mercoledì 17 settembre 2014

Il glorioso Cantiere navale di Castellammare

( a cura di Antonio Cimmino )
Brevi cenni dalle origini ai giorni nostri
I parte (dalle origini al 1860)
Real CantiereReal Cantiere
Già dalla fine del 1500 nella zona di Castellammare di Stabia erano presenti numerosi cantieri navali artigianali, tutti in grado di realizzare imbarcazioni più complesse rispetto alle semplici barche da pescatore. Nel 1780 il primo ministro del re di Napoli, Giovanni Eduardo Acton, a conclusione dell’indagine per individuare il sito dove far nascere il grande e moderno cantiere in grado di dotare la Regia Flotta di nuove navi, identificò in Castellammare la località ideale per i seguenti requisiti: estrema vicinanza ai boschi di proprietà demaniale di Quisisana che dalle pendici del Monte Faito, garantivano legname da costruzione, le numerose ed abbondanti fonti di acque minerali in loco, che permettevano un trattamento del legno altrove impossibile, i favorevoli collegamenti con Napoli (che avvenivano su una strada larga e comoda) e non ultima la consolidata competenza dei maestri d’ascia stabiesi (che si tramandavano il mestiere di padre in figlio) che assicurava disponibilità di manodopera qualificata e duratura.
La realizzazione del Real Cantiere di Castellammare, fu quindi approvata da Ferdinando IV di Borbone, e completata nel 1783 previa l’abolizione del convento dei Carmelitani che sorgeva sul luogo. Per la sua grandezza, divenne in breve il maggiore stabilimento navale d’Italia, la cui forza lavoro, alla fine del ‘700 ammontava a ben 2.006 unità. Le maestranze qualificate degli stabiesi, vennero supportate dai lavori più pesanti svolti dai galeotti. La materia prima era conservata in enormi magazzini, le abbondanti acque minerali erano convogliate in grandi vasche che servivano per tenere a mollo il legname così da accelerarne il conseguente processo di stagionatura. In brevissimo tempo le navi costruite a Castellammare fecero divenire l’Armata di Mare, la seconda Marina del Mediterraneo dopo quella francese. Vascelli, fregate, corvette prima e pirovascelli e pirofregate dopo, vennero varate dai tre grandi scali di costruzione dotati di avantiscalo, una innovazione di non poco conto che permise di varare all’interno del porto e non più verso il mare aperto (come avveniva nei primi decenni). Lo scalo in muratura era dotato di grandi argani per l’alaggio dei vascelli, con i quali si poteva effettuare, all’asciutto, il calafataggio della carena ed altri lavori di manutenzione. Quello di Castellammare di Stabia, divenne in breve il più grande cantiere navale d’Italia. A sua difesa, accanto alle fortificazioni già esistenti di Portocarello e di Rovigliano, fu costruita una batteria casamattata con ben 30 cannoni. La prima nave da guerra costruita a Castellammare fu la fregata Stabia, l’anno seguente fu varato il vascello Partenope, poi la fregata Pallade e la corvetta Flora e negli anni a seguire decine di altre imbarcazioni. Sotto la dinastia borbonica furono varate dal Real Cantiere di Castellammare, unità navali tra le più moderne e veloci dell’epoca, dotate di macchine da 300 cavalli. La presenza dell’importante cantiere navale e della Reggia di Quisisana fecero si che a Castellammare si installassero ben 17 sedi consolari: Austria-Ungheria, Francia e Gran Bretagna, Grecia, Spagna, Olanda, Paraguay, Turchia, Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Russia, Sardegna, Svezia e Stati Uniti d’America…
II parte (dal 1860 agli inizi del XX secolo)
Varo DuilioVaro Duilio
Dopo il 1860, il Governo italiano ampliò ulteriormente il cantiere navale per la costruzione delle navi in ferro. L’importanza del cantiere di Castellammare e la professionalità delle sue maestranze, dopo la sconfitta della flotta italiana a Lissa nel 1866, fece dire all’ing. Colombo (fondatore del Politecnico di Milano) che: “…l’unico cantiere in Italia in grado di ricostruire la flotta è quello di Castellammare…”. Nel 1870, però, si paventò un ridimensionamento del cantiere ed il suo passaggio ai privati. Il sindaco dell’epoca, cav. Francesco De Angelis, il 10 dicembre 1871 inviò una petizione ai senatori e ai deputati del Regno d’Italia nella quale si legge: “Castellammare di Stabia, città di circa 30 mila abitanti, da lunghissimi anni ha nel suo seno un Cantiere ed Arsenale Militare, unico nel suo genere per queste Province Meridionali d’Italia, e dal quale sono usciti buona parte de’ navigli da guerra della regia flotta… Il Cantiere di Castellammare di Stabia essendo l’unico e solo stabilimento di questo genere che esiste nell’ex Reame ebbe il più grande sviluppo che poteva ricevere sotto quel Governo. Ciò ha portato che si è costituita in questo paese una numerosissima classe di operai costruttori, carpentieri, ed arti affini, di maniera che mentre da una parte vivono di quest’arte migliaia di persone, l’arte stessa è divenuta tradizionale e quasi naturale in quelle famiglie…”. Superata la crisi, vennero costruite diverse unità in ferro. La corazzata Duilio, progettata da Benedetto Brin, rappresentò un’ardita rivoluzione tecnica, presentandosi, tra l’altro, come la nave più grande ed evoluta, la cui costruzione attirò l’attenzione di tutte le Marine estere. La Duilio, fu varata nel maggio del 1876 alla presenza dello stesso Brin, commosso più che mai, e delle più alte cariche dello Stato, nonché di ventimila persone, il varo di questo gigante del mare, destò ammirazione ed orgoglio, tanto da portare di diritto la nostra flotta al III posto nello schieramento mondiale. Umberto I e tutta la corte partecipò al varo unitamente ad ambasciatori ed ingegneri navali anche stranieri, molti dei quali abbastanza scettici della riuscita del varo. Si racconta che l’ambasciatore cinese, vestito tradizionalmente, al momento del varo si gettò bocconi a terra. Quando gli chiesero se si fosse sentito male, questi con le lacrime agli occhi, rispose: “Ho ringraziato Buddha per avermi chiamato ad assistere ad uno spettacolo così commovente e grandioso”. Lo stesso ambasciatore statunitense, estremamente colpito dall’imponenza della nave, ebbe a dire che la sola Duilio sarebbe stata in grado di distruggere tutta la flotta americana! Nel 1886 il cantiere fu unito alla strada ferrata “Napoli – Torre Annunziata”, mediante un binario che portava (e potenzialmente potrebbe portare ancora), materiale ferroso e macchinari per la costruzione e l’allestimento delle navi. Si consolidò, così, un vasto ed articolato indotto che già allora dava lavoro a migliaia di persone. Incrociatori corazzati, navi del tipo ariete-torpediniere, avvisi ed esploratori furono varati a cavallo del secolo XX…
(Continua)

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