lunedì 30 settembre 2013

Le 4 gionate di Napoli che non ci furono - parte essenziale


di Enzo Erra

Fatti che si sono verificati negli ultimissimi giorni della presenza tedesca a Napoli durante le cosiddette quattro giornate. 

Io ho scritto un libro "Napoli 1943 - le quattro giornate che non ci furono" per confutare la storiografia ufficiale e nessuno ha potuto smentire quello che ho detto.
Neppure l'attuale Assessore alla Cultura del Comune di Napoli che ha scritto di recente un libro sull'argomento ha potuto confutare le mie tesi che si basano soprattutto sul fatto che Kesselring diede l'ordine generale di ritirata da Salerno al Volturno - vale a dire da 30 km a Sud di Napoli a 30 km a Nord di Napoli - il 16 settembre e questo è certissimo e risulta da tutte le fonti. 

Se il 16 viene dato l'ordine di ritirata all'esercito tedesco, com'è possibile "scacciare dalla città a furor di popolo" il 28 e il 29 le forze germaniche?. 
Che cosa avvenne in realtà?
Quei moti iniziarono con atti di lotta fratricida.

Il primo si verifica il 27 sera alla contrada Pagliarone al Vomero Vecchio.
Ecco che cosa avvenne. 
Si sparge la voce che gli americani stanno per arrivare in città ed allora dalla fattoria Pagliarone escono un gruppo di persone che vi si erano nascoste per sfuggire ai bandi del colonnello Scholl emanati il 22 sul servizio obbligatorio del lavoro. 

Escono e prima di rendersi conto che gli americani ancora non sono in città, incontrano un noto fascista, Vincenzo Calvi, lo afferrano, gli tolgono la camicia e a colpi di frusta lo spingono verso la masseria per fucilarlo.
Vi dico questo perché tutta la storia successiva fino a Piazzale Loreto è piena di gente che si arroga il diritto di fucilare cittadini italiani senza averne alcun titolo per farlo e si comincia addirittura il 27 settembre quando non c'era ancora niente: i tedeschi non avevano sparato neanche una fucilata e già quei signori volevano ammazzare un fascista. 
Passa un tedesco in motocicletta, si ferma perché vede questa scena e viene ucciso, al colpo arrivano altri due tedeschi, questa volta con una motocarrozzetta, e vengono anche loro colpiti, ma uno di loro, ferito, riesce a fuggire.
Arriva un grosso pattuglione di tedeschi che spara: gli armati fuggono a terra restano 5 passanti, poi i soldati rastrellano la zona. 

La storia della resistenza, o della cosiddetta resistenza, si svolge tutta così in questa sequenza:
una vile aggressione, un assassinio a tradimento, una reazione tedesca o fascista, i cosiddetti partigiani che scappano, la gente che ci va di mezzo. 

Per questo unico episodio il 27 viene addirittura preso come il primo delle quattro giornate.
Nella motivazione della Medaglia d'oro alla città di Napoli viene così citata.
Poi devono essersi vergognati ed hanno spostato le date dal 28 al I ottobre senza tenere conto che il I ottobre a Napoli c'erano già gli americani e non si capisce contro chi diavolo i "patrioti" si dovevano ribellare. 
Arriviamo al giorno 28.

Sul 28 io posso riferir un ricordo personale: ho attraversato l'intera città dopo aver dormito nella notte tra il 27 e il 28 in quella che viene definita la tana dell'orco, l'albergo Parco, dove era il comando di Scholl.
Non vidi neanche una sentinella davanti alla porta, neppure una. 
La mattina poi attraversai tutta la città fino a Piazza Carlo III senza sentire un solo colpo di fucile. Questo affermo in piena mia scienza. 
Nel pomeriggio poi, quello che successe me lo ha raccontato bene Franco Tilena, figlio di Domenico il quale (aveva forse otto anni) corse a vedere che fine stava per fare il padre nella Federazione che era stata spostata da poco in Via Cimarosa, angolo Via Luigi Sanfelice, perché la sede che era a Via Medina si era dovuta spostare a causa dello sgombro della fascia costiera entro i 300 metri.
Franco Tilena mi ha raccontato che le cose sarebbero cominciate non con un attacco ai tedeschi ma con un attentato con armi da fuoco contro i due militi che erano di guardia davanti alla porta della Federazione.
Uno dei due rimase ucciso: un ragazzo.
Ai colpi di arma da fuoco corsero i tedeschi e quindi ci furono i primi scontri.
A quel punto ci furono ancora numerosi disordini e alcune sparatorie fino alle 18 quando un violento acquazzone investì e disperse i ribelli. 

Su questi fatti ho avuto un dibattito con Max Vajro e Antonio Ghirelli al Circolo della Contea e lì dissi che i guerriglieri erano provvisti di armi ma non di ombrelli e perciò avevano dovuto rimandare la rivoluzione al giorno dopo causa il maltempo, e purtroppo è la verità.

Il giorno 29 poi ci furono una serie di scontri con ultimissime pattuglie tedesche che stavano uscendo dalla città, appunto per raggiungere il grosso sul Volturno: erano circa 150/200 uomini, i guastatori, gli artificieri, i genieri che stavano facendo saltare la centrale elettrica e quella del gas.
Per tutto il 29 ci furono altri scontri, il 30 non ve ne furono affatto. Perché il 30 mattina alle cinque il colonnello Scholl, come un buon comandante, ultimo, usciva dalla città. Dietro di lui non c'era nessuno.

Il 30 la città rimase in mano ad alcuni individui scatenati i quali, come Ciccio Fatica illustra nel suo libro, diedero la caccia al fascista che spesso si difese.
Ribadisco che il giorno 30 ci furono scontri soltanto tra questi pretesi insorti e i fascisti perché i tedeschi non c'erano più.

Quindi questo esordio di "lotta partigiana" comincia con un fratricidio, prosegue con un fratricidio e finisce con una serie di fratricidi.

Tratto da: http://pocobello.blogspot.it/2009/09/le-quattro-giornate-di-napoli-le.html

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