venerdì 19 aprile 2013

Pagliacciate americane
















Due ottimi articoli di Fabio Calabrese 


lNota di Maurizio Barozzi

L'americanismo
Ritengo molto importante la conoscenza e la discussione su questi due ottimi articoli di Fabio Calabrese, pubblicati, con un terzo articolo simile nel Sito ERETICAMENTE :http://www.ereticamente.net/ su questa tematica, perchè la way of life americana, e ancor più la sua degenerazione consumista e modernista degli ultimi decenni, sono della sua concezione dello Stato e della sua concezione di una società socialista.
L'Occidente, di cui l'americanismo è l'aspetto più manifesto e concreto, è il NEMICO DELL'UOMO, una forma di società, di cultura esistenziale e di morale, degenerata, ma edonista e capace di distruggere letteralmente la sostanza spirituale e virile degli uomini.
Purtroppo, l'americanismo, supportato dalla sua enorme potenza militare ci ha letteralmente colonizzato e conformato alle sue esigenze e peculiarità
Si faccia ATTENZIONE: una mezza specie di americanismo, importato dai contatti con gli immigrati, ma poi soprattutto dalla filmografia hollywoodiana, tutta oltretutto di marca ebraica, era già penetrato nella nostra società durante il ventennio fascista.
Basta dare uno sguardo alle riviste e rotocalchi dell'epoca, per rendersene conto. I tentativi del fascismo, di italianizzazione furono purtroppo insufficienti e comunque non adeguati a pericolo cui questa jattura rappresentava.
Quel modo di pensare, di vivere, di vedere le cose, si insinuò così subdolamente nella nostra società dove, oltretutto, la vecchia cultura cattolica aveva fatto il suo tempo (un tempo non di certo edificante).
Il cambiamento epocale che il fascismo avrebbe potuto portare, radicalmente, non solo all'Italia, ma alla intera Europa, purtroppo si arenò poi di fronte alla invasione anglo-americana.
E ahinoi, con la sconfitta fummo letteralmente colonizzati, inseriti nel mercato liberista occidentale, subordinati agli interessi dell'Alta finanza, e così via. Mani, piedi e capelli nella melma occidentale.
Il consumismo, la degenerazione di ogni vero valore umano, fecero il resto. Ed eccoci oggi, una piena colonia americanizzata, ovviamente parente povera, essendo oltretutto sfruttata e legata mani e piedi al sistema Atlantico. Carne da cannone, in caso di conflitti, con le 113 basi NATO sul nostro territorio.

ATTENZIONE: l'americanismo e la sua emulazione, anzi assimilazione, ha purtroppo anche un altro aspetto deleterio. Con la fine della guerra, infatti, sappiamo bene come le Intelligence americane, carpirono ai loro sporchi interessi molti neofascisti, che da quel momento possono anche chiamarsi ex fascisti, altri poi entrarono nelle criminali strategie stay behind, ed infine il partito qualunquista, reazionario e conservatore del MSI sposò integralmente l'atlantismo e quindi l'americanismo, spacciato come "male minore" rispetto al comunismo.
Ebbene, dopo 50 anni di missismo, a poco a poco, tutto un certo ambiente, in buona parte oramai già tarato, ha assimilato integralmente la cultura di destra, il liberismo, il "rambismo", insomma proprio l'americanismo.
Basta oggi osservare un raduno, un comizio, di organizzazioni di destra, tutte le destre, gruppuscoli bottegai, per rendersi conto di come, la base umana che li supporta (grazie a Dio oramai una risibile minoranza) sia totalmente americanizzata, adeguata psicologicamente al messaggio mediatico delle televisioni Mediaset.

Ecco che allora è necessario affrontare questo tema, discuterne e articoli come questo di Calabrese sono molto importanti.


Pagliacci lugubri e sanguinari

Fabio Calabrese      

Dal 1991, dal crollo dell'Unione Sovietica gli Stati Uniti sono rimasti l'unica superpotenza esistente su questo pianeta, non solo, ma è evidente che gli Stati Uniti da allora stanno cercando di espandere il loro dominio a livello mondiale, imponendo dappertutto una democrazia che non è in realtà altro che una forma mascherata di colonialismo.
Io credo sia essenziale capire in che mani sia questo sfortunato pianeta e l'altrettanto sfortunata umanità che lo popola, chi sono questi yankee prossimi a essere i padroni di questo mondo , e che in ogni caso si comportano come se lo fossero, mentre l'Italia e l'Europa sconfitte nella seconda guerra mondiale si trovano da settant'anni a vivere in quello che di fatto è un regime di soggezione coloniale.
Al riguardo, devo essere onesto, i contatti che ho avuto con persone statunitensi sono stati sporadici, anche se di loro mi hanno sempre colpito il cattivo gusto e l'invadenza (chissà se la tendenza che dimostra la loro politica estera a invadere le altre nazioni non sia collegata più di quanto non sembrerebbe a prima vista alla loro invadenza caratteriale), ma indipendentemente da ciò, una via per comprendere chi sono veramente costoro ci viene proprio dal fatto che noi oggi subiamo un'invasione mediatica di film e di serial televisivi di produzione americana che a un esame appena un po' attento si rivelano estremamente istruttivi nel farci capire quale sia la loro mentalità.
Al riguardo occorre rilevare innanzi tutto che i media hanno una funzione sia speculare sia normativa nel senso che da un lato riflettono e rivelano quale sia la mentalità che soggiace alla loro creazione, dall'altro rappresentano dei modelli che influenzano il comportamento delle persone, tanto più che, in presenza di una scuola sempre meno capace di trasmettere conoscenze e di famiglie sempre più evanescenti, labili, disintegrate, provvisorie, essi sono diventati e diventano sempre più di fatto l'unica "agenzia educativa" (o diseducativa). Stiamo attenti che questa è storia americana ma finisce per valere sempre più anche per noi che siamo sottoposti alla loro massiccia influenza mediatica, e soprattutto i più giovani, che hanno personalità meno strutturate, sono sensibili (ma sarebbe meglio dire vulnerabili) a questa influenza, e si consideri anche il fatto che pure da noi sia l'istituzione scolastica sia le famiglie mostrano tutti i segni di un inarrestabile declino, un declino di cui ritengo, la deleteria influenza che ci arriva d'oltre Atlantico ha non poche responsabilità.
Basandomi su di un esame del comportamento dei personaggi mediatici dei serial televisivi, qualche tempo fa avevo redatto un articolo, "Lugubri pagliacci", che è stato pubblicato sul sito del Centro Studi La Runa. "Pagliacci" perché da questi esempi si rileva un comportamento clownesco: grottesco, infantile, esagerato, spesso e volentieri sopra le righe. L'uomo americano, a giudicare dalla sua auto-presentazione mediatica si rivela fatuo e irresponsabile, incapace di concepire il fatto che il mondo continuerà a esistere anche la settimana prossima, tendente a delegare tutte le responsabilità alla donna che è la figura dominante e la vera capofamiglia. "Lugubri", perché l'idea che a questi fanciulloni mai cresciuti altro che negli appetiti sessuali sia, per un seguito di circostanze storiche davvero sfortunate, sostanzialmente capitato in mano il destino del mondo, è una cosa che non si può considerare senza preoccupazione. Il paragone che viene istintivo è con "It", il mostruoso alieno inventato da Stephen King che dietro una maschera da clown cela il suo vero aspetto di raccapricciante entità simile a un ragno.
Dagli amici di "Ereticamente" ho avuto un invito ad approfondire questa tematica (e intanto vi segnalo che l'articolo, che pare abbia riscontrato un notevole interesse è stato anche ripubblicato sul sito della FNCRSI). Un invito al quale era difficile sottrarsi, visto che di aspetti da approfondire ve ne sarebbero parecchi.
Un aspetto al quale sarebbe importante almeno accennare, è quello dell'attacco alla concezione tradizionale (ma sarebbe meglio dire NATURALE, perché è inutile girarci attorno con una "political correctness" bugiarda) della famiglia e l'esaltazione dell'anormalità sessuale a tutti i livelli.
Che nei serial di cui sopra gli omosessuali siano praticamente le uniche figure di maschi presentate come positive, è una cosa quasi scontata, tra l'altro con un'enorme dose di falsificazione rispetto alla realtà, perché le coppie gay sono sempre presentate come molto affettuose e stabili, mentre sappiamo che è tipico di queste persone cambiare partner con estrema disinvoltura, e proprio questo è stato all'origine, grosso modo nel periodo fra il 1990 e il 2000 della grossa diffusione dell'epidemia di AIDS fra gli omosessuali americani.
Non c'è di mezzo solo l'omosessualità: che dire di un programma come "Little Miss America" che presenta bambine impuberi vestite e truccate come donne adulte in pose più o meno seduttive; cos'è se non uno scoperto invito alla pedofilia? E quale lezione di vita si impartisce a queste bambine e alle loro coetanee se non che solo l'aspetto esteriore è importante per farsi strada nella vita, che è importante trasformarsi precocemente in un ingranaggio della macchina consumistica?
Non parliamo di quell'altra esaltazione dell'anormalità sessuale che è "American Next Drag Queen", dove sono giovanotti discinti in tanga e paillettes a esibire seni e natiche frutto di sapienti interventi chirurgici e trattamenti ormonali in contrasto con quelli che sarebbero dovuti essere i loro naturali attributi.
Tuttavia, questi casi che ho citato nell'articolo precedente non sono ancora il peggio. Ultimamente, una mia corrispondente mi ha citato una pratica che negli ultimi tempi sembra sia diventata alquanto diffusa negli Stati Uniti, di donne bisessuali che dopo aver divorziato dal marito e ottenuto l'affidamento dei figli, nonché essere andate a vivere con una compagna ed essersi scoperte del tutto lesbiche, hanno fatto operare i loro figli maschi per fargli cambiare sesso. Vi rendete conto di quale violenza questo significa su quelle povere creature che ne avranno verosimilmente la vita rovinata?
Rendetevi conto di una cosa: i modi di fare statunitensi condizionano sempre più anche noi, e ponetevi l'interrogativo in tutta sincerità: E' QUESTO il mondo nel quale volete vivere?
Questo articolo, nella forma in cui l'avevo pensato inizialmente, doveva intitolarsi "Americanate". Per americanata s'intende (o s'intendeva) qualcosa di pagliaccesco e smargiasso, tipicamente frutto del cattivo gusto e della sicumera di coloro che si ritengono i padroni del pianeta e sono convinti che tutti gli altri non desiderino altro che imitare il loro modo di vita. Ora, fateci caso: oggi il temine è praticamente caduto in desuetudine; perché americanate non se ne fanno più, o al contrario perché anche noi ci stiamo sempre più americanizzando e non riusciamo più a cogliere la perversità di certi comportamenti che finiscono per apparirci naturali?
Tuttavia, dopo la strage di Newtown, ennesima esplosione di violenza tragica e futile, è appunto sulla violenza che ho deciso di spostare "il taglio" dell'articolo. Questi yankee non sono solo "Lugubri pagliacci", sono appunto "Pagliacci lugubri e sanguinari".
Quello che colpisce in questo episodio che è solo l'ennesimo di una lunga serie, non è che l'autore materiale dell'assurda strage sia stato un ragazzo autistico con gravi turbe mentali, ma il fatto che la madre che il ragazzo ha ucciso prima di recarsi alla scuola dove questa lavorava e perpetrare il massacro, sebbene fosse un'insegnante, quindi si suppone una persona non del tutto sprovveduta nei rapporti con i più giovani, non si fosse minimamente preoccupata di lasciar circolare per casa come se niente fosse due armi da guerra, pur sapendo di avere un figlio mentalmente disturbato che con ogni probabilità aveva già manifestato comportamenti aggressivi. E gli M16, viene da chiedersi, facevano per caso parte della sua didattica?
Cosa dire poi del fatto che è bastato l'annuncio della Casa Bianca di imporre restrizioni legislative alla circolazione di armi negli Stati Uniti per far scattare una corsa all'accaparramento prima che le nuove normative possano entrare in vigore (e non è detto che succederà, perché la lobby dei produttori di armi è pronta a dare battaglia – è il caso di dirlo – armata fino ai denti). Come dire, non importa se il frigo è vuoto, l'importante è che l'armeria sia ben fornita, e se si ha fame, ci si può sempre consolare sparando ai vicini.
Io credo che non sia possibile, tenendosi alle dimensioni di un articolo, fare un'analisi della violenza che è il tratto fondamentale della società americana -basta pensare che essa è basata su uno dei più spaventosi genocidi della storia, il massacro di qualcosa come da cinque a sette milioni di nativi americani (i cosiddetti pellirosse)- un genocidio che ha avuto un'amplissima partecipazione popolare e ancora oggi viene sentito come un'epopea invece dell'orrore che obiettivamente è, si potrebbe ricordare il comportamento davvero infame tenuto dai militari americani durante la seconda guerra mondiale, le fucilazioni di prigionieri dopo che si erano arresi, i massacri dei civili, lo stupro delle donne dei vinti. Certo, l'Armata Rossa ad esempio ha fatto le stesse cose su scala maggiore, ma i Russi erano aizzati dai commissari politici, gli yankee no, "di suo" il russo è molto meno violento dell'americano, fino ad arrivare alle sevizie ai prigionieri nei carceri di Abu Ghraib e Guantanamo, che è storia recente, di oggi, ma per tutto ciò occorrerebbero quanto meno le dimensioni di un libro se non di un'enciclopedia.
Un tratto caratteristico della mentalità americana è la capacità di travestire la violenza da moralismo, l'aveva fatto rilevare bene Massimo Cacciari in quella famosa intervista rilasciata a Maurizio Blondet che ho citato più volte:
"I Pellerossa erano radicati nel loro ethos, e l'americano vedeva nel loro ethos un sistema di non-libertà. Lo sterminio delle società sacrali, degli ethoi tradizionali, è prescritto dal liberalismo per il "bene" stesso dell'uomo"… Per sradicare il Giappone dal proprio sacro nomos, non ci volle nulla di meno che l'olocausto nucleare. Migliaia di tonnellate di bombe furono [sganciate sulle città europee durante la seconda guerra mondiale]. E il Vietnam, la guerra del Golfo, l'intervento "umanitario" in Somalia nel e in Jugoslavia nel 1999" (1).
Sarà meglio perciò restringere l'argomento attenendoci al rapporto tra violenza e mass-media, sapendo però che anche in questo caso non ci muoviamo su di un terreno vergine. I media, ci sono svariati studi psicologici e sociologici in merito, abituano a un rapporto fittizio con la realtà, ma prima ancora concorrono alla de-strutturazione della personalità, soprattutto dei più giovani. Innanzi tutto abituano a percepire le cose in modo epidermico, un susseguirsi di immagini, di rappresentazioni che si susseguono incessantemente disabituando alla riflessione, sostituita da una fruizione momentanea per passare subito a qualcosa d'altro: ragazzi che hanno assorbito la droga mediatica in dosi massicce non sono più neppure capaci di concentrarsi, di svolgere attività che richiedano un minimo di impegno intellettivo come lo studio scolastico o la lettura di un libro, si perde la capacità di considerare criticamente quanto viene proposto: ciò che "si vede" è "vero" per definizione.
La rappresentazione mediatica si sostituisce alla percezione del reale. Consumatori di "prodotti" televisivi a forti dosi tendono ad esempio a sovrastimare il numero di appartenenti alla classe alta che esistono in un qualsiasi contesto sociale, e sopravvalutano la minaccia di aggressioni fisiche, in chiara connessione sia con le ambientazioni "high class" delle soap opera, sia con la violenza che abbonda nei film e serial "d'azione". Questo però è ancora il minimo.
In un bell'articolo dedicato al rapporto tra violenza e media, "Manipolare l'esistenza senza farsene accorgere", la psicologa Antonella Randazzo riporta questa citazione del "Saggio sulla violenza" del sociologo Wolfgang Sofsky:
"La violenza dello schermo attrae e al contempo è assai dannosa: Nonostante il disgusto e l'avversione, lo spettatore viene catturato dalle passioni suscitate dalla violenza, che conquistano i sensi, l'udito, la vista, l'anima... Basta un solo attimo e le sue resistenze interiori crollano. La vista del sangue scatena eccitazione, estasi, entusiasmo, il desiderio di altro sangue. Lo spettatore diventa schiavo della crudeltà… è la violenza stessa che lo spettatore. Essa agisce come un veleno". (2-3).
Serial televisivi e anche i videogiochi, questi ultimi specificamente destinati a un pubblico di minori, insegnano comportamenti violenti come l'unico modo di relazionarsi, disegnano un mondo in cui tutto è risolto con la forza bruta, non esistono mediazioni e compromessi. In più, LE CONSEGUENZE DELLA VIOLENZA NON SI VEDONO. Quello che la rappresentazione mediatica nasconde, è il sangue, il dolore, la sofferenza che l'atto violento infligge a coloro che ne sono vittime.
Per fare un esempio, riferendosi a quella mecca della droga mediatica che è Hollywood, il kolossal bellico di Steven Spielberg "Salvate il soldato Ryan" è stato oggetto di dure critiche non per il suo messaggio buonista e falsamente umanitario nel classico stile hollywoodiano, ma per il fatto di aver presentato le ferite, le mutilazioni, i cadaveri dilaniati in conseguenza dei combattimenti in maniera realistica invece che nella solita maniera stilizzata e anestetizzata: LA GENTE NON DEVE ESSERE TROPPO CONSAPEVOLE CHE FERIRE E UCCIDERE FA MALE. Per il sistema mediatico occorre che si rimanga al livello del videogioco, dove l'avversario sconfitto cessa semplicemente di esistere o è pronto a ricomparire al livello successivo. Dobbiamo forse stupirci che mentalità infantili in cui è stata inculcata una visione distorta della realtà imbraccino una carabina mettendosi a sparare sui passanti per attirare l'attenzione quando si è fatto di tutto per impedire loro la percezione della gravità di un atto simile?
I mezzi cinematografico e televisivo sono basati su una fondamentale asimmetria fra emittente e riceventi: "messaggi" elaborati da un numero ristretto di persone possono raggiungere una dimensione planetaria; internet è diversa: il numero degli emittenti è anch'esso tendenzialmente infinito. Di per sé, questo sarebbe un fenomeno positivo, ma quando, grazie alla connessione internet-cellulari (i-pad, smartphone e chi più ne ha più ne metta), la comunicazione diventa una rete planetaria che si sovrappone punto per punto e in tempo reale al mondo concreto, il rischio è quello che SE NON SEI NELLA RETE; NON ESISTI. Da qui tutta una serie di atteggiamenti assurdi come quello di persone che si filmano mentre compiono un reato e mettono il filmato in rete. Il quarto d'ora o il minuto di notorietà mediatico serve a giustificare e certificare retrospettivamente l'intera esistenza dell'individuo, e quale modo migliore di ottenere l'attenzione dei media se non quello di scendere in strada armato e mettersi a sparare sui disgraziati che capitano a tiro. Alla base di tanti episodi di violenza brutale come quello di Newtown, non si trovano motivazioni meno futili di quelle di attirare l'attenzione dei media, da parte di personalità infantili, s'intende, che non hanno mai acquisito il concetto che la vita umana possa avere un valore qualsiasi.
A tutto ciò va aggiunto ancora un altro elemento, l'arroganza di coloro che si considerano i padroni del mondo per investitura divina, e si ritengono dei superuomini al di sopra della restante volgare umanità.
Che la NATO, la SEATO, l'Organizzazione degli Stati Americani si presentino formalmente come alleanze fra pari, mentre sono puramente e semplicemente strumenti del dominio americano, non dovrebbe ingannare, e credo che in effetti non inganni nessuno.
Se volessimo avere una riprova del fatto che il rapporto che abbiamo con gli USA non è affatto quello di un'alleanza ma un rapporto di vassallaggio e di dominio, sarebbe fin troppo facile trovarla vedendo le vicende giudiziarie che in tempi più o meno recenti hanno coinvolto cittadini italiani e statunitensi. Sebbene esistano trattati di estradizione e riconoscimenti di giurisdizione che sono -ovviamente- pezzi di carta, non è stato possibile per la giustizia italiana avere i due piloti che -ubriachi fradici mentre erano intenti a fare pazzesche evoluzioni- tranciarono con il loro aereo i cavi della teleferica del Cermis uccidendo decine di persone, né il G-man dal grilletto facile che ha ucciso il funzionario Nicola Calipari, ma forse la vicenda più grottesca è stata quella di Amanda Knox, la giovane assassina yankee che a Perugia si è resa responsabile della morte della compagna di stanza inglese Meredith Kercher. Dopo un processo di primo grado in cui lei e il suo amichetto Raffaele Sollecito furono condannati, così come è stato condannato con sentenza definitiva l'altro bell'amico, l'ivoriano Rudy Guede che ha fatto l'errore di ricorrere al rito abbreviato, negli USA si è scatenata un'enorme pressione mediatica, si è mobilitato il Segretario di Stato Hilary Clinton (Segretario di Stato per diritto dinastico in quanto moglie di un ex presidente, ma ora tralasciamo) per arrivare a un appello-farsa dove la corte ha dovuto assolvere la giovane killer, perché i reperti di prova a carico erano – ma guarda un po' – deteriorati e inservibili. Scarcerata, la giovane delinquente è stata accolta negli USA come un'eroina, una Giovanna D'Arco miracolosamente sfuggita al rogo.
La verità pura e semplice, che si cerca inutilmente di nascondere col dito, è che A SERVI QUALI CI CONSIDERANO; QUALI DI FATTO SIAMO, non è concesso processare i padroni. Siete filo-americani? Allora, procuratevi il collare e il guinzaglio, perché ai cani piace avere padroni, agli uomini no.
Questa supponenza, questa convinzione di essere dei superuomini che devono agire come protagonisti dei film con John Wayne, ha effetti anche sul piano interno, e alquanto grotteschi.
Nel 2011, in occasione del decennale dell'attentato dell'11 settembre, si è ovviamente riparlato di questo evento criminoso che presenta ancora oggi parecchi lati oscuri, al punto da rendere credibile che non si sia trattato di un atto terroristico ma di un'operazione di "false flag" per spingere l'opinione pubblica americana e mondiale in una certa direzione. Ora però non ci occuperemo di questo aspetto della questione. Una delle "icone"dell'11 settembre è rappresentata da "The falling Man", "l'uomo che cade", l'istantanea di una delle molte persone che si gettarono (o caddero, ma è meno verosimile) dalle torri del World Trade Center per non essere avvolte dalle fiamme. In concreto, è impossibile identificare di chi si tratti; ciò nonostante, le famiglie di almeno due persone sospettate sebbene con scarsissimo fondamento di essere "The falling Man" sono state vittime di anni di persecuzioni, boicottaggi, tormenti di vario genere almeno fino a quando non sono riuscite a cambiare città, vita e cognome.
Per quale motivo? Teniamo presente che "l'uomo che cade" ha avuto la sfortuna di essere stato fotografato e di diventare un simbolo, ma molti altri hanno fatto la stessa cosa. Quali possono essere poi le responsabilità dei suoi familiari, e ancora di più delle famiglie degli uomini la cui identificazione con "The falling Man" è tutt'altro che certa? Quale è la colpa di quest'uomo? Quella di aver fatto ciò che probabilmente chiunque altro avrebbe fatto al suo posto: quello di aver preferito una fine rapida e relativamente indolore con un salto nel vuoto a una morte atroce, lunga, dolorosissima tra le fiamme, ma così facendo ha probabilmente abbreviato la sua vita di alcuni minuti, tecnicamente ha commesso un suicidio, gettando un'ombra sull'immagine mitica dell'americano come superuomo indistruttibile.
L'incredibile vicenda di "The falling Man" e soprattutto delle famiglie degli uomini sospettati di esserlo, non è la sola del medesimo genere. Penso che tutti noi ci ricordiamo di Rambo. Prima di diventare nelle successive pellicole della serie l'ennesima versione del classico supereroe americano tutto forza muscolare e patriottismo monolitico, nella prima pellicola, John Rambo è un reduce del Vietnam (profondamente frustrato, come si scopre alla fine della narrazione) che dopo essere stato maltrattato fino alla persecuzione dagli abitanti di una cittadina, decide di sfogare contro di loro le tecniche di guerriglia apprese nel conflitto indocinese.
La pellicola, e questa è la cosa importante, prendeva le mosse da un fatto assolutamente reale e da una serie di episodi concreti: l'ostilità e le persecuzioni di cui sono stati spesso oggetto i reduci del Vietnam una volta tornati in patria. Quale ne è il motivo? Che i reduci di una sconfitta non godano della stessa simpatia di coloro che ritornano da una guerra vittoriosa, questo è comprensibile, ma perché tanta ostilità?
La ragione è semplice: perché costoro sono stati e sono le testimonianze viventi del crollo del mito dell'invincibilità americana, così come la colpa di "The falling Man" è stata ,di essersi dimostrato alla prova dei fatti un uomo di carne e sangue e non un monolitico e algido eroe.
Vi sono altri fronti sui quali gli Stati Uniti sono costretti a mantenere una presenza costosa di mezzi e vite umane, oggi più discreta che nell'era Bush, ma da cui sanno che se si ritirassero in maniera sostanziale e reale, questi si trasformerebbero in nuovi Vietnam, perché gli islamici riprenderebbero il potere appena l'ultimo marine si fosse allontanato. L'Irak e l'Afghanistan.
I piedi d'argilla del colosso americano cominciano a mostrare le prime crepe.

Fabio Calabrese       

NOTE:
  1. Maurizio Blondet: "Gli Adelphi della dissoluzione", Ares, Milano 2000.
  2. Antonella Randazzo: "Manipolare l'esistenza senza farsene accorgere",www.disinformazione.it, 27 dicembre 2006.
  3. Wolfgang Sofsky: "Saggio sulla violenza", Einaudi, Torino 1998, pag. 86.

 


Pagliacciate sempre più lugubri

Fabio Calabrese       

Torniamo un'altra volta a parlare dei lugubri pagliacci statunitensi, la terza dopo i due articoli pubblicati sul sito del Centro Studi La Runa, "Lugubri pagliacci" e su "Ereticamente", "Pagliacci lugubri e sanguinari". Il metodo è sempre lo stesso, un'analisi della mentalità americana condotta attraverso le indicazioni che ci sono suggerite dal sistema mediatico. Onestamente, se si trattasse di qualsiasi altro popolo, un'insistenza del genere non sarebbe giustificata e, al di là di una curiosità di tipo puramente antropologico, poco ce ne calerebbe, ma trattandosi degli apparenti dominatori di questo disgraziato pianeta, la cosa cambia.
Sottolineo – occorre sottolineare – apparenti perché ad esempio quando alcuni anni fa una giovane cooperante americana in Palestina, Rachel Corrie ebbe la sciagurata idea di mettersi davanti a un tank merkava per impedire la distruzione di alcune case palestinesi, pochi istanti prima di morire crivellata da una raffica di mitragliatrice, ebbe la prova che agli occhi -e al mirino- del(l'auto)eletto popolo inventore del razzismo e del fanatismo religioso, i superuomini yankee sono dei subumani gojm incirconcisi come tutti gli altri.
E' importante tornare a occuparsene, perché attraverso il gigantesco sistema mediatico mondiale da essi controllato, costoro hanno modo di diffondere la loro mentalità a livello planetario, e per resistere a qualsiasi forma di condizionamento, la prima cosa da fare che occorre, è esserne consapevoli. Nel nostro caso poi, nel caso dell'Italia e dell'Europa si tratta di contrastare la cancellazione di una cultura ricca, articolata, millenaria e la sua sostituzione con forme di pensiero rudimentali, infantili, pagliaccesche che danno a volte l'impressione che si stia davvero scendendo a un livello subumano.
Io vorrei che riguardo agli esempi che riporto, nessuno avesse l'ingenuità di pensare che dopotutto si tratta SOLO di fiction. Questo significherebbe non avere idea del ruolo che il sistema mediatico gioca nell'ambito di quella che ormai possiamo ben definire la società della comunicazione globale a livello planetario.
Il ruolo del sistema mediatico è da un lato quello di riflettere la mentalità, i costumi, gli atteggiamenti, la visione del mondo, i valori o i disvalori di una data società, dall'altro però esso è fortemente NORMATIVO, nel senso che tutto ciò viene mostrato in forma estremamente persuasiva come il modo ovvio, logico, normale di comportarsi e di pensare.
In effetti, se ci pensiamo con un po' di attenzione, nel nostro tempo in cui la famiglia e la scuola hanno perso enormemente la capacità che avevano un tempo di plasmare le nuove generazioni, di trasmettere valori, il sistema mediatico è di fatto l'unica "agenzia educativa" o diseducativa realmente funzionante.
Si tratta, inutile dirlo, di una relazione fortemente asimmetrica nella quale i valori o disvalori di una cultura che comprende un ventesimo degli abitanti del pianeta vanno in maniera assolutamente unilaterale a condizionare e plagiare gli altri diciannove ventesimi.
Pagliacci, perché tutto ciò che è americano è palesemente sotto il segno dell'esagerazione, del fracasso, dell'infantilismo, della mancanza di sobrietà e di serietà, lugubri perché, che una bizzarra serie di circostanze storiche abbia messo le sorti del nostro mondo nelle mani di gente di tal fatta, non può essere considerato senza preoccupazione, e infine sanguinari come recita l'approfondimento già pubblicato su "Ereticamente", perché la violenza è certamente uno dei motivi ricorrenti dell'americanismo, sia per quanto riguarda, a livello istituzionale, i rapporti con le restanti nazioni del globo, sia per quanto riguarda le vite private dei presunti superuomini a stelle e strisce, violenza oltre tutto il più delle volte dettata da motivi futili e bambineschi, ossia ottenere il fatidico quarto d'ora di celebrità mediatica.
Un quarto elemento che non compare nei titoli dei due articoli, ma che ho considerato, è la tendenza degli yankee a credersi dei superuomini o quanto meno esseri superiori e migliori della comune umanità, tendenza che ha spesso portato a manifestazioni che è poco definire aberranti. Un esempio: da più di un decennio, la vita di almeno due famiglie (ma probabilmente di più) è stata rovinata dal boicottaggio e dall'ostilità dei vicini perché un loro parente morto nell'attentato delle Twin Towers dell'11 settembre 2001 è stato sospettato di essere "the falling man", "l'uomo che cade" inquadrato da una celebre ma tutt'altro che chiara fotografia, un uomo che, come del resto molti altri quel giorno, si sarebbe gettato da uno dei grattacieli in fiamme e abbreviato la propria vita di pochi minuti preferendo una fine rapida a una morte lunga e atroce, ma per l'opinione pubblica americana, mossa da un misto di prepotenza e bigotteria, è inaccettabile che un superuomo a stelle e strisce possa aver commesso un suicidio.
Occorre tuttavia ammetterlo, due articoli non sono sufficienti per esplorare il grande deserto (di intelligenza, di cultura, di maturità, di sentimenti, di buon senso) che si trova tra Messico e Canada.
Inizieremo questa nuova esplorazione partendo da un punto apparentemente distante dagli Stati Uniti (in realtà nessun punto del nostro pianeta è distante da essi a sufficienza per essere ragionevolmente al sicuro), e precisamente da casa nostra.
Sul Carso triestino si trova la foiba di Basovizza, che è stata alla fine della seconda guerra mondiale lo scenario di una delle tante atroci mattanze compiute dai comunisti jugoslavi contro la nostra gente colpevole soltanto di essere italiana, e che il 10 febbraio 2006 è stata dichiarata ufficialmente monumento nazionale, anche in ricordo dei numerosi altri luoghi rimasti oltre l'iniquo confine tracciato a guerra finita, che sono stati teatro di eccidi analoghi portando il numero degli Italiani trucidati dai boia con la stella rossa a molte migliaia (anche se non esiste un computo preciso).
Ora prescindiamo dal fatto che la sinistra, questa sinistra falsa e ipocrita che negli ultimi anni è arrivata a fingersi patriottica, è riuscita a imporre per oltre sessant'anni sulla tragedia della nostra gente un muro mafioso di omertà e di silenzio. In occasione dell'inaugurazione del monumento, l'allora sindaco di Trieste Roberto Dipiazza tenne un discorso in termini talmente vaghi da non lasciar capire a chi non fosse già per conto proprio informato dei fatti, chi fossero stati gli assassini che avevano colpito la nostra popolazione con tanta devastante crudeltà. E' da notare che Dipiazza non è un uomo di sinistra, ma di centrodestra, del PDL, tuttavia, sappiamo bene che a dimostrarsi troppo anticomunisti, CIOÈ A DIRE LE COSE COME STANNO, si rischia automaticamente di essere considerati fascisti.
E' uno dei grandi paradossi della democrazia: se ami davvero la libertà, l'onestà nel raccontare la verità storica, il rispetto per la vita umana e per i diritti umani, allora non c'è nulla da fare, sei un fascista, un nemico della democrazia.
Oggi Dipiazza ha dovuto cedere la mano a Roberto Cosolini, uomo del PD, che il centrosinistra ha portato al governo cittadino dopo che il suo nome era emerso di stretta misura da primarie andate praticamente deserte, un tipico apparatcik, un burocrate di partito, ma il fatto che una città con un vissuto storico come Trieste abbia un sindaco del PD, cioè dell'erede del partito comunista, è come se Gerusalemme avesse oggi un sindaco nazista. Il vissuto storico c'è sempre, è là sanguinante, ma la memoria sta rapidamente svanendo per la difficoltà di trasmetterla alle giovani generazioni.
I giornalisti del "Piccolo", il quotidiano locale intervistarono i ragazzi presenti alla cerimonia domandando loro se sapessero o avessero capito chi fossero stati gli autori dell'eccidio. Alcuni risposero semplicemente "Non so", ma molti risposero senza esitazione "I nazisti". NESSUNO dei giovani sotto i vent'anni presenti dimostrò di aver capito che gli assassini erano stati gli adoratori dei macabri feticci della stella rossa e della falce e martello.
Ora provate a capire quello che c'è dietro questa grossolana distorsione della verità storica: nello psicodramma a cui è ridotta la seconda guerra mondiale "i nazisti" sono i cattivi per antonomasia, di conseguenza responsabili di tutto; i vincitori sono sempre i buoni, E SONO BUONI IN QUANTO VINCITORI. Alla fine -si sa- i buoni vincono sempre. È LA MENTALITA' DA FILM HOLLYWOODIANO CHE HA CONTAGIATO PROFONDAMENTE I NOSTRI GIOVANI, PRIVI COME SONO DI PUNTI DI RIFERIMENTO DIVERSI.
La mentalità americana così come ci viene presentata dal sistema mediatico e imposta poco per volta anche a noi, facendo diventare normale e di moda quello che per sua natura è anomalo e perverso, lo abbiamo già visto nei due articoli citati, si presenta come infantile in tutto, tranne che nella sessualità che viene spesso esagerata ed esasperata, precocizzata fino a diventare invito alla pedofilia, terreno di perversioni assortite, quelle che nell'anacronistico linguaggio dei nostri avi erano chiamate turpitudini
 Tuttavia, forse con quello che da parte mia potrebbe essere un lapsus freudiano, nell'evidenziare i comportamenti sessuali come ci vengono proposti dai media di oltre Atlantico, mi sono dimenticato di menzionare quello che è forse l'esempio più eclatante, il seguitissimo serial televisivo "Sex and the City".
La storia di base che attraversa i vari episodi del serial, è presto detta: si racconta di quattro amiche, quarantenni, nubili, di ceto alto-borghese newyorkese, senza preoccupazioni economiche né impegni di lavoro o di famiglia, che nella vita hanno un solo scopo: farsi SCOPARE da quanti più uomini possibile, senza costruire legami sentimentali che non siano di breve durata.
Occorre sempre ricordare che, se da un lato i media rispecchiano un frammento magari inizialmente piccolo della realtà, finiscono per avere un valore normativo, propongono un "modello ideale" che poi la gente tende a imitare, ed è chiaro il significato di queste cose, l'influenza che possono avere sul comportamento delle donne non solo americane.
Ricordo di aver visto molti anni fa un film di guerra dove degli americani catturati erano portati davanti a un ufficiale tedesco per interrogarli, e che per prima cosa li ingiuriava con varie espressioni fra cui: "Le vostre donne sono tutte puttane".
Allora mi parve un'esagerazione dettata dall'intento offensivo. Dopo aver visto "Sex and the City", sono incline a pensare che quell'immaginario ufficiale tedesco avesse detto la verità o fosse stato quanto meno profeta.
Il fenomeno delle quarantenni, cinquantenni e oltre, con aspetto (quest'ultimo grazie alla chirurgia plastica) e appetiti da adolescenti, è oggi così diffuso che per queste donne è stato coniato un apposito termine: "cougar", cioè "puma", "leone di montagna" (esiste anche un serial televisivo al riguardo: "Cougar Town"). I serial americani ci presentano spesso madri indistinguibili da coetanee delle loro figlie, che potrebbero anche essere benissimo interpretate da attrici effettivamente coetanee; in ogni caso è un'esaltazione nemmeno tanto indiretta dei miracoli della chirurgia plastica: un esempio palmare in questo senso è rappresentato da "Beautiful", dove è impossibile distinguere una cinquantenne da un'adolescente).
In modo parallelo-complementare, si è sviluppato anche un altro fenomeno, quello dei "toy-boy", letteralmente "ragazzi-giocattolo".
La maggior parte delle coppie è composta da persone coetanee o con pochi anni di differenza fra marito e moglie, e la ragione biologica di ciò è facilmente comprensibile: molti anni di possibile convivenza è la prospettiva migliore per l'allevamento della prole. Fino a qualche decennio fa, se all'interno di una coppia vi era una forte differenza di età, il più anziano era l'uomo, e generalmente si trattava di uomini con una posizione economica e sociale elevata.
Oggi che vi sono molte signore in carriera, donne manager e naturalmente attrici, cantanti, ereditiere, la tendenza pare essersi invertita, con coppie formate da danarose signore in età e ragazzi-giocattolo.
Parlare di biologia e comportamenti riproduttivi non crea problemi finché si tratta del rospo smeraldino o della drosofila, ma diventa ostico quando si parla di esseri umani, perché qui entrano fortemente in gioco emozioni e sentimenti, tuttavia è sempre l'habitus mentale del naturalista, quello che permette di capire ciò che accade veramente.
Piaccia o non piaccia, tra uomini e donne esiste questa fondamentale asimmetria, che un uomo è fertile praticamente per tutta la vita dopo la pubertà, mentre la fertilità di una donna cessa con la menopausa.
E' una sorta di saggezza della biologia, ma un uomo anziano in posizione di ledership, un "silverback", unendosi a una compagna giovane, è come se ricevesse una specie di bonus riguardo alla possibilità di trasmettere i suoi geni, e il minore vigore fisico nel difendere la famiglia e procacciarle il cibo, sarà ampiamente compensato dai vantaggi dello status sociale, ma la coppia cougar-toy boy non è riproduttivamente valida (e alla fine conta solo questo). La chirurgia plastica può ridare-mantenere a una donna un aspetto giovanile, ma non può ritardare la menopausa, e di solito, se la leonessa di montagna di cui sopra è ancora in età fertile, tende a concentrare i suoi istinti materni sul suo ragazzo-giocattolo.
Poiché il fenomeno negli Stati Uniti e oggi anche in Europa tocca soprattutto persone di classe alta o medio-alta e di etnia europea, se qualcuno volesse insinuare il sospetto che esso sia un fenomeno (non certo il solo) parte di un progetto teso ad assicurare il declino della razza bianca, quello che in Europa conosciamo come "piano Kalergy", io non avrei elementi per smentirlo.
I serial polizieschi rappresentano davvero un capitolo a parte, una volta che si analizzino con attenzione i loro "messaggi", si scopre che sono letteralmente dei surrettizi "manifesti" che esportano gli stereotipi culturali americani. Forse è addirittura secondario il fatto che alcuni di essi sono estremamente violenti, tendono a instillare nello spettatore l'idea inconscia che la violenza sia il modo normale di rapportarsi nelle relazioni umane. Osserviamo quali sono i motivi, le motivazioni dell'azione criminosa in questo genere di pellicole: generalmente si tratta di disturbi caratteriale, follia, nevrosi o perversione sessuale, in qualche caso gelosia; le poche volte che compare un movente economico, è costantemente riferito a persone di classe sociale alta, un'eredità o gelosia professionale.
Il messaggio è chiaro: la società, la società americana modellata dal liberal-capitalismo è una società pressoché perfetta, dove non esistono contrasti sociali degni di nota, e la delinquenza è sempre una fastidiosa deviazione individuale.
Soprattutto le pellicole e i serial di generazione più recente ci mostrano una specie di miracolo: niente più lunghe e faticose indagini con il paziente rilevamento di impronte e indizi, lunghi interrogatori confrontando testimonianze, tutto ciò è stato sostituito da una meravigliosa scienza chiamata "profiling" (nella realtà dei fatti, il profiling, cioè la ricostruzione del profilo psicologico del criminale, è semplicemente uno strumento d'indagine in più). Con una semplice occhiata al corpo della vittima, il profiler dei serial televisivi è in grado di dirvi sesso, età, razza, aspetto fisico dell'assassino, che numero di scarpe porta, che automobile guida, se possiede o no un cane.
Ma tanto, prima che inizi la puntata, lo conosciamo già il profilo che sarà tracciato dal detective-psicologo: invariabilmente, come tutte le volte precedenti, l'assassino sarà "maschio, bianco, tra i trenta e i cinquant'anni, alla guida di un pick-up bianco".
Questa storia del pick-up bianco fa veramente morire; di questo passo succederà che i più impressionabili correranno a nascondersi terrorizzati tutte le volte che vedranno il furgone del panettiere o del lattaio. Prima di ridere, però ricordate che nel delitto di Brembate dove le indagini si stanno trascinando già ben oltre l'umanamente accettabile, esse per un certo periodo sono state ulteriormente depistate proprio perché qualcuno aveva visto nella zona un veicolo di questo tipo.
Ma esaminiamo gli altri elementi ricorrenti del profiling. Maschio: diciamo che ci può stare, poiché di solito quelli che vediamo in serial come "Criminal Minds" sono delitti a sfondo sessuale, ma perhé "tra i trenta e i cinquant'anni", forse che tra l'adolescenza e il trentesimo compleanno una persona non è altrettanto e anche maggiormente capace di commettere un omicidio? Perché chi è più giovane dovrebbe essere necessariamente migliore di chi è in eta? Qui non è difficile riconoscere l'eco di un'ideologia giovanilista sviluppatasi soprattutto perché essendo i più giovani meno dotati di filtri critici, sono maggiormente permeabili ai messaggi mediatici e pubblicitari, oltre che dell'immarcescibile pregiudizio rousseauiano.
Ma la chicca migliore è quel "bianco", l'assassino è sempre immancabilmente di razza bianca. A giudicare da questi sceneggiati, i neri sembrerebbero incapaci di commettere crimini violenti. E' un esempio, una pluralità di esempi lampante di effetto Prentice, ossia di pregiudizio a favore di persone con un'alta percentuale di melanina nella pelle verso le quali non si osa essere obiettivi per il timore di apparire razzisti.
Eppure, se guardiamo la realtà, le prigioni americane sono strabocchevoli di neri detenuti per crimini violenti. Qui da noi gli immigrati, in gran parte di origine africana, sono il 5-6% della popolazione residente e rappresentano oltre metà della popolazione carceraria (senza contare che alcune comunità di immigrati, come i Cinesi, hanno un tasso di criminalità bassissimo).
L'obiezione prevedibile a questo discorso è che i neri americani o gli immigrati da noi si trovano a vivere in condizioni di disagio sociale che certo non favoriscono la rettitudine di comportamento. Guardiamo allora il comportamento dei neri di classe alta: Naomi Campbell, le cui scenate isteriche con il lancio di oggetti contro il personale di servizio sono tristemente famose, il boy friend della cantante caraibica Rhianna che l'ha più volte mandata all'ospedale a forza di percosse, "la belva" Mike Tyson, l'uxoricida O. J. Simpson.
Il caso di O. J. Simpson, cioè di un atleta famoso resosi responsabile dell'assassinio della propria compagna, ricorda da vicino quello di Oskar Pistorius. È vero che Pistorius è un bianco, ma è anche un figlio del nuovo Sudafrica di Nelson Mandela e del post-apartheid, uno dei Paesi più violenti del mondo, e a fare da innesco alla violenza sono proprio i difficili rapporti fra le diverse etnie. Prepariamoci, perché questo è proprio il tipo di realtà che l'immigrazione porterà sempre più anche da noi.
In modo surrettizio, sottile, non dichiarato, l'americanizzazione rischia di stravolgere sempre più e cancellare la nostra cultura, e c'è solo un modo per sfuggire ai condizionamenti: esserne consapevoli.

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