mercoledì 10 aprile 2013

Anti-atlantismo in camicia nera: il caso di Stanis Ruinas e dei “fascisti rossi”



Come buona parte delle forze politiche dell’immediato secondo dopoguerra – Dc e Psi su tutti – anche il Movimento Sociale Italiano aveva una divisione interna in correnti. Tra queste vi erano una sinistra fascista storica, legata alla memoria rivoluzionaria della Repubblica Sociale Italiana, che poteva contare su personaggi come Pini e Pettinato, una corrente sociale rappresentata da Massi, e il gruppo legato alla rivista Pensiero Nazionale di Stanis Ruinas, che aveva tra le sue file reduci di Salò tra cui Dell’Amico, Gigante e Cilento. Punti in comune erano, per quanto riguardava la politica estera, l’antiatlantismo e un assestamento su posizioni terzaforziste restio a confondersi con l’anticomunismo della maggioranza missina. Le motivazioni andavano cercate nelle differenze culturali con il capitalismo e la democrazia liberale statunitense, cui non ci si sarebbe dovuti piegare nemmeno in cambio di un miglior trattamento nelle condizioni di pace. Addirittura Pettinato auspicava di trovare un modus vivendi antiamericano con il Pci.
Furono gli avversari del Partito Comunista – Dc e Msi – a coniare la definizione di “fascisti rossi”, per intendere tutti quei mussoliniani antiborghesi ed anticapitalisti che nel Ventennio appartennero al cosiddetto “fascismo di sinistra” e che confluirono principalmente nel Movimento Sociale salvo essere traghettati nel giro di pochi anni verso l’area comunista. Un primo momento che pose le basi per una clamorosa collaborazione tra forze contrapposte fu l’incontro nei locali delle Botteghe Oscure dell’11 febbraio 1947 con Stanis Ruinas, all’anagrafe Antonio Giovanni De Rosas, giornalista e saggista di punta del sovversivismo mussoliniano, ex repubblichino. Da lì sarebbe nata la rivista Pensiero Nazionale, finanziata dallo stesso Partito Comunista, di cui fu fiancheggiatrice. Vittime preferite degli attacchi, gli Stati Uniti e il nascente Patto Atlantico, con gli alleati italiani, cioè Democrazia Cristiana e Vaticano e buona parte del Msi, che stava tradendo i suoi ideali per asservirsi, a giudizio del periodico, ai colonizzatori angloamericani.
Il gruppo legato a Ruinas auspicava un’Italia equidistante dai due blocchi, capitalista e sovietico, con la necessità di imboccare insieme a tutto il continente europeo la “terza via”, anche se vi era chi, come Alvise Gigante, non credeva alla possibilità di rimanere realmente neutrali e che alla fine la scelta sarebbe dovuta ricadere sul blocco orientale. Così come Spartaco Cilento, che aveva iniziato a spingere affinché gli ex repubblichini si spostassero verso sinistra, coerentemente con il pensiero antiborghese. Per Ruinas, De Gasperi usava la scusa dell’anticomunismo solamente per instaurare una dittatura clericale e portare il Paese verso una nuova guerra necessaria per fermare l’ascesa delle classi lavoratrici. Il tutto con l’appoggio dei traditori missini, che supportavano le forze dell’ordine di Scelba, l’alleanza con i monarchici e il filoatlantismo. L’idea di Stanis Ruinas era di riunire le forze democratiche, repubblicane e socialiste, intorno al trinomio “libertà, Repubblica, indipendenza nazionale”, in un cartello di tutte le sinistre coalizzate contro Dc e Santa Sede, per restituire all’Italia il suo ruolo di mediatrice tra Occidente ed Oriente. Ma questa soluzione non convinse i due grandi partiti di sinistra. Parallelamente continuava l’opera di persuasione verso i giovani missini affinché si avvicinassero a Pensiero Nazionale e si ponessero dalla parte del popolo, a difesa di uno spirito patriottico e rivoluzionario che, secondo il gruppo della rivista, non era più rappresentato dal Msi.
Il 12 aprile 1950 Stanis Ruinas venne arrestato a Roma con l’accusa di istigazione alla rivolta armata contro i poteri costituiti. Nel numero del 1 maggio Pensiero Nazionale denunciò l’accaduto, opponendosi“alla concezione faziosa della politica, alle prepotenze ed al sopruso del clericalismo invadente”. Solidarietà fu espressa anche dai giornali di sinistra, che intravedevano un tentativo del governo di far tacere un avversario politico, mentre i quotidiani indipendenti riportarono i fatti in maniera acritica. Altri ancora, come l’organo missino Lotta Politica, notarono la differenza di trattamento tra la stampa di sinistra, che avrebbe goduto di una sorta di immunità, e Ruinas, che comunque tornò un uomo libero nel giugno dello stesso anno.
Dalla fine del 1951, nella fase di cambiamento che portò De Marsanich a rilevare Almirante alla guida del Movimento Sociale, si intensificarono gli attacchi di Pensiero Nazionale, sia per il voto favorevole all’ingresso nel Patto Atlantico che per il tentato accordo, poi fallito, con la Dc alle amministrative di Roma nel ’52, nella cosiddetta “operazione Sturzo”. E la nomina di Junio Valerio Borghese, ex comandante della X Mas, a presidente onorario del MSI sarebbe stato solo un espediente per far accettare alla base elettorale la svolta in atto. Le collaborazioni con i giovani comunisti proseguirono, anche in occasione della visita del presidente americano Eisenhower del marzo 1952. Venne organizzato da Dell’Amico e dal senatore comunista Palermo un convegno a Napoli preceduto da una giornata di mobilitazione antiatlantica dovuta anche all’inizio delle manovre navali della Nato nel Mediterraneo.
Con l’avvicinarsi delle votazioni del 1953 riprese quota l’idea di Ruinas di creare una formazione politica ad ampio raggio, dai delusi del Msi alla sinistra laica ed indipendente, per contrastare il pericolo di un regime autoritario della Dc di De Gasperi con l’aiuto della destra monarchico-fascista, che per la legge elettorale Scelba avrebbe potuto ottenere, con il 50% + 1 dei voti, un ampio premio di maggioranza, pari al 65% della Camera dei deputati. Alla fine Pensiero Nazionale confluì nell’Alleanza Democratica Nazionale guidata dal liberale Corbino e non si presentò con una lista autonoma. Il risultato fu deludente, con solo 155 mila suffragi, ad ogni modo decisivo nel rosicchiare voti alla Dc che mancò la maggioranza assoluta per poche migliaia di preferenze.

Gabriele Santoro, pubblicista, è dottore magistrale in Scienze politiche (Università di Roma "La Sapienza").


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