di Christian Bouchet.
Le origini politiche di di Christian Bouchet. Le origini politiche di Evo Morales e del suo movimento.
*Nota del traduttore: È bene specificare che l’articolo intende indagare la particolarità del pensiero di Evo Morales senza alcun intento diffamatorio o accusatorio da parte dell’autore. Il termine “fascismo” nell’accezione usata dall’autore si riferisce al movimento politico di massa degli anni 20 e 30 secondo l’interpretazione di storici come Renzo De Felice o Emilio Gentile, che ha poco a che fare con il (neo)fascismo post 1945 dal quale diverge per origini e finalità. L’articolo deve far riflettere sul fatto che i movimenti nazionalisti e di liberazione dal colonialismo videro nei fascismi europei non solo un modello politico ed ideologico ma anche e soprattutto (da cui il resto è conseguenza) un appoggio, un punto di riferimento per liberarsi dall’oppressione straniera. Si dà il caso che i nemici delle potenze continentali (fasciste) europee dell’epoca fossero gli inglesi e gli americani, i quali, negli anni 30 e 40, erano anche gli oppressori dei popoli latinoamericani, arabi, indiani, irlandesi, ecc. ed è principalmente per tale motivazione geopolitica che tali popoli simpatizzarono per le potenze dell’Asse (male assoluto per angloamericani e sionisti). Tali popoli diedero prova di un saggio pragmatismo che in molti casi li ripagò. Pragmatismo e visione strategica ai quali invece sono estranei i sedicenti antimperialisti di oggi affetti da settarismo ed ideologismo, che non riescono ad interpretare il mondo di oggi se non con categorie di 150 anni fa. I fatti citati nell’articolo del resto sono inoppugnabili.
Il 6 dicembre 2009, ottenendo il 63% dei suffragi, contro il 27% del suo principale avversario, Evo Morales è stato facilmente rieletto presidente dello stato boliviano. I giornalisti che hanno riferito di questo successo non hanno mancato di ricordare, per rallegrarsene o esserne preoccupati, che il nostro uomo era “di sinistra” o di “estrema sinistra”. D’altronde, prova del suo impegno progressista, non era costituita, al Parlamento e per la strada, dal partito che egli ha diretto fino al 2005, data della sua prima elezione alla presidenza, il Movimiento al Socialismo? È solo attraverso la consultazione della stampa latino-americana che si possono trovare degli articoli che osano ricordare che il partito si è chiamato a lungo il Movimiento al Socialismo-unzaguista e che il suo “socialismo” non aveva che pochi punti in comune con quello della sinistra occidentale.
Unzaguista? È ovvio che una tale parola non può evocare granché presso i giornalisti occidentali la cui conoscenza della storia dell’America Latina è bassa o addirittura pari a zero. Se la loro cultura va al di là dei soliti luoghi comuni su Che Guevara, la rivoluzione cubana e il sub-comandante Marcos, saprebbero che in Bolivia sono stati definiti come « unzaguistes » i discepoli di Oscar Unzaga de la Vega (1916-1959) che, nel 1937, fondò la Falange Socialista Boliviana, a imitazione della Falange Española de las JONS di José Antonio Primo de Rivera…
Negli anni ’30 del secolo scorso, in America Latina, una parte significativa dei giovani studenti avevano gli occhi puntati sull’Europa e si entusiasmavano per le varie espressioni che adottava il nazionalismo autoritario e la resistenza al bolscevismo. Così nacquero nel continente sudamericano alcune esperienze di fascismo autoctono che presero forme diverse secondo i vari paesi: c’era il nazionalsocialismo in Cile, l’integralismo in Brasile, il sinarchismo in Messico, il sancherismo in Perù, l’unzaghismo in Bolivia, ecc… A differenza dell’Europa, questi movimenti e i loro leader non conobbero alcuna repressione nel 1945 e non furono esclusi dalla vita politica. Ci furono allora quelli che si moderarono e si sciolsero nei partiti della destra tradizionale, alcuni scomparvero, altri come la Falange Socialista Boliviana continuarono la loro battaglia come se nulla fosse accaduto.
Alla sua fondazione, nell’agosto del 1937, la Falange Socialista Boliviana si proclamò anti-marxista e anti-capitalista, dichiarando che la sua ideologia si poteva riassumere in tre parole “Dio, patria e il focolaio” e che voleva creare uno « Stato nuovo », adottò il saluto a braccio teso e si dotò di squadre d’assalto… Durante la Seconda Guerra Mondiale fece propaganda pubblicamente a favore della neutralità, il che significava, data la posizione geopolitica dell’America latina quindi, che essa lottava contro qualsiasi sostegno agli Alleati…
Ad ogni modo, la FSB, incontestabilmente ispirata al fascismo europeo, non era semplicemente un clone e Oscar Unzaga de la Vega tenne in conto, ciò che fu la causa della sua popolarità e della longevità del suo movimento, le specificità boliviane. Di queste la principale è la composizione etnica del paese, prevalentemente abitato da discendenti degli indios Quechua e Aymara e da meticci, mentre i boliviani di discendenza europea costituiscono meno del 15% della popolazione. Il nazionalismo della FSB fu quindi un indigenismo. Oscar Unzaga de la Vega ebbe cura di scrivere la prima biografia di Tupaj Katari, un capo indigeno che diresse, nel 1780, una importante rivolta di tribù indigene contro la colonizzazione spagnola e ne fece la figura di riferimento del nazionalismo boliviano. Inoltre la Falange fece una campagna per una riforma agraria che avrebbe reso la terra agli indigeni e si oppose alle grandi società minerarie che sfruttavano duramente un proletariato composto interamente da nativi. La conseguenza fu che, alle elezioni legislative del 1947, la Falange Socialista Boliviana ottenne un numero molto consistente di deputati e che alle presidenziali del 1951 il suo candidato arrivò in terza posizione.
Nel 1952, un colpo di stato portò al potere Víctor Paz Estenssoro, il leader del Movimiento Nacionalista Revolucionario che propose alla FSB di partecipare al potere dandole un numero significativo di posti ministeriali. La risposta di Oscar Unzaga de la Vega fu senza appello: la Falange non collaborerà mai con un governo che considera «infiltrato dai comunisti e dai trotzkisti»… Al contrario, Unzaga sceglie il confronto. La FSB criticò la crescente influenza, sia politica che economica, degli Stati Uniti negli affari interni boliviani, accusando il governo di essere sotto il diretto controllo degli ambasciatori americani a La Paz nonostante la sua retorica di sinistra. Essa denunciò anche la riforma agraria che, dividendo i terreni, aveva creato una massa di piccoli contadini poveri, mentre per la Falange la soluzione passava per un ritorno alla coltivazione collettiva delle terre da parte delle comunità rurali. Il 19 aprile 1959, pensando che il tempo era giunto, la Falange Socialista Boliviana tentò di prendere il potere con le armi. Il tentativo fallì e Unzaga de la Vega rimase ucciso nei combattimenti. Seguì un lungo periodo di repressione contro gli attivisti falangisti durante il quale alcuni crearono dei gruppi di guerriglia nelle zone più montuose del paese.
Nel 1964, questi gruppi armati parteciparono al colpo di stato che diede il potere al generale René Barrientos. Sicché la Falange non fu direttamente integrata al potere, ma la sua influenza sul governo fu grande. Nel 1971, essa fu nuovamente coinvolta nel colpo di stato militare del generale nazionalista, spesso denunciato come « fascista », Hugo Banzer. La concordanza di pensiero tra lui e gli elementi più moderati e più di destra della FSB fece si che una parte dei suoi quadri e militanti passò con armi e bagagli all’Azione Democratica Nazionalista, un partito di destra nazionalista che fondò il generale nel 1978. Coloro che rimasero fedeli a Oscar Unzaga de la Vega si divisero tra una frazione ortodossa e un’ala di sinistra si separò nel 1987 per fondare il Movimiento al Socialismo-unzaguista che cambiò il suo nome in Movimiento al Socialismo dieci anni più tardi e che poi vide l’accesso alla sua direzione ad un certo Evo Morales.
Nei suoi riferimenti e nella sua dottrina, non è difficile trovare molte tracce di unzaguismo, quali il suo nazionalismo indigenista, la sua difesa del mondo contadino, la sua ostilità verso gli Stati Uniti, il suo riferimento a Tupaj Katari, ecc.
Allora sta a sinistra Evo Morales? Forse… Ma in ogni caso di una sinistra molto particolare e dalle radici molto strane, molto diversa da ciò che si conosce in Occidente!
fonte: http://www.geostrategie.com/2365/les-origines-fascistes-d’evo-morales e del suo movimento.
*Nota del traduttore: È bene specificare che l’articolo intende indagare la particolarità del pensiero di Evo Morales senza alcun intento diffamatorio o accusatorio da parte dell’autore. Il termine “fascismo” nell’accezione usata dall’autore si riferisce al movimento politico di massa degli anni 20 e 30 secondo l’interpretazione di storici come Renzo De Felice o Emilio Gentile, che ha poco a che fare con il (neo)fascismo post 1945 dal quale diverge per origini e finalità. L’articolo deve far riflettere sul fatto che i movimenti nazionalisti e di liberazione dal colonialismo videro nei fascismi europei non solo un modello politico ed ideologico ma anche e soprattutto (da cui il resto è conseguenza) un appoggio, un punto di riferimento per liberarsi dall’oppressione straniera. Si dà il caso che i nemici delle potenze continentali (fasciste) europee dell’epoca fossero gli inglesi e gli americani, i quali, negli anni 30 e 40, erano anche gli oppressori dei popoli latinoamericani, arabi, indiani, irlandesi, ecc. ed è principalmente per tale motivazione geopolitica che tali popoli simpatizzarono per le potenze dell’Asse (male assoluto per angloamericani e sionisti). Tali popoli diedero prova di un saggio pragmatismo che in molti casi li ripagò. Pragmatismo e visione strategica ai quali invece sono estranei i sedicenti antimperialisti di oggi affetti da settarismo ed ideologismo, che non riescono ad interpretare il mondo di oggi se non con categorie di 150 anni fa. I fatti citati nell’articolo del resto sono inoppugnabili.
Il 6 dicembre 2009, ottenendo il 63% dei suffragi, contro il 27% del suo principale avversario, Evo Morales è stato facilmente rieletto presidente dello stato boliviano. I giornalisti che hanno riferito di questo successo non hanno mancato di ricordare, per rallegrarsene o esserne preoccupati, che il nostro uomo era “di sinistra” o di “estrema sinistra”. D’altronde, prova del suo impegno progressista, non era costituita, al Parlamento e per la strada, dal partito che egli ha diretto fino al 2005, data della sua prima elezione alla presidenza, il Movimiento al Socialismo? È solo attraverso la consultazione della stampa latino-americana che si possono trovare degli articoli che osano ricordare che il partito si è chiamato a lungo il Movimiento al Socialismo-unzaguista e che il suo “socialismo” non aveva che pochi punti in comune con quello della sinistra occidentale.
Unzaguista? È ovvio che una tale parola non può evocare granché presso i giornalisti occidentali la cui conoscenza della storia dell’America Latina è bassa o addirittura pari a zero. Se la loro cultura va al di là dei soliti luoghi comuni su Che Guevara, la rivoluzione cubana e il sub-comandante Marcos, saprebbero che in Bolivia sono stati definiti come « unzaguistes » i discepoli di Oscar Unzaga de la Vega (1916-1959) che, nel 1937, fondò la Falange Socialista Boliviana, a imitazione della Falange Española de las JONS di José Antonio Primo de Rivera…
Negli anni ’30 del secolo scorso, in America Latina, una parte significativa dei giovani studenti avevano gli occhi puntati sull’Europa e si entusiasmavano per le varie espressioni che adottava il nazionalismo autoritario e la resistenza al bolscevismo. Così nacquero nel continente sudamericano alcune esperienze di fascismo autoctono che presero forme diverse secondo i vari paesi: c’era il nazionalsocialismo in Cile, l’integralismo in Brasile, il sinarchismo in Messico, il sancherismo in Perù, l’unzaghismo in Bolivia, ecc… A differenza dell’Europa, questi movimenti e i loro leader non conobbero alcuna repressione nel 1945 e non furono esclusi dalla vita politica. Ci furono allora quelli che si moderarono e si sciolsero nei partiti della destra tradizionale, alcuni scomparvero, altri come la Falange Socialista Boliviana continuarono la loro battaglia come se nulla fosse accaduto.
Alla sua fondazione, nell’agosto del 1937, la Falange Socialista Boliviana si proclamò anti-marxista e anti-capitalista, dichiarando che la sua ideologia si poteva riassumere in tre parole “Dio, patria e il focolaio” e che voleva creare uno « Stato nuovo », adottò il saluto a braccio teso e si dotò di squadre d’assalto… Durante la Seconda Guerra Mondiale fece propaganda pubblicamente a favore della neutralità, il che significava, data la posizione geopolitica dell’America latina quindi, che essa lottava contro qualsiasi sostegno agli Alleati…
Ad ogni modo, la FSB, incontestabilmente ispirata al fascismo europeo, non era semplicemente un clone e Oscar Unzaga de la Vega tenne in conto, ciò che fu la causa della sua popolarità e della longevità del suo movimento, le specificità boliviane. Di queste la principale è la composizione etnica del paese, prevalentemente abitato da discendenti degli indios Quechua e Aymara e da meticci, mentre i boliviani di discendenza europea costituiscono meno del 15% della popolazione. Il nazionalismo della FSB fu quindi un indigenismo. Oscar Unzaga de la Vega ebbe cura di scrivere la prima biografia di Tupaj Katari, un capo indigeno che diresse, nel 1780, una importante rivolta di tribù indigene contro la colonizzazione spagnola e ne fece la figura di riferimento del nazionalismo boliviano. Inoltre la Falange fece una campagna per una riforma agraria che avrebbe reso la terra agli indigeni e si oppose alle grandi società minerarie che sfruttavano duramente un proletariato composto interamente da nativi. La conseguenza fu che, alle elezioni legislative del 1947, la Falange Socialista Boliviana ottenne un numero molto consistente di deputati e che alle presidenziali del 1951 il suo candidato arrivò in terza posizione.
Nel 1952, un colpo di stato portò al potere Víctor Paz Estenssoro, il leader del Movimiento Nacionalista Revolucionario che propose alla FSB di partecipare al potere dandole un numero significativo di posti ministeriali. La risposta di Oscar Unzaga de la Vega fu senza appello: la Falange non collaborerà mai con un governo che considera «infiltrato dai comunisti e dai trotzkisti»… Al contrario, Unzaga sceglie il confronto. La FSB criticò la crescente influenza, sia politica che economica, degli Stati Uniti negli affari interni boliviani, accusando il governo di essere sotto il diretto controllo degli ambasciatori americani a La Paz nonostante la sua retorica di sinistra. Essa denunciò anche la riforma agraria che, dividendo i terreni, aveva creato una massa di piccoli contadini poveri, mentre per la Falange la soluzione passava per un ritorno alla coltivazione collettiva delle terre da parte delle comunità rurali. Il 19 aprile 1959, pensando che il tempo era giunto, la Falange Socialista Boliviana tentò di prendere il potere con le armi. Il tentativo fallì e Unzaga de la Vega rimase ucciso nei combattimenti. Seguì un lungo periodo di repressione contro gli attivisti falangisti durante il quale alcuni crearono dei gruppi di guerriglia nelle zone più montuose del paese.
Nel 1964, questi gruppi armati parteciparono al colpo di stato che diede il potere al generale René Barrientos. Sicché la Falange non fu direttamente integrata al potere, ma la sua influenza sul governo fu grande. Nel 1971, essa fu nuovamente coinvolta nel colpo di stato militare del generale nazionalista, spesso denunciato come « fascista », Hugo Banzer. La concordanza di pensiero tra lui e gli elementi più moderati e più di destra della FSB fece si che una parte dei suoi quadri e militanti passò con armi e bagagli all’Azione Democratica Nazionalista, un partito di destra nazionalista che fondò il generale nel 1978. Coloro che rimasero fedeli a Oscar Unzaga de la Vega si divisero tra una frazione ortodossa e un’ala di sinistra si separò nel 1987 per fondare il Movimiento al Socialismo-unzaguista che cambiò il suo nome in Movimiento al Socialismo dieci anni più tardi e che poi vide l’accesso alla sua direzione ad un certo Evo Morales.
Nei suoi riferimenti e nella sua dottrina, non è difficile trovare molte tracce di unzaguismo, quali il suo nazionalismo indigenista, la sua difesa del mondo contadino, la sua ostilità verso gli Stati Uniti, il suo riferimento a Tupaj Katari, ecc.
Allora sta a sinistra Evo Morales? Forse… Ma in ogni caso di una sinistra molto particolare e dalle radici molto strane, molto diversa da ciò che si conosce in Occidente!
fonte: http://www.geostrategie.com/2365/les-origines-fascistes-d’evo-morales
http://www.cpeurasia.eu/281/le-origini-fasciste-di-evo-morales
http://www.cpeurasia.eu/281/le-origini-fasciste-di-evo-morales
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