martedì 25 novembre 2014

"QUEL PAZZO DI MUSSOLINI CHE CI PORTO’ IN GUERRA"


di Maurizio Barozzi

Questa frase, magari senza l’aggettivo “pazzo”, la sentiamo spesso anche da imbecilli di destra, secondo i quali se l’Italia restava neutrale, chissà quali vantaggi avrebbe avuto (ovviamente a questi dementi non gliene frega niente della fine che avrebbe fatto il fascismo, tanto per loro il fascismo poteva essere come Franco in Spagna e il suo lercio regime al servizio di capitalisti e preti).

VEDIAMO ALLORA DA UN PUNTO DI VISTA STORICO E STRATEGICO SE VERAMENTE L’ITALIA POTEVA RESTARE NEUTRALE IN UNA GUERRA CHE BEN PRESTO DIVENNE MONDIALE.


Per arrivare ad elementari conclusioni non c’è neppure bisogno di aver frequentato l’Accademia di studi strategici, basterebbero anche un poco di cognizioni storiche. Vediamo.

Al momento di entrare in guerra , 10 giugno 1940, l’Italia si trovava in una condizione di non belligeranza, resa obbligata dalla nostra deficienza militare e finanziaria. Ma fino a quando poteva durare, in una guerra che i tedeschi stavano mostrando di vincere clamorosamente dopo il crollo della Francia? 

Di fatto, i tedeschi, dopo essere arrivati al Brennero, erano arrivati anche nel Tirreno ed era sparita l’antemurale francese. 
E tutto questo per noi non era positivo, ed ovviamente peggio ancora in caso di vittoria degli inglesi, che consideravano il Mediterraneo un loro lago, e avremmo chiuso i nostri progetti in Africa., terreno imperiale riserva di caccia britannica.

Tralasciamo gli aspetti ideologici, che in guerra sono spesso secondari, e consideriamo che l’Italia, una piccola potenza nel Mediterraneo, agganciata anche nel continente ai suoi confini del nord e nord est, con interessi in Africa, poteva solo sperare che in Europa rimanessero in piedi certi equilibri, quel balance of power, affinchè nè tedeschi , nè inglesi, vincessero in modo totale. 
Era per questo che Mussolini da Stresa a Monaco si era sempre battuto per evitare la guerra.

Considerando il suo schieramento nell’Asse con i tedeschi, l’Italia oltre a questo equilibrio doveva anche augurarsi che inglesi e tedeschi non conseguissero quell’accordo totale che Hitler invitava sempre i britannici a sottoscrivere. 
Quell’accordo, per le leggi storiche, non poteva che essere per noi negativo in quanto tutti i nostri interessi geopolitici erano in contrasto con quelli britannici.

Come riferì Giuseppe Bottai, così Mussolini aveva riassunto la nostra situazione:
"Qui ci sono due imperi in lotta, due leoni. Non abbiamo interesse che stravinca nessuno dei due. Se vincesse l’Inghilterra, non ci lascerebbe che il mare per fare i bagni. Se vincesse la Germania, ne sentiremmo il peso. Si può desiderare che i due leoni si sbranino, fino a lasciare a terra le code, e caso mai, andare a raccoglierle".
Ma se questi erano gli aspetti geopolitici, ben peggio stava la situazione sul piano strategico.

SI FACCIA ATTENZIONE.
PREMESSO il considerare che la guerra si sarebbe estesa, coinvolgendo altre nazioni e gli Stati uniti, come poi avvenne, si tenga presente che il nostro paese è come una portaerei nel mediterraneo, con cui si controllano le rotte con l’Africa, mentre il nostro territorio si aggancia al Reich, nel suo “ventre molle”, ovvero risalendo la nostra penisola con delle forze corrazzate si potevano avere buone probabilità di sfondare il fronte verso la Germania. 
A questo si aggiunga che occupando i nostri aeroporti sarebbe stato possibile bombardare la Germania come infatti avvenne dal 1943 non appena gli anglo americani occuparono l’Italia del Sud. 

QUESTO PER DIRE CHE PROSEGUENDO ED ESTENDENDOSI LA GUERRA GLI ALLEATI AVREBBERO SICURAMENTE CERCATO DI OCCUPARE IL NOSTRO TERRITORIO, SENZA PENSARCI DUE VOLTE, E I TEDESCHI, PER IL MOTIVO OPPOSTO AVREBBERO DOVUTO CERCARE DI PRECEDERLI. 

Un pò quello che era accaduto con la Norvegia e la gara a chi la occupava prima.


Questa situazione la espose magnificamente Mussolini con un riservato “Memoriale panoramico al Re” del 31 marzo 1940, dove scrisse:

"…Se la guerra continua credere che l’Italia possa rimanere estranea fino alla fine è assurdo e impossibile. 
L’Italia non è accantonata in un angolo di Europa come la Spagna, non è semi asiatica come la Russia, non è lontana dai teatri di operazione come il Giappone o gli Stati Uniti; l’Italia è in mezzo ai belligeranti, tanto in terra, quanto in mare. 
Anche se l’Italia cambiasse atteggiamento e passasse armi e bagagli ai franco-inglesi, essa non eviterebbe la guerra immediata con la Germania, guerra che l’Italia dovrebbe sostenere da sola.... 
L’Italia non può rimanere neutrale per tutta la guerra, senza dimissionare dal suo ruolo, senza squalificarsi, senza ridursi al livello di un Svizzera moltiplicata per dieci.
Il problema non è quindi sapere se l’Italia entrerà in guerra o non entrerà in guerra, perché l’Italia non potrà fare a meno di entrare in guerra. 
Si tratta soltanto di sapere quando e come: si tratta di ritardare il più a lungo possibile, compatibilmente con l’onore e la dignità, la nostra entrata in guerra: a) per prepararci in modo tale che il nostro intervento determini la decisione; b) perché l’Italia non può fare una guerra lunga, non può cioè spendere centinaia di miliardi, come sono costretti a fare i paesi attualmente belligeranti".

Quindi Mussolini affermava che, escluso un nostro voltafaccia dell’alleanza con i tedeschi, non ci rimaneva che la possibilità di una “guerra parallela” con la Germania ed in funzione dei nostri interessi da riassumere in questi obiettivi:
"Libertà sui mari, finestra sull’oceano, L’Italia non sarà mai una nazione indipendente sino a quando avrà a sbarre della sua prigione mediterranea la Corsica, Biserta, Malta e, a mura della stessa prigione, Gibilterra e Suez. Risolto il problema della frontiere terrestri, se l’Italia vuole essere una Potenza veramente mondiale deve risolvere il problema delle sue frontiere marittime: la stessa sicurezza dell’Impero è legata alla soluzione di questo problema".

Come sappiamo Mussolini disse che inizialmente aveva previsto l’ingresso in campo dell’Italia all’incirca per la primavera del 1941, ma poi l’incalzare delle vicende belliche travolse ogni previsione e Mussolini fu costretto ad anticipare il progettato intervento per il settembre di quello stesso anno, ma adesso: 

"La situazione attuale non permette ulteriori indugi, perché altrimenti noi corriamo dei pericoli maggiori di quelli che avrebbero potuto essere provocati con un intervento prematuro... D’altra parte se tardassimo due settimane o un mese, non miglioreremmo la nostra situazione, mentre potremmo dare alla Germania l’impressione di arrivare a cose fatte, quando il rischio è minimo...".
Chi, ancora oggi, di fronte all’evidenza dei fatti, accusa Mussolini di megalomania e avventatezza, dovrebbe invece riflettere che le decisioni di Mussolini furono tutte ponderate, soppesate e impostate sull’eccesso di prudenza, addirittura a scapito della stessa opinione pubblica della nazione.


Nella primavera 1940 un rapporto riservato dell’OVRA, aveva infatti rilevato che opinione pubblica e classi dirigenti, avevano tutti il timore di “arrivare tardi”, a cose fatte, di perdere prestigio e posizioni (e ovviamente affari e interessi). 

Anche Vittorio Emanuele III confidava al suo aiutante di campo, generale Puntoni, che “Il più delle volte gli assenti hanno torto” e non lesinava neppure qualche battuta sul troppo esitante Mussolini.

Solo Mussolini, invece, di fronte ai fenomenali successi tedeschi, e nonostante l’intensificarsi delle provocazioni britanniche ai nostri danni, pur con la pressione “guerrafondaia” montante nel paese, cercava di rimanere il più razionale possibile.

Eppure a causa del blocco navale inglese ai nostri danni il presidente della Montecatini Guido Donegani era corso a Roma a sottolineare come la sospensione dei rifornimenti di carbone stava per causare l’arresto dell’industria determinando la catastrofe nella produzione e serie conseguenze sociali.

"Tra poco i cannoni spareranno da soli" inveì Mussolini, ed aggiunse costernato: 
"non è possibile che io, proprio io, sia diventato il ludibrio dell’Europa. Non faccio che subire umiliazioni".

Quando poi i travolgenti successi tedeschi in Francia stavano ubriacando tutti gli italiani il Duce così, significativamente, confidò a suo figlio Vittorio:

"Adesso tutti desiderano sparare il primo colpo di fucile. Il Re, lo Stato Maggiore, i gerarchi. Per quanto paradossale sembri, l’unico pacifista sono rimasto io, io solo!". 

Il 30 maggio, infine, Mussolini comunicava a Hitler la decisione di entrare in guerra.

Mussolini, aveva fatto il possibile per evitare la guerra, ma non perché non la ritenesse necessaria o non la volesse, sapeva bene che la guerra in certe situazioni è inevitabile, ma nel fare necessità virtù, come venne notato, cercò di applicare la furbizia di Bertoldo che accettò di essere impiccato a patto di scegliere lui stesso l’albero: che ovviamente non trovava mai. E così Mussolini, conveniva di entrare in guerra a patto di scegliere lui il momento, nella speranza che questo momento non avesse dovuto mai trovarlo.

IN CONCLUSIONE, PENSATECI SEMPRE DIECI VOLTE PRIMA DI ACCUARE MUSSOLINI DI AVERCI ROVINATO CON LA GUERRA

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