venerdì 11 marzo 2016

Il miracolo economico del banchiere di Hitler


Premessa
Questo articolo si propone di affrontare dal punto di vista libero da qualsiasi interpretazione ideologica, quali furono i fattori economici e politici che resero possibile il boom economico tedesco a partire dal 1933. Così come per tutti gli articoli presenti in questo blog, l’unico proposito che ci anima è quello di studiare la moneta e l’economia per cercare di trovare delle soluzioni alla crisi che sta distruggendo il nostro popolo. Pertanto ogni tentativo di strumentalizzazione scaturente da un processo ideologico verrà respinto al mittente.
C’era una volta Weimar
inflazione-repubblica-weimarLa Repubblica di Weimar, nata nell’agosto del 1919 con la firma della nuova Costituzione da parte del primo presidente Friederich Ebert, aveva dato il colpo di grazia alla Nazione tedesca, uscita con le ossa rotte dalla prima guerra mondiale: 7 milioni di disoccupati, pari a un terzo della forza produttiva, avevano letteralmente portato al collasso sociale ed economico la Germania. Già nel 1923 la fragile Repubblica di Weimar non era più in grado di onorare i debiti sanciti dalla conferenza di Versailles e l’invasione da parte dei francesi della Ruhr, la più importante regione industriale tedesca, inflisse un altro colpo di grazia ai tedeschi. Le misure che prese il governo per far fronte al collasso furono quelle di stampare moneta, causando un iperinflazione mai vista prima: il Piepermark passò velocemente da un valore pari a 4,2 per dollaro statunitense a 4.200.000.000.000, tanto che venne introdotta una nuova valuta con il tasso di cambio di 1 000 000 000 000 di vecchi marchi per 1 nuovo marco, il Rentenmark. I pagamenti delle riparazioni vennero ripresi e la Ruhr restituita alla Germania.
Il disastro di Weimar proseguì seguendo i dettami dell’austerità (ricorda qualcosa?) con i conseguenti tagli alla spesa pubblica, tagli dei servizi, privatizzazioni e aumento delle tasse. L’indebolimento dell’economia e l’enorme peso del debito ebbero le loro conseguenze anche sui rapporti internazionali: la Germania era diventata un agnellino che per essere riammesso al tavolo delle trattative con le altre nazioni dovette accettare la perdita dell’Alsazia e della Lorena sottoscrivendo gli accordi di Locarno con cui veniva imposta anche la smilitarizzazione della Renania.
Anche se la Germania veniva “riabilitata” nel tavolo internazionale con l’ingresso nella Società delle Nazioni e con la firma del trattato Briand-Kellog, la situazione economica era molto sentita all’interno del Paese e la Grande Depressione diede la mazzata finale alla fragile Weimar: l’ultimo Presidente Brüning affrontò la nuova tempesta monetaria con la solita ricetta liberista: riduzione della spesa e tasse, ma nel 1933 i tedeschi scelsero una forza antisistema dando fiducia al NSDAP di Adolf Hitler.
Il miracolo economico7 milioni erano i disoccupati tedeschi nel 1933, nel Gennaio del ’34 calano a 3,7 a Giugno arrivano a 2,5. Nel 1936 calano a 1,6 milioni e nel 1938 sono 400.000. In soli 5 anni la Germania passa da stato devastato a grande potenza mondiale. Cosa è successo? Generalmente – e molto banalmente – viene attribuito questo miracolo economico all’industria bellica tedesca, ovvero alla corsa al riarmo voluta da Hitler, ma  in realtà ad assorbire tutta la manodopera di disoccupati furono il settore edile (+209%) l’industria automobilistica (+117%) e il settore siderurgico (+83%). Un boom mai visto prima che impone a chiunque voglia comprendere cosa sia successo realmente una domanda: come ha fatto Hitler? Dove ha preso i soldi?

La nostra esperienza diretta ci insegna che il sistema delle banche centrali può creare denaro in quantità illimitata, denaro che viene emesso e prestato con un tasso di interesse che varia a seconda degli obiettivi di politica economica che la banca si pone. Basti guardare alle numerose manovre portate avanti da Mario Draghi con le varie LTRO e TLTRO per comprendere quanto denaro è stato immesso nel circuito finanziario e quanto ne è stato gradualmente ritirato quando la BCE ha chiesto i soldi che crea dal nulla indietro. Di fatto la crisi continua imperterrita a schiacciare i popoli europei. Quindi cosa fece la Germania Nazista? Quale fu la politica economica e monetaria? Ben poche persone conoscono la figura che sta dietro alla rinascita economica tedesca negli anni del nazionalsocialismo, il vero artefice del miracolo: fu l’ebreo Hjalmar Schacht, insignito direttamente dal Fürer dal titolo di “ariano d’onore”.
Cos’ha fatto Schacht
Schacht fu Governatore della Reichsbank dal 1933 al 1939 e fu Ministro dell’economia e finanze della Germania Nazionalsocialista fino al 1937, la politica economica del banchiere di Hitler è riassunta bene in questi 3 punti che prendiamo in prestito da un articolo di rischiocalcolato.it:
                1. Disoccupazione. 
Oltre a costituire un immenso dramma umano, una disoccupazione oltre il 50% costituita in concreto quanto serio pericolo per l’ordine e la stabilità politica del Paese. A differenza di Roosevelt, che finanziava aziende che curavano quindi grandi opere pubbliche, operazione non priva di attriti e diseconomie, Schacht suggerì di inquadrare i disoccupati in una sorte di organizzazione paramilitare che garantisse un minimo di ordine e la sopravvivenza loro e delle loro famiglie. Questa enorme forza lavoro fu direttamente impiegata in grandi opere infrastrutturali, quali la costruzione di autostrade, aeroporti, stazioni e rete ferroviaria, ma anche e soprattutto direttamente come maestranze nell’industria, che si trovava così ad operare senza alcun costo del lavoro. Appena vi erano segnali di miglioramento, questa organizzazione congedava quelle persone, e solo quelle, che avrebbero potuto essere assunte dall’industria in ripresa. Non erano previsti quindi sussidi di disoccupazione.
                 2. Ripresa dei commerciil baratto ed abolizione della moneta. 
In una situazione depressiva mondiale i commerci internazionali erano di fatto nulli. Schacht reintrodusse nel sistema economico il baratto, merce contro merce. Da manuale la sua operazione con l’Argentina, all’epoca la principale esportatrice di granaglie e carne ed a quel tempo con l’export azzerato. Con reciproca ampia soddisfazione Schacht iniziò una serie di baratti tra i prodotti industriali tedeschi contro granaglie e carne, stabilendo di volta in volta le equivalenze. Questa operazione concorse a raggiungere diversi obiettivi: la Germania aveva di che mangiare, cosa non da poco dato il momento, l’industria tedesca aveva ordinativi, e quindi iniziava a riprendersi ed a poter riassumere personale e maestranze, l’Argentina usciva rapidamente dalla depressione. Questo sistema evitava ogni forma di intermediazione e l’esportazione di valuta.
                3. I Mefo. Con il progetto Mefo il genio di Schacht raggiunse vette impensabili. 
Dapprima Schacht fondò la società Metallurgische Forschungsgesellschaft m. b. H. (Mefo) con capitale sociale di un milione di marchi, ben presto azzerato da un’inflazione a nove zeri. Questa società aveva la caratteristica di non esistere: per intenderci, non aveva né sede né personale. Quindi la Mefo si mise ad emettere un gran numero di buoni Mefo, una sorta di cambiali a tre mesi, talora di durata maggiore, che la Reichsbank puntualmente rinnovava, e che potevano girare solo in Germania. Questi buoni erano denominati in una pleiade di valori: dai marchi, a valute straniere, merci, immobili, lavoro, e via quant’altro. La Banca centrale rinnovava questi Buoni secondo “equità”, ossia mantenendone il reale potere di acquisto in funzione dell’uso e dell’utente. Ovviamente, mai a nessuno venne in mente di portare i Mefo allo sconto.
In buona sostanza, i Buoni Mefo raggiunsero un volume di oltre 12 mld marchi, contro un debito pubblico di 19, senza causare la minima inflazione e sfuggendo, per di più, ad ogni forma di contabilizzazione nel bilancio dello Stato, che tornò nel giro di due anni in pareggio.
Una discreta parte dei Mefo terminò la sua vita trasformati dapprima in Mefo immobiliari e quindi in obbligazioni a base immobiliare, gradatamente riassorbite nel mercato ordinario. Si noti comunque che, dato il tipo di questa operazione, nessuno aveva interesse a tenere una contabilità degna di quel nome. La stragrande maggioranza dei tedeschi non ne seppe nemmeno della loro esistenza.
Conclusioni
Germany's Nazi leader Adolf Hitler is seen with Hjalmar Schacht, right, President of the Reichsbank, during the laying of the foundation stone ceremony for the new building of the German Reichsbank in Berlin, Germany, on May 5, 1934. (AP Photo)
Insomma, Schacht fu un vero e proprio genio della finanza dell’epoca, un uomo capace di cambiare il corso dell’economia e della storia con la sua creatività finanziaria, ma soprattutto con la sua profonda conoscenza dello strumento che dà vita alle operazioni economiche: la moneta. Fu il grande consenso raccolto dal regime nazista a creare le basi per un mezzo monetario libero dal debito e basato sulla fiducia, che è l’unica materia di cui è composto il simbolo monetario.
Il genio di Schacht è stato di recente anche celebrato dal Financial Times, il quotidiano della finanza americana e mondiale, con un articolo in cui da una parte si elogia il banchiere tedesco e dall’altra si mette in guardia dai movimenti “populisti” come quelli in Francia con Marine Le Pen o come le destre e il M5S in Italia, che a lungo termine porterebbero – secondo gli analisti del Financial Times – dei veri e propri disastri (forse per la finanza internazionale, aggiungiamo noi…).
Siamo ormai arrivati al punto in cui una svolta nel sistema economico e finanziario è l’unica vera via di uscita da questo incubo, serve una rivoluzione copernicana in grado di offrire nuove soluzioni al sistema del credito e al sistema monetario. Ma per arrivare a ciò occorre prendere sempre più conoscenza della moneta, comprendere il meccanismo truffaldino che si cela dietro il debito e diffondere il verbo abbattendo ogni limite d’appartenenza ideologica.


http://www.rapportoaureo.it/?p=1282

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