giovedì 3 ottobre 2013

Il lato oscuro dei Patti Lateranensi


di: andrea signini

Sul piano cronologico, il segmento temporale di riferimento compreso all'interno del triennio 1929 – 1931; e sul piano biografico, la figura del 
fratello minore del Duce, Arnaldo Mussolini (Dovia di Predappio, 11 gennaio 1885 – Milano, 21 Dicembre 1931) rappresentano le coordinate di un'intrigata vicenda avvolta ancora da molte ombre. La contemplazione esoterica dei Patti Lateranensi dovrà rappresentare, a sua volta, il fulcro delle indagini necessarie alla formulazione della tesi ultima. Siamo certi di poter affermare che la crisi in cui piombò il fascismo tra la fine degli anni Venti ed i primissimi anni Trenta, riverberatasi in una aspra e salda presa di posizione clericale che sfociò a sua volta nella sospensione dell'insegnamento del Vangelo durante le celebrazioni della Santa Messa, traesse solamente spunto dalla incerta possibilità di offrire ai giovani cattolici la libertà di organizzarsi al di fuori degli schemi totalitari come previsto dal progetto di fascistizzazione? Oppure vi era dell'altro?
Nella maggioranza delle opere di carattere storico-divulgativo, le risposte al quesito si somigliano tutte quante. La stipula dei Patti Lateranensi risulta generalmente descritta e “giustificata” come un mezzo pragmatico e diretto di cui la figura del Duce si servì al fine di, popolarmente parlando, beneficiarne quanto più possibile in vista delle imminenti elezioni che si sarebbero tenute nel Marzo di quello stesso anno. Ma oggi come oggi il tenore di questa risposta non può essere più giudicato sufficiente.
Serve spingersi oltre per cogliere il reale motivo di un mutamento epocale di tale portata; davvero sproporzionato al mero tornaconto di una tornata elettorale a lista unica.
Essi (i Patti), parrebbero infatti diversamente interpretabili, secondo una chiave occulta importantissima sino ad ora soltanto parzialmente accarezzata da un ristretto novero di cultori della materia, ed un ancor più ristretto numero di storici e di storiche.
Questa chiave interpretativa risulterebbe essere così importante al punto da poter aggiungere una visione innovativa del tutto scollata dal piano retorico su cui è stata data risposta al dilemma Patti Lateranensi – successo elettorale.
Un approfondimento scientifico di questa portata, fornirebbe l'occasione di poter rivisitare esotericamente il triennio '29 – '31 ed avanzare l'ipotesi capace di interpretare vera natura dei Patti Lateranensi: un mezzo propedeutico all'allontanamento della Massoneria dal suolo italico; il prezzo imposto da Papa Pio XI al Duce.
La ragione di tutto ciò deriverebbe dalla precaria condizione dettata dalle ristrette capacità proprie dalla natura imperfetta del totalitarismo mussoliniano: per compiere integralmente il processo della fascistizzazione, al Duce erano necessarie alleanze ancora più forti di quelle di cui si era servito in precedenza. Avrebbe dovuto, come in effetti gli riuscì, raggiungere fattivamente le masse e conquistarne il consenso. Per riuscirvi si sarebbe dovuto astenere dall'aiuto di quelle stesse forze che gli avevano consentito di marciare su Roma grazie alle quali ottenne “non soltanto il supporto finanziario necessario [… ma …] anche l'appoggio degli alti gradi delle Forze Armate di fede massonica1”.
A distanza di sette anni dal giorno in cui, in pieno stile risorgimentale massonico-mazziniano, il futuro Duce d'Italia ricevette al collo la sciarpa della Loggia di Piazza del Gesù offertagli brevi manu dal Gran Maestro Raoul Palermi2 all'interno di in un vagone del treno che lo stava riportando nella Milano da cui avrebbe assistito in differita agli sviluppi della Marcia su Roma, era cambiato qualcosa. Qualcosa d'importante negli equilibri dei poteri interni alla Nazione per cui soltanto l'aiuto della Chiesa avrebbe potuto porre in salvo il progetto del fascismo nel '30.
È innegabile che in seno a questa vicenda connotata da grande tensione politica (celebre l'astensione di Benedetto Croce), svoltasi sullo sfondo della Guerra in Etiopia, che comportò l'alienazione della Legge delle Guarentigie e procurò a Benito Mussolini il titolo di “uomo che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare3” dopo un esborso erariale pari a " 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidati al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire4", il Direttore della Scuola di Mistica Fascista (Arnaldo Mussolini per l'appunto) vi svolse un ruolo non secondo ad altri. Per due ordini di fattori:in primo luogo egli godeva della totale fiducia del fratello; il Duce nutriva ampi sospetti sulla quasi totalità dei propri collaboratori e questo, non è un segreto, lo faceva tendere a comportamenti al limite del paranoico.
L'allontanamento della massoneria dal suolo d'Italia è un dato di fatto. Come lo è lo scioglimento delle logge massoniche.
Confrontando le teorie avanzate da una nutrita serie di recenti studi, sembrerebbe che l'accordo con la Santa Sede avesse consentito al fascismo l'opportunità di svincolarsi definitivamente da quel giogo applicatole dalla Massoneria (a cui risultavano già iscritti i “Fratelli” Italo Balbo, Dino Grandi, Roberto farinacci, Emilio De Bono, Achille Starace ed altri fondatori dei primi fasci di combattimento del 1919) già dai tempi della Marcia su Roma, “da cui il Duce italiano venne quindi agevolato5” in quanto le guarnigioni, ben più numerose, non intesero “spazzar via le camicie nere in dieci minuti6”.
Questa ipotesi, avanzata dall'Avvocato Marco Pizzuti il quale da oltre un ventennio presta la propria opera presso una nota società di servizi presso le più prestigiose istituzioni dello Stato (Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e Consiglio di Stato), trova ampio riscontro nelle parole impresse all'interno dell'opera a quattro mani intitolata Intrighi d'Italia a cura del duo Giovanni Fasanella ed Antonella Grippo. In quest'ultima il ruolo della Massoneria è non soltanto serpeggiante ma pregnante (tabacchi, ferrovie ed il processo Lobbia...). Il tema della massoneria e del ruolo che essa col tempo ha assunto, era un tema in precedenza già caduto sotto lo studio del duo Fasanella/Grippo allorquando ebbero a pubblicare il testo dal titolo 1861, pubblicato ad hoc in concomitanza dei 150 anni d'Unità in cui – come ampiamente documentato – l'organizzazione segreta investì profondamente i destini italici ad opera del Gran Maestro e 33° Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato Giuseppe Garibaldi.
Altra pubblicazione, degna di grande attenzione, risulta essere La Massoneria, la storia, gli uomini, le idee, a cura del fervido intellettuale socialista Zeffiro Ciuffoletti e del collega toscano Sergio Moravia. Al suo interno, precisamente nel saggio offerto all'opera da parte di Anna Maria Isastia7, viene opportunamente “sottolineato il ruolo svolto da alcuni massoni nell'ascesa del fascismo”. Una tesi contrastante con quanto asserito dal docente milanese, Aldo Alessandro Mola, il quale, in una pubblicazione del 1976 intitolata Storia della Massoneria italiana dall'Unità alla Repubblica, difende i “massoni dall'accusa di avere facilitato o comunque non impedito l'avvento del Fascismo ricordando che a fronte di un certo numero di massoni fascisti, gli antifascisti erano in numero enormemente più elevato”.
A questi studi, non possono non aggiungersi quelli, risalenti alla metà degli anni Sessanta, condotti dall'illustre storico Renzo De Felice (framassone affiliato al Grande oriente d'Italia – G.O.I.), in cui si “sottolineava il ruolo presumibilmente svolto da alcuni massoni nell'ascesa del fascismo8”.
Ulteriori spunti di sommo interesse storico sul tema massoneria-fascismo provengono dall'anno 1950 quando l'Avvocato Michele Terzaghi, al tempo Sottosegretario del Ministero delle Poste e Telegrafi, scrisse un interessante volume intitolato proprio Fascismo e Massoneria9 grazie al quale si ricordano molti nomi di affiliati alla massoneria i quali ebbero a gravitare nell'orbita fascista del primo decennio.
Parte della Ricerca dovrà prendere in considerazione anche un ulteriore tema scottante: il ruolo delle vendette internazionali e degli omicidi mascherati da incidenti casuali. Tutte tesi che si avanzano nell'opera di Alessandro De Felice (nipote diretto del ben più noto Renzo) le quali sono di grande interesse. E ne assumono ancor di più qualora poste in relazione ai propositi del presente progetto di Ricerca in quanto, un buon numero delle dinamiche che contribuirono a condurre l'Italia in Guerra, sarebbero dipese anche da questo uso silenzioso della violenza.
Alessandro De felice, nel suo imponente lavoro di oltre seicento pagine intitolato Il gioco delle ombre, verità sepolte della Seconda Guerra Mondiale (straordinariamente ricco di files, dossier e documenti segreti recuperati in loco a seguito di numerosissimi viaggi negli Stati Uniti d'America ed in Inghilterra), sostiene che lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale sarebbe in buona parte ascrivibile alla sete di vendetta maturata negli ambienti delle sètte segrete internazionali: le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche tra il Presidente USA Roosevelt e quello inglese Churchill, non lasciano scampo a fraintendimenti. Entrambi avevano intenzione di rivalersi sull'operato del Duce: il 33° RSSA10 Fanklin Delano Roosevelt intendeva svolgere il compito “senza farne un martire”, Winston Churchill (affiliato alla loggia No. 3000 delle Logge Unite di Gran Bretagna11) “facendolo penzolare con un cappio la collo”.
E siccome tanto negli USA di Roosevelt quanto nel Regno Unito di Churchill confluirono praticamente tutti adepti massonici esautorati ed alienati dall'Italia, come accadde ai membri delle varie organizzazioni malavitose, va da sé che non si può escludere aprioristicamente una piano di vendetta ai danni del reo Capo del Governo italiano.
Egli (il De Felice) invita a concentrare l'attenzione all'interno delle “scacchiere nascoste e negli omicidi nevralgici, nei nodi irrisolti della documentazione, nei buchi neri politici e nelle linee ombra dell'Office of Strategic Services e delle reti spionistiche internazionali [… poiché è] durante il conflitto 1939-1945 che l'Intelligence svolse il ruolo della politica”.
È qui infatti che dovrebbero essere ricercate le ragioni che indussero il Duce a stringere i rapporti con la Chiesa, l'unica alleata che lo avrebbe potuto sorreggere – e salvare – una volta spazzati via i nemici massoni.
A tal uopo sarebbe opportuno non sottovalutare nemmeno una curiosa coincidenza: l'apprezzamento schietto nei confronti del Duce all'estero. Gli attestati di stima durarono all'incirca un decennio. Successivamente vennero meno sino a tramutarsi in minacce. Ciò accadde proprio all'interno degli anni Trenta in concomitanza dei Patti Lateranensi ma anche in concomitanza di un poco noto “rilancio di una politica di aperto e leale sostegno all'indipendenza, all'autodeterminazione e alla sovranità delle popolazioni arabo-mussulmane dell'Africa del Nord e del Vicino Oriente – 1930 – 1945 (tendenza confermata dall'articolo <>, pubblicato a Ginevra nella rivista dell'allora apostolo del Panarabismo, Chekih Arslan, <> […] oltre all'appoggio militare e diplomatico concesso (1926 – 1938) allo Yemen dell'Imam Yahya nel conflitto che lo opponeva simultaneamente ai britannici […]”12 i quali, sin dai tempi dell'accordo Sykes Picot (1916 – 1917) miravano a conquistare ciò che rimaneva dell'Impero Ottomano. Questo elemento riveste un'importanza centrale nella comprensione dei cambi di potere interni all'Italia di quegli anni in cui già si era aperta una breccia nel sistema di approvvigionamento del petrolio.
Non si dovrebbero nemmeno trascurare importanti informazioni troppo spesso dimenticate, quale ad esempio quella che vide lo stesso Benito Mussolini iniziato ai misteri del Petrolio dal Principe Gelasio Caetani (Ambasciatore italiano presso Washington tra il 1922 ed il 1925) e dal finanziere palermitano Guido Jung13. Egli colse istantaneamente il potenziale in esso nascosto. Cosa che non fece Gaetano Salvemini il quale ebbe a definire le terre libiche “uno scatolone di sabbia”. Del medesimo avviso non era certo il giovane Matteotti il quale, dopo un viaggio segretissimo a Londra grazie a cui poté stringere rapporti con le eminenze della APOC (la maggiore multinazionale petrolifera anglo-persiana fortemente interessata al mercato italiano controllato per l'80% dalla Standard Oil di Rockfeller), venne a conoscenza delle trame oscure che si nascondevano dietro l'affare Sinclair tra Usa ed Italia, come afferma il Professor Canali nell'opera Il delitto Matteotti. Matteotti apparteneva ad una importante Loggia massonica internazionale. Come è noto, il 10 Giugno 1924 la vulgata mise, e tutt'ora mette, sul banco dei responsabili lo stesso Duce. Tuttavia, rimane un curioso articolo, a firma di un certo Spettatore, apparso sulle colonne del Popolo d'Italia in cui si legge che non mi meraviglierei che dovesse risultare domani come la mano stessa che forniva a Londra all'on. Matteotti i documenti mortali (petroli – prestito polacco – buoni germanici ecc.) contemporaneamente armasse i sicari che sul Matteotti dovevano compiere il delitto scellerato.
Un dato è certo: il criterio dello scorrere del tempo in ambienti iniziatici non ha nulla che vedere con quello comunemente inteso a livello profano, come si usa dire tra framassoni. Stesso genere di differenze tra iniziati e profani investe anche le dinamiche delle alleanze, delle inimicizie e degli accordi. Sono tutti elementi che si mantengono nel più assoluto riserbo e data la loro natura occulta, qualora venissero anche messi in luce, non verrebbero compresi dalla maggioranza delle persone comuni.
Che sul medio e lungo periodo vi fu una vendetta è plausibile. Che questa fosse stata portata avanti con l'appoggio delle elites dell'alta finanza, dunque di matrice massonica, anche.
La celebre orazione sprezzante pronunciata dal Mussolini a metà degli anni trenta dai campi di grano all'indirizzo delle superpotenze, quando ormai la situazione era ben definita, è emblematica in questo senso: “Il popolo italiano avrà quindi il pane necessario alla sua vita. Ma anche se gli fosse mancato, non si sarebbe mai, dico mai, piegato a sollecitare un aiuto qualsiasi dalle cosiddette grandi demoplutocrazie14”.
Pare che sia stato detto tutto ormai. Di certo non è stato detto l'essenziale.
 
 
 
1R. Pizzuti, Rivelazioni non autorizzate. Il percorso occulto del potere, Edizioni il punto d'Incontro, Vicenza, 2009, pag. 140.
2Cfr., F. Pinotti, Fratelli d'Italia, Bur-Rizzoli, Milano 2007.
3Papa Pio XI, allocuzione, Vogliamo anzitutto.
4Convenzione Finanziaria, Inter Sanctam Sedem et Italie Regnum Conventiones initae die 11 Februarii 1929, Art. 1.
5R. Pizzuti, Rivelazioni non autorizzate. Il percorso occulto del potere, Edizioni il punto d'Incontro, Vicenza, 2009.
6Ibid.
7 Docente di Storia Contemporanea nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università La Sapienza di Roma.
8R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883 – 1920. Einaudi, Torino 1965.
9M. Terzaghi, Fascismo e massoneria, edizioni Forni, Milano 1950.
10F. Imposimato La Repubblica delle stragi impunite, Newton, Roma, 2011.
11S. Knight, The brotherhood, Harper Collins E-Books.
12A. B. Mariantoni, Le storture del male assoluto, crimini fascisti che hanno fatto grande l'Italia, HE editore, Roma 2011, pag., 56.
13Cfr, M. Canali, L'omicidio Matteotti, Il Mulino, Bologna 2008.
14Archivio Storico Luce, Mussolini si cimenta nella trebbiatura del grano, Giornale Luce B0707 del 03/07/1935.
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