giovedì 28 febbraio 2013

A proposito di Jesse Owens


L’atleta afroamericano mise bene in chiaro che fu Roosevelt e non Hitler a “snobbarlo” - 



di: Giuseppe Biamonte

Rinascita ha pubblicato domenica 24 febbraio un interessante articolo di Mark Weber - traduzione di Gian Franco Spotti – sul grande centometrista statunitense Jesse Owens, che vinse ben 4 medaglie d’oro alle memorabili Olimpiadi di Berlino del 1936. Le notizie che ci fornisce il Weber e che demoliscono in modo definitivo la vulgata dei mistificatori della vittoria dell’atleta negro, al quale il Führer non avrebbe stretto la mano per motivi razziali (NBC Night News del 4 marzo 1984), era parzialmente nota per grandi linee. - 

L’autore del pezzo in esame ci fornisce però ulteriori preziosi dettagli storici: testimonianze di ex membri del team tedesco che parteciparono ai giochi olimpici. Nel 1984, uno di loro, Walther Tripps, atleta specialista nella corsa a staffetta ai medesimi giochi, inviò, citando altri testimoni oculari del suo racconto, una lettera di protesta all’emittente ZDF per contestare l’infondata versione ripetuta da codesta rete televisiva tedesca, sulle orme dei falsari della NBC.

A queste inoppugnabili testimonianze che sbugiardano categoricamente gli ideatori della patacca giornalistica (l’articolo del Weber è disponibile anche on line al link di Rinascita 8.eu) si aggiungono le cronache che la stampa statunitense dedicò all’atleta originario dell’Alabama ma residente a Cleveland, nell’Ohio, il giorno del suo arrivo a New York, reduce da trionfatore dai giochi olimpici berlinesi. Titolando “Owens arriva con parole cordiali per tutte le autorità”, The Pittsburgh Press del 24 agosto 1936 - non stiamo parlando, dunque, del Völkischer Beobachter o di qualche altra bieca pubblicazione nazionalsocialista – racconta che il tre volte primatista dei 100 metri tenne subito a precisare che “il mancato ricevimento da parte del Führer Adolf Hitler non l’aveva affatto deluso perché si era reso conto che il capo della Germania aveva molti impegni e aveva dovuto limitare il suo tempo a disposizione per presenziare ai giochi.

I tedeschi erano degli ottimi sportivi e la loro organizzazione dei giochi era stata impeccabile”. Nel prosieguo dell’articolo il reporter continua con i particolari dello sbarco dell’atleta dalla Queen Mary. Accolto trionfalmente dal suo primo coach, Charles Riley, e circondato dall’entusiasmo e dall’affetto di amici e parenti (“sua madre, una donnetta dalle spalle curve, vestita in nero e con gli occhiali inforcati, gli gettò le braccia al collo e sollevandosi sulla punta dei piedi per abbracciarlo, esclamò tra una dozzina di baci: Figlio mio caro, sono tanto orgogliosa di te”), Owens, dopo aver risposto a quanti lo interrogavano sui suoi progetti futuri, tornò volontariamente a parlare dei giochi olimpici, senza attendere le domande dei giornalisti. “Per quanto riguarda Adolf Hitler”, così annotò il cronista del Pittsburgh, “Owens ebbe solo parole benevole”.

Senza indugio l’atleta specificò infatti:
“Accadde che Hitler dovette lasciare lo stadio prima della cerimonia di premiazione dei 100 metri. Però prima di andarsene – io mi accingevo a raggiungere una postazione radiofonica – passai accanto alla sua tribuna. Egli, allora, mi salutò con un cenno della mano e io feci altrettanto. Penso che sia stato di cattivo gusto criticare l’uomo del momento in Germania” (l’articolo integrale, di cui forniamo la riproduzione dei passi più significativi, è consultabile in toto al link http://news.googli.co.uk
Nonostante le cronache registrassero, dunque, dalla viva voce dell’atleta la reale portata dell’accadimento, i falsari della storia, allora come oggi sempre all’opera per pilotare i mass media, forse indispettiti dall’onestà delle dichiarazioni del fuori classe della corsa, cercarono di stravolgere la verità dei fatti. Ultimamente uno spot pubblicitario di una nota società di telecomunicazioni ha riproposto, a fini commerciali, alcuni spezzoni del capolavoro della Riefenstahl dove si vede l’atleta in corsa verso la vittoria. I primi spot andati in onda qualche settimana fa mostravano sullo sfondo anche la figura del leader della Germania nazionalsocialista, ritto in tribuna, mentre assisteva alla gara, e uno scattante Jesse Owens sulla linea del traguardo. Dopo qualche giorno lo spot faceva vedere soltanto la corsa dell’atleta in vista della meta finale. Memori forse della figuraccia incassata dai mistificatori in servizio permanente effettivo, i guru della pubblicità avranno pensato bene di non correre il rischio di essere fraintesi, magari come responsabili involontari della riesumazione della bufala ammuffita associando la figura del “tiranno” a quella dell’atleta negro. Business is business e lo sfruttamento di certe immagini può risultare talvolta un vero e proprio boomerang. Pensate che, incredibile dictu, anche Wikipedia riporta correttamente, con tanto di specifica, la verità su quel fatto, ricordando tra l’altro che “Owens fece notare in seguito che fu Roosevelt, e non Hitler, a snobbarlo” (il presidente USA cancellò un appuntamento con l’atleta vincitore per motivi elettorali. Cfr. wikipedia.

Il 31 marzo p.v. ricorrerà il 33mo anniversario della scomparsa del grande olimpionico. Il minimo che possiamo fare è rendere onore alla sua onestà intellettuale e al suo amore per la verità.

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19338

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