domenica 17 maggio 2015

I dimenticati: prigionieri italiani nei campi di concentramento alleati.


 Gli Speciali sul FascismoStoria E' Verità! - di F. Giannini


A chi di voi non è mai capitato di vedere uno dei tanti film sui campi di concentramento tedeschi, sulle loro difficili condizioni di vita, sui maltrattamenti ricevuti dai prigionieri alleati? Famosissimo “Fuga per la vittoria” film in cui recitano, tra gli altri, il grande  Pelè e Silvester Stallone. Tali campi erano il luogo di internamento di civili e prigionieri di guerra. La storia insegnataci quotidianamente e i mass media mostrano da 70 anni solo i campi di concentramento tedeschinei quali non vi erano solo ebrei ma soprattutto militari americani, inglesi, russi e italiani. Questi ultimi rappresentavano un’eccezione: non erano infatti prigionieri di guerra ma “Internati Militari Italiani” (IMI) verso i quali i tedeschi non avevano alcun obbligo di rispettare la Convenzione di Ginevra per la protezione dei soldati stranieri (che Italia e Germania avevano firmato, gli Stati Uniti ed Russia no).
Nonostante quelli mostrati siano stati solo i campi di concentramento tedeschi esistevano ovunque, sparsi per il mondo, campi di concentramento inglesi, francesi, russi, americani molti dei quali con condizioni di vita ben peggiori di quelli nazisti. Anche in Italia vi erano dei campi di concentramento per civili e militari le cui condizioni non erano minimamente paragonabili a quelli dei paesi già citati: molti erano caratterizzati da strutture in muratura, riscaldate, in cui gli ufficiali avevano un trattamento particolare ed i soldati non erano costretti a lavorare proprio come previsto dalla Convenzione di Ginevra.Eppure quando si parla dei campi di concentramento fascisti si fa riferimento a chissà quali tipo di torture: niente di più falso.
Certo, non possiamo paragonarli ad alberghi o strutture ricettive ma se non contestualizziamo il nostro ragionamento paragonandolo a ciò che avveniva a quei tempi negli altri paesi non potremo mai essere onesti fino in fondo con la storia! Nei campi italiani, nei quali non vi erano mai più di 3-4000 persone, campi di piccole dimensioni quindi, era possibile condurre una vita dignitosa anche se in stato di prigionia.
Particolare la vicenda del campo di concentramento di Ferramonti in Calabria: qui le uniche vittime vennero fatte da un caccia alleato che (come era consuetudine di inglesi e americani) mitragliò i prigionieri, scambiandoli per civili italiani, provocando la morte di 4 residenti nel campo sul finire dell’agosto 1943. In questo campo erano detenuti civili greci, jugoslavi, cinesi ed ebrei provenienti dalla Germania, Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, etc. che avevano trovato la salvezza proprio in Italia.
I più curiosi potranno cercare su Wikipedia approfondimenti sulla vita nel campo di Ferramonti e qualche baggianata (ovviamente) come quella relativa al mancato trasferimento in Germania degli ebrei grazie al diniego delle autorità del campo. La storia, quella vera, ci dice che fu Mussolini in persona a negare ogni trasferimento in Germania degli ebrei detenuti nei campi non solo italiani ma anche francesi, greci, jugoslavi nei quali l’Italia esercitava la propria giurisdizione. Mai nessun ebreo, detenuto nei campi controllati dall’esercito italiano, fu trasferito in Germania fino all’8 settembre 1943.
Oggi questo campo è ricordato per le presunte atrocità (nessuna), per il brutto periodo ed i brutti ricordi che la località fa venire alla mente eppure lo stesso rappresentò un’oasi di pace nel trambusto di una guerra durata ben 6 anni. Il campo infatti nonostante la ”liberazione” degli inglesi avvenuta nel settembre 1943 chiuderà solo nel dicembre 1945. Proprio terribile quindi non doveva essere. Chissà se potevano dire lo stesso gli oltre 130 mila cittadini italiani (civili, non militari) internati dagli inglesi in Africa orientale.
Perfido il destino nei confronti degli italiani: essi furono prigionieri di tutti i paesi partecipanti alla seconda guerra mondiale: prigionieri di guerra da una parte, traditori da internare dall’altra.
Si calcola che solo i tedeschi fecero circa 800 mila prigionieri all’indomani dell’8 settembre. Di essi non si preoccupò affatto il governo del sud del re e di Badoglio; diversi furono invece i tentativi fatti da Mussolini e dalle autorità della RSI di mitigare le condizioni di prigionia degli italiani.
La vulgata storica afferma, tra le altre cose, che rimasero prigionieri in Germania tutti coloro che non vollero aderire alla Repubblica Sociale. Ciò ovviamente rappresenta una falsità in quanto furono proprio i tedeschi a negare più volte di dare la possibilità ai militari di decidere o meno per la loro adesione alla RSI e tornare dunque in Italia. Ciò si verificò puntualmente tranne rarissime eccezioni. Nell’estate 1944 dopo l’incontro con Hitler, Mussolini riuscì nel far convertire gli internati in lavoratori civili facendoli uscire da quella condizione di internati militari che non aveva precedenti nella storia. Si riuscì cosi ad avere migliori condizioni di vita (fermo restando che la Germania si trovava in una situazione disperata e garantire condizioni decenti di vita era pressochè impossibile).
Ma se Sparta piange Atene non ride; la vulgata storica racconta ancora che gli italiani furono liberati dai campi alleati dopo la firma dell’armistizio. Incredibile falsità: appena il 3% dei prigionieri di guerra potè rientrare in Italia prima della fine delle ostilità. I nostri connazionali erano prigionieri ovunque: in India, Iraq, Iran, Egitto, Tunisia, Algeria, Texas, Sudafrica, Kenia, Giappone, Siberia, Brasile, Argentina, Grecia, Turchia. Molti erano detenuti in condizioni da invidiare i prigionieri in Germania. Certo non si viveva con il pericolo dei bombardamenti ma la fame sofferta dai nostri militari nei campi francesi in Africa è qualcosa di disumano. Si dormiva all’aperto, in fosse scavate con le mani che servivano sia per dormirci che per espletare i bisogni fisiologici. In questi campi veniva sistematicamente impedito l’ingresso alla croce rossa.
Eppure di questi campi di prigionia nessuno ne parla: anche internet non è di aiuto nonostante vi si trovi ormai di tutto. Provando a digitare “morti italiani nei campi di concentramento alleati” si viene rimandati soltanto a pagine che parlano dei campi tedeschi. E allora un dato siamo costretti a darvelo noi. La fonte non è l’inaffidabile Wikipedia ma il Ministero della Difesa e parla dei prigionieri in Russia (Elenco Ufficiale dei prigionieri nei campi di concentramento russi stilato dopo accordo Italia-Russia nel 1993!!!) .Su 85.000 prigionieri di guerra solo in 49.000 arriveranno nei campi di concentramento della Siberia dopo una marcia a piedi, nel gelo, per migliaia di chilometri durata mesi e mesi. Di questi solo 9.000 rientreranno in Italia. Un tasso di mortalità agghiacciante di addirittura il 90%.
Tanto per fare un paragone: il lager tedesco dove vi fu il più alto tasso di mortalità di italiani (10%) fu Mathausen; nei campi tedeschi il tasso medio di mortalità fu del 7%. E questi dati sono al lordo dei morti causati dai bombardamenti alleati nei campi, nelle fabbriche, nelle miniere in cui lavoravano i prigionieri. Nei campi di prigionia infatti solo a causa dei bombardamenti alleati morirono quasi 3000 italiani. (nei campi, non nei luoghi di lavoro diurni!); Solo nel trasporto degli italiani dalla Grecia alla Germania via mare furono affondate 7 navi con oltre 13 mila prigionieri italiani uccisi dagli alleati a cui l’Italia nel frattempo si era unita.
Questa è la mostruosità dei dati, la mostruosità della storia faziosa che tentiamo di debellare.


La situazione migliore per gli italiani si verificò nei campi di concentramento americani: qui le condizioni di vita ed il vitto erano sicuramente migliori ma non mancarono i pestaggi e le violenze come quando nel campo di Hereford (in Texas) il 21 aprile 1944 scoppiò un incendio che interessò il deposito di vestiario. Dello stesso furono accusati gli italiani (in verità l’incendio fu appiccato dai soldati americani per nascondere un ammanco di divise che erano state rubate). Un sottotenente di origini italiane che di cognome faceva Russo organizzò la spedizione punitiva nella notte cogliendo nel sonno i prigionieri della RSI. Armati di mazze da baseball gli eroi della democrazia causarono 75 feriti di cui molti con profonde ferite alla testa. Anche nei campi Usa dove si usava la farina per fare le linee nei campi in mancanza di calce gli italiani e tedeschi patirono la fame. Quando furono infatti note le condizioni dei prigionieri nei campi tedeschi l’opinione pubblica americana chiese ed ottenne un grave inasprimento delle condizioni di vita dei prigionieri. Basti pensare che il rancio giornaliero passò immediatamente da 2000 a sole 800 calorie al giorno!



Un dato è certo: non abbiamo conoscienza di quanti furono i morti nei campi di concentrmaneto alleati. Se infatti la situazione degli italiani negli USA non era cattiva lo stesso non si può dire di quelli prigionieri in India, in Iraq, in Kenia da parte degli inglesi. Questi ultimi, facenti parte del contingente etiopico catturati quindi fin dai primi mesi di guerra rimasero prigionieri per tutta la sua durata impegnati nella costruzione di strade, ferrovie, etc. tanto che il Times di Londra, nel commentare la fuga di 3 prigionieri per scalare il monte Kenia, elogiò il lavoro degli italiani “autori dell’unica strada decente costruita in kenia”.
Eppure se in Germania utilizzare i prigionieri di guerra per costringerli a lavorare è stato descritto come un efferato crimine lo stesso non è stato per i paesi alleati. Tutt’altro: i soldati (soprattutto) tedeschi ed italiani per molti anni rimarranno prigionieri e schiavi delle potenze alleate in quanto rappresentavano della manodopera a basso costo di cui questi paesi non volevano affatto privarsi così presto.
La vulgata storica italiana, quella scritta dagli infami autoproclamatisi “storici” vuole terminato il rimpatrio degli italiani già sul finire del 1945. Niente di più falso. Solo nel 1947 tornarono gli ultimi prigionieri di Hereford.
Ed era il 12 febbraio 1954, quasi 9 anni dopo la fine della guerra, quando l’Unione Sovietica consegnò a Vienna gli ultimi 12 prigionieri di guerra, veri e propri miracolati scampati alla fame, al gelo, alla cieca violenza comunista. Molti dei prigionieri finiti in Russia erano semplici civili che lavoravano in Germania o soldati già internati dai tedeschi. Bruttissima quindi la sorte toccata agli italiani: prigionieri di tutti. Moltissimi si ritrovarono ad essere prima prigionieri dei tedeschi e poi degli alleati con i quali qualcuno al caldo in Italia pensava di averci vinto la guerra insieme.
Per molti la beffa non era ancora finita: rientrati in Italia dopo anni di prigionia a decine di migliaia di chilometri da casa un tribunale militare aspettava i reduci di Salò o i non collaborazionisti degli alleati. A costoro, la cui unica colpa è stata quella di non tradire il proprio paese in guerra, fu negata la pensione di guerra, gli assegni per la prigionia ed ai giovani di Salò persino l’esenzione dal servizio militare che dovettero svolgere nuovamente.
Il “mini-processo” si concludeva per tutti con la condanna a 5 giorni di carcere. Un’ennesima umiliazione che solo uno stato vergognoso come quello italiano poteva infliggere ai suoi più valorosi eroi. Torneremo in futuro ad occuparci dei prigionieri italiani durante la seconda guerra mondiale.

http://www.ilduce.net/i-dimenticati-prigionieri-italiani-nei-campi-di-concentramento-alleati/






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