof. Giacinto Auriti altrimenti sarebbe una “minestra riscaldata” , come soleva dire l’insigne giurista di Guardiagrele
Appendici del Titolo III della Parte seconda - Argomenti o articoli non entrati nella Costituzione - Autorizzazione del Parlamento per battere moneta
http://www.nascitacostituzione.it/05appendici/06p2/03p2t3/03/04/index.htm?2&001.htm


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Occupazione silenziosa con le AM-Lire, altro che sovranità

di Redazione ( 03/05/2016 )
Riguardo il concetto di “sovranità monetaria” regna molta confusione, cerchiamo insieme di fare chiarezza.
Il vocabolario dell’enciclopedia Treccani al termine “sovrano” ci restituisce la seguente definizione:
p.2a. “Riferito a un potere o un’autorità, che non ha altro potere o autorità da cui dipenda nell’ordinamento politico-giuridico di cui fa parte; quindi: stato s., nazione s., popolo s., che ha la sovranità”.
Sovrano dunque “che sta sopra”, che non è soggetto ad altrui poteri, ossia autonomo, indipendente.
La sovranità monetaria è il mezzo attraverso il quale una nazione dirige la propria politica monetaria. Dato lo strumento occorre stabilire CHI adoperi tale strumento ed è doveroso sottolineare la vitale importanza che la sovranità monetaria riveste per un paese.
La moneta non è “solo” lo strumento attraverso il quale dare vivacità economica al paese ma, altresì, un potente mezzo di controllo politico.
  • Il debito è asservimento” (David Graeber).
  • Un paese che non si indebita fa rabbia agli usurai” (Ezra Pound)
  • Datemi il controllo della moneta di una nazione e me ne infischio di chi fa le leggi (Rotschild)
  • Ci sono due modi per conquistare e sottomettere una nazione e il suo popolo. Uno è con la spada, l’altro è controllando il suo debito. (John Adams-Presidente Usa)
Va da sé, dunque, che un popolo che gode di sovranità monetaria conserva la libertà di non indebitarsi.
C’è qui da chiedersi se è vero, che prima del 1981 il popolo italiano godeva di questa libertà.
Per rispondere a tale quesito vogliamo ricordare per sommi capi quanto accadde nella notte tra il 9 e il 10 Luglio 1943 nel nostro paese.
Forse non tutti conoscono la storia delle AM-lire, la moneta d’occupazione americana. Stampate in un primo momento negli Stati Uniti d’America e poi anche in Italia, presentava vari tagli da 1 lira fino a 500 e 1000 lire[1].
Questa cartamoneta giunse inizialmente nel nostro Paese seguendo le truppe americane entrate nel territorio italiano con lo sbarco in Sicilia.
L’AMGOT, l’Allied Military Government of Occupied Territories (Governo militare alleato dei territori occupati), fu lo strumento con cui le forze alleate occuparono i territori e l’amministrazione di Austria, Germania, Giappone, Norvegia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Francia[2] e l’Italia, con le AM-lire, fu il primo Paese dove tale strumento venne utilizzato per sostituire la circolazione monetaria della Lira italiana, abolendone il corso forzoso, con la moneta d’occupazione distribuita dalle truppe alleate.
Fu così che un vero e proprio fiume di denaro invase il meridione senza alcun controllo né argine, portando in queste terre un indiscriminato aumento dei prezzi.
La conseguenza fu un duplice esproprio subito dai cittadini italiani, i quali vennero depredati del potere d’acquisto delle lire italiane e chiamati a farsi carico del debito scaturente dalla nuova valuta.
Pare che la prima “tiratura” fosse pari a circa 143 miliardi di AM-lire. La situazione era aggravata dalla fissazione di un cambio pari a 100 lire per dollaro americano e 400 lire per ogni sterlina inglese.
Ciò conferiva ai militari statunitensi un formidabile potere d’acquisto maturato a discapito della popolazione civile, la quale veniva risucchiata in un vortice di disperata miseria.
Ci racconta il Malaparte nel suo romanzo “La pelle” come, al domani dello sbarco alleato nella zona di Napoli, imperversassero tragiche condizioni di vita che spingevano giovani donne a vendere il proprio corpo ai militari americani per un dollaro.
Da questo turpe mercimonio, non erano esclusi neppure gli innocenti. Si stima che nel 1944 l’aumento del costo della vita giunse fino al 344,47%[3]. Per fare un esempio tra il 1945-1950 con un intero stipendio si potevano acquistare solo 15 kg di zucchero. Questa fu la ragione principale per la quale si ebbe un parziale ritorno al baratto e alla borsa nera.
Pare che con questa valuta gli americani acquistarono diversi possedimenti nella nostra penisola, tra cui la sede dell’ambasciata americana a Roma.
La storia della moneta d’occupazione americana terminò il 30 giugno 1950, quando con il D.M. 18.2.1950 venne ritirata dalla circolazione, terminandone il corso legale e addebitandone nel contempo il prezzo ai cittadini della neonata Repubblica.
E sì, perché le AM-lire non venivano attribuite al popolo da liberare come mezzo convenzionale, ovvero libere da debito, ma venivano addebitate in cambio di titoli di Stato italiani, come sancito dalla LEGGE 28 dicembre 1952, n. 3598
Ratifica, con modificazioni, del decreto legislativo 12 dicembre 1946, n. 441, concernente l'autorizzazione al Ministro per il tesoro a stipulare con la Banca d'Italia una convenzione per la esecuzione dell'Accordo monetario, in data 24 gennaio 1946, fra il Governo italiano ed il Governo Alleato”[4]
Qualcuno potrebbe obiettare che godevamo di sovranità monetaria in base all’assunto: “quando la banca d’emissione è pubblica, l’acquisto dei titoli di stato è una partita di giro, un debito verso sé stessi”.
Confutare questo assurdo è semplice:
Quando la banca è pubblica che motivo ha lo Stato di emettere titoli di debito per farli acquistare a sé stesso, quando potrebbe emettere moneta direttamente?
Se il debito è finto, perché pagarci gli interessi?
Se vi sono degli interessi allora quel debito non è assolutamente fittizio.
Non fatevi incantare da chi parla di DEBITO SOVRANO.
Il debito è un concetto astratto, esso non può essere sovrano rispetto a un popolo.
L’ Art.1 della Costituzione è la prima cosa che ricorda: “la sovranità appartiene al popolo”.
Il debito è uno strumento di asservimento, sempre!
Inoltre non è affatto vero che debitore e creditore sono la stessa persona perché debitore è lo Stato, creditore è la banca centrale e nessuna delle due "entità" è una persona.
E comunque i due soggetti erano ben distinti e separati già prima del 1981.
Ovvero, per capirci: tanto lo Stato quanto la banca sono “enti astratti di imputazione giuridica”, ove gli interessi del popolo NON vengono rappresentati.
L’astrazione giuridica è l’artifizio usato per evitare che il mantra del debito cada come un castello di sabbia.
Inoltre, se corrispondesse a verità l’assunto secondo il quale il nostro paese godeva di “Piena sovranità monetaria” almeno fino al 1981, l’emendamento discusso in assemblea costituente il 24 Ottobre del 1947 sarebbe stato approvato[5].
Esso infatti prevedeva “L’autorizzazione del parlamento a battere moneta”.
A quel punto avremmo pututo dire che gli Artt. 1, 47 e 117 della Costituzione sarebbero stati applicati e rispettati.
Perché, come soleva ricordare il Prof Giacinto Auriti, il contenuto della norma giuridica è duplice.
Essa prevede l’interesse giuridico da tutelare e il bene giuridico da tutelare. Se manca uno di questi contenuti la norma resta, come in effetti ora è, lettera morta.
Nel nostro caso se prevedi un diritto in astratto senza approntare gli strumenti che lo realizzino, è chiaro che l’impianto normativo diventa uno specchietto per allodole.
La ragione per cui chi detiene il potere politico di una nazione emette titoli di debito, obbligando il popolo a pagarne gli interessi, è solo una: il dominio, l’imperio sul popolo.
Semplicemente prima del 1981 il popolo italiano veniva chiamato a “sacrificare” una parte del valore da lui prodotto a una classe dirigente nazionale mentre ora è destinato a servire l’alta finanza internazionale che ha un appetito illimitato e, pertanto, una portata devastante.
Che sia una classe dirigente o un paese straniero, il debito è l’artifizio attraverso il quale arricchirsi dei valori che il popolo produce.
Per rafforzare la nostra tesi con una fonte ufficiale è sufficiente leggere quanto riportato sul sito bancaditalia.it, dove si legge:
L'accordo del 24 gennaio 1946 tra il Governo italiano e quello Alleato riconobbe alla Banca d'Italia la facoltà di emettere le Am-lire”, facoltà che risulta essere solo un’alternativa acciocché queste venissero prodotte negli USA[6].
Infatti, il decreto legislativo 12 dicembre 1946, n. 441, firmato dal capo provvisorio dello Stato De Nicola, sancisce all’Art.1:
Al fine di dare piena esecuzione all'Accordo monetario intervenuto tra il Governo Italiano e il Governo Alleato per l'unificazione, sotto l'autorità del Governo Italiano, della circolazione della Banca d'Italia e della moneta di occupazione alleata (AM-lire), il Ministro per il tesoro è autorizzato a stipulare con la Banca stessa, riconosciuta come l'autorità b emittente di detta moneta di occupazione, una convenzione per regolare i rapporti nascenti dalla detta unificazione, e dalla somministrazione, da parte della Banca d'Italia, alle Forze armate alleate, di biglietti propri e di crediti in lire e ciò a far tempo dal 1° febbraio 1946.”[7]
È qui evidente il rapporto di sudditanza, altro che sovranità.
Nella stessa pagina del sito bancaditalia.it si riporta il “caso Staderini”, tipografia privata incaricata di stampare cartamoneta, menzionando la mancata emissione dei biglietti da 500 e 1.000 lire tipo 1944, commissionata dalla Banca d’Italia quando Luigi Einaudi ne era governatore.
L’episodio è avvenuto in seguito all’arresto di due dipendenti dello stabilimento Staderini di Roma accusati di aver falsificato la produzione di moneta[8], che in quel periodo era a tutti gli effetti moneta di occupazione.
La vicenda ci ricorda la commedia italiana che riportava spaccati di vita italiana dell’epoca, con pellicole come “La banda degli onesti” e “la saggezza dei governatori delle banche centrali”.
Tutto ciò ci rammenta quanto soleva dire il Prof. Giacinto Auriti:
A noi non interessa che l’emissione avvenga da parte di un’organizzazione pubblica o privata, a noi interessa di chi sia la Proprietà della moneta”.
Cioè interessa che la produzione di moneta non avvenga contro debito e che la moneta non sia della tipografia ( pubblica o privata) ma del popolo
Di recente l’on. Paolo Ferrero, Ministro della solidarietà sociale del Governo Prodi II dal 17 maggio 2006 all'8 maggio 2008, segretario di Rifondazione Comunista dal 27 luglio 2008, ha dichiarato:
"Per questo noi proponiamo che la Banca Centrale sia pubblica e presti i soldi agli Stati“.
Prestiti, ovvero debito, debito e ancora debito, le provano tutte.
Ora tentano di confondere la gente paragonando goffamente e surrettiziamente la proprietà popolare della moneta con l’helicopter money di Milton Friedman.
Ma occorre tenere a mente che tra proprietà e possesso la differenza è sostanziale.
Ciò che davvero libererebbe i popoli dal martirio del debito è una corretta emissione monetaria.
Occorre cioè tenere distinto momento dell’emissione da quello della circolazione.
La moneta nasce come simbolo di costo nullo e assume valore SOLO quando inizia a circolare, inglobando potere d’acquisto.
Per questo motivo non ci stancheremo di chiedere la fine del capitalismo, partendo dalla radice del male.
Occorre cioè che ogni popolo sia riconosciuto proprietario della sua moneta e riacquisti la dovuta dignità.

Scritto da: Redazione - Scuola Studi Giuridici e Monetari “Giacinto Auriti”
(citare la fonte in caso di diffusione )

note
[1] Emissioni Banca D’Italia,
[2] Les billets de banque de l'Amgot,
[3] Inflazione. Costo della vita nel corso di 140 anni, http://cronologia.leonardo.it/inflazio.htm, 05/2016.
[4] LEGGE 28 dicembre 1952, n. 3598,
[5] Sara Lapico, Scuola di studi giuridici e monetari Giacinto Auriti, La Costituente rifiutò di inserire la Sovranità Monetaria,
[6] Emissioni Banca D’Italia, op.cit., nota [1].
[7] DECRETO LEGISLATIVO DEL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO 12 dicembre 1946, n. 441,
[8] Gianni Graziosi, Mille lire al mese, http://www.panorama-numismatico.com/wp-content/uploads/mille-lire.pdf, 05/2016.


Tratto da:


http://scenarieconomici.it/la-costituente-rifiuto-di-inserire-la-sovranita-monetaria-di-sara-lapico-della-scuola-di-studi-giuridici-monetari-giacinto-auriti/
 

http://www.giacintoauriti.eu/notizie/131-la-costituente-rifiuto-di-inserire-la-sovranita-monetaria.html




 

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