sabato 13 aprile 2013

La strategia della tensione in Italia


La nazione è stata privata, dal 1945, di ogni straccio di sovranità. 
Gli stessi servizi di intelligence (militare e civile) sono subordinati 
nelle loro operazioni al placet atlantico

di: Maurizio Barozzi

Con queste osservazioni riassuntive non vogliamo entrare nello specifico di ogni episodio o situazione stragista, spesso avanzata da Vincenzo Vinciguerra, ma constatando come la sua analisi fa comunque emergere una “discrasia” tra un primo periodo stragista che culmina con le bombe, colorate di “anarchia” di Piazza Fontana e il Golpe Borghese (1970) e quello successivo che, a partire dal 1971 vede gradualmente la destra finire sul banco degli accusati e successivamente si inaugurarono gli attentati che vengono fatti passare per “bombe nere”, vogliamo qui fornire alcune considerazioni che cercano di spiegare, da un punto di vista generale, quanto è, a suo tempo, accaduto nella nostra disgraziata Italia.
Diciamo da un punto di vista generale perchè nella storia il succedersi di certi avvenimenti segue sempre dinamiche, eccezioni imprevedibili e cause e concause che li determino e non è quindi sempre possibile risalire alle esatte motivazioni da cui sono scaturiti i singoli episodi, ma in ogni caso a noi interessa il filo logico, la trama strategica che “qualcuno” ha pur messo in atto per conseguire certi risultati.
Dunque, partiamo innanzi tutto da un dato di fatto incontrovertibile: l’Italia dal 1945 e fino a tutt’oggi, è rimasta priva di ogni sua sovranità e indipendenza ed è diventata un paese colonizzato dagli Stati Uniti d’America che l’avevano militarmente occupato e riuscirono poi in pochissimo tempo, anche in virtù di un accordo con il Vaticano, a sottrarlo alla atavica influenza britannica.
Subito dopo l’Italia è stata inserita nell’Alleanza Atlantica e quindi le nostre strutture militari, compresi i Servizi segreti, ricostruiti sotto l’egida statunitense ed utilizzando in massima parte uomini recuperati dal passato regime, sono stati subordinati agli alti comandi Nato.
Per avere un idea di massima della nostra subordinazione complessiva al sistema Atlantico basta leggere quanto scrisse il 20 giugno 1974 su Il Mondo Riccardo Lombardi: <>.
Un situazione decisamente peggiore della stessa Francia, pur nominalmente non uscita sconfitta dalla guerra, ma per la quale De Gaulle nel 1966, al momento di far uscire il suo paese dal comando integrato della Nato, ebbe a denunciare l’esistenza di protocolli segreti che ledevano la sovranità della nazione.
Bisogna ora tenere presente che la divisione del mondo, in due sfere di influenza Est - Ovest, stabilita a Jalta, scaturiva da un accordo strategico e globale tra le due grandi potenze, perchè quella divisione garantiva la colonizzazione di tutto il continente e soprattutto la spartizione di Stati, governi, partiti, circoli culturali e quant’altro in due schieramenti politicamente e culturalmente contrapposti, ma segretamente cooperanti tra loro, in modo che non si verificasse, con il tempo, alcun impulso di indipendenza nazionale.
Si era in presenza di una segreta “c0esistanza pacifica” Usa – Urss quale modus operandi di Sovietici e Americani, i quali però sul piano tattico, come le inevitabili dinamiche storiche insegnano, si facevano anche una spietata guerra tra loro.
La guerra fredda, infatti, era un diversivo tattico ed una necessità del momento atta a controllare le naturali spinte geopolitiche che potevano far divergere gli Usa o i Sovietici o le nazioni, così assoggettate, dagli accordi e dall’ inquadramento deciso a Jalta.
Per quanto sottilmente cruento, questo scontro tra “Mondo libero” e “Oltrecortina”, non presentava però alcuna volontà di sottrarre una nazione all’area di subordinazione in cui era stata destinata da Jalta, ed infatti in tutti i 40 anni in cui ha perdurato Jalta, mai una sola Nazione è passata nel campo avverso.
Questo per precisare che il confronto “Est - Ovest” con tutti i suoi “comitati civici”, comunismo – anticomunismo, ecc., era solo un confronto tattico e quindi quanti da noi, simpatizzando per gli Usa, credevano di voler salvare l’Italia dai cavalli dei Cosacchi che si sarebbero venuti ad abbeverare nella piazza di S. Pietro, erano degli illusi o in malafede.
Lo scopo della contrapposizione al comunismo, alquanto sensibile in Italia e istigato e foraggiato dagli occidentali, in un paese che vantava il più forte partito comunista d’Europa, non era tanto quello di impedire che i comunisti, arrivati al potere, potessero travasare l’Italia dalla Nato al Patto di Varsavia, cosa che non avrebbero mai fatto, intanto perchè la scelta dei Pci di una via democratica al potere sancita a Salerno nel 1944 era di carattere strategico con tutte le conseguenze per la loro struttura di partito e di base, e poi anche perchè i Sovietici non avrebbero mai accettato questo “regalo” mettendo in crisi i loro rapporti essenziali con gli americani.
Nè i Sovietici, infatti, sostennero la guerriglia comunista in Grecia o si erano opposti al Golpe dei Colonnelli sempre in Grecia, area Atlantica, così come gli americani non mossero un dito per l’Ungheria e la Cecoslovacchia. Gli accordi strategici di Jalta erano sacri e di reciproco interesse.
Da tutto questo si deduce, come è stato fatto notare da attenti storici, che le strategie Stay behind che in Europa, nell’area occidentale, avevano portato anche alla costituzione di cellule paramilitari segrete (per esempio Gladio), solo superficialmente o ad uso propagandistico interno erano finalizzate a difendere il paese da una eventuale, ed improbabile invasione Sovietica, perchè in realtà quelle “strutture segrete” erano in essere per tenere soggiogate agli statunitensi le nazioni assoggettate utilizzando tutte le loro strutture militari e anche apparati civili all’uopo strumentalizzati (in Italia è il caso di Ordine Nuovo, una organizzazione, che all’insaputa dei propri seguaci in buona fede e anche alla maggioranza dei suoi dirigenti, di fatto era un “diversivo strategico” del nostro Stato Maggiore, al fine di utilizzare propagandisticamente e, all’occorrenza, in senso paramilitare, personale civile).
Le cellule Gladio, in qualche modo, le troviamo attive durante il periodo di quella “guerra non ortodossa”, di basso profilo, ma alquanto cruenta, che tanto sangue ha finito per spargere nel nostro paese e la cui matrice è sicuramente “Atlantica”.
Dovremo così parlare di una lunga stagione stragista, perdurata per oltre 15 anni che, come vedremo, dobbiamo però suddividere in DUE FASI, tra loro apparentemente diverse, due fasi in cui gli stessi burattinai fecero deflagrare bombe, ma non con gli stessi scopi di fondo.
 
La “guerra
non ortodossa”
Cosicché noi sappiamo che i colonizzatori statunitensi, per garantirsi la loro egemonia nelle nazioni assoggettate, avevano in riserbo anche una specie di guerra di basso profilo, segreta, con il compito di assassinare quando il caso, personalità di rango, portatori di politiche o iniziative “autonomiste”, e in generale di destabilizzare, quando opportuno, il quadro politico e sociale e dell’ordine pubblico di queste nazioni, con il fine di controllarle adeguatamente.
Da sempre, infatti, quando il caso, si è proceduto ad operazioni criminali nel nostro paese: un esempio ne è Portella della Ginestra, 1947 in Sicilia, dove si giocavano le strategie future di dominio americano per il controllo del nostro paese in sostituzione di quello britannico, ed un altro esempio è l’omicidio di Enrico Mattei nel 1962, un uomo che con le sue iniziative destabilizzava il quadro internazionale e metteva in crisi gli interessi del cartello petrolifero delle “sette sorelle”. Aldo Moro, alcuni anni dopo (1978) sarà un altro esempio di queste “esecuzioni” mirate verso chiunque intendeva praticare scelte internazionali in senso autonomista o volesse precorre i tempi circa una utilizzazione politica di un PCI non ancora completamente “occidentalizzato”.
Ma se gli scopi della strategia della tensione, non erano tanto quelli o soprattutto quelli di boicottare il Pci, quale erano allora i suoi oscuri fini?
La risposta è semplice: la prassi più consueta della “guerra non ortodossa” era quella di destabilizzare l’ordine pubblico, attraverso il creare o agevolare situazioni politiche e sociali violente (piazze, Università e fabbriche sopratuttto)n e un crescendo di bombe. Questa strategia aveva come tattica quella delle “strategie Chaos”, un altra perla statunitense, già sperimentata sul suolo americano, e che consisteva nel truccare le violenze e gli attentati con delle false flag (questa strategia contemplava anche la diffusione delle droghe pesanti nella gioventù).
Lo scopo evidente era quello di “ingessare” i governi, le iniziative politiche governative, di qualunque colore potessero essere, se erano portatrici di impulsi autonomistici o divergenti dalla grande politica dettata a Washington.
Ora si da il caso che in Italia si renderà necessario il dispiegamento della “guerra non ortodossa” in prossimità della preventivata “guerra dei sei giorni” (giugno 1967), laddove la violenta espansione di Israele avrebbe provocato una grave crisi internazionale e soprattutto posto l’area mediterranea in pericolo.
I Sovietici infatti, sarebbero stati chiamati a recitare un loro ruolo, seppur non totalmente avverso all’Occidente, ma comunque sia, preposto militarmente a tenere in piedi gli Stati arabi aggrediti ed ovviamente inviarono mezzi e uomini in medioriente e navi nel mediterraneo. Oltretutto, ad eccezione della Romania, tutti i paesi dell’area comunista ruppero le relazioni con Israele, mentre la flotta sovietica entrò nel Mediterraneo.
Tutta l’Europa del Sud sarebbe entrata in subbuglio, in uno stato di delicatissima crisi militare, soprattutto nel mediterraneo, crisi che sarebbe perdurata per alcuni anni.
Il problema impellente per gli Usa era quindi quello di tenere, per tutto quel delicato periodo, fermamente stabili e fedeli alcuni paesi, specialmente la Grecia e l’Italia, paesi considerati a rischio, nel sistema Nato.
E questo soprattutto dopo che lo “strappo” di De Gaulle che aveva fatto uscire la Francia dal comando militare integrato dell’Alleanza Atlantica (1966) avrebbe potuto portare a sviluppi e novità devastanti per questa Alleanza.
In Grecia dove le imminenti elezioni della primavera del 1967 potevano portare ad una vittoria delle sinistre, accentuando le spinte anti atlantiche, fu necessario un Golpe, eseguito dai “colonnelli” dietro le direttive della Cia, in Italia invece, paese più evoluto, questo non era necessario, così come in Francia, paesi dove, in alternativa, si diede il via appunto alla “guerra non ortodossa” (emblematico è in questo senso il ruolo giocato da quel Yves Guillou, alias Yves Guerin Serac e la Aginter Press, manovrata dalla CIA).
Mentre in Francia, dove l’obiettivo da raggiungere era la caduta di De Gaulle, fu sufficiente il dispiegarsi di uno stato di agitazioni studentesche e sindacali, trasformate in scontri violenti da appositi “agitatori, viceversa in Italia, area geografica ancor più delicata, fu evidentemente ritenuto necessario attuare un crescendo di violenze e soprattutto di attentati bombaroli, tutti dietro false flag (“strategia della tensione”) atti a destabilizzae il quadro politico e sociale e impedire ai governi dell’epoca di centro sinistra, oltretutto in perenne crisi (anche queste crisi erano provocate a suon di dollari) di compiere qualche “scherzetto”, qualche iniziativa autonomista, tipo quella a suo tempo messa in atto da Mattei.
Non a caso l’Italia, nel 1969 /’70, nel tentativo di procacciarsi un minimo di indipendenza energetica, sotto banco, aveva appoggiato il golpe di Gheddafi in Libia, cosa questa che non era sfuggita ai britannici i quali ci giurarono di renderci la pariglia.
Insomma, attraverso violenze e bombe si destabilizzava il quadro politico e ci si garantiva l’immobilismo dei nostri governi, il “contenimento” di un Pci ancora non occidentalizzato (lo sarà progressivamente, a partire dal 1972 in avanti, grazie al clan dei Berlinguer, facoltosa famiglia sarda, legata anche per via di matrimoni endogamici ad altri clan del luogo e alle intelligence occidentali), in pratica si assicurava la stabilità della nostra collocazione atlantica in un momento di particolare e grave crisi internazionale.
Questo lo scopo principale di quella prima fase della “guerra non ortodossa” in quel periodo e vale la pena sottolineare come sia profondamente errata e assurda l’analisi delle sinistre marxiste che individuavano nella “strategia della tensione” l’intento del capitalismo di contenere e poi soggiogare le naturale spinte di emancipazioni e richieste di adeguamenti salariali che nella seconda parte degli anni ’60 furono molto forti e diffuse su tutto il territorio. In realtà in quel periodo il grande capitalismo nazionale cercava una sua via di espansione e si stava razionalizzando cercando anche la collaborazione dei sindacati, se non addirittura del Pci, mentre la piccola e media industria, culturalmente conservatrice e con minori possibilità di procedere in questa “emancipazione” faceva forti resistenze, ma tutto questo, che generò i famosi “scioperi selvaggi” e poi portò anche al varo della Legge 300, lo Statuto dei Lavoratori, ebbe un ruolo marginale nelle vicende stragiste se non quello che, appunto, questo stato di agitazioni, tornava comodo a chi aveva interesse a incrudelire e perpetuare la “strategia della tensione.
 
Il “neofascismo”
destrista
Il mezzo più immediato e diretto con cui gli americani, attraverso le loro strutture stay behind e l’ausilio di immancabili consorterie massoniche, potevano mettere in atto certe strategie destabilizzanti, era quello di utilizzare anche certi ambienti “neofascisti” (uso qui, inappropriatamente e tra virgolette, questo termine, perchè sappiamo bene che il “neofascismo” post bellico era tutto meno che fascismo, o comunque bisognerebbe prima stabilire cosa si intende per fascismo e di certo quello mostrato dal “neofascismo” è affatto diverso dal fascismo repubblicano della RSI). Anche dalla desecretazione di vari documenti statunitensi, oggi sappiamo quello che comunque anche prima si capiva benissimo, ovvero che alcuni dei dirigenti di organizzazioni neofrasciste erano sotto il controllo dell’Oss fin dai tempi di J. J. Angleton, ovvero precedenti alla costituzione del Msi (dicembre 1946),
Per altri versi, anche i personaggi portanti delle strutture di intelligence e di polizia del nostro paese erano stati nel 1945, in buona parte prelevati dagli Alleati dai precedenti organismi del regime, essendo uomini che garantivano una certa affidabilità ed efficienza, cosa che non poteva di certo fornire la “polizia partigiana” notoriamente inesistente (chi conosce la Storia sa benissimo che tutta la cosiddetta Resistenza è più che altro una invenzione a posteriori o al massimo un “agitarsi di intenti”), mentre quel minimo di forza militare partigiana, nata a cose fatte, era per lo più composta da elementi comunisti inaffidabili, per gli americani.
Tra queste strutture istituzionali, nate nell’Italia post Badogliana, oltre ai dirigenti dei commissariati, questori, funzionari di polizia, ecc., per lo più con una certa mentalità reazionaria o comunque rivolta all’ordine borghese, oggi sappiamo che furono messi in piedi anche Servizi segretissimi, non costituzionalmente inquadrati, ma tuttavia neppure clandestini, come il famoso “noto servizio”, detto “Anello”, preposto ad operazioni anche di natura criminale, creato a Roma da Mario Roatta dietro le direttive di un alto ufficiale Alleato ebreo polacco a cui furono chiamati a partecipare anche alcuni ex ufficiali della RSI.
E’ ovvio che tutte queste strutture preposte alla sicurezza del paese, in buona parte in mano a dirigenti e personale con una certa mentalità e predisposizione “anticomunista”, tornavano utili per aiutare a “colorare di rosso” quella prima strategia stragista e poi per coprire e depistare quanto sarebbe accaduto in Italia.
In ogni caso, oggi sappiamo che, attraverso il servizio segreto militare (Sifar e poi Sid) e quello civile (AA.RR.) venivano controllati personaggi e organizzazioni della destra “neofascista”, ambienti vari ed eterogenei che già erano stati idealmente “chiamati a raccolta” nel famoso convegno del maggio 1965 presso l’Ist. Pollio all’Hotel Parco dei Principi, sponsorizzato dallo Stato Maggiore.
Nel Triveneto poi, sappiamo anche che, dietro la base Fatse di Verona, questo controllo veniva esercitato direttamente anche dalla Cia. Le recenti gravi confessioni del Generale Maletti, già numero due del Sid, ci dicono che l’esplosivo utilizzato anche per Piazza Fontana, arrivò in Italia da basi Nato in Germania e venne consegnato a elementi non precisati di Ordine Nuovo.
Al sud invece, Calabria e Sicilia, note sono svariate collusioni che si ebbero tra organizzazioni di destra, Mafie e massonerie locali. E Mafia e lobby massoniche, ben sappiamo sono dei “poteri” nello Stato, ma non sono estranei all’atlantismo.
Del Msi inutile parlare visto che era un partito con una funzione totalmente antinazionale, ovvero al servizio dei nostri colonizzatori per i quali difendeva a spada tratta l’Alleanza Atlantica e interveniva, sempre e comunque, contro ogni iniziativa autonomista sia in campo internazionale che nei delicati settori energetici, come attestavano l’ottusa difesa missista della alleanza con gli Stati Uniti e il boicottaggio di ogni iniziativa perso i paesi arabi o del terzo mondo, e l’avversione verso l’esperienza di Mattei, il caso Ippolito nel settore nucleare, ecc. Considerando che, di fatto, il nostro Stato Maggiore era subordinato al sistema atlantico, ne consegue che “chi di dovere” aveva il modo per influenzare e controllare la situazione come voleva. Altro che “servizi deviati” come si è poi, per comodità, voluto far credere. Certo, gli agenti dei Servizi forse non deposero le bombe, del resto non ne avevano bisogno, ma non è credibile che si limitarono a depistare e coprire certe responsabilità in virtù di chissà quale loro “deviazione” o infedeltà, ma di sicuro “influenzarono”, suggerirono e guidarono certi personaggi, certi “attivisti” da loro controllati.
I dirigenti di questi Servizi, erano dei militari passati dietro fasi di addestramento negli Stati Uniti, mentre per il servizio segreto civile degli AA.RR. sappiamo che uno dei suoi massimi dirigenti Umberto Federico D’Amato, già uomo di Angleton dal tempo bellico, fu anche sovrintendente alla Segreteria Speciale Patto Atlantico e opererò in ambito Nato anche dopo la soppressione dell’Ufficio AA.RR. nel giugno 1974. Non per niente nella sede di Bruxelles della Nato un salone venne intitolato a D’Amato, il funzionario, noto come lo “Edgar Hoover italiano”.
In ogni caso, se pur è credibile che gli uomini dei Servizi rispondevano a certi clan politici rivali e quindi erano soggetti ad ambizioni e rivalità personali tra loro, possiamo ritenere che, in linea di massima, agivano dietro un certo intento di servire gli interessi dello Stato, ma resta il fatto che questo Stato e in particolare le sue strutture militari erano subordinate ai Comandi Nato e quindi, di conseguenza, non poteva non scaturirne un sottile condizionamento.
Purtroppo però nessuno, sinistre comprese, ha voluto far luce su questo importante aspetto.
Fu così che in Italia, a partire grosso modo dal 1967 prese il via una prima fase stragista, che possiamo definire, sia pure incorrettamente “autoritaria”.
 
A che titolo, come e in che modo e con quale gravità le organizzazioni “neofasciste” di destra, parteciparono alla strategia della tensione non lo sappiamo, anche perchè, a causa di interessati giochi politici, la magistratura in tutti questi anni ha portato avanti indagini e impiantato processi infiniti e contraddittori, palesando una prassi non proprio adeguata a far luce piena sui tanti misteri, ma più che altro funzionale a sbattere momentaneamente dei “mostri in prima pagina”, elaborando teoremi che non hanno portato a nulla e ancora oggi di tante stragi non conosciamo i nomi dei mandanti o quelli degli esecutori.
Non si creda poi che le organizzazioni antagoniste di sinistra, in particolare quelle anarchiche furono del tutto “innocenti” perchè come sappiamo il controllo delle Intelligence occidentali arrivava anche nel loro ambito, a cominciare da quella struttura detta “Superclan” a quanto pare responsabile anche della morte di un paio di “compagni” durante la deposizione di una bomba contro edifici americani in Grecia. Anche sulla morte di Feltrinelli e del commissario Calabresi non crediamo che sia stata fatta piena luce, ma le tesi strombazzate di un Feltrinelli novello guerrigliero e Calabresi ucciso per “vendicare” Pinelli, ci sembrano delle vere e proprie fole. Del resto è a tutti noto come una organizzazione “movimentista” quale Lotta Continua, l’ideale per chi aveva intenti di applicare le strategie “Chaos”, aveva nel suo seno interferenze della Cia.
Se tutto questo è vero resta però il fatto che tutte queste indagini, sia giornalistiche che giudiziarie, nonostante fossero spesso palesemente monche, funzionali ad “oscuri” fini, tuttavia aggiunte ai tanti processi, alle testimonianze di pentiti e dissociati e alla valutazioni di vari episodi criminali, ne viene fuori, senza ombra di dubbio alcuno, che nell’ambito della destra “neofascista” vi erano innumerevoli collusioni, che vanno dai semplici informatori e spie occasionali del Commissario di quartiere, del maresciallo dei CC, o dei Servizi, fino alle collusi totali con i Servizi stessi, tanto da arrivare ad elementi che nella loro doppia veste di “camerati” e “stipendiati dai Servizi” avevano un loro acronimo di riconoscimento.
Fatto sta che, all’incirca a partire dal 1967 e fino al 1970, in Italia si dispiegò una prima fase, che possiamo denominare “autoritaria”, di una strategia della tensione a cui gli ambienti di destra non furono estranei. Praticamente questi ambienti furono indotti a collaborare a questa strategia dietro le su accennate collusioni, ma politicamente in genere anche dietro una specie di promessa che, in seguito alla destabilizzazione dell’ordine pubblico, il disagio dei disordini sociali, la paura delle “bombe sovversive”, sarebbe stato proclamato uno “stato di emergenza” se non addirittura un Golpe ed in entrambi i casi il Pci sarebbe finito al bando.
Una ghiotta prospettiva per questi ascari di destra, personaggi falliti che mai avevano contato nulla nel panorama politico nazionale.
Ma una prospettiva oltretutto inesistente, fatta di false promesse, perchè già era difficile e problematico attuare uno “stato di emergenza” in Italia, figuriamoci un Golpe, tutte soluzioni che avrebbero creato agli atlantici più disagi e problemi di quanti se ne volevano risolvere. Ai burattinai stragisti, bastava e avanzava destabilizzare l’ordine pubblico e il quadro sociale, per stabilizzare il paese per tutto il tempo della grave crisi internazionale e tenerlo fermamente ancorato nella sua collocazione occidentale atlantica. Per il futuro, le centrali mondialiste, avevano ben altri progetti per l’Italia!
E’ cosi andata a finire che, a partire dal 1971, in pratica attenuatosi il momento di crisi internazionale nel mediterraneo, queste “truppe cammellate” del “neofascismo”, nella migliore tradizione Usa & getta, furono letteralmente abbandonate a sè stesse, a volte finendo per trasformarsi in schegge impazzite.
Si sono quindi messi in atto, come vedremo con un altra e ben precisa strategia, i primi procedimenti giudiziari, i primi mandati di arresto contro personaggi di destra, mentre tutto il castello delle false flag, che avevano tinto di “rosso” e di anarchico le bombe, in particolare quelle di Piazza Fontana, è venuto a cadere.
Ma c’è di più: quando la situazione militare nel mediterraneo e in medio oriente si è andata risolvendo, nel senso che quando dopo la morte di Nasser e la conclusione di quella “strana” guerra del Kippur (1973), lo stato israeliano non correva più gravi rischi militari e al contempo in America, a seguito del Watergate (1974) determinate lobby impossessarono totalmente del potere, cambiando tutti i dirigenti delle Intelligence, si inaugurò una nuova politica internazionale (in Europa era anche morto De Gaulle) ei riflessi di tutto questo ribaltone arrivarono anche in Italia, oltre che in Grecia (fine dei Colonnelli) e in Portogallo (rivoluzione momentanea dei “garofani rossi”). Da questo momento in poi, quindi, in Italia si riprese, con più vigore, un vecchio progetto “mondialista”, momentaneamente interrotto dalla crisi dell’area mediterranea: quello di accelerare la trasformazione della nostra società in senso progressista e modernista, liquidando ogni traccia della vecchia cultura borghese e cattolica, del resto da tempo in evidente crisi (è quella strategia che il giudice Imposimato ha definito di passaggio dalla destra alla sinistra).
Era quindi il momento del dispiegarsi delle ideologie neoradicali, della forzatura della occidentalizzazione del Pci, della liquidazione e avvicendamento di tutto il personale reazionario e borghese presente nelle nostre istituzioni.
Un processo che politicamente e istituzionalmente si è concluso con la Seconda Repubblica nel 1992.
A questo fine, ritornò opportuna la liquidazione del destrismo, degli ascari che avevano collaborato alla precedente fase della strategia della tensione e presero il via in ogni campo e a livello internazionale, compresa la filmografia, svariate iniziative tese a criminalizzare e gettare nel ridicolo gli ambienti “neofascisti” (emblematici, tra i tanti titoli, il famoso “Zeta, l’orgia del potere” di Costa Gravas del 1969 e “Vogliamo i colonnelli” di Monicelli del 1973).
Più o meno dalle bombe di Brescia (1974) si inaugurò una seconda fase stragista: a quella “autoritaria” infatti, succedeva quella “progressista”, altro termine improprio, ma nel senso che da questo momento in poi le bombe non dovevano essere più “rosse” o anarchiche, ma “nere”, di “terrorismo fascista”. Una fase che ebbe il suo culmine dopo la strage dell’Italicus, agosto 1974, quando trecento mila persone manifestarono in strada, persino nelle località balneari dell’Emilia Romagna, contro il“terrorismo fascista”.
Non ci vuole molto a capire che a partire da Brescia quegli attentati avevano lo scopo di criminalizzare le destre per contribuire a spronare quella “modernizzazione progressista” del paese.
A prescindere, infatti, da chi l’abbia posta materialmente in atto, chi ideò di porre una bomba a Brescia il 24 maggio 1974 ad un comizio sindacale antifascista, era ben conscio che morti e feriti sarebbero stati addebitati alla destra “neofascista”, visto che oramai da tempo erano in corso tutta una serie di inchieste, procedimenti giudiziari, arresti e così via nell’ambito dell’estremismo di destra da più parti ritenuto responsabile per Piazza Fontana, e soprattutto dopo che pochi giorni prima un ragazzo della destra “neofascista” Silvio Ferrari era saltato per aria a causa dell’esplosivo che trasportava. E così fu perchè da quell’attentato così palesemente tinto di “nero” se ne avvantaggiarono subito le sinistre e oltretutto in, quattro e quattr’otto vennero anche chiusi dai sindacati contratti di lavoro che andavano avanti da tempo.
Tutto questo è indubbio, è scritto nelle cronache di quei tempi. Di certo non vogliamo dire che, per esempio, il PCI era responsabile di quelle bombe, visto che, in definitiva, se ne avvantaggiava, ma che coloro che avevano disegnato quella strategia avevano proprio lo scopo di spostare a sinistra l’asse politica e sociale del paese. Fu anche per questo che il PCI tacque e non denunciò come avrebbe dovuto certi ambienti dentro e fuori lo Stato che potevano essere incriminti per corresponsabilità in quelle vicende, ma si limità a sbraitare contro qualche Servizio deviato e contro il terrorismo nero.
Le collusioni e i depistaggi, in tanti episodi del genere, operati dai nostri Servizi, Servizi lungi dall’essere “deviati”, ma invece perfettamente controllati dal sistema Atlantico a cui erano subordinati, dimostrano altresì che i burattinai di oltre oceano che tenevano le fila dello stragismo erano sempre gli stessi, ma ora con una difforme strategia e altri fini.
Anche per questa seconda fase stragista, quella “progressista”, non possiamo sapere che ruolo esattamente ebbero gli ambienti del destrismo “neofascista” che ora appaiono per lo più come schegge impazzite abbandonate da chi di dovere.
Viene però inequivocabile una considerazione:
se durante la precedente fase della “strategia della tensione”, quella “autoritaria”, ogni loro eventuale collaborazione, dietro promesse di uno “stato di emergenza”, di fatto era servita unicamente agli interessi atlantici, quindi era stata data “a gratis” perchè nessuno li avrebbe ripagati consentendogli di giocare un vero ruolo politico in Italia, ora invece in questa altra fase stragista “progressista”, ogni loro eventuale partecipazione alla strategia della tensione, portava acqua proprio a quegli ambienti di sinistra che il destrismo tanto osteggiava.
E’ infatti innegabile che proprio il Pci nel periodo 1974 /’76, fu il massimo beneficiario della seconda fase della strategia della tensione, partito che chiuse un occhio nel denunciare i veri fini di quelle stragi, di cui in buona parte sapeva chi e cosa c’era dietro, e in cambio ne beneficiò anche in termini elettorali.
Tranne il fatto che, non erano ancora maturi i tempi per una entrata del Pci nell’area di governo e quindi non solo dovette aspettare fino agli anni ’80, ma si crearono anche tutta una serie di contraddizioni e ripercussioni, compreso il progetto massonico pidduista per il controllo transitorio dello Stato e il fenomeno brigatista (grosso modo 1975 / 1982), che complicarono, perpetuandone il terrorismo, lo scenario degli avvenimenti.
Questo è il quadro generale del lungo periodo stragista, senza la pretesa di voler per forza “etichettare” o decodificare ogni singolo evento criminale, perchè sarebbe impossibile far risalire ogni episodio di terrorismo, ogni bomba, ad un intento preciso, ma il filo di sangue che lega i due periodi stragisti è quello che abbiamo delineato.
Comunque sia, almeno questo quadro di insieme dell0 stragismo, possiamo dire di conoscerlo con sufficienza.


http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=20314

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