mercoledì 4 giugno 2014

La realizzazione della rete stradale in Africa orientale italiana (1936-41)

di Stefano Cecini

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Piani e progetti

La sera del 9 maggio 1936 Mussolini, dal balcone di Palazzo Venezia, annuncia alla folla la «riapparizione dell’Impero sui colli fatali di Roma». Il decreto costitutivo dell’Impero, che pone sotto la diretta sovranità italiana l’Etiopia e i suoi abitanti e nomina il re d’Italia Imperatore d’Etiopia, porta la stessa data, mentre una delle prime preoccupazioni del regime, dopo aver disciplinato l’amministrazione dei nuovi possedimenti, sembra essere quella del varo del piano per la costruzione della rete stradale1.
In realtà un programma di costruzioni stradali a scopi bellici in Africa orientale è realizzato già prima della conquista dell’Impero. In Eritrea, dall’inizio del 1935 e fino allo scoppio del conflitto, sono costruite alcune strade e piste che da Massaua e Asmara si spingono verso il territorio etiope: la Asmara-Nefasit, la Asmara-Mareb (confine eritreo), la Asmara-Solcotom (confine eritreo) e la camionale Massaua-Decamerè2. A sud dell’Etiopia il governatore della Somalia Rodolfo Graziani nel febbraio del 1935 inizia la costruzione di due arterie che dalla capitale risalgono verso nord: la Mogadiscio-Bulu Burti-Belet Uen-Musthail, per la valle dell’Uebi Scebelli, e la Mogadiscio-Bur-Accaba-Baidoa-Dolo. Inoltre viene costruita una strada che unisce le due arterie all’altezza delle località di Baidoa e di Bulu Burti3. Poi, a conquista avvenuta, la realizzazione di un efficiente sistema viario nel territorio etiope si rende necessaria per soddisfare almeno due esigenze di diverso segno.
Innanzitutto, le strade sono utili all’esercito per favorire gli spostamenti delle truppe ancora impegnate nel soffocare le azioni della resistenza etiope, sicché a tale riguardo lo stesso Graziani, viceré d’Etiopia dal giugno 1936, ammette che alcune rivolte nella stagione delle piogge del 1937 sono state «rapidamente domate per virtù della possibilità di rapidi spostamenti per via stradale»4; in secondo luogo, la presenza di una rete stradale è la premessa irrinunciabile per il programma di valorizzazione delle terre occupate, che ha per motto «nella strada è la vita»5. La valorizzazione agricola e industriale della colonia, con i conseguenti ordinativi al settore privato, permette allo Stato di offrire nuovi sbocchi economici a imprese grandi e piccole che da anni soffrono gli effetti di una dura recessione economica6.
Il Ministro dei Lavori pubblici, Giuseppe Cobolli Gigli, in un lavoro del 1938 così sintetizza le due esigenze:
Alle strade fondamentali è affidato un ruolo di primo piano nella difesa e nella valorizzazione dell’Impero7 [...] con la costruzione delle strade si ebbe la sicurezza militare nelle zone da esse attraversate e il continuo miglioramento economico dei trasporti8.
Troviamo gli stessi concetti in uno scritto del 1939 di Giuseppe Pini, presidente della IV sezione del Consiglio dei Lavori pubblici:
Il problema delle vie rapide e sicure di comunicazione dell’Impero si è […] immediatamente presentato come basilare ed improrogabile, giacché nessuna attività avrebbe potuto proficuamente svolgersi senza possibilità di movimento e di trasporto di uomini, di mezzi e di materiali: la stessa sicurezza e la rapidità della completa pacificazione dipendevano da questa possibilità9.
Ancora Pini, in un lavoro precedente ribadisce il legame tra il sistema viario e la valorizzazione del territorio:
La rete delle strade fondamentali dell’impero […] doveva necessariamente avere una realizzazione rapida, giacché senza vie di comunicazioni rapide e comode nessuna messa in valore […] era possibile 10;
mentre, a fine lavori, commenta:
le strade, nella loro rapidissima realizzazione, hanno soppresso ogni discontinuità fra conquista e valorizzazione del territorio11.
Non stupisce perciò se, regolata l’amministrazione delle colonie, il varo del piano stradale non si fa attendere. Il 19 maggio, infatti, Mussolini emette il seguente comunicato12:
Il duce, Ministro delle Colonie, ha tracciato il piano della rete stradale dell’Etiopia, e ha impartito disposizioni affinché sia dato subito corso alla costruzione delle seguenti arterie fondamentali:
Om Anger-Gondar-Debra Tabor-Dessiè Km 650
Debra Tabor-Debra Marcos-Addis Abeba Km 500
Adigrat-Dessiè-Addis Abeba Km 850
Assab-Dessiè Km 500
Addis Abeba-Gimma Km 300
Totale Km 2.800.
In un secondo tempo sarà costruita la strada Addis Abeba-Allata-Neghelli-Dolo Km 1.100 ca. per collegare la capitale dell’Etiopia con la regione dei laghi e quindi con la Somalia. Contemporaneamente verrà costruita la rete delle strade minori di collegamento. Le strade saranno bitumate e provviste di tutte le opere d’arte necessarie per assicurare il traffico in ogni stagione e per qualsiasi esigenza.
Allo scopo viene costruito in Addis Abeba, alle dipendenze del viceré, un ufficio tecnico dell’aass con un’organizzazione completa di personale e di mezzi per l’inizio immediato dei lavori in ogni settore. Col progredire delle costruzioni sarà provveduto alla manutenzione e vigilanza delle strade mediante controlli e militi della strada (cfr. fig. 1).
L’incarico di realizzare la rete stradale è dunque affidato all’aass, l’Azienda Autonoma Strade Statali nata nel 1928 (l. n. 1094 del 17 maggio) con il «compito di assumere la gestione tecnica» delle principali strade italiane individuate dalla stessa legge istitutiva dell’Ente tra le strade già di competenza del Genio Civile e delle Province13. Si tratta di 137 arterie principali, in gran parte di prima classe14 ma alcune anche di seconda, per un totale di 20.622 km15, che prendono la denominazione di “strade statali”16. Il Ministro dei Lavori pubblici, presidente dell’Azienda, nomina i componenti del Consiglio di Amministrazione e il direttore generale, responsabile della gestione tecnica, mentre i compiti esecutivi sono affidati a 14 Compartimenti della viabilità. Il bilancio dell’Azienda è approvato dal Parlamento in appendice al bilancio del Ministero dei Lavori pubblici, mentre per il proprio finanziamento l’aass gode di alcuni cespiti speciali: i proventi delle tasse di circolazione e della pubblicità, i contributi di miglioramento stradale e quello fisso statale di 180 milioni annui.
Sulle strade statali l’aass esegue opere di «sistemazione», e di «manutenzione ordinaria e straordinaria». Le attività di sistemazione comprendono la pavimentazione, la regolazione della carreggiata, la realizzazione dei manufatti, la costruzione dellecase cantoniere, la regolazione della segnaletica stradale e la correzione dei tracciati. Questa tipologia di interventi riguarda inizialmente circa 6.000 km di strade scelte tra quelle che assumono particolare importanza per ragioni di traffico, di prestigio e di decoro17. I lavori, da completare in quattro anni, sono eseguiti con appalti a pagamenti differiti di circa quindici anni e finanziati in parte con dei mutui concessi a tassi agevolati18. Esauritosi il primo programma dei 6.000 km, le difficoltà economiche dell’Azienda, dovute ad alcune mancate entrate19, orientano le strategie dell’aass verso un più ridotto intervento: sulle strade definite di “grande comunicazione” si opera eliminando le «vischiosità di tracciato» e sistemando le carreggiate solo dove lo richiede «l’intensità del traffico»; sulle strade definite di “interesse locale” gli interventi di sistemazione si «limitano alle opere strettamente indispensabili per la sicurezza della circolazione»20. Seguendo queste nuove direttive, i km “sistemati” diventano 11.453 nel 1937 e 13.000 nel 194021. L’attività di «manutenzione» invece, è realizzata direttamente dall’Azienda, anche tramite l’intervento dei cantonieri, su tutte le strade non coinvolte nell’opera di «sistemazione»22.
Oltre alla gestione delle strade statali, la legge istitutiva dell’aass affida all’Azienda anche compiti di “controllo” sulle autostrade. Le arterie di nuova concezione riservate al traffico automobilistico extraurbano sono realizzate da società private appositamente costituitesi, che in base alla convenzione firmata con lo Stato hanno il diritto alla gestione delle autostrade per cinquant’anni. Ma le difficoltà finanziarie in cui versano le società concessionarie, dovute allo scarso sviluppo della motorizzazione italiana23, costringono lo Stato ad intervenire24. Nel 1933 è riscattata la Milano-Laghi, la prima autostrada italiana, la cui gestione passa all’aass. La novità assoluta per l’Azienda consiste nella riscossione dei pedaggi, peraltro nell’occasione ridotti di un terzo. A seguito del riscatto da parte dello Stato degli altri tratti autostradali, la Milano-Bergamo nel maggio del 1938, la Bergamo-Brescia nel 1939, e infine la Firenze-Mare nel 1941, l’aass si trova a gestire circa 300 km di autostrade, a cui vanno aggiunti i circa 50 km della Genova-Serravalle Scrivia, arteria riservata agli autocarri, realizzata direttamente dallo Stato e inaugurata il 28 ottobre del 193525.
Si vede bene perciò come, al di là della gestione delle strade statali e di gran parte delle rete autostradale, quello che Mussolini affida all’aass in Africa orientale è un compito del tutto nuovo, oltre a essere l’impegno più importante svolto fino ad allora dall’Azienda nell’ambito delle costruzioni stradali. Il Ministro Cobolli Gigli, in qualità di presidente dell’Azienda autonoma, chiama a dirigere i lavori Giuseppe Pini, presidente della iv sezione del Consiglio dei Lavori pubblici, che diverrà poi nel dicembre 1939, non per caso, direttore generale dell’aass, e nel febbraio del 1943 verrà inserito nella lista dei candidati al Senato26. Il 21 maggio Mussolini concede l’approvazione definitiva al piano e all’inquadramento dell’aass in Africa orientale. L’Azienda della strada in aoi sarà formata da un ispettorato centrale con sede in Addis Abeba, ripartito in servizio tecnico e servizio amministrativo, e da quattro compartimenti con sede rispettivamente in Addis Abeba, Asmara, Gondar e Dessiè27.
Il piano della costruzione della rete stradale è quindi stabilito a tavolino prima che i funzionari dell’aass possano effettuare i necessari rilievi tecnici. Quando i funzionari dell’Azienda della strada giungono in Etiopia siamo ormai all’inizio della stagione delle grandi piogge (giugno 1936), che non solo blocca l’avvio dei lavori, ma rende anche impossibile effettuare le ricognizioni necessarie per la predisposizione dei tracciati. I tecnici dell’aass non possiedono «nessuna esperienza coloniale», e in più manca «loro qualsiasi dato di studio»28. Così le uniche informazioni in possesso dei funzionari dell’Azienda autonoma sono quelle fornite dagli ufficiali che hanno condotto la campagna militare, non ritenute però «sufficienti a una predisposizione dei progetti»29.
Tuttavia, nel mese di ottobre i tecnici dell’aass possono iniziare i sopralluoghi, terminati in dicembre, e sono quindi in grado di apportare al «piano del duce» le necessarie modifiche, naturalmente sempre sotto «la sua approvazione».
Alcune difficoltà tecniche impongono la rinuncia al collegamento tra Om Anger e Gondar (la prima strada del comunicato di Mussolini). Le esigenze militari e le possibilità di sfruttamento del territorio, quando non le pressioni dei diversi governatorati in cui è suddivisa la colonia30, sembrano invece suggerire l’estensione del piano alla costruzione di altri tratti stradali e alla modifica di alcuni tracciati. A tale proposito così si esprime il Ministro Cobolli Gigli nell’aprile del 1938:
I tracciati furono fissati […] scegliendoli fra diverse soluzioni possibili, in base ai risultati dei sopralluoghi ed a considerazioni di indole economica e militare fatte presenti dai governatori interessati e confermate dal governo generale. Alle strade disposte nel piano originario viene aggiunta con l’approvazione del Duce, la Addis Abeba-Lechemti la cui costruzione venne segnalata con urgente necessità31.
Oltre la strada Addis Abeba-Lechemti, si aggiunge al piano anche il collegamento tra Asmara e il Sudan anglo-egiziano, deciso nella capitale dell’Eritrea il 5 novembre del 1936 nel corso di una riunione «presieduta da S. E. il Ministro delle Colonie»32. La costruzione della strada era iniziata prima della fine del conflitto e, «pur non essendo fra le linee della rete che era stata tracciata subito dopo la conquista dell’Impero, doveva essere portata a compimento perché conservava le finalità per cui era stata decretata ed iniziata la costruzione»33.
Infine il collegamento tra Gondar e Addis Abeba, che nel piano del duce tocca le città di Debra Tabor e di Debra Marcos, viene modificato per attraversare il Goggiam, zona «più fertile e più popolata»34, e che, inoltre, costituisce il cuore della resistenza etiope35. Il piano definitivo affidato all’aass pertanto comprende le seguenti nove strade fondamentali:
Strada n. 1 di Dogali (Massaua-Nefasit-Asmara) di 116 Km;
Strada num. 2 della Vittoria (Asmara-Dessiè-Addis Abeba) di 1.077 Km;
Strada n. 3 di Decamerè (Nefasit-Decamerè) di 40 Km;
Strada n. 4 della Dancalia (Assab-Dessiè) di 485 Km;
Strada n. 5 dell’Eritrea occidentale (Asmara-Tessenei-Sabderat) di 379 Km;
Strada n. 6 del lago Tana (Asmara-Gondar-Debra Marcos-Addis Abeba) di 1.262 Km;
Strada n. 7 del Gimma (Addis Abeba-Gimma) di 340 Km;
Strada n. 8 di Lechemti (Addis Abeba-Lechemti) di 330 Km;
Strada n. 9 di Debra Tabor (Gondar-Debra Tabor-Dessiè) di 360 Km36.
Il totale complessivo era di 4.389 km, di cui 400 già costruiti in Eritrea nella fase della preparazione alla guerra e che l’aass ha soltanto il compito di sistemare (cfr. fig. 2). Alcuni tratti della strada n. 6 tra Addis Abeba e Gondar e della strada n. 9 tra Dessiè e Gondar rispettivamente di 707 km e di 330 km, pur facendo parte del piano, non sono ritenuti urgenti, e la loro ultimazione non è prevista nel capitolo di spesa della rete che riguarda quindi un totale di 3.352 km, di cui 2.952 km di strade completamente nuove e 400 km di strade da sistemare, per un ammontare complessivo di 3 miliardi di lire. A questa cifra si arriva tramite un sofferto iter burocratico. Infatti inizialmente il Ministero dei Lavori pubblici aveva fornito una previsione di spesa notevolmente inferiore, pari all’incirca a 500.000 lire a chilometro. Il Ministro Cobolli Gigli si giustifica in questo modo con il duce:
Le previsioni indicate nell’agosto XIV in lire 500.000 per Km […] riguardano uno studio di larga massima fatto dal Ministero prima dell’aumento dei salari degli operai del 30% e prima che fosse stabilito che il carico dei viaggi dovesse andare alle imprese, come pure prima dell’ordine di impiego del 70% di maestranze metropolitane37.
Infatti a marzo del 1937 l’aass ha appaltato 2.246 km di strade nuove per un totale di 2.784.500.000 lire, con un costo medio pari a circa 1.240.00038 lire. Le spese per il mantenimento e il completamento delle strade già costruite, che in quel momento riguardano, oltre le strade eritree, anche parte della strada della Vittoria fino a Quorum, richiedono invece una spesa pari a 396.000.000 lire, con un costo medio di circa 340.000 lire al km39. Il costo totale pertanto ammonterebbe a 3.180.500.000 lire. Questa cifra però è ritoccata verso il basso, in quanto in sede di Consiglio dei Ministri nel giugno del 1937 si discute su una cifra da stanziare per i lavori pari a 3.111.140.000 lire suddivisi in tre esercizi finanziari40:
Esercizio finanziario del 1936-37: Lire 900.000.000;
Esercizio finanziario del 1937-38: Lire 1.650.000.000;
Esercizio finanziario del 1938-39: Lire 561.140.000.
Ma il Ministero delle Finanze pretende l’abbassamento della cifra totale a 3 miliardi, e la ripartizione in quattro esercizi finanziari e non più in tre secondo lo schema:
Esercizio finanziario del 1936-37: Lire 900.000.000;
Esercizio finanziario del 1937-38: Lire 1.100.000.000;
Esercizio finanziario del 1938-39: Lire 500.000.000;
Esercizio finanziario del 1939-40: Lire 500.000.000.
La riduzione delle spese non tocca però le somme destinate strettamente alla sistemazione e alla costruzione ex novo delle strade, peraltro in gran parte già appaltate, ma riduce da 85.000.000 a 74.737.597 lire le spese per la manutenzione delle strade a completamento e a costruzione, e da 235.000.000 a 131.122.403 lire la somma destinata agli stipendi del personale dell’aass e alle spese generali.
La ripartizione della somma rimanente tra i diversi tratti già costruiti e da costruire è così sancita dal Consiglio dei Ministri nel giugno del 193741:
Strade da completare e da sistemare:
Massaua-Asmara (strada n. 1 del piano): Lire 39.320.000;
Asmara-Negussè (tratto della strada n. 6 del piano): Lire 35.090.000;
Nefasit-Decamerè (strada n. 3 del piano): Lire 8.330.000;
Decamerè-Macallè-Quorum (tratto della strada n. 2 del piano): Lire 59.000.000;
Asmara-Sabderat (strada n. 5 del piano): Lire 255.000.000.
Per strade di nuova costruzione:
Aguissè-Mai Tinchet-Gondar (tratto della strada n. 6 del piano): Lire 163.000.000;
Quorum-Dessiè-Addis Abeba (tratto della strada n. 2 del piano): Lire 714.000.000;
Dessiè-Magdala (tratto della strada n. 9 del piano): Lire 81.400.000;
Assab-Sardò-Dessiè (strada n. 4 del piano): Lire 681.000.000;
Addis Abeba-Lechemti (strada n. 8 del piano): Lire 410.000.000;
Addis Abeba-Gimma (strada n. 7 del piano): Lire 345.000.000.
La somma totale ammontava a 2.791.140.000 lire. La cifra di 900 milioni di lire del primo esercizio finanziario è stornata dal bilancio del Ministero dell’Africa orientale già assegnato per l’esercizio 1936-37. Infatti mentre a Roma si discute sulle somme del bilancio dello Stato da destinare alla costruzione delle strade affidate all’aass, l’Azienda ha già provveduto a distribuire gli appalti e a iniziare i lavori.
Questa rapidità è legata indubbiamente alla volontà del regime di fornire un’immagine di efficienza, ma è anche dettata da ragioni pratiche. Innanzitutto vi è la necessità di far muovere velocemente sul territorio le truppe impegnate a combattere la resistenza locale. In secondo luogo le grandi piogge del giugno-settembre del 1936 rendono impraticabili le piste aperte dall’esercito durante il conflitto. Ciò comporta che per tre mesi il centro dell’Impero rimane del tutto isolato. Addis Abeba e Gondar devono essere rifornite per via aerea. Un appunto tra le carte della Segreteria particolare del duce ha per oggetto il contenuto di un’intercettazione telefonica del gennaio del 1937 in cui «il colonnello Salomone, Commissario di Gondar, avrebbe debbo [detto] che fino a pochi giorni fa sono stati costretti a farsi mandare due sacchi di farina per via aerea per la difficoltà delle strade»42. Mussolini pretende allora che per il 30 giugno del 1937 sia possibile circolare sulle arterie Asmara-Gondar e Asmara-Addis Abeba43.
Le pubblicazioni ufficiali che si occupano dell’argomento insistono molto sul raggiungimento di questo primo obiettivo. Ma se da più parti è indicato che per il 30 giugno 1937 la viabilità tra Addis Abeba, Gondar e Asmara è assicurata, i lavori non possono dirsi completati. Infatti Giuseppe Pini afferma che il 21 giugno 1937 sulla direttrice Asmara-Gondar sono ultimati 411 km di strada e 143 km di pista44 (554 km sui 580 complessivi), mentre sulla direttrice Asmara-Addis Abeba alla stessa data sono stati costruiti 835 km su strada e 265 km su pista (1.110 km sui 1.262 totali)45. Lo stesso Ministro dei Lavori pubblici, Cobolli Gigli, ad aprile 1938 scrive che solo per il 30 giugno 1938 i due itinerari Asmara-Gondar e Asmara-Addis Abeba «potranno dirsi pressoché compiuti»46.
Ciò nonostante, il 21 aprile del 1937 si inaugura il servizio passeggeri sulla Addis Abeba-Asmara con un trasporto organizzato dalla ditta Gondrad. Ciro Poggiali, corrispondente del “Corriere della Sera” in Etiopia, è un testimone d’eccezione di quel primo viaggio, e le parole del suo diario possono far luce sul tipo di rapporto che lega Mussolini ai suoi subordinati, anche quando questi occupano posti di alta responsabilità:
Evidentemente nessuno, in quella circostanza, osò dire al Capo che in realtà le strade non avevano ancora raggiunto quel grado di sistemazione necessario ad un servizio viaggiatori così lungo e delicato47.
Oltre alla difficoltà di percorrere in pullman i tratti ancora incompleti della strada, quello che colpisce di più il giornalista è il fatto che:
ogni 5 Km è un cantiere arieggiante la fortezza, perché ingegneri e maestranze hanno prima di tutto da badare a salvarsi la pelle contro il ribellismo ovunque serpeggiante48.
Di questo tipo di difficoltà non c’è traccia nella pubblicistica specializzata. Il 30 giugno del 1939, comunque, a due anni e mezzo di distanza dall’inizio dei lavori, la rete stradale affidata all’aass può dirsi quasi completa, con l’eccezione di alcuni tratti sulla direttrice n. 9 tra Magdala e Debra Tabor (255 km) e sulla direttrice n. 6 tra Debra Marcos e Gondar (407 km)49.
Eppure la “febbre stradale” che sembra aver colto le alte cariche del regime non può accontentarsi dei “soli” 3.352 km delle strade fondamentali. Oltre le già ricordate motivazioni economiche e militari, a muovere le decisioni del governo italiano verso l’ampliamento della rete stradale in aoi concorrono anche altri fattori. La costruzione della rete stradale è considerata dal regime uno strumento assai utile in chiave propagandistica per affermare la superiorità culturale e tecnica dell’Italia fascista nei confronti della popolazione indigena, ritenuta del tutto incapace di dotarsi di un sistema di trasporti efficienti50. La strada, “costruzione romana” per eccellenza, è l’opera pubblica che meglio si presta, per ovvi motivi, all’esercizio di una retorica tesa ad accostare l’Impero fascista alle glorie passate della Roma imperiale. Così il regime tende ad enfatizzare le costruzioni stradali in Etiopia come «opere di civiltà», per cui la strada diventa il segno concreto dell’azione civilizzatrice compiuta dal fascismo in terre ove «fino a ieri imperavano l’abbandono e la barbarie»51.
Pertanto nel giugno del 1937 il Consiglio dei Ministri vara un imponente piano di opere pubbliche per l’Africa orientale italiana che non può certo dimenticare le strade. Su una spesa complessiva prevista di 12 miliardi di lire, ben 7 miliardi e 730 milioni sono destinati alla costruzione di nuove arterie e al completamento e alla sistemazione di quelle esistenti52.
Inizialmente il piano, che ha decorrenza dal 1° luglio 1936, è scandito in sei anni, e prevede lo stanziamento per i lavori pubblici di due miliardi di lire l’anno. In sede di approvazione del decreto però, il 15 novembre 1937, i 12 miliardi sono in tal modo suddivisi in dodici esercizi finanziari, a partire dall’esercizio 1936-3753:
Esercizio finanziario 1936-37: Lire 2.000.000.000;
Esercizi finanziari dal 1937-38 al 1945-46: Lire 1.000.000.000;
Esercizi finanziari dal 1946-47 al 1947-48: Lire 500.000.000.
Le opere stradali comprendono le strade di grande comunicazione, stabilite in sede di Consiglio dei Ministri, le strade secondarie e le piste, la cui rete «potrà essere determinata in base ai programmi dei quali dovrà decidere la compilazione gli stessi governi interessati»54 secondo il seguente schema55:
A) Grandi comunicazioni:
1. Addis Abeba-Sciasciamanna-Imi-Mustahil-Fer Fer-Mogadiscio di 1.500 Km di cui parte costruita e parte in corso di costruzione: Lire 1.500.000.000;
2. Addis Abeba-Dire Daua-Harar di 600 Km di cui parte in corso di costruzione e parte avente carattere di pista: Lire 600.000.000;
3. Harar-Giggiga-Fer Fer di Km 900 di cui alcuni tratti in corso di costruzione: Lire 600.000.000;
4. Addis Abeba-Gondar di 800 Km per l’Accefer: Lire 1.000.000.000;
5. Giggiga-Arghesia di 100 Km per Berbera (accordi italo inglesi): Lire 100.000.000;
6. Giggiga-Burama di 50 Km per Zeila: Lire 30.000.000;
7. Sciasciamanna-Gimma di 200 Km: Lire 200.000.000;
8. Sciasciamanna-Uondo-Neghelli-Filtù-Dolo-Baidoa-Mogadiscio di Km 1350 di cui parte avente carattere di pista in corso di costruzione: Lire 1.000.000.000;
9. Gimma-Gore-Gambela di 400 Km: Lire 400.000.000;
10. Lechemti-Kurumuk di 400 Km per Rosereis: Lire 400.000.000;
11. Neghelli-Mega di 300 Km: Lire 300.000.000;
12. Mega-Javello-Agheremariam-Uondo di 400 Km per Addis Abeba: Lire 400.000.000;
B) Strade secondarie:
Strade interne di ogni governo
Eritrea: Lire 100.000.000;
Somalia: Lire 200.000.000;
Harar: Lire 200.000.000;
Galla Sidamo: Lire 300.000.000;
Amahara (compreso tutto lo Scioa): Lire 300.000.000;
Piste secondarie e carovaniere: Lire 100.000.000.
Le strade di grande comunicazione nn. 5 e 6, progettate insieme al governo inglese, sboccano nella Somalia britannica. Le strade nn. 1, 2 e 8 sono le strade transoceaniche, che collegano il centro dell’Impero con Mogadiscio. Per le sole “Grandi comunicazioni”, il progetto prevede quindi, tra adattamenti e costruzioni ex novo, la realizzazione di una rete stradale di 6.200 km, a cui si aggiungono gli 800 km della Addis Abeba-Gondar56, per un totale di 7.000 km di strade e un investimento complessivo pari a 6.530.000 di lire (cfr. fig. 2).
La prima, e come vedremo, unica strada del piano ad essere completata, è la direttrice n. 2, anche se il suo percorso di 485 km alla fine risulta più breve dei 600 km inizialmente previsti. Questa arteria corre parallela al tratto ferroviario Addis Abeba-Gibuti, fino ad Harar. La scarsa simpatia che il regime nutre verso la ferrovia francese è ben nota, come testimoniano la costruzione di questa strada e la progettazione e realizzazione della strada della Dancalia (l’arteria n. 4 delle strade fondamentali), che collega la capitale al porto di nuova costruzione di Assab. Entrambe le strade, cariche di un significato politico, hanno lo scopo di rendere superfluo il collegamento ferroviario francese tra il Mar Rosso e Addis Abeba.
Naturalmente in questo secondo e più ambizioso progetto non sono compresi i lavori per le 9 strade fondamentali, dato che «essendo essi già ben precisati singolarmente nella natura e nell’importo; avendo un particolare carattere d’urgenza; ed essendo infine retti da norme speciali di esecuzione, è sembrato più opportuno farne oggetto di un quadro a se stante ed indipendente da quello dei lavori previsti dal programma»57. Ma nonostante il fatto che “nella mente del legislatore” i capitoli di spesa dei due progetti fossero indipendenti «in realtà sono risultati almeno in parte [...] deficienti nelle previsioni, tanto che l’onere delle omissioni del primo finanziamento aass può essere soddisfatto sottraendo al secondo una parte delle proprie disponibilità finanziarie»58.
In effetti i tre miliardi stanziati per le strade fondamentali non sono sufficienti a sostenere le spese che l’opera richiede, come segnala la Ragioneria generale dello Stato al Ministero dell’Africa italiana nel febbraio del 1939:
per costruzioni stradali aass si sono già impegnate Lire 2.859.421.262,17 di fronte a sole Lire 2.791.140.000 consentite dal decreto, mentre si è al di sotto delle somme consentite sia per la manutenzione sia per gli stipendi ed assegni [rispettivamente] Lire 18.866.899,50 a fronte di Lire 74.737.597 consentite, e Lire 21.225.991,39 a fronte di Lire 134.122.403 consentite59.
Amedeo d’Aosta, nel dicembre del 1937 succeduto a Graziani nella carica di viceré d’Etiopia, è costretto a stornare 500.000.000 di lire dal bilancio del piano pluriennale per destinarle all’aass, in ritardo coi pagamenti alle imprese, già nel 1938:
Situazione diventata ormai seriamente preoccupante non soltanto per mancati pagamenti imprese cui stati avanzamento lavori sono da tempo giacenti in ragioneria, ma anche per inderogabili spese funzionamento ispettorato e compartimenti aass. Prego quindi voler assicurare urgenza provvedimento assegnazione quota 500 milioni60.
Ma anche questo mezzo miliardo in più non è sufficiente a coprire le ulteriori spese non previste del piano delle strade fondamentali. Nonostante il viceré solleciti il Ministero dei Lavori pubblici a trovare i fondi altrove – «non ritengo possibile che esecuzione programma aass […] gravi ulteriormente sul poliennale a discapito degli altri programmi sia stradali che di opere pubbliche»61 – è costretto a spostare dal piano pluriennale per dirottarli sulle strade fondamentali 140.000.000 di lire nell’esercizio finanziario 1939-40 e 150.000.000 di lire nell’esercizio finanziario del 1940-41. Inoltre, ad ogni esercizio finanziario una cospicua somma è versata all’Azienda della strada perché questa si occupi della manutenzione della rete stradale dell’Impero, attività che non era stata prevista dal legislatore al momento della ripartizione dei fondi del piano pluriennale. Ma a questo proposito, il viceré Amedeo d’Aosta lamenta:
Nello scorso esercizio finanziario [1938-39] l’Ispettorato Centrale dell’aass presentò perizie di manutenzione straordinaria sulla rete […] che ammontavano complessivamente a 115 milioni […] le perizie suddette concernevano, per rilevante parte, veri e propri lavori ex novo, per integrazione del programma dei tre miliardi62.
La continua revisione verso l’alto del costo delle strade fondamentali è dovuta, secondo il Ministero dei Lavori pubblici e le imprese partecipanti agli appalti, a due fattori: la nuova disciplina dei rapporti di lavoro introdotta nel corso del 1937 che comporta l’aumento del costo del lavoro e i maggiori costi legati al trasporto dei materiali effettuato via Massaua, cioè sulle strade costruite dal regime, rispetto a quelli previsti via Gibuti, cioè utilizzando la tanto deprecata linea ferroviaria francese.
I fondi del piano pluriennale quindi, oltre a finanziare la costruzione di ulteriori strade e la realizzazione di tutte le altre opere pubbliche dell’Impero, sono destinati anche al completamento delle strade fondamentali, nonché alla manutenzione della rete stradale. Nel corso del 1938 alcune difficoltà nel bilancio dello Stato impongono un’ulteriore dilazione nel piano pluriennale, che passa da dodici a venti anni, rendendo disponibile per ogni esercizio finanziario a partire dal 1938-39 soltanto 500 milioni63.
Questo comporta notevoli difficoltà nella progettazione e nella realizzazione delle opere. Infatti, se da una parte il regime pretende una realizzazione quasi immediata di strade, porti, edifici pubblici, dall’altra differisce i pagamenti nel tempo, consentendo così la partecipazione alle opere pubbliche soltanto alle grosse ditte, le sole che possono permettersi di anticipare i capitali necessari64.
Questa nuova riduzione delle somme annualmente disponibili costringe il Ministero dell’Africa italiana a rivedere il piano previsto dal decreto del 1937. Nel giugno del 1938 si approva un nuovo progetto di costruzioni stradali che, rispetto al precedente, impone la rinuncia ad una delle tre strade transoceaniche, quella centrale da Belet Uen a Sciasciamanna, «data l’importanza che hanno le altre due direttrici orientale e occidentale su cui sono stati eseguiti già lavori per importi rilevantissimi»65; progetto che comporta la riclassificazione delle strade, sulla falsariga di quella introdotta in Italia, tra strade di grande traffico, strade di prima classe, strade di seconda classe, piste di sicuro transito. Sicché il piano del giugno del 1938 prevede la costruzione delle seguenti strade66:
1. Gondar-Gorgorà (strada di grande traffico)-sponda orientale del lago Tana-Bahar Dar-Debra Marcos-Ficcè-Addis Abeba strada di prima classe (a completamento della direttrice n. 6 delle strade fondamentali);
2. dalla sponda orientale del lago Tana a Debra Tabor-Magdala, strada di seconda classe (a completamento della direttrice n. 9 delle strade fondamentali);
3. Gorgorà-sponda occidentale del lago Tana-Bahar Dar, pista di sicuro transito;
4. dalla Assab-Dessiè nei pressi di Millè, alla Addis Abeba-Dire Daua, strada di grande traffico;
5. Addis Abeba-Moggio-Ausch-Dire Daua, in parte strada di grande traffico ed in parte di prima classe;
6. Lechemti-Ghimbi (strada di seconda classe)-Dembidollo-Gambela, strada di grande traffico;
7. dalla Addis Abeba-Moggio a Soddu-lago Margherita-Allata, strada di prima classe;
8. Gimam-Maggi, strada di seconda classe;
9. Belet Uen-Giggiga, strada di prima classe;
10. Mogadiscio-Dolo-Neghelli-Allata, strada di prima classe;
11. Allata-Mega, strada di prima classe;
12. Harar-Giggiga-verso Harghesia, strada di prima classe;
13. Giggiga verso Zeila, strada di seconda classe;
14. Aiscia per Giallo-Zeilo strada di seconda classe;
15. Ghimbi-Zurmuk, pista di sicuro transito;
16. Dire Daua-Harar, strada di grande traffico;
17. Mogadiscio-Belet Uen, strada di grande traffico;
18. Belet Uen-Mustahil, pista.
Ma anche questo progetto si rileva ben presto troppo ambizioso per i mezzi finanziari messi a disposizione dal piano pluriennale. Il Ministero dell’Africa italiana è costretto quindi a varare un programma di opere stradali a carattere di urgenza dal costo complessivo di 800 milioni di lire da suddividere in cinque esercizi finanziari a datare dal 1° luglio 1939, per una cifra annuale pari a 160 milioni di lire. Al solito questo sistema comporta che gli appalti siano distribuiti «tra le imprese le quali sia per la loro attrezzatura tecnica-finanziaria e per il modo di conduzione dei lavori possano sostenere il pagamento rateizzato in 5 annualità pur provvedendo alla esecuzione delle opere nel periodo prescritto dal capitolato che è più breve dell’anzidetto termine»67.
Le strade in progetto sono dunque ridotte alle seguenti:
1. tronco Debra Tabor-torrente Targhia sulla direttrice Gondar-Dessiè (a completamento della direttrice n. 9 delle strade fondamentali);
2. Addis Abeba-Soddu-Allotà;
3. Gimma-Magi;
4. Lechetmi-Gambela68.
Il totale ammontava a 1.506 km. Il viceré, di concerto con il Ministero dell’Africa italiana, affida la realizzazione di questi tracciati all’aass, che distribuisce gli appalti tra l’agosto e il settembre del 1939. Tra le ditte che si aggiudicano i lavori si segnalano: la sicelp, la Anonima Strade, la cibi, la Igliari, la Ciardi, la Astaldi, la Valente, la Scala, la Mediterranea, e la sabic69.
A gennaio del 1940 è appaltata anche la Gimma-Sirè, che non era stata prevista nel progetto del luglio precedente.
Nell’esercizio finanziario del 1939-40 alla costruzione di queste strade è destinata l’intera cifra prevista (160.000.000 di lire), ma nell’esercizio seguente, 1940-41, la cifra si abbassa a 52.000.000 di lire circa (più i quasi 16.000.000 di lire destinati alla costruzione della Gimma-Sirè).
Il piano delle strade fondamentali, partito a ridosso della conquista, mira a sviluppare i collegamenti tra il centro dell’Impero e il Mar Rosso, quindi in direzione nord-est, allo scopo di unire la capitale Addis Abeba e la città di Gondar con i porti di Massaua e Assab. Il piano pluriennale, nelle sue successive versioni, vuole invece collegare Addis Abeba con l’Oceano Indiano, e quindi con Mogadiscio, e con l’area occidentale dell’Impero. Si muove quindi in direzione sud-ovest.
Alla fine del 1939, per quanto riguarda il primo progetto del 1936 sono realizzate tutte le strade fondamentali tranne alcuni tratti sulla Addis Abeba-Gondar (strada inserita anche nel successivo piano pluriennale) e sulla Gondar-Dessiè. Per quanto riguarda il secondo progetto del 1937 è ultimata solo la Addis Abeba-Harar. Si lavora inoltre su due delle tre strade transoceaniche che devono collegare Mogadiscio al centro dell’Impero. Per quanto riguarda il terzo progetto delle strade a carattere di urgenza si lavora solo su alcuni tratti, tra Gimma e Sirè, tra Lechemti e Ghimbi, tra Gimma e Scioa Ghimira (cfr. fig. 3).
La non completa realizzazione del piano pluriennale è dovuta alla riduzione della somma annuale a disposizione per i lavori, che dai due miliardi di lire iniziali si riduce a 500 milioni, e dalla necessità di finanziare con questi fondi i lavori delle strade fondamentali e la manutenzione di tutta la rete stradale etiopica. Le autorità sono quindi costrette a rivedere di volta in volta il piano pluriennale limitandone di continuo la portata, mentre il coinvolgimento dell’Italia nel conflitto mondiale provoca ovviamente l’interruzione di tutti i lavori70.

2
Le nove strade fondamentali

Il 3 ottobre del 1936 il Ministro dei Lavori pubblici, Cobolli Gigli, e il Ministro per le Colonie, Alessandro Lessona, si recano in Etiopia per seguire in prima persona i lavori delle strade fondamentali. Ma come abbiamo visto il piano non è ancora ben definito. Quello che appare chiaro è che Mussolini pretende risultati tangibili in tempi brevi. Assieme ai due ministri partono allora i tecnici di cinque ditte a cui affidare i lavori sui tronchi principali tramite trattativa privata, previa nozione dei costi e dei percorsi. Presa visione della situazione, i primi lavori sono affidati alla ditta sa Puricelli di Milano, e alle ditte Saverio Parisi e Vaselli di Roma. Si tratta di tre imprese che anni prima si erano già assicurate i grandi appalti stradali in Italia71.
Particolarmente interessante è la figura di Piero Puricelli, titolare della maggiore impresa italiana nel campo delle costruzioni stradali, la Società Anonima Puricelli Strade e Cave, che è ritenuto l’uomo-chiave nella realizzazione delle prime autostrade italiane. È suo infatti il progetto per la prima strada riservata al traffico automobilistico in Italia, la Milano-Laghi, i cui velocissimi tempi di realizzazione mostrano non solo il forte interesse politico nei confronti dell’opera, ma anche le notevoli capacità tecniche delle imprese coinvolte. Mussolini riceve Puricelli il 23 novembre del 1922, a pochi giorni dall’insediamento del suo governo, e concede l’approvazione al progetto del costruttore. Da quel momento tutti i passaggi burocratici sono superati in tempi rapidissimi. Infatti i lavori iniziano soltanto quattro mesi dopo l’incontro tra il duce e Puricelli, il 27 marzo del 1923, con «il primo colpo di piccone» dato personalmente da Mussolini72. La riconosciuta competenza di Puricelli73 non si limita al campo autostradale. La sua società di costruzioni stradali, ereditata dal padre, oltre a essere tra le maggiori del settore in Italia, è tra le prime imprese italiane a eseguire importanti lavori all’estero74. Puricelli inoltre è indirettamente uno dei promotori della stessa istituzione dell’aass. Negli anni che precedono la nascita dell’Azienda della Strada presenta un grandioso progetto di ristrutturazione generale della rete delle strade di prima classe75, in cui suggerisce la creazione di un Ente Nazionale della Strada76, e quando l’aass distribuisce gli appalti per i lavori stradali, la sua ditta è naturalmente tra le principali aggiudicatarie. Nel solo 1929 riceve infatti 32 lotti di lavori per un totale di 165 milioni77. Ma secondo l’opinione di Alberto Beneduce, presidente dell’iri, alla notevole «capacità tecnica» di Puricelli nell’ambito delle costruzioni stradali «non corrisponde la necessaria capacità amministrativa e finanziaria»78. Infatti la sua società si dibatte in grosse difficoltà economiche sin dai primi anni Trenta. Puricelli imputa i problemi finanziari della sua azienda al sistema dei pagamenti posticipati per i lavori appaltati dall’aass, che costringono la società a scontare i crediti presso le banche, pagando forti somme di interesse79.
Di diverso avviso è il presidente dell’iri, che invece chiama in causa la scarsa competenza economico-finanziaria di Puricelli, che secondo Beneduce non è in grado di guidare una società che è diventata troppo grande e con troppi impegni, in Italia, in Europa e in Africa80. È del resto lo stesso Puricelli ad ammettere di non essere molto «pratico di problemi amministrativi»81. Nel 1933, stanti le difficoltà economiche in cui si dibatte la sua impresa, Puricelli è costretto a chiedere l’intervento del duce per ottenere un’assegnazione straordinaria di 1.600 km di lavori stradali82; ma nonostante questo nuovo appalto la situazione della sua società rimane critica83, tanto che Puricelli è costretto a chiedere l’intervento dell’iri per rilevare i suoi debiti nei confronti della Banca Commerciale, e per ottenere un prestito personale. In cambio offre all’iri i suoi crediti nei confronti dell’aass per i lavori svolti e le somme che incasserà dall’Azienda della Strada per lavori ancora da compiere. Grazie all’intervento dell’iri, Puricelli rientra in possesso dell’intero pacchetto azionario della sua società84, ma nonostante altri finanziamenti, tra cui uno di 35 milioni dal Consorzio per Sovvenzioni su Valori Industriali, non è in grado di risollevare le sorti della sua azienda, ed è costretto a trattenere le somme ricevute in pagamento dall’aass85. Vista la situazione critica della Puricelli, Beneduce si rivolge a Mussolini proponendo il passaggio della Società Puricelli all’iri, così argomentando:
il passaggio della Società all’iri [si rende necessario, N.d.R.] a meno che lo Stato non voglia costituire l’assurdo di essere il committente di se stesso, attraverso una persona che, senza capitali propri investiti, rimanga nella situazione fortunata di acquisire a sé tutto l’utile, se l’azienda guadagna, e di riversare nello Stato tutta la perdita, se l’Azienda perde86.
Ottenuto l’assenso del duce al passaggio della Società Puricelli all’iri, l’operazione è ostacolata dallo stesso Puricelli che, con una capacità anticipatoria che denota fiuto ed entrature giuste, conscio delle nuove possibilità che si offrono alla sua impresa dalla conquista coloniale87, pretende lo stralcio dell’attività della Società in Africa e la possibilità di far nascere un’azienda autonoma, la “Puricelli Società per Lavori in ao” pulita dai debiti, di sua proprietà e sotto il suo controllo88. A questa operazione è contrario ancora una volta Beneduce, in quanto, in questo caso «il lavoro in corso più redditizio e quello per il quale lo Stato ha il maggior interesse, cioè quello dell’ao resterebbe riservato al senatore Puricelli»89.
Inoltre il presidente dell’iri è convinto che la vecchia società di Puricelli, per la sua importanza, non può essere esclusa dai lavori stradali in Africa, e che per la sua nuova ditta Puricelli non troverebbe mai credito, visto che «neppure l’ultima bancarella [sic] d’Italia gli anticipa un soldo» e che «ha debitucci in giro di 20-25 mila lire»90. Per non compromettere la posizione politica di Puricelli, fra l’altro presidente della Fiera di Milano, su suggerimento di Beneduce, la Società Anonima Puricelli Strade e Cave nel marzo 1936 passa all’iri, ma Puricelli ne diventa presidente onorario con lo stipendio di 500.000 lire annue e il diritto di riscatto per cinque anni91. Puricelli rimarrà presidente onorario fino al 1940, quando decide di non esercitare il diritto di riscatto e di abbandonare definitivamente la società, che si trasformerà in Italstrade sa92.
La Società Puricelli, unica tra le ditte che lavorano alla realizzazione delle strade fondamentali ad essere controllata dall’iri93, è la maggiore beneficiaria dei primi appalti assegnati dall’aass. Infatti a dicembre del 1936 l’Azienda della Strada ha appaltato 14 tronchi a 13 ditte così distribuiti94:
Tratto Quoram-Dessiè-Addis Abeba:
Tronco n. 1 ditta cibi Km 23;
Tronco n. 2 ditta Gola Km 22;
Tronco n. 3 ditta Valente Km 38;
Tronco n. 4 ditta Ciardi Km 40;
Tronco n. 5 ditta Anonima Strade Km 80;
Tronco n. 6 ditta sa Puricelli Km 383.
Tratto Axum-Mai Timchet-Gondar:
Ditta Ragazzi Km 210 (a questa impresa è affidato il tratto Debarech-Gondar mentre fra Axum e Debarech lavora il Genio militare).
Tratto Assab-Dessiè:
Tronco n. 1 ditta Vaselli Km 250;
Tronco n. 2 ditta Ceratto Km 105;
Tronco n. 3 ditta sa Puricelli Km 150.
Tratto Dessiè-Debra Tabor-Gondar:
Ditta Bernero-Iacazio Km 250 (a questa impresa è affidato il tratto Dessiè-Debra Tabor, resta da appaltare il tratto fino a Gondar).
Tratto Addis Abeba-Lechemti (fino a 35 Km da Ambo):
Tronco n. 1 ditta samicen Km 55;
Tronco n. 2 ditta Astaldi Km 65.
Tratto Addis Abeba-Gimma:
Ditta Parisi, Km 34095.
Da questa distribuzione degli appalti, che riguarda più di 2.000 km di strade nuove sui 2.952 km previsti in totale, emerge che le ditte maggiormente coinvolte nell’opera, oltre la sa Puricelli, sono: la Parisi e la Vaselli di Roma, e la Bernero di Genova (cfr. fig. 4).
Oltre le ditte private, nella costruzione delle strade fondamentali l’aass coinvolge anche il Genio militare, sia pure per una percentuale di lavori assai bassa, poiché la partecipazione del Genio si limita a due soli percorsi: dal vecchio confine eritreo fino a Quoram sulla strada della Vittoria e da Axum a Debarech sulla strada del lago Tana verso Gondar. Inoltre il Genio militare si occupa di sistemare e mantenere le piste necessarie per il trasporto di uomini e di materiali presso i cantieri.
Nel corso del 1937 vengono poi assegnati i lavori per i tratti rimanenti fino a coinvolgere complessivamente 50 ditte96. Tra queste le principali, oltre alle succitate, sono: la sicelp (Società Italiana Costruzioni e Lavori Pubblici), la samicen (Società Anonima Mantovana Imprese di Costruzioni e Navigazione), la scala (Società Coloniale Anonima Lavori in Africa), e la F.lli Gondrad. Sembra che la linea politica sia quella di coinvolgere il più ampio numero di imprese possibili, in modo da «far partecipare ogni provincia d’Italia all’avvaloramento dell’Impero»97.
In effetti le 373 imprese edili e stradali autorizzate ad operare in Etiopia a maggio del 1939 appartengono a quasi tutte le regioni d’Italia, anche se ovviamente la Lombardia, il Piemonte e il Lazio risultano le regioni di maggiore provenienza98 (cfr. fig. 5).
I lavori stradali condotti in Eritrea e in Somalia prima della conquista dell’Impero erano stati appaltati secondo il sistema a regia, che comporta per il committente, in questo caso lo Stato, l’onere della direzione e del controllo dei lavori, e anche un maggior rischio d’impresa, in quanto le ditte sono saldate a rimborso-spese. Per quanto riguarda i lavori delle strade fondamentali invece, gli appalti sono a misura, a prezzi unitari prestabiliti mediante regolari contratti d’appalto. L’appalto a misura non prevede il rimborso spese alle ditte come l’appalto a regia, ma un prezzo che può variare a seconda della quantità effettiva delle opere eseguite dall’impresa99. Questa circostanza, unita al fatto che «nella prima fase non fu possibile definire i prezzi per gli interi tronchi, perché non tutti erano percorribili»100, contribuisce a far superare ai costi complessivi dell’opera il tetto dei 3 miliardi di lire inizialmente previsti. Sono proprio i tempi ristretti imposti dal duce per l’inizio dei lavori a richiedere «l’adozione dell’appalto a misura»101. Un’alternativa possibile sarebbe stata l’appalto a corpo, o forfettario, in cui il prezzo è fisso e invariabile, cioè non muta al variare della quantità dei lavori svolti dall’impresa. Ma tali appalti rendono necessaria la stesura di un piano particolareggiato dell’opera, in modo da concedere alle ditte un certo margine di sicurezza di rientro dei costi, e richiedono tempi più lunghi per l’inizio dei lavori, tempi che il regime non è disposto a concedere. L’assenza di un piano dettagliato dunque, non solo esclude l’adozione dell’appalto a corpo, ma rende più rischioso per lo Stato, in quanto committente, l’appalto a misura, data l’incertezza sui costi finali dell’opera che questo sistema comporta.
La cifra di tre miliardi di lire inizialmente stanziata per la realizzazione delle strade fondamentali è di sicuro imponente. Equivale a circa 4.762 miliardi di lire del 2004102, pari a circa 2,459 miliardi di euro, e rappresenta circa lo 0,5% del reddito nazionale lordo medio degli esercizi finanziari che vanno dal 1936 al 1940 sui quali è stata ripartita la spesa, ed inoltre è pari a circa l’1,7% delle spese complessive ed equivalente al 17,5% delle spese in opere pubbliche sostenute dallo Stato nello stesso periodo103.
La distribuzione degli appalti delle strade etiopiche desta quindi un grande interesse nel mondo edilizio italiano, anche a causa degli alti guadagni che il coinvolgimento nella realizzazione dell’opera permette a chi ha capitali da investire. Ciro Poggiali, l’inviato del “Corriere della Sera” in Etiopia, si meraviglia che il costo per costruire un km di strada in aoi ammonti a 1.200.000 lire quando «in Italia si fanno con 350.000 lire»104. Anche il Ministro Cobolli Gigli, in alcuni suoi articoli scritti in difesa della convenienza economica delle strade fondamentali, ammette che la spesa della rete stradale in Etiopia, «1.240.000 al Km»105 è molto più alta di quella che si avrebbe in Italia, anche se «il costo delle strade africane è perfettamente giustificato da molti coefficienti che specialmente nella prima fase del programma hanno gravato sulla mano d’opera e materiali»106, e soprattutto dall’orografia del territorio, in quanto anche in Italia «con le stesse condizioni geografiche si arriverebbe a [spendere, N.d.R.] 1.000.000 di lire al Km»107.
Per qualcuno però sembra che le strade fondamentali siano state davvero un buon affare. Secondo il Console della Milizia Bonacorsi, i maggiori beneficiari della conquista dell’Etiopia «sono stati quegli imprenditori che hanno lavorato esclusivamente con lo Stato»108. L’impressione di forti guadagni legati alla realizzazione delle strade fondamentali sembra confermata anche dall’intercettazione di una conversazione telefonica, pervenuta alla segreteria particolare del duce, tra l’avvocato Alberto Beer e il signor Pisano, nella quale Beer «dice di aver anticipato al fratello 50.000 lire che è andato in ao dove ha assunto lavori per 200 milioni per la costruzione della strada imperiale di Gondar. Altra volta dice di aver guadagnato il 110 per cento»109. Forse dietro il cognome dal sapore estero dell’avvocato Beer si nasconde la ditta dal nome italiano (italianizzato?) di Bernero, effettivamente impegnata sulla strada per Gondar.
Il primo cantiere apre nel mese di novembre del 1936 presso Dessiè, snodo fondamentale delle rete, al centro della strada della Vittoria (Addis Abeba-Asmara) e punto di arrivo della strada della Dancalia (che parte da Assab). Successivamente partono i lavori da Addis Abeba, da Asmara e a fine mese anche da Gondar. Ma è solo a dicembre che i cantieri possono operare in piena efficienza.
Uno dei maggiori problemi che l’aass deve affrontare è paradossalmente proprio il trasporto «degli operai, dei mezzi degli operai, dei materiali e dei viveri»110. Il principale mezzo di trasporto nelle terre dell’ex negus è costituito dalla ferrovia che collega Gibuti ad Addis Abeba che, secondo il Ministro Cobolli Gigli, è «insufficiente alla bisogna»111 data la sua «scarsissima potenzialità» e dato che è una ferrovia «costruita ed esercitata da una società francese e che per di più fa capo ad un porto fuori dal territorio italiano»112.
Le imprese perciò sono costrette ad avanzare costruendo piste che coincidono con il tracciato definitivo della strada o corrono parallele ad esso, sulle quali avviene il trasporto di uomini e di materiali. Quando è possibile si utilizzano le piste costruite durante la campagna militare per l’avanzamento delle truppe.
Tenendo sempre presente l’obiettivo della valorizzazione delle terre occupate, la costruzione della rete stradale deve garantire la «regolarità e la sicurezza dei trasporti»113; le strade devono essere quindi bitumate, con una pendenza non superiore al 6% e curve di raggio non inferiore ai 30 metri, con l’eccezione di alcuni tratti lungo le strade dell’Eritrea e lungo le strade del lago Tana e di Debra Tabor, dove si inseriscono percorsi con pendenze dell’8% e curve con raggio di 15 metri. La larghezza dei tratti è di 8 metri di cui 6 pavimentati. Ma in alcuni percorsi di altissimo traffico che confluiscono verso la capitale Addis Abeba, il piano stradale raggiunge i 9 metri di larghezza, di cui 7 pavimentati. La massicciata è formata da un’ossatura di pietrame cilindrato con spessore di 25 cm, e da 15 cm di pietrisco cilindrato a strati. Il piano stradale è sagomato, a due spioventi, con pendenza del 4%. Le opere d’arte sono generalmente in muratura ad arcate, in calcestruzzo o in pietra. Il cemento armato è limitato ai casi in cui la struttura è richiesta da irrinunciabili necessità tecniche, come ad esempio per i ponti ad arcate di gran luce, sull’Omo Bottega, sui valloni del Tecazzè a Debarach e sull’Abrancagua. Le sole opere in ferro dell’intera rete stradale sono i due ponti sul Tecazzè e sul Barca114.
Alla manutenzione delle strade fondamentali, particolarmente importante in un territorio come quello etiope battuto per sei mesi l’anno da piogge più o meno intense, e comprendente vaste zone isolate, provvedono circa 150 cantonieri italiani appartenenti all’aass, alle cui dipendenze sono assegnati dei cantonieri indigeni che vengono scelti tra i ragazzi di 14 anni perché a quell’età «mostrano viva intelligenza e capacità di apprendere»115. Vestiti in uniforme, questi ragazzini etiopi alloggiano in tukul, cioè in costruzioni in muratura di 4 metri di diametro, nelle immediate vicinanze della strada. Con essi collaborano squadre di cantonieri avventizi assoldati tra gli indigeni quando sono necessari lavori di particolare rilevanza, il che accade abbastanza di frequente durante e immediatamente dopo la stagione delle piccole piogge (febbraio-maggio) e delle grandi piogge (giugno-settembre)116.
La manutenzione della rete stradale affidata all’aass è una delle voci che più pesa sul bilancio del Ministero dell’Africa italiana. Il Ministro dei Lavori pubblici, in funzione di presidente dell’aass, forse per giustificare le continue richieste di fondi da destinare all’Azienda, esprime in proposito una velata critica sulla velocità con cui l’aass è stata costretta a portare a termine il piano:
i danni verificatesi durante la stagione delle piogge […] sarebbero stati certamente minori se le strade attraverso una costruzione meno rapida, avessero potuto raggiungere una maggiore consistenza di assestamento117.
Ma la rapidità di esecuzione delle opere pubbliche è una delle caratteristiche principali sulle quali il regime, come abbiamo visto, non è disposto a transigere, al fine di mostrare tutta intera la propria capacità realizzatrice.

3
La manodopera utilizzata

I primi operai italiani «inviati dal Duce»118 per la costruzione delle strade fondamentali sbarcano il 9 novembre a Massaua e l’11 novembre a Gibuti. Sono un nucleo di 3.500 operai che Mussolini passa in rivista a piazza Venezia prima della partenza. Tra il novembre del ’36 e il gennaio del ’37 giungono in Etiopia dall’Italia circa 30.000 operai. Ma questi non sembrano sufficienti all’aass che richiede un ulteriore invio di 12.000 operai che arrivano a marzo del ’37. Il Commissariato per le migrazioni interne è l’organo che ha il compito di regolare l’afflusso della manodopera dall’Italia verso l’aoi e di coordinare i trasferimenti degli operai tra i vari governatorati dell’Impero e tra le varie ditte.
La presenza massima degli operai italiani presso i cantieri delle strade fondamentali si raggiunge a giugno ’37 con 63.530 unità. A dicembre dello stesso anno questa cifra è scesa a 20.000 unità. In compenso aumenta il numero degli operai indigeni che passa dai 43.520 del giugno 1937 ai 52.742 del dicembre 1937 per toccare la punta massima di 56.600 l’anno successivo. A questi però vanno aggiunti i circa 46.000 operai sudanesi e yemeniti che in gran parte lavorano sulla strada della Dancalia (la Assab-Dessiè), dove per le alte temperature che si raggiungono non è possibile far lavorare gli italiani e gli abissini.
In totale, a dicembre del 1939 i lavori per le strade fondamentali hanno richiesto 25.570.000 giornate di operai italiani e 42.000.000 di giornate di operai di colore, di cui 15.685.000 appartenenti agli operai sudanesi e yemeniti119.
Il rapporto di lavoro tra gli operai dediti alla costruzione delle strade e le relative ditte assuntrici segue un difficile percorso, analogo a quello di tutti i lavoratori italiani impegnati in Africa, anche prima della conquista dell’Impero.
Per quanto riguarda i lavori stradali eseguiti in Eritrea prima dell’inizio del conflitto, si impiegano decine di migliaia di operai appartenenti al Genio militare, ma anche a ditte private, tra cui la sicelp, la Puricelli, la Parisi, la Vaselli, e la Gondrand. Il Gabinetto dell’Alto commissario Emilio De Bono avoca a sé il servizio del vettovagliamento, dell’assistenza e della tutela sanitaria degli operai, con effetti disastrosi sulle condizioni di lavoro. Presso i cantieri viene meno il rispetto delle norme sindacali vigenti in patria, come risulta evidente dal commento di Guido Battaglini, incaricato da De Bono di occuparsi proprio della situazione degli operai dei cantieri stradali120:
appariva stridente il contrasto tra alcuni canoni sindacali […] e le necessità pressanti di una colonia […] per cui quei canoni apparivano non applicabili […] quella massa d’uomini [gli operai] era partita dalla propria terra senza che avesse avuto la minima visione del lavoro da compiere, specialmente in particolari zone121.
Lo conferma anche la Confederazione Fascista degli Industriali, accampando le differenze d’ambiente socio-economico tra madrepatria e colonia:
L’opportunità di non creare, nel primo momento, l’organizzazione sindacale, e conseguentemente anche l’ordinamento corporativo che su di essa riposa, fu suggerita, soprattutto, dalla necessità di contenere l’attrezzatura degli istituti sui limiti richiesti dalle necessità del nascente organismo imperiale. Ben diverse da quelle di una situazione economica e sociale già adulta122.
Pertanto gli operai sono inquadrati nelle Unità Lavoratori e suddivisi in centurie, compagnie, gruppi e raggruppamenti. Il contratto ha la durata di cinque mesi, la paga minima è di 25 lire giornaliere per i manovali, la massima è di 35 lire giornaliere per gli operai specializzati, per una giornata di lavoro di dieci ore, e mezza giornata di riposo settimanale123. A volte si istituiscono turni notturni e si distribuiscono lavori a cottimo. Agli operai spettano le spese per il trasferimento al cantiere e per il vitto, spesso carente. Gli alloggiamenti sono costituiti da baracche o da tende. Lo stesso De Bono non nasconde al duce le difficili condizioni in cui gli operai sono costretti a lavorare:
la questione dello alloggiamento, vettovagliamento, et assistenza morale et religiosa di questa massa operaia fu questione gravemente seria […] vi sono state molte lamentele […] dipendenti molto da promesse fatte in patria agli operai che esorbitavano dagli impegni bilaterali di contratto […] molti operai sono qui venuti senza volersi formare la coscienza dei sacrifici ai quali devono sottostare. Si aspettavano miracoli ma il miracolismo est antifascista124.
Le condizioni di lavoro presso i cantieri stradali eritrei sono rese ancora più difficili dalle gravi carenze della struttura medico-sanitaria che si muove al seguito degli operai, come testimonia il generale Caffo, del Comando superiore del Genio militare, che in questi termini riferisce a De Bono:
Deficienza di ufficiali medici in rapporto al numero dei cantieri ed alla massa di operai; ad esempio per tutti i cantieri tra Massaua e Saati che raggiungeranno presto la forza di 2.500 operai ed in un clima torrido, c’è un solo medico. Tutti i medici hanno deficienze di medicinali e mancano quasi totalmente di chinino, di bismuto, di siero calmette e di siero antitetanico125.
A proposito della tutela sanitaria degli operai, risulta ancora più preoccupante la relazione di un capo cantiere:
in Africa ci siamo serviti dell’opera del medico per incitare l’operaio a lavorare nelle condizioni più avverse che mai si possono immaginare. I risultati sono stati più che positivi, anche quando la morte faceva le sue vittime nell’ombra africana del bassopiano, a conferma della sua inesorabilità126.
Un soldato dei reparti dei genieri così descrive la situazione del suo cantiere a febbraio del 1936:
dormire male, pattimenti [sic] piogge ed altri disaggi [sic] il nostro fisico non è più al stato [sic] normale, si è logorato, non si può mangiare è un deperimento generale del campo, e specialmente a vedere certe morti improvvise, che questi medici non sanno spiegare; (o malattie d’Africa, o la poca esperienza appena laureati li inviano qua senza pratica ancora non abilitati alla professione civile) così chi prende di mezzo è il malato che in un pacco va con le scarpe al sole, questo è il mottivo [sic] principale127.
Del resto per i lavori della strada più importante dell’Eritrea, la Massaua-Decamerè, in sette mesi perdono la vita 247 operai italiani e 500 operai indigeni: più di tre operai e mezzo al giorno.
Nei mesi che seguono la conquista dell’Etiopia la disciplina dei rapporti di lavoro attraversa una fase convulsa, caratterizzata dalla «confusione di competenze originata dalla molteplicità di provvedimenti di autorità diverse»128. Nel corso del 1937 vengono emessi fogli d’ordine da parte del Segretario del Partito e decreti da parte del Governatorato generale che regolano la materia129. I rapporti di lavoro in aoi subiscono le conseguenze della situazione di particolare emergenza esistente nelle terre appena conquistate, che non permette di estendere all’Impero l’ordinamento sindacale corporativo vigente in Italia. Il risultato straordinario è che il Partito assume l’esclusiva competenza sulla disciplina del rapporto di lavoro, sostituendosi completamente allo Stato. In ogni governatorato in cui è suddiviso l’Impero viene così istituita una Federazione del Partito, da cui dipende il locale Ufficio del Lavoro, organo cui spetta il compito di segnalare la mancata esecuzione dei patti di lavoro e delle norme di previdenza e assistenza, di tentare la conciliazione delle controversie (il tentativo di conciliazione deve sempre precedere la soluzione giudiziale), di svolgere indagini e inchieste e di provvedere al collocamento degli smobilitati.
Inoltre in Addis Abeba risiede l’Ispettorato fascista del Lavoro e della produzione, nominato dal Segretario del Partito di concerto con il Ministro dell’Africa italiana, che ha il compito di controllare e coordinare gli uffici del lavoro. Anche gli organizzatori sindacali inviati in aoi, «dietro preventivo nulla osta del segretario del pnf»130 sono inquadrati nell’Ispettorato del Lavoro o negli Uffici del Lavoro, organi di «diretta emanazione del Partito»131, che «in mancanza dell’ordinamento sindacale corporativo […] hanno la rappresentanza sindacale delle categorie economiche»132.
In Africa orientale quindi, la disciplina dei rapporti di lavoro è regolata da norme e principi che si discostano radicalmente da quelli applicati in patria. Infatti in Italia, come prevede l’ordinamento sindacale corporativo, gli organi preposti al controllo della corretta esecuzione dei contratti di lavoro e alla vigilanza e al coordinamento dei singoli operatori economici133 dipendono dal Ministero delle Corporazioni134, e sono quindi organi dello Stato. In Africa orientale invece, questi stessi organismi sono nominati e controllati direttamente dal pnf.
Come se non bastasse, l’ispettore e i segretari federali dell’aoi, fanno «parte di tutte le commissioni che il governo generale e i singoli governi dell’aoi hanno creato o creeranno, per quanto abbia riferimento diretto o indiretto, al settore economico-sociale»135. Quindi, la fase che segue la conquista militare dell’Impero, quella della valorizzazione economica, è contraddistinta da un forte intervento politico, in cui il Partito «viene inserito organicamente e ufficialmente nella vita economica dell’Impero»136.
La forte caratterizzazione politica dei rapporti di lavoro è testimoniata anche dall’inquadramento dei lavoratori nazionali dell’aoi nei Reparti lavoratori della mvsn. Si tratta di una sorta di “militarizzazione” della forza lavoro nazionale che le conferisce caratteristiche diremmo quasi di “brigata del lavoro”. Se questa iniziativa ha lo scopo dichiarato di «dare un’impronta di omogeneità alla massa dei lavoratori, per potere addivenire ad un ordinato reclutamento di essi e per rendere più efficace l’opera di assistenza e tutela dei diritti del lavoro»137 (ma con quanta efficienza vedremo più avanti), presso i cantieri stradali diventa tuttavia possibile «disciplinare il trattamento degli operai che potranno essere assegnati […] a qualunque lavoro […] in qualsiasi condizione di clima e di ambiente»138; né va sottaciuto il fatto che in questo contesto gli operai delle strade fondamentali sono divisi in manipoli, centurie, coorti e legioni139, vestiti e «equipaggiati come soldati»140, anche se con il fucile «70-87, modello 16 di preda bellica». Pochi infatti «sono armati con il nostro 91»141.
Se l’azione del Partito in aoi tutela i “diritti del lavoro” di certo tutela anche gli interessi degli industriali, come afferma la omonima Confederazione Fascista:
Si deve a questa azione equilibratrice se, pur non mancando agli operai la tutela nei loro giusti diritti, i salari sono stati mantenuti in limiti ragionevoli, (è noto che l’aumento dell’8-12% accordato nel 1937 in Italia non è stato esteso all’aoi), e se alcune delle richieste degli industriali hanno trovato l’appoggio del Partito142.
Comunque le condizioni di lavoro degli operai presso i cantieri delle strade fondamentali sembrano migliori rispetto a quelle degli operai impegnati in Eritrea prima e durante il conflitto. La giornata lavorativa passa da dieci a otto ore, il riposo settimanale diventa di una giornata, il costo dei trasferimenti ricade sulle ditte e non più sul lavoratore, la paga sale a 33 lire giornaliere per quella minima, a 45 lire giornaliere per la massima, più le indennità per i lavori nelle zone disagiate (nel Bassopiano orientale e occidentale, al di sopra dei tremila metri ecc.), richiedendo «una spesa che è circa quattro volte quella che si ha sui lavori eseguiti in patria»143.
Alle ditte spetta di provvedere all’alloggio, in baraccamenti o in tenda. Rimane però il lavoro a cottimo, lo straordinario obbligatorio, i turni notturni, mentre il vitto fornito dalle ditte, per qualità e quantità uniformato a quello spettante ai militari di truppa in Africa orientale più la quota di miglioramento, deve essere pagato dall’operaio.
La nuova disciplina del rapporto di lavoro è una delle ragioni di cui si fa forte il Ministero dei Lavori pubblici per giustificare la revisione continua verso l’alto del costo dell’opera affidata all’aass. Tra gli elementi che contribuiscono all’innalzamento del costo del lavoro sono indicati, oltre l’aumento delle paghe, la norma che attribuisce alle imprese il costo dei trasferimenti degli operai dai porti ai cantieri, e soprattutto la norma che regola la presenza di operai indigeni nella percentuale massima del 30%. Infatti la paga che spetta agli operai locali è notevolmente inferiore rispetto a quella di un operaio italiano di pari qualifica. La paga massima dei muratori etiopi ammonta a circa 9 lire giornaliere a fronte delle 45 lire dei muratori italiani144.
La legge permette però alle imprese di richiedere in casi speciali agli Uffici del lavoro l’applicazione di una diversa percentuale di lavoratori indigeni, che deve essere autorizzata dai singoli governi. Le informazioni fornite in proposito dalle pubblicazioni tecniche sulle strade fondamentali ci parlano di un totale di 25.570.000 giornate di lavoro di operai bianchi e di 42.000.000 di giornate di lavoro di operai di colore per la costruzione delle strade fondamentali al 30 giugno del 1939. Quindi le autorizzazioni sono state concesse in massa, oppure, come ci sembra più verosimile, la norma è stata disattesa.
La paga piuttosto alta, e la difficile situazione economica che si vive in patria, attira prima in Eritrea, e poi in Etiopia, una massa di persone che non sempre possiede i requisiti occorrenti per il lavoro da svolgere. Guido Battaglini riferendosi ai primi scaglioni di operai inviati ai cantieri stradali eritrei dichiara:
Degli operai nazionali molti ne erano che non avevano mai preso un attrezzo di lavoro in mano e che forse avevano tentato di forzare la porta della buona sorte a questo modo […] in quei primi scaglioni fu inviato giù chiunque, 12 maestri di scuola, 4 farmacisti, 3 avvocati, 9 orologiai e parecchi barbieri145.
L’Alto commissario De Bono riscontra negli operai una «quantità enorme di sarti e di calzolai, di camerieri, scaccini, dei gobbi deformi, dei cardiaci, degli epilettici, dei mutilati di gamba e uno perfino mancante di un braccio»146. La situazione non sembra mutare dopo la fine della guerra. A proposito dei primi scaglioni di operai inviati dal duce per costruire le strade fondamentali Ciro Poggiali dichiara:
Sono arrivati 1.000 operai campani inquadrati nella nostra milizia. Dovrebbero essere tutti manovali, muratori, carpentieri. Nella massa si scoprono parrucchieri, commessi di negozio, lustrascarpe. L’alta paga li ha condotti a frodare nascondendo la loro vera professione […] saranno adibiti alla sistemazione delle strade. Una mano d’opera un po’ cara evidentemente […]. Il duce si è fatto dare i grafici della disoccupazione italiana dalle regioni in cui essa risultava più forte ha tratto le masse da mandare in ao senza alcuna considerazione delle loro effettive qualità lavorative147.
Con il varo delle norme che regolano la disciplina del lavoro la situazione di questi operai, improvvisati e no, sembra migliorare, almeno per quanto riguarda quelli ingaggiati dalla ditte private. Presso il Genio militare infatti, c’è chi non nota molte differenze. Si registrano carenze dal punto di vista della sicurezza;
Partiti solo con arma e attrezzi da lavoro, tutto il giorno senza mangiare, dormito all’aperto senza coperte, senza alcuna misura di sicurezza coi ribelli che sono nei paraggi148.
dal punto di vista dell’alimentazione;
mangiare a secco, sempre gallette; e lavorare tanto, due gallette e pochissima carne, si arrangiano con qualche vitello trovato in giro, o capre, dispersi per vicini monti, cucinati sulla brace, affumicati, senza sale; molto buona l’ostesso [sic] questa carne, oppure pesce che abbonda nel fiume; questo senz’altro e sale non è buono […]. Si aveva un piccolo asino grasso questa mattina, non s’è visto questa notte i genieri se l’hanno [sic] mangiato149.
e dal punto di vista sanitario:
Il tenente medico […] da principio, appena venne a questo battaglione visitava, e dava riposo, agli ammalati. [Ma il maggiore] voleva solo lavoro, […] ora […] non ha più umanità. Ieri un soldato chiese visita, si sentiva male, gli diede il servizio interno. La mattina fu trovato morto150.
Ma anche presso gli operai ingaggiati dalla ditte private i problemi non mancano:
C’erano ditte serie e ditte che non pagavano. La cibi era una di queste. Se non stavamo zitti ci rimpatriavano [...] eravamo tutti malati all’intestino perché si mangiava male e il cibo era poco pulito [...] la ditta non ci pagava mai. Ci davano solo ogni 15 gg. 70-90 lire dicendo che il rimanente che ci spettava ce lo avrebbero dato alla fine del primo anno di lavoro. Si mangiava male, molto. A volte c’erano anche vermi nella minestra, e per questo motivo mi vennero malattie intestinali [...]. Il mio amico W. B. provò a protestare, ma i sorveglianti erano tutti della Milizia fascista, lo maltrattavano e lo rimpatriavano, perché dicevano che metteva zizzania e che parlava troppo. Dormivamo in brande a 2 posti a castello, e il tetto della baracca, essendo di lamiera, trasmetteva un caldo infernale [...]. Ci saldarono il conto con 800 lire a testa (dovevamo avere molto di più) e nonostante le nostre proteste non ci fu nulla da fare151.
Che nonostante queste difficili condizioni di vita, decine di migliaia di persone decidano di partire alla volta dell’aoi, è facilmente spiegato da uno di loro:
La vita qui è come quella dei soldati in riguardo a disciplina, mangiare e dormire, ma cosa volete, per me è uguale come se fosse la vita passata, perché anche là [in Italia], non vi era da lavorare, mangiare e dormire152.
Le notizie sul trattamento degli operai in aoi non devono essere ignote al duce, stando alle numerose segnalazioni che arrivano alla sua segreteria. È il caso di alcune intercettazioni telefoniche, in cui si afferma che «l’assistenza agli opera[i] in arrivo lascia molto a desiderare»153; oppure in cui si «lamentano condizioni piroscafi per trasporto operai in ao»154; o in cui si parla «in merito a circa 70 operai di Torino che sono rientrati dai lavori della Cirenaica e non hanno avuto ancora né la paga né sanno quanto dovranno avere»155. Ma tra le carte della segreteria del duce troviamo anche lettere di semplici operai, come quella di «un volontario di guerra africana e volontario della guerra spagnola che si rivolge al duce per lamentare le grandi infamità che fanno gli ufficiali verso gli operai»156. Ma più significative di tutte le note indirizzate al duce dal Partito, in cui si segnala che «un gruppo di operai sono trattati male da un’impresa dell’aoi»157, oppure che i «legionari di Scianò lamentano che la refezione viene somministrata nella razione di un quarto»158. Naturalmente nemmeno una parola sul trattamento a cui sono sottoposti gli operai indigeni, assegnati ai lavori più pesanti e con la paga più bassa, come dichiara un operaio della Puricelli:
Noi italiani eravamo trattati meglio degli indigeni [che] venivano pagati 4 lire al giorno, in più veniva data loro una razione di farina ogni sera159.
Infatti, oltre l’enorme differenza tra le paghe degli italiani e quella degli indigeni, è lo stesso regolamento dei rapporti di lavoro a sancire che «i lavoratori nazionali non devono mai essere accomunati, con uguali funzioni, alla mano d’opera indigena»160, introducendo norme di vera e propria segregazione razziale:
Gli alloggi e i locali destinati alla consumazione dei pasti dei lavoratori nazionali devono essere nettamente separati da quelli degli operai indigeni. Ai servizi di mensa e di pulizia degli alloggi dei lavoratori nazionali, potrà essere adibito personale indigeno, con le dovute cautele di igiene e pulizia161.
Anche ad un operaio impegnato nella realizzazione delle strade non sfugge la distanza tra certe norme e la presunta opera di civilizzazione che il regime pretende di realizzare:
Gli africani erano trattati certe volte male, anche se a noi operai prima di partire ci era stato detto che andavamo a portare la civiltà162.

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Trasporti di merci e passeggeri

Oltre ad agevolare gli spostamenti delle truppe sul territorio, la rete stradale deve consentire la circolazione di merci e persone all’interno dell’Impero. Allo scopo, con legge del 30 dicembre 1937, viene creato un ente apposito, la citao (Compagnia Italiana Trasporti Africa Orientale) posto sotto il controllo del Ministero dell’Africa Italiana e del Ministero delle Finanze con la partecipazione del Governatorato generale e dei singoli governi dell’Africa orientale. La citao deve impiantare e gestire i servizi automobilistici per il trasporto di cose e di persone per conto della pubblica amministrazione e per il trasporto di cose e persone per conto dei privati sulle seguenti vie di comunicazione determinate con decreto dal Ministero dell’Africa Italiana:
1. Massaua-Asmara-Decamerè-Macallè-Addis Abeba;
2. Massaua-Gondar;
3. Assab-Sardò-Dessiè-Addis Abeba;
4. Confine Somalia francese-Dire Daua-Addis Abeba;
5. Addis Abeba-Gimma;
6. Addis Abeba-Lechemti;
7. Dire Daua-Harar-Mogadiscio163.
Ma la citao non viene dotata dei mezzi necessari ad assolvere i compiti previsti, ed inoltre si scontra con una situazione di fatto che vede la presenza sul territorio etiope di numerose ditte private operanti nel settore del trasporto merci. L’ente pertanto è costretto a «tenere in massimo conto gli interessi precostituiti»164. Con decreto vicereale del 31 agosto del 1938 n. 1018 le funzioni della citao sono quindi ridotte ad «assumere, controllare e disciplinare tutti i trasporti di merci con automezzi per conto di privati, enti, pa, civili e militari»165, a vigilare sulle ditte, a proporre al governo dell’aoi le tariffe, ad assumere il trasporto di qualsiasi merce e a distribuirlo tra le aziende private.
Il progressivo avanzamento dei lavori sui singoli itinerari delle strade fondamentali comporta la sostituzione dei tratti di pista con i tratti bitumati e provoca l’abbassamento dei costi del trasporto merci: così sull’arteria principale, la Massaua-Addis Abeba, il costo del trasporto di un quintale di merce passa dalle 500 lire dell’aprile del ’37, alle 200 lire del luglio dello stesso anno, per arrivare alle 120 lire nel 1939 con un viaggio della durata di quattro giorni. Ma grazie alla strada della Dancalia il collegamento del centro dell’Impero con il Mar Rosso può spostarsi dal porto di Massaua a quello di Assab, che però è in corso di costruzione. Seguendo questo nuovo percorso i costi del trasporto merci tra Addis Abeba e Assab scendono a 60 lire al quintale166. Gli autocarri impiegano per questa via un giorno e mezzo invece dei quattro necessari a percorrere il tratto fra Massaua e Addis Abeba. Questi dati sono sbandierati, tra gli altri, anche dal Ministro Cobolli Gigli, che è costretto a ribadire la convenienza economica dell’opera a seguito degli attacchi provenienti dall’estero, dove «sulle strade africane d’Etiopia circolano […] voci disparate e si imbastiscono errati giudizi e di tanto in tanto notizie non esatte arrivano anche nel nostro paese»167. Il Ministro scrive alcuni articoli su “La Stampa” nei quali insiste sulla economicità dei costi dei trasporti ottenuta con la costruzione delle strade fondamentali, in modo da «chiudere la bocca di certi scribi stranieri che si affannano a dimostrare che l’Italia ha avuto uno scacco dalla colonizzazione dell’Etiopia»168.
A smentire almeno in parte le affermazioni del ministro rimangono le rimostranze delle ditte, peraltro fatte proprie dallo stesso Cobolli Gigli, sui rincari dei costi dei trasporti di uomini e materiali legati all’uso della Massaua-Addis Abeba rispetto a quelli previsti utilizzando la ferrovia Gibuti-Addis Abeba, ma anche le dichiarazioni al Senato del sottosegretario al Ministero dell’Africa italiana Terruzzi, che indica «nell’alto costo dei trasporti»169 una delle cause della difficile situazione economica dell’Etiopia.
In ogni modo, secondo il Ministro Cobolli Gigli, tra Addis Abeba e Massaua nei mesi di maggio e giugno del 1937 circolano circa 300 autocarri pesanti al giorno carichi di oltre 1.500 tonnellate di merci170.
Per quanto riguarda poi il trasporto passeggeri, la citao organizza otto linee di grande comunicazione che comprendono anche i pernottamenti dei passeggeri in alberghi della società. Le linee sono:
1. Massaua-Asmara-Gondar (con pernottamento ad Asmara e Adi Arcai);
2. Massaua-Dessiè-Addis Abeba (con pernottamento a Quiha e a Dessiè);
3. Assab-Dessiè-Addis Abeba (con pernottamento a Dessiè);
4. Addis Abeba-Gimma;
5. Addis Abeba-Ambò (sulla direttrice di Lechemti);
6. Mogadiscio-Chisimaio (con pernottamento a Modum);
7. Mogadiscio-Dolo (con pernottamento a Baidoa);
8. Mogadiscio-Bulo Burti-Rocca Littorio (con pernottamento a El Mos)171.
Le linee di grande comunicazione sono riservate ai bianchi. Per gli indigeni si costituiscono dei percorsi nella zona attorno alla capitale. Solo in alcuni collegamenti secondari gli etiopi possono viaggiare insieme agli italiani, ma in scompartimenti separati, posti in fondo alla vettura, privi di finestrini.

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Strada o ferrovia?

L’interesse del regime per lo sviluppo dei trasporti nell’Impero si orienta immediatamente verso la nascita di una grande rete stradale, trascurando, almeno inizialmente, la possibilità dello sviluppo della rete ferroviaria. Al momento della conquista, in Etiopia sono presenti tre tracciati ferroviari a scartamento ridotto: la Massaua-Asmara-Biscia di 350 km; la Mogadiscio-Afgoi-villaggio Duca degli Abruzzi di 113 km; la Gibuti-Addis Abeba, di «potenzialità limitatissima»172 secondo il parere del Ministro dei Lavori pubblici Cobolli Gigli.
Ma la ferrovia è considerata un mezzo di trasporto antiquato dal regime, che ricerca la velocità, la rapidità, la modernità; caratteristiche tipiche del mezzo automobilistico, come possiamo leggere dalla colonne de “Il Messaggero”:
la ferrovia non è più la strada dei tempi moderni, che vanno di fretta e pretendono di andare dappertutto in automobile. L’automobile ha spodestato la locomotiva173.
In un secondo momento, la possibilità di sviluppare il trasporto su ferro nell’Impero è comunque presa in considerazione, per essere subito scartata. Tra i tanti progetti proposti174, l’attenzione del governo cade sulla costruzione di un tratto ferroviario di circa 850 km che colleghi la capitale Addis Abeba al porto di Assab, parallelo per almeno metà tragitto alla strada della Dancalia, naturalmente in diretta concorrenza con la ferrovia francese175. Ma alcuni fattori, secondo il Ministro Cobolli Gigli, ne consigliano in ogni caso il rinvio a quando
l’onere sarà diminuito [dato che] ultimate le strade, i prezzi dei trasporti saranno notevolmente inferiori agli attuali e […] realizzata l’autarchia economica dell’impero nei settori che interessano, le mercedi operaie e il costo delle opere murarie potranno essere contenute in limiti molto più modesti e [si avrà] la possibilità di utilizzare per la trazione energia elettrica prodotta dai futuri impianti idrici […] e da impianti termici alimentati da combustibili locali che, con le ricerche in corso, potranno essere portati alla luce176.
Il che equivale a un accantonamento pressoché definitivo del progetto. Anche alla Confederazione Fascista degli Industriali lo sviluppo del trasporto ferroviario appare prematuro:
Tutti gli studiosi sulla materia dei trasporti sono d’accordo sul punto che di ferrovie non è da parlarne fino a quando gli sviluppi agricoli, industriali, commerciali e demografici dell’impero, dimostreranno insufficiente e antieconomico il sistema degli autotrasporti su strada ordinaria177.
Naturalmente lo stesso Puricelli, pur ammettendo la necessità di sviluppare il trasporto su ferro in Etiopia, a cui destinare «i trasporti di masse notevoli di merci e viaggiatori sulle grandi distanze»178, rimanda «la formulazione di un programma» di realizzazione delle ferrovie nell’Impero a dopo «l’avviamento dei traffici» su strada.
Oltre agli imprenditori edili, dalle pagine dell’“Almanacco Fascista del Popolo d’Italia” si leva la voce di un altro sostenitore delle costruzioni stradali: l’industria automobilistica:
Strada o ferrovia? [...] È opinione dei tecnici che la lotta per l’economia di esercizio nei confronti della ferrovia si svolga a favore della strada, in virtù dei progressi giganteschi dell’industria automobilistica179.
Essa ha raggiunto infatti «tali risultati, che avranno modo di svilupparsi nella grandiosa opera di valorizzazione economica e sociale dell’impero, che il genio del duce ci ha dato»180, come dichiara il principale industriale nel campo automobilistico, il senatore Giovanni Agnelli.
In realtà, tra i tecnici, i pareri sulla convenienza dello sviluppo ferroviario in aoi sono discordanti. In un articolo pubblicato su “Il Messaggero” del 4 giugno del 1936, a ridosso della conquista, l’ingegnere Ferruccio Mezzani, docente di Economia dei trasporti al Politecnico di Torino, si dichiara nettamente a favore dello sviluppo dei trasporti su gomma perché hanno minori costi d’impianto rispetto ai trasporti su ferro che, in Etiopia, richiedono 1 o 2 milioni al km per una ferrovia a scartamento ridotto e 5 milioni al km per una ferrovia a scartamento normale a doppio binario, mentre «le strade si costruiscono con 500.000 lire al Km»181. Anche i costi dei trasporti rendono conveniente la strada rispetto alla ferrovia. Infatti secondo il professor Mezzani i costi del trasporto su ferro ammontano a circa 20 centesimi al quintale per km nel caso di ferrovia a scartamento ridotto, e oscillano tra i 10 e gli 8 centesimi al quintale per km nel caso di una ferrovia con caratteristiche di linea principale. Ma, se sulle strade si utilizzano i «grandi autotreni […] con motore della potenza di 250 cavalli»182 prodotti dalle «nostre fabbriche automobilistiche» i costi del trasporto su gomma scendono a circa 7 centesimi al quintale per km.
Al contrario Antonio Marra, autore di una pubblicazione sui trasporti nell’Impero nel 1940, sostiene che ferrovie a scartamento ridotto di m 1,067, che «prevalgono in tutta l’Africa»183, si possono costruire con un investimento di 700-800.000 lire per km. I costi del trasporto per un quintale di merce su un’ipotetica ferrovia Assab-Addis Abeba con queste caratteristiche ammonterebbero, secondo Marra, a circa 17 lire, ben al di sotto quindi del costo del trasporto sulla corrispondente camionale, pari a 60 lire al quintale.
Ben al di là delle considerazioni tecniche, la necessità di fornire il più velocemente possibile l’Impero di una prima rete di comunicazioni e l’esigenza di estendere il controllo italiano su tutto il territorio, rendono quasi obbligata, nell’immediatezza della conquista, la scelta della strada, che sembra meno costosa, di più rapida realizzazione e che, soprattutto, consente una penetrazione più capillare. Ma anche in seguito, quando le strade fondamentali sono ormai in costruzione, il regime continua a ignorare il trasporto su ferro. Infatti anche il piano pluriennale dei lavori pubblici in aoi della fine del 1937, malgrado la dovizia di mezzi messi a disposizione, non prevede inizialmente la costruzione di alcun tracciato ferroviario. Ricordiamo che dei 12 miliardi stanziati dal piano per la realizzazione di opere pubbliche nell’Impero, 7 miliardi e 730 milioni, circa il 64% del totale, sono destinati allo sviluppo dei trasporti, e sono tutti dedicati alla costruzione di nuove strade, escludendo a priori la possibilità dello sviluppo di un sistema di trasporti integrato. È soltanto nel corso del 1938 che si torna a parlare della possibilità di costruire la ferrovia Assab-Addis Abeba, utilizzando parte dei fondi del piano pluriennale. Le difficoltà finanziarie dello Stato impongono però la riduzione della rata annuale del fondo a disposizione per le opere pubbliche. Ciò rende del tutto impossibile qualsiasi progetto di sviluppo del trasporto ferroviario e allo stesso tempo comporta, come abbiamo visto, una continua revisione dei piani stradali, i quali, inoltre, vanno incontro al blocco totale dei lavori nel momento dell’entrata in guerra dell’Italia.
Nella primavera del 1941 le truppe italiane sono costrette a sabotare i collegamenti stradali dell’Etiopia, soprattutto tramite la distruzione dei ponti, per tentare di rallentare l’avanzata degli inglesi184 e, a seguito della resa del viceré Amedeo d’Aosta, la rivista “Africa Italiana” ospita un commento di Mussolini, che anche in questa occasione non manca di esaltare, seppur con involontaria e autolesionistica ironia, «quelle grandi strade meraviglia dell’intero continente africano sulle quali hanno potuto celermente marciare le loro [degli inglesi] forze meccanizzate»185. Al di là delle discutibili manifestazioni di orgoglio del duce, alla fine della seconda guerra mondiale, lo stesso Foreign Office ammette che la costruzione delle strade in Etiopia rappresenta il maggior evento nella storia dei trasporti del paese africano, poiché per la prima volta le strade costruite durante l’occupazione italiana hanno reso possibile il trasporto di merci e passeggeri con veicoli a motore su più direttrici, contribuendo a rompere quell’isolamento in cui da tempo versavano diverse regioni dell’Impero186.

Note

1. Cfr. R. De Felice, Mussolini il duce. Gli anni del consenso. 1929-1936, Einaudi, Torino 1996, p. 759. In sostanza è ancora inesistente una bibliografia sulla costruzione della rete stradale in aoi. Per un primo sondaggio cfr. M. Antonsich, Addis Abeba ‘caput viarum’. Le strade del duce in Abissinia, in “Limes”, n. 3, 2006 e R. Pankhurst, Road Building During Italian Occupied Ethiopia (1936-1941), in “Africa Quarterly”, vol. 15, n. 3, 1976.
2. Cfr. G. Pini, Le strade fondamentali dell’Impero, in L’industria in a.o.i. Confederazione Fascista Industriali, Usila, Roma 1939, p. 52; P. Calletti, L’azienda autonoma statale della strada nel decennio 10 luglio 1928 vi-30 giugno 1938 xvi, Ricci, Roma 1938, p. 86.
3. Cfr. G. Cobolli Gigli, Strade imperiali, Mondadori, Milano 1938, p. 45.
4. G. Cobolli Gigli, Sui risultati d’esercizio delle strade fondamentali. Raccolta di articoli apparsi su “La Stampa” tra marzo e aprile del 1939, sl., sd.
5. La valorizzazione dell’Impero, in “La Domenica del Corriere”, 10 luglio 1938.
6. Cfr. V. Castronovo, Storia economica d’Italia: dall’Ottocento ai giorni nostri, Einaudi, Torino 1995, pp. 305, 311.
7. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 26.
8. Ivi, p. 190.
9. G. Pini, La rete stradale dell’Impero, in “Africa Italiana”, dicembre 1939, n. 12, p. 1.
10. G. Pini, Le strade fondamentali dell’Impero, in “Edizione della rassegna economica dell’Africa italiana”, Roma 1937, p. 5, anche in “Rassegna Economica delle Colonie”, agosto 1937.
11. G. Pini, Le strade nell’Africa Orientale Italiana, in “Quaderni italiani, serie xv, L’Africa Italiana”, 1942, p. 22.
12. Riportato in Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 14.
13. Calletti, L’azienda autonoma statale della strada, cit., p. 9.
14. Il Regio decreto 2505 del 15 dicembre del 1923 divide le strade italiane in cinque classi: alla prima appartengono le strade di grande traffico, alla seconda le strade che collegano i capoluoghi di provincia tra loro o con i porti, alla terza le strade interne di una provincia, alla quarta le strade interne di un comune, e infine alla quinta le strade militari aperte al transito civile in tempo di pace.
15. Cfr. Calletti, L’azienda autonoma statale della strada, cit., p. 11. Nella stessa pubblicazione Calletti, direttore generale dell’azienda, afferma che successive classificazioni e declassificazioni di tronchi stradali portano la rete gestita dall’aass a 20.686,678 km il 30 giugno del 1934 (escluse le traverse dei centri con più di 20.000 abitanti) e a 20.801,567 km nel 1938 (più 654,795 km di traverse nei centri con più di 20.000 abitanti).
16. Tra le strade principali della rete si annoverano: le vie consolari (Aurelia, Cassia, Flaminia, Salaria, Tiburtina, Casilina, Appia, Ostiense, Emilia); la strada della Padana Inferiore (la Torino-Alessandria-Cremona-Mantova-Monselice); la strada della Padana Superiore (la Torino-Mestre); la strada dell’Abetone e del Brennero (Pisa-Modena-Verona-Brennero), cfr. l. n. 1094 del 17 maggio 1928.
17. Tra cui le strade consolari nei tratti che escono dalla capitale, o alcune delle più importanti strade di confine come il tronco ligure della via Aurelia. Cfr. Calletti, L’azienda autonoma statale della strada, cit., p. 51.
18. Il decreto del 4 febbraio 1929 n. 172 autorizza l’aass a contrarre prestiti con Istituti in esso indicati ad un tasso da stabilire d’intesa tra il Ministero delle Finanze, il Ministero dei Lavori pubblici e il Ministero delle Corporazioni.
19. Il contributo fisso statale di 180 milioni non sarà sempre tutto coperto. Inoltre il previsto incremento nella riscossione delle tasse automobilistiche si verifica solo nei primi esercizi finanziari. In seguito, le riduzioni delle tasse e le agevolazioni nel pagamento di esse, provocano una contrazione del gettito destinato all’aass, cfr. Calletti, L’azienda autonoma statale della strada, cit., p. 15.
20. Ivi, p. 30.
21. Cfr. L. Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia: proprietà, imprese edili e lavori pubblici dal primo dopoguerra ad oggi (1919-1978), Editori riuniti, Firenze 1978, p. 154.
22. La manutenzione delle strade sistemate invece, fa carico alle ditte assuntrici della sistemazione. Cfr. Calletti, L’azienda autonoma statale della strada, cit., p. 34.
23. Cfr. S. Maggi, Storia dei trasporti in Italia, Il Mulino, Bologna 2005, p. 110.
24. In una lettera del 2 marzo 1932 a Mussolini, Piero Puricelli, titolare della Società Anonima Puricelli Strade e Cave, che detiene un grosso pacco di azioni della Società Autostrade, quasi tutto il capitale della Milano-Laghi, più della metà della Milano-Bergamo, partecipazioni della Milano-Torino e della Firenze-Mare, chiede il riscatto delle azioni da parte dello Stato per le difficoltà finanziarie in cui si dibatte la società; cfr. acs, Segreteria particolare del Duce – d’ora in poi spdd – carteggio riservato, b. 60, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofasc. 1, lettera di Puricelli a Mussolini del 2 marzo 1932.
25. Rimangono alla gestione dei privati la Milano-Torino, che registra un intenso traffico, la Napoli-Pompei e la Padova-Mestre. La Roma-Ostia è riclassificata come strada nazionale. Cfr. Maggi, Storia dei trasporti in Italia, cit., p. 111; M. Moraglio, Per una storia delle autostrade italiane: il periodo tra le due guerre mondiali, in “Storia Urbana”, n. 100, luglio-settembre 2002, p. 23.
26. acs, spdd, carteggio ordinario, fasc. 551.038, lettera di Nicolò de Cesare al Capo gabinetto del Consiglio dei Ministri del 21 febbraio 1943.
27. Cfr. Calletti, L’azienda autonoma statale della strada, cit., p. 84.
28. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 190.
29. Ivi, p. 15.
30. L’aoi è suddivisa in sei governatorati: Addis Abeba poi Scioa, Amara con capitale Gondar, Harar con capitale omonima, Galla Sidama con capitale Gimma, Eritrea con capitale Asmara e Somalia con capitale Mogadiscio.
31. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 54.
32. acs, spdd, carteggio ordinario, fasc. 509.837, “Appunto per S. E. il Capo del governo”.
33. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 55.
34. Ivi, p. 177.
35. Cfr. Antonsich, Addis Abeba ‘caput viarum’, cit., p. 136; Pankhurst, Road Building, cit., p. 49.
36. Pini, La rete stradale dell’Impero, cit., p. 1. In pubblicazioni precedenti dello stesso autore il chilometraggio relativo ad alcune strade risulta leggermente diverso. Cfr. dello stesso autore, Le strade fondamentali dell’Impero, in “Edizione della rassegna economica dell’Africa italiana”, Roma 1937, anche in “Rassegna Economica delle Colonie”, agosto 1937, e Le strade dell’Africa orientale italiana, in “Le strade”, n. 6, giugno 1938, citato in Antonsich, Addis Abeba ‘caput viarum’, cit. Abbiamo scelto di privilegiare l’articolo di Pini del 1939 che riteniamo più preciso in quanto prodotto per ultimo in senso cronologico e dopo la conclusione dei lavori.
37. acs, spdd, carteggio ordinario, fasc. 509.837, “Appunto per S. E. il Capo del governo”.
38. Il Ministro Cobolli Gigli in un appunto per il duce (cfr. nota precedente) arrotonda il costo medio a 1.200.000 lire.
39. In questo caso curiosamente il Ministro arrotonda la cifra a 350.000 lire.
40. acs, Atti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (d’ora in poi pdcm), Ministero dell’Africa Italiana, 1936-37, fasc. 185, “Appunto per il Duce”.
41. acs, Ministero dell’Africa Italiana (d’ora in poi mdai), Direzione Generale Affari Civili, Piani poliennali opere di costruzione, edilizie, sanità, b. 102, fasc. “Piano consolidato dodecennale”, d. l. 26 agosto 1937 pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” del 15 ottobre 1937.
42. acs, spdd, carteggio ordinario, fasc. 500.002/i, intercettazione telefonica n. 0357.
43. Cfr. Pini, La rete stradale dell’Impero, cit., p. 1.
44. Le piste sono costruite prima delle strade per rendere possibile l’afflusso degli operai e dei materiali. Spesso seguono lo stesso itinerario della strada, ma possono anche seguire un percorso parallelo. In alcuni casi si utilizzano le piste costruite durante la campagna militare.
45. Pini, Le strade fondamentali dell’Impero, cit., p. 5.
46. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 21.
47. C. Poggiali, Diario in aoi, Longanesi, Milano 1971, p. 204.
48. Ibid.
49. Pini, La rete stradale dell’Impero, cit., p. 7.
50. I primi lavori stradali in Eritrea risalgono al 1890 quando l’imperatore Menelik ii costruisce una pista che da Addis Abeba conduce al confine eritreo e inizia i lavori per una rete stradale da svilupparsi nei pressi della capitale e per una strada che collega Harar con Dire Daua. È lo stesso Menelik a rilasciare la concessione per la costruzione della ferrovia francese di Gibuti. Hailé Selassié porta poi la linea ferroviaria fino ad Addis Abeba, crea un dipartimento per i lavori pubblici e nel 1930 dà il via ad un programma di costruzioni stradali che, se ultimato, avrebbe compreso circa 6.000 km di strade imperiali. Al momento della conquista italiana però, secondo il Ministro Cobolli Gigli, delle strade costruite solo la Addis Abeba-Addis Alem di 56 km a fondo artificiale, risalente all’epoca di Menelik, e un tratto sulla Addis Abeba-Gimma di 15 km a fondo naturale, risultano transitabili durante le piogge; cfr. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 40; A. Marra, Comunicazioni e trasporti nell’Impero, Tipografia Stige, Roma 1940, p. 87; Pankhurst, Road Building, cit., pp. 21-2.
51. Lector, La strada della Vittoria, in “Annali dell’Africa italiana”, 1938, p. 182.
52. acs, Atti della pdcm, mdai, 1936-37, fasc. 184, “Regio decreto concernente il consolidamento del contributo dello Stato a pareggio del bilancio dell’Africa Orientale Italiana e assegnazione di 12 miliardi per un piano organico di lavori pubblici nell’aoi”. Approvato il 15 novembre 1937, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” del 15 gennaio del 1938, convertito in l. del 15 aprile 1938 n. 695.
53. Ibid.
54. Ibid.
55. Ibid.
56. Il collegamento tra Addis Abeba e Gondar era già stato previsto nel piano delle strade fondamentali, ma escluso dal capitolo di spesa della rete perché ritenuto non urgente.
57. acs, Atti della pdcm, mdai, 1936-37 fasc. 184, Regio decreto concernente il consolidamento del contributo dello Stato a pareggio del bilancio dell’Africa Orientale Italiana e assegnazione di 12 miliardi per un piano organico di lavori pubblici nell’aoi. Approvato il 15 novembre 1937, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” del 15 gennaio del 1938, convertito in l. n. 695 del 15 aprile 1938.
58. acs, mdai, dgaacc, Piani poliennali opere di costruzione, edilizie, sanità, b. 102, fasc. “Piani consolidati 1939-40”, relazione del sottosegretario di stato Terruzzi a S. A. R. il Duca D’Aosta, viceré d’Etiopia.
59. acs, mdai, dgaacc, Piani poliennali opere di costruzione, edilizie, sanità, b. 102, fasc. “Ufficio gestione piani consolidati”, nota della Ragioneria Generale dello Stato indirizzata alla dgaacc.
60. acs, mdai, dgaacc, Piani poliennali opere di costruzione, edilizie, sanità, b. 102, fasc. “Piano poliennale”, telegramma del viceré Amedeo d’Aosta del 24 agosto 1938 indirizzato al Ministero dell’Africa Italiana.
61. Ivi, telegramma del viceré Amedeo d’Aosta del 3 marzo 1939 indirizzato al Ministero dell’Africa Italiana.
62. Ivi, nota inviata da Amedeo d’Aosta alla dgaacc e alla Direzione Generale Affari Economici e Finanziari del Ministero dell’Africa Italiana.
63. Ivi, allegato al decreto del 15 novembre 1937.
64. In realtà anche le grosse imprese sembrano risentire del sistema dei pagamenti dilazionati.
65. acs, mdai, dgaacc, Piani poliennali opere di costruzione, edilizie, sanità, b. 102, fasc. “Ufficio gestione piani consolidati”, Piano della viabilità fondamentale dell’Impero approvato il 4 giugno del 1938.
66. Ibid.
67. acs, mdai, dgaacc, Piani poliennali opere di costruzione, edilizie, sanità, b. 102, fasc. “Piano poliennale”, nota indirizzata al viceré d’Etiopia dal sottosegretario di Stato al Ministero dell’Africa Italiana Attilio Terruzzi.
68. Ibid.
69. Ibid.
70. Cfr. Pankhurst, Road Building, cit., p. 54.
71. Cfr. Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia, cit., p. 169.
72. La convenzione tra lo Stato e la società costruttrice e concessionaria, la Società Anonima Autostrade, è firmata il 1° dicembre 1922. Il 17 dicembre la convenzione è approvata con un decreto pubblicato il 9 gennaio del 1923. Il Consiglio dei lavori pubblici si pronuncia favorevolmente il 27 febbraio dello stesso anno; cfr. acs, spdd, carteggio riservato, b. 60, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofasc. 1, lettera di Puricelli a Mussolini del 21 novembre 1932; Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia, cit., p. 108; Maggi, Storia dei trasporti in Italia, cit., pp. 108-9.
73. Anche all’estero è richiesta la consulenza di Puricelli in ambito autostradale, tanto che il costruttore milanese nel 1932 lancia la proposta della realizzazione di una rete di autostrade europee, e nel 1937 progetta la costruzione della Roma-Berlino; cfr. Maggi, Storia dei trasporti in Italia, cit., p. 108; Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia, cit., p. 154.
74. Nell’aprile del 1938 Puricelli si accorda con il Ministro dei Lavori pubblici jugoslavo, Stosovic, per costruire il tratto Belgrado-Brod della Belgrado-Zagabria, per un importo di 300 milioni di lire; acs, spdd, carteggio riservato, b. 60, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofasc. 1, lettera del direttore del “Piccolo” Dino Alessi a Mussolini.
75. Quello di Puricelli non è l’unico progetto di ristrutturazione stradale. Anche Giovanni Agnelli, interessato allo sviluppo del traffico automobilistico, e Romolo Vaselli, costruttore edile, come Puricelli protagonista nei lavori stradali in Italia e in Africa, presentano i loro progetti volti ad una ristrutturazione generale della rete stradale italiana; cfr. Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia, cit., p. 120; Moraglio, Per una storia delle autostrade italiane, cit., p. 19.
76. acs, spdd, carteggio riservato, b. 60, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofasc. 1, lettera di Puricelli ad Arnaldo Mussolini del 13 gennaio del 1928. Secondo la testimonianza dell’on. Del Fante alla vii Commissione della Camera del 22 aprile 1955, riportata in Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia, cit., p. 120, nota 46, i progetti di Puricelli, su iniziativa del ministro dei Lavori pubblici Giurati e di Pio Calletti, futuro direttore generale dell’aass, sono incamerati e posti tra gli obiettivi dell’istituenda Azienda della Strada.
77. acs, spdd, b. 60, carteggio riservato, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofasc. 1, lettera di Puricelli al ministro dei Lavori pubblici del 29 agosto 1930. Il 17 marzo del 1930 Puricelli in una lettera al sottosegretario al Ministero dell’Interno, Leandro Arpinati, sostiene la necessità di estendere l’azione dell’aass, limitata alla sistemazione di 6.000 km della rete, a tutti i 20.000 km delle strade statali.
78. Ivi, lettera di Beneduce alla segreteria particolare del duce, trasmessa a Mussolini dal segretario Osvaldo Sebastiani il 16 febbraio del 1936.
79. Ivi, lettera di Puricelli al Ministro dei Lavori pubblici del 29 agosto del 1930 e lettere di Puricelli a Mussolini del 2 marzo 1932 e del 16 febbraio 1933.
80. Ivi, “Memoriale dell’iri riservato per S. E. il Capo del governo”, 4 febbraio 1936.
81. Ibid.
82. acs, spdd, b. 60, carteggio riservato, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofasc. 1, lettera di Puricelli a Mussolini del febbraio 1934.
83. A dicembre del 1934 la Banca Commerciale Italiana è creditrice presso la società di Puricelli di circa 380 milioni di lire e possiede un terzo delle azioni della società. I restanti due terzi delle azioni, di proprietà di Puricelli, sono però in pegno presso la stessa banca per un debito personale del costruttore nei confronti dell’istituto; cfr. acs, spdd, carteggio riservato, b. 60, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofasc. 1, “Puricelli”, riservato per S. E. il Capo del governo, 4 febbraio 1936.
84. Ibid.
85. Ivi, lettera del Presidente dell’iri a Mussolini del 29 maggio 1935.
86. Ivi, “Puricelli”, riservato per S. E. il Capo del governo, 4 febbraio 1936.
87. Da notare che la guerra d’Etiopia è tuttora in corso, ma evidentemente le commesse già ottenute in Eritrea e i progetti futuri di valorizzazione della colonia fanno intuire a Puricelli, e come vedremo non solo a lui, le possibilità di guadagno che la conquista dell’Impero può offrire alle imprese italiane nel campo delle realizzazioni stradali.
88. acs, spdd, carteggio riservato, b. 60, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofasc. 1, lettere del Presidente dell’iri a Mussolini del 13 febbraio 1936 e del 14 febbraio 1936.
89. Ivi, lettera del Presidente dell’iri a Mussolini del 13 febbraio 1936.
90. Ivi, lettera del segretario Sebastiani a Mussolini del 16 febbraio 1935.
91. Praticamente escluso dall’attività nel campo delle costruzioni stradali Puricelli cerca, senza troppo successo, di tornare al suo vecchio amore per le autostrade. Il 27 ottobre del 1938 scrive una lettera a Mussolini nella quale sostiene «l’attualità e la tempestività» di un programma di realizzazioni autostradali che possono rispondere alla «necessità di trovare nel regno fonti nuove all’occupazione» e la possibilità di dare «maggior lavoro nelle officine che forse saranno in parte alleggerite dalla produzione di materiale bellico». Nel 1940 scrive a Sebastiani rivendicando l’originalità di un suo progetto del maggio 1937 per la costruzione dell’autostrada Roma-Brennero, chiedendo la Presidenza del consorzio per il progetto tornato di attualità «limitato alla Roma-Bologna». Nel 1942 scrive direttamente al duce, dal quale ha ottenuto l’assenso di massima a costituire un ente parastatale per lo studio e la creazione di una rete autostradale dopo la fine della guerra, per convincerlo a dare avvio al progetto prima che termini il conflitto; cfr. acs, spdd, carteggio riservato, b. 60, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, sottofascc. 1, 2.
92. Cfr. acs, spdd, carteggio riservato, b. 60, fasc. “Puricelli (Soc. Anonima)”, lettera di Puricelli alla Società Anonima Puricelli Strade e Cave del 23 aprile 1940.
93. acs, iri nera, b. 24, “Notizie iri (1933-1943)”, Interessi iri connessi con l’aoi.
94. Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia, cit., p. 169; acs, spdd, carteggio ordinario, fasc. 509.837, “Appunto per S. E. il Capo del governo”.
95. In realtà l’appalto della Addis Abeba-Gimma assegnato alla ditta Parisi nel dicembre 1936 riguarda 353 km; cfr. Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia, cit., p. 171. Ma la lunghezza della strada a fine lavori risulterà pari a 340 km.
96. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 87. Per un elenco completo delle ditte impegnate nei cantieri delle strade fondamentali, comprese quindi le ditte minori, alle quali furono appaltati i chilometri residui, cfr. D. Fossa, Lavoro italiano nell’impero, Mondadori, Milano 1938, pp. 395-6.
97. “Corriere dei Costruttori”, 20 settembre 1936, citato in Bortolotti, Storia della politica edilizia in Italia, cit., p. 208.
98. L’industria in a.o.i. Confederazione Fascista Industriali, Usila, Roma 1939, pp. 352-3.
99. Cfr. A. Cuneo, Appalti pubblici e privati, Hoepli, Milano 1937, pp. 33-4.
100. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 15.
101. Ivi, p. 17.
102. Anni di riferimento 1937-2004, da Istat, Il valore della lira in Italia dal 1861 al 2004.
103. I dati sulle spese complessive sono stati ricavati da Il bilancio dello Stato italiano dal 1862 al 1967, vol. ii, Roma 1969, Ministero del Tesoro-Ragioneria Generale dello Stato, tenendo conto dei pagamenti effettivi al netto degli interessi sul debito degli esercizi finanziari in questione, anche pubblicati sul sito della Banca d’Italia all’indirizzo http://www.bancaditalia.it. Il risultato non cambia se si considerano i dati, leggermente discordanti, delle spese normali ed eccezionali riportate in F. A. Repaci, La finanza pubblica in Italia, Einaudi, Torino 1962, tab. 92, p. 329. I dati sul reddito nazionale lordo sono stati ricavati dalle statistiche storiche della Banca d’Italia pubblicati sul sito dell’istituto. I dati sulle spese per opere pubbliche sono stati ricavati da Repaci, La finanza pubblica in Italia, cit., tab. 101, p. 354, tenendo conto della classificazione delle spese effettive secondo i servizi normali.
104. Poggiali, Diario in a.o.i., cit., p. 34. La cifra media di 350.000 lire a km per costruire una strada in Italia è confermata anche da Pankhurst, Road-building, cit., p. 42, riportato in Antonsich, Addis Abeba ‘caput viarum’, cit., p. 141.
105. G. Cobolli Gigli, Sui risultati di esercizio delle strade fondamentali, articoli apparsi su “La Stampa” tra marzo e aprile del 1939, sl., sd.
106. Ibid.
107. Ibid.
108. Pankhurst, Road Building, cit., p. 42.
109. acs, spdd, carteggio ordinario, fasc. 500.002/i, intercettazione telefonica n. 3102 tra l’avvocato Alberto Beer ed il signor Pisano, 9 novembre 1936.
110. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 18.
111. Ibid.
112. Pini, La rete stradale dell’Impero, cit., p. 1.
113. Ivi, p. 3.
114. Ibid. e Pini, Le strade dell’Africa orientale italiana, cit., p. 323.
115. G. Pini, La strada nell’Africa Orientale Italiana, in “Quaderni italiani serie xv, L’Africa Italiana” n. 4, p. 19.
116. Ibid.
117. Cobolli Gigli, Sui risultati di esercizio delle strade fondamentali, cit.
118. Pini, La strada nell’Africa Orientale Italiana, cit., p. 21.
119. Cfr. Pini, La rete stradale dell’Impero, cit., pp. 5-6.
120. In realtà Guido Battaglini parte per l’Eritrea su esplicito invito dell’Alto commissario De Bono per dirigere l’Ufficio stampa e propaganda. Ma sul piroscafo che lo porta a Massaua incontra il futuro Capo Ufficio stampa e propaganda dell’Eritrea designato dal Ministero della Guerra! Una testimonianza della sovrapposizione di competenze che caratterizza l’amministrazione delle colonie.
121. G. Battaglini, Con S. E. De Bono, nel turbinio di una preparazione, A. Airoldi, Bologna 1938, p. 32.
122. C. Giglio, Industriali e lavoratori nell’organizzazione del partito in a.o.i., in L’industria in a.o.i. Confederazione Fascista Industriali, cit., p. 19.
123. Tenendo conto della giornata lavorativa di dieci ore, la paga è solo leggermente più alta di quella che si riceve in Italia. Nella provincia di Udine per esempio, secondo il contratto integrativo provinciale del 1929, un muratore guadagna circa 2,85 lire l’ora; cfr. Unione provinciale sindacati fascisti dell’Industria di Udine, Raccolta della parte economica dei contratti stipulati dal 25 aprile 1929 al 27 ottobre 1929 e delle vertenze risolte, La Panarie, Udine 1929.
124. Telegramma di De Bono a Mussolini del 12 luglio del 1935, in Battaglini, Con S. E. De Bono, cit., p. 42.
125. Battaglini, Con S. E. De Bono, cit., p. 176.
126. Ivi, p. 127.
127. N. Labanca, Posti al sole: diari e memorie di vita e di lavoro dalla colonie d’Africa, Museo storico italiano della guerra, Rovereto 2001, p. 20.
128. Giglio, Industriali e lavoratori, cit., p. 19.
129. Foglio disposizioni del Segretario del Partito n. 722 del 22 gennaio 1937 e relative aggiunte (n. 838, n. 992, n. 1152) e decreto del governo generale n. 83 del 10 marzo 1937.
130. Giglio, Industriali e lavoratori, cit., p. 22.
131. Ivi, p. 29.
132. Ivi, p. 35.
133. Questi istituti sono l’Ispettorato corporativo, che ingloba l’Ispettorato del Lavoro, e gli Uffici dell’Economia corporativa che operano a carattere provinciale.
134. Cfr. G. Bortolotto, Protezione degli operai, Hoepli, Milano 1936, p. 243; Id., Codice del lavoro: raccolta coordinata delle principali disposizioni vigenti con codici e indici, Usila, Roma 1938, p. 167.
135. Foglio di disposizioni n. 899 in data 8 novembre 1937, in Giglio, Industriali e lavoratori, cit., p. 34.
136. Ivi, p. 22.
137. Battaglini, Con S. E. De Bono, nel turbinio di una preparazione, cit., p. 363.
138. Ivi, p. 271.
139. Le legioni dei lavoratori costituite in aoi sono sei, una per ogni governatorato: la Arnaldo Mussolini nello Scioa, la Reginaldo Giuliani nell’Amara, la Filippo Corridoni nell’Harar, la Luigi Valcarenghi nel Galla Sidama, la Ivo Oliveti in Eritrea e la Luigi Razza in Somalia; cfr. Fossa, Lavoro italiano nell’impero, cit., p. 280.
140. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 94.
141. Fossa, Lavoro italiano nell’impero, cit., p. 288.
142. Giglio, Industriali e lavoratori, cit., p. 35.
143. Pini, Le strade fondamentali dell’Impero, cit., p. 14, anche in “Rassegna Economica delle Colonie”, agosto 1937.
144. Regolamento dei rapporti di lavoro dei cittadini italiani e stranieri equiparati nei territori dell’aoi, art. 55; in L’Industria in a.o.i., Confederazione Fascista Industriali, cit.
145. Battaglini, Con S. E. De Bono, nel turbinio di una preparazione, cit., p. 113.
146. Ibid.
147. Poggiali, Diario in a.o.i., cit., p. 34.
148. Labanca, Posti al sole, cit., p. 21.
149. Ivi, p. 151.
150. Ivi, p. 152.
151. I. Taddia, La memoria dell’Impero, autobiografie d’Africa Orientale, P. Laicata, Manduria 1988, p. 81.
152. Confederazione Fascista dei lavoratori dell’Industria, Il cuore dei lavoratori nella guerra fascista, Cappelli, Bologna 1937, p. 39.
153. acs, spdd, carteggio ordinario, fasc. 551.038, intercettazione telefonica n. 0357 del 20 gennaio 1937 tra due persone sconosciute.
154. Ivi, intercettazione telefonica n. 3346 del 29 novembre 1936 tra due sindacalisti.
155. Ivi, intercettazione telefonica n. 6684 del 13 agosto 1936 tra un sindacalista e un esponente di partito.
156. Ivi, lettera del 2 febbraio 1938.
157. Ivi, promemoria del 23 giugno 1937.
158. Ivi, nota del 16 aprile 1937.
159. Taddia, La memoria dell’Impero, cit., p. 109.
160. Regolamento dei rapporti di lavoro dei cittadini italiani e stranieri equiparati nei territori dell’aoi, art. 35, in L’Industria in a.o.i. Confederazione Fascista Industriali, cit.
161. Ibid.
162. Taddia, La memoria dell’Impero, cit., p. 119.
163. A. Crispo, Le comunicazioni e i trasporti, in L’industria in a.o.i. Confederazione Fascista Industriali, cit., p. 84.
164. Le comunicazioni alla Camera, L’efficienza dei servizi e gli attivi di gestione. Dichiarazioni del sottosegretario Terruzzi, in “Il Messaggero”, 19 marzo 1938.
165. Crispo, Le comunicazioni e i trasporti, cit., p. 87.
166. Pini, La rete stradale dell’Impero, cit., p. 6; Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 190.
167. Cobolli Gigli, Sui risultati di esercizio delle strade fondamentali, cit.
168. Ibid.
169. I bilanci alla Camera alta. Il fervore di opere nell’Impero in un forte discorso del sottosegretario Terruzzi, in “Il Messaggero”, 26 maggio 1939.
170. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 27.
171. Pini, La strada nell’Africa Orientale Italiana, cit., p. 21.
172. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 27.
173. Il programma dell’Impero, in “Il Messaggero”, 5 giugno 1936.
174. Cfr. Marra, Comunicazioni e trasporti, cit., p. 145.
175. Questo tratto doveva essere il primo tronco del collegamento ferroviario tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, che dal porto di Assab, passando per la capitale, doveva portare a Mogadiscio o in alternativa al porto di Brava; cfr. Marra, Comunicazioni e trasporti, cit., p. 151.
176. Cobolli Gigli, Strade imperiali, cit., p. 28. Per favorire i progetti volti alla ricerca delle risorse energetiche e minerarie di cui, secondo la propaganda, l’Etiopia sarebbe ricca, nasce un apposito organismo, l’amao (Azienda Miniere Africa Orientale).
177. Crispo, Le comunicazioni e i trasporti, cit., p. 98.
178. P. Puricelli, in “Italia Imperiale. Numero speciale della Rivista Illustrata dell’Africa Italiana”, 1937.
179. F. Ciarlantini, Che ci offre l’Etiopia?, in “Almanacco Fascista del Popolo d’Italia”, a. 1938, p. 197.
180. G. Agnelli in “Italia Imperiale. Numero speciale della Rivista Illustrata dell’Africa Italiana”, 1937.
181. Ferrovie o autostrade? in “Il Messaggero”, 4 giugno 1936. In realtà, 500.000 lire al km sono la prima previsione di spesa del Ministero dei Lavori pubblici ampiamente superata nel corso dei lavori.
182. Ibid.
183. Marra, Comunicazioni e trasporti, cit., p. 146.
184. Pankhurst, Road Building, cit., p. 56.
185. Il duca d’Aosta nell’epopea dell’Amba Alagi, in “Africa Italiana”, agosto-ottobre 1941, p. 14.
186. Pankhurst, Road Building, cit., p. 57.

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