di Maurizio Barozzi
Per comprendere quella immane tragedia che fu la Seconda
Guerra mondiale, è anche utile leggere alcune considerazioni fatte da Adolf Hitler negli ultimi mesi di guerra, quando
ogni necessità propagandistica era venuta meno, la inevitabile sconfitta era
alle porte e il Führer poteva anche rivelare alcuni particolari che
precedentemente non aveva potuto rendere noti.
Quello che dice Hitler, di eccezionale
lucidità, rispecchia con assoluta chiarezza quella verità che oggi può storicamente
ricostruirsi, una verità che gli storici embedded fingono di non voler conoscere, ma che in
realtà hanno percepito molto bene.
Presentiamo quindi alcuni passaggi di
quelli che furono definiti gli ultimi discorsi privati di Hitler, in parte
raccolti in cartelle dattilografate, titolate Bormann Vermerke e di cui, negli ultimi tempi, Martin Borman,
ultimo segretario del partito nazionalsocialista, fu uno dei raccoglitori e
diretto trascrittore di quanto riportato dal
Führer. Sappiamo che, storicamente, alcuni hanno messo in dubbio la
genuinità di queste cartelle, ed in effetti esse non ci sono pervenute in
originale, ma solo in “copia”, pur tuttavia, sia per il contenuto e lo stile
che per altri particolari storici, non sembrano esserci dubbi sul fatto che
trattasi proprio delle ultime “considerazioni” e volontà di Hitler.
Ma la grandezza del Führer si nota anche
in queste sue dichiarazioni, laddove pur avendone tutte le ragioni e i
risentimenti, non rimpiange, non rinnega certe scelte, certe iniziative, certe
amicizie come quella con il Duce che alla fine hanno avuto un peso negativo
nell’economia della guerra. Egli produce delle osservazioni, lucide, spietate,
ma sostanzialmente realistiche e prive di qualsiasi pathos che ne inquinerebbe
la portata.
Riportiamo qui, in corsivo, alcuni
passaggi, sia pure con spezzettamenti saltativi, intercalati da nostre brevi sottolineature
storiche. Il testo è tratto da: A. Hitler, Ultimi
discorsi, Ed. di Ar, 1988.
I
tentativi di pace con l’Inghilterra.
Come noto tutta la politica
bellica di Hitler, rispecchiava una visione geopolitica Euro Atlantica che
proveniva da certi ambienti, anche esoterici, fortemente influenzati da queste
prospettive ed era sostanzialmente finalizzata a trovare un “accordo”, un
accomodamento con i britannici, nello stesso interesse inglese. La Gran Bretagna,
infatti, qualunque fosse stato l’esito della guerra, avrebbe perduto il ruolo
di prima potenza mondiale e di conseguenza l’Impero. Sarebbe stata soppiantata dall’avvento
di due nuove super potenze USA – URSS.
Hitler era arrivato al punto di salvare le
divisioni inglesi a Dunkerque (maggio 1940), per lasciare agli inglesi una
onorevole possibilità di trovare un accordo. Riflettendo su questa strategia,
che alla fin fine risulterà deleteria, possiamo dire che, in effetti al tempo
era difficile prevedere che gli interessi geopolitici di una nazione (nella
fattispecie la Gran Bretagna) potessero essere soppiantati, dagli interessi di
Consorterie mondialiste che puntavano ad un futuro dominio mondiale.
Il Führer ebbe a dire (4 febbraio 1945):
“Io
mi sono sforzato di agire, fin dall’inizio di questa guerra, come se Churchill
fosse capace di comprendere questa grande politica. In realtà era capace di
comprenderla solo nei rari momenti di lucidità. Da troppo tempo oramai era
legato agli ebrei (...) Avevo
sottovalutato la potenza della dominazione giudaica sugli inglesi di Churchill (...)
Già nel 1941 [all’Inghilterra] le sarebbe stato possibile por fine alla guerra
se solo lo avesse voluto. Essa aveva affermato la sua volontà di resistenza nel
cielo di Londra, inoltre aveva al suo attivo le umilianti disfatte degli
italiani nell’Africa del Nord. L’Inghilterra tradizionale avrebbe concluso la
pace.
Ma
gli ebrei non lo hanno tollerato. I loro burattini Churchill e Roosevelt erano
là per impedirlo (...)
Noi
saremmo stati disposti ad alcuni compromessi, pronti a mobilitare le nostre
forze per favorire la continuità dell’Impero Britannico. E tutto ciò nonostante che l’ultimo degli
Indù mi riesca in fondo più simpatico di non importa quale fra questi insulari
arroganti (...) All’inizio,
l’Inghilterra poteva scegliere: niente la costringeva a lanciarsi in una
guerra. Non solo vi si è lanciata, ma l’ha provocata (...) Ma la Germania non aveva scelta. Dal
momento in cui fu affermata la nostra volontà di riunire tutti i tedeschi in un
Grande Reich, assicurando ad esso una autentica indipendenza, in altri termini
la possibilità di vivere, di colpo i nostri nemici si schierarono contro di
noi. La guerra diventava inevitabile per il solo fatto che l’unico mezzo per
evitarla sarebbe consistito nel tradimento degli interessi fondamentali del
popolo tedesco”.
Fine
del colonialismo.
La geopolitica di Hitler
per una nazione essenzialmente continentale non prevedeva il colonialismo, se
non come un portato del tutto accessorio e sul quale il Führer volle esprimere
questi sensati concetti (7 febbraio 1945):
“La
Spagna, la Francia e l’Inghilterra si sono dissanguate, devitalizzate, svuotate
in queste vane conquiste coloniali. I continenti a cui la Spagna e
l’Inghilterra hanno dato vita, che esse hanno creato dal niente, hanno oggi
acquisito una vita propria e risolutamente egoistica. Essi hanno perduto anche
il ricordo delle loro origini, lingua a parte. si tratta di mondi artificiosi,
ai quali manca un anima, una cultura, una civiltà originaria. Da questo punto
di vista, sono soltanto ’escrescenze’. (...)
Si
tratta di costruzioni artificiali, di corpi senza età, dei quali si ignora se
abbiano superato l’infanzia o si trovino già in stato di senescenza. Nei
continenti abitati il fallimento è stato ancora più evidente. Qui i bianchi si
sono imposti unicamente con la forza, mentre la loro influenza sugli abitanti è
stata praticamente nulla. Gli Indù sono rimasti Indù, i Cinesi sono rimasti
Cinesi, i Mussulmani sono rimasti Mussulmani. Nessuna trasformazione profonda,
nè sul piano religioso, nè sugli altri piani, anche a dispetto del gigantesco
sforzo del missionarismo cristiano. Rarissimi i casi di conversione, sulla cui
sincerità quasi sempre si possono avanzare dei sospetti, tranne il caso in cui
si tratti di poveri di spirito. I bianchi hanno tuttavia apportato qualcosa a
questi popoli, la peggiore che essi potessero portare loro e cioè le piaghe del
nostro mondo: il materialismo, il fanatismo, l’alcolismo e la sifilide. Per il
resto, essendo il patrimonio culturale di questi popoli, superiore a ciò che
potevamo donare loro, essi sono rimasti gli stessi”.
La
Spagna di Franco. (10
febbraio 1945).
Come già in altra occasione
il Führer ebbe a dire che in Spagna avevamo aiutato il proco sbagliato, ora qui
egli amplia il discorso rapportandolo alle necessità di una guerra di enormi
proporzioni alla quale la Spagna, passata la prima fase delle vittorie
tedesche, si guardò bene dal partecipare. La Spagna poi, come sappiamo, paese
di capitalisti di pochi scrupoli e di lestofanti clericali, fu una pedina dell’Atlantismo,
fino a quando, nella visione neoradicale del mondialismo, venne silurata dalle
stesse forze che l’avevano mantenuta in vita per gli interessi atlantici.
“A
volte mi sono chiesto se nel 1940 non abbiamo sbagliato a non coinvolgere la
Spagna nella guerra. Sarebbe bastato un niente per coinvolgerla: infatti essa
ardeva dalla voglia di entrare, al seguito degli italiani, nel “club” dei
vincitori (...) Sicuramente ciò ci
avrebbe permesso di occupare Gibilterra. In compenso si sarebbero dovuto aggiungere
chilometri di costa da difendere (...) In aggiunta andava considerata una possibile
conseguenza: una ripresa della guerra civile alimentata dagli inglesi. Così ci
saremmo trovati legati per la vita e per la morte a un regime di speculatori
capitalisti manovrati dalla pretaglia! Non posso perdonare a Franco di non aver
saputo, dopo la fine della guerra civile, riconciliare gli spagnoli; di avere
accantanato i falangisti ai quali la Spagna deve l’aiuto che le abbiamo
fornito, di aver trattato come banditi degli antichi avversari che non erano
certamente rossi. Non è una soluzione mettere fuorilegge una metà del paese
mentre una oligarchia di predoni si arricchisce sulla pelle di tutti con la
benedizione del clero. Sono sicuro che tra i presunti rossi spagnoli vi fossero
pochissimi comunisti. Noi ci siamo ingannati, perchè mai avrei accettato, conoscendo
la situazione reale, di “risistemare” nei loro orribili privilegi i preti
spagnoli”.
La
Germania e l’ebraismo (13
febbraio 1945)
Al di là di tante menzogne
che sono state propinate dalla propaganda di guerra, la politica di Hitler
aveva un fine preciso: l’espulsione degli ebrei dalla Germania.
“Il merito del nazionalsocialismo è
quello di aver posto il problema ebraico in maniera realistica Gli ebrei hanno sempre suscitato
l’antigiudaismo (...) Una reazione
exenofoba contro lo straniero che si rifiuta di adattarsi, di fondersi, che si
cristallizza, si afferma e vi sfrutta. Il Giudeo è per definizione lo straniero
inassimilabile e che rifiuta di assimilarsi. Ciò distingue l’ebreo dagli altri
stranieri: egli pretende di avere in casa vostra gli stessi diritti di un
membro della comunità pur rimanendo Ebreo (...). Il nazionalsocialismo ha posto il
problema giudaico sul piano dei fatti: denunciando la volontà di dominio
mondiale degli ebrei; attaccandoli sistematicamente su tutti i fronti;
estromettendoli da ogni posizione da essi usurpata; braccandoli dappertutto con
l’assoluta determinazione di liberare la Germania dal cancro giudaico (...) Gli ebrei si sono resi subito conto del
pericolo, e questa è la ragione che li ha spinti ad ingaggiare un duello
mortale contro di noi. Bisognava distruggere il nazionalsocialismo a qualunque
prezzo, anche se il pianeta intero dovesse essere distrutto, Nessuna guerra,
escludendo la presente, è stata tipicamente, così esclusivamente, una guerra ebraica. Io li ho comunque obbligati
a gettare la maschera (...) Se vinco
questa guerra metterò fine alla prepotenza giudaica, la ferirò a morte (...). Dico questo al di là di ogni sentimento
di odio razziale: non è augurabile per nessuna razza mescolarsi con altre
razze. Il meticciato sistematico, senza per questo negare buoni risultati
fortuiti, non ha mai dato buoni esiti. (...) Non ho mai pensato che un Cinese o un
Giapponese fossero inferiori a noi. Essi appartengono ad antiche civiltà ed
ammetto pure che il loro passato sia superiore al nostro. hanno ragione di
esserne fieri, così come noi siamo fieri
della civiltà alla quale apparteniamo” (...).
Il
nostro razzismo è aggressivo solo nei confronti della razza giudaica. Noi
parliamo di razza giudaica per comodità di linguaggio perchè non esiste, in
senso proprio e dal punto di vista genetico, una razza giudaica. Esiste
tuttavia una realtà di fatto a cui senza la minima esitazione si può attribuire
questa qualifica e che, inoltre, viene ammessa dagli stessi ebrei. Si tratta
dell’esistenza di un gruppo umano spiritualmente omogeneo a cui gli ebrei di tutto il mondo
hanno coscienza di appartenere, quale che sia il paese di cui, sotto il profilo
amministrativo, essi sono cittadini (...), La razza ebraica è prima di tutto
una razza interiore. Se essa deriva dalla religione ebraica, se è stata in
parte plasmata da quest’ultima, pur tuttavia la sua essenza non è puramente
religiosa. perchè la razza ebraica comprende, alla stessa maniera sia gli atei
dichiarati che i sinceri praticanti.
A
ciò bisogna aggiungere il legame rappresentato dalle persecuzioni subite nel
corso dei secoli e che gli ebrei dimenticano sempre di aver provocato. E’
purtuttavia indubbio che ciascun ebreo celi nelle proprie vene qualche goccia
di sangue specificatamente ebraico. Sarebbe altrimenti impossibile spiegare la
permanenza tra loro di caratteri fisici che appartengono loro esclusivamente e
che si ritrovano invariabilmente presso ebrei alquanto differenti, per esempio
il polacco e l’ebreo marocchino (...).
Una razza interiore è qualcosa di più solido, di più durevole che non una razza
biologica. Trapiantate un Tedesco negli Stati Uniti e ne farete un americano.
L’ebreo, dovunque egli vada, rimane un ebreo. E’ un essere naturalmente
inassimilabile”. (...) (18
febbraio 1945). “Fu solamente nel 1915
che il giudaismo mondiale decise di puntare tutto su gli Alleati. Nel nostro
caso, invece, fu già dal 1933, fin dalla nascita del Terzo Reich, che il
giudaismo internazionale ci dichiarò tacitamente la guerra”.
Lo
scoppio della Seconda guerra mondiale
Oggi ben sappiamo che la
Seconda guerra mondiale venne progettata dalle potenti Lobby che sull’asse city
di Londra – Wall street di New Y0rk, avevano pianificato le tappe di una
strategia mondialista che nel frattempo e per prima cosa, prevedeva la totale
distruzione della Germania nazionalsocialista. La seconda guerra mondiale non
era altro che il secondo tempo di un atto già andato in onda tra il 1914 e
1918, ma che, a guerra finita, non aveva reso ancora possibile, l’avvento di un
Nuovo Ordine Mondiale secondo certi
dettami massonici e modialista. L’avvento degli stati nazional popolari di
Italia e Germania, aveva intralciato certi piani che oramai sembravano in
dirittura di arrivo. Quindi la Germania doveva perire, ma soprattutto tutta
l’Europa doveva essere scompaginata irreversibilmente.
Hitler, nel tentativo di
controllare quegli avvenimenti e al contempo assicurare alla Germania lo
sviluppo e la sicurezza necessarie, aveva dovuto accettare la sfida, anche
perchè in prospettiva la situazione sarebbe sicuramente cambiata a vantaggio
dei grandi paesi industriali, soprattutto gli Usa. (14 febbraio 1945)
“La
fatalità di questa guerra consiste nel fatto che essa è cominciata da una parte
troppo presto e dall’altra troppo tardi. Dal punto di vista militare era nostro
interesse che cominciasse un anno prima. Avrei dovuto prendere l’iniziativa nel
1938 invece di lasciarmela imporre nel 1939; ciò perche la guerra era comunque
inevitabile. Ma nulla ho potuto contro gli anglo francesi che a Monaco hanno
accettato tutte le mie richieste. (...) D’altra parte anche se la Provvidenza
mi avesse concesso un esistenza personale così lunga da poter condurre il mio
popolo al necessario grado di sviluppo sulla strada del nazionalsocialismo, è
altrettanto certo che i nemici della Germania non l’avrebbero permesso”. (...)
(21 febbraio 1945) “Avevamo bisogno della pace per edificare la nostra opera. Ho sempre
voluto la pace. Siamo stati costretti alla guerra dalla volontà dei nostri
nemici. Inoltre, virtualmente, la minaccia di una guerra esisteva dal gennaio
1933, cioè fina dalla conquista del potere. (...)
E’
stato alla vigilia di Monaco [settembre
1938, n.d.r.] che mi sono davvero
convinto che i nemici del Terzo Reich volevano avere la nostra pelle ad ogni
costo e che con loro non sarebbero state possibili transazioni. Quando
Chamberlain, l’esponente dell’Alta Borghesia capitalista, armato del suo
ingannevole ombrello, si scomodò per venire a discutere al Berghof, con il
‘parvenu’ Hitler, egli aveva già intenzione di muoverci una guerra implacabile.
Era pronto a dirmi, non importa che cosa, nella speranza di confondermi. Il suo
solo e unico scopo, nell’intraprendere il viaggio era quello di guadagnare
tempo. In quel momento il nostro interesse sarebbe stato quello di colpire per
primi e subito. Bisognava fare la guerra nel 1938. Era la nostra ultima
occasione di fare una pace circoscritta. Ma essi hanno mollato tutto [a
Monaco gli occidentali mollarono totalmente la Cecoslovacchia, con grande
costernazione del presidente Ceco, il massone Benes, pur di arrafare qualche
altro mese di pace per preparare la guerra, n.d.r.] . Hanno ceduto vilmente a tutte le nsotre richieste. In queste
condizioni sarebbe stato veramente difficile prendere l’iniziativa delle
ostilità. (...) Benchè nemmeno noi fossimo completamente pronti, saremmo stati
in ogni caso meglio preparati dei nostri nemici”.
Qui Hitler palesa una grande verità che
solo storici in malafede tendono a nascondere: la politica di appeasement di
Chamberlain era solo una diversa faccia di una stessa medaglia, che sull’altro lato
riportava quella guerrafondaia di Churchill. L’appeasement era calibrato per
consentire alla Gran Bretagna di prendere tempo, di riarmarsi gradualmente e di
stemperare al suo interno ogni tendenza compromissoria verso un accordo globale
con i tedeschi. Entrambi, Chamberlain e
Churchill, pur con tattiche diverse, avevano lo stesso fine: la distruzione
della Germania. Per conseguire questi fini, a Monaco gli
inglesi cedettero tutto quello che era possibile cedere, ma da marzo 1939 in
poi, le cose cambiarono e gli inglesi oramai in grado di sostenere una guerra,
fecero sentire i “venti di guerra” a cominciare dalla Polonia spinta al
suicidio.
L’attacco
alla Russia.
Anche su questo episodio
oggi sappiamo che i tedeschi precedettero di un paio di settimane un attacco
sovietico oramai in fase avanzata di preparazione. Fatto questo, cioè la dislocazione
avanzata del dispositivo bellico sovietico, che consentì gli strepitosi
successi iniziali dei tedeschi i quali poterono chiudere in una sacca intere
armate sovietiche. Viceversa se i sovietici fossero riusciti ad attaccare per
primi, cme avevano progettato, per la Germania sarebbero stati guai seri.
In ogni caso, al tempo, anche a
prescindere da questa necessità di anticipare i sovietici, Hitler non aveva
scelta visto che era evidente che non poteva vincere la guerra con gli
occidentali e che oramai l’America era in procinto di entrarvi.
Oltre al pericolo di essere preceduti da
un attacco sovietico pertanto, vi era anche la certezza matematica che con il passare
del tempo i rapporti di forza si sarebbero rovesciati a netto danno della
Germania. Urss ed Usa, in possesso di ogni materia prima necessaria, a
differenza della Germania che ne era priva, avrebbero in due o tre anni
conseguito un arsenale bellico invincibile. L’unica salvezza sarebbe stata, per
i tedeschi, occupare i territori della Russia in poco tempo e chiudere lo
spazio euro asiatico, conseguendo anche l’accesso alle materie prima, realizzando
una fortezza insuperabile. Quella del Führer quindi, la sua scelta di aprire un
secondo pericolosissimo fronte, che con il senno del poi si è rivelata
perdente, era una scelta obbligata. (15 febbraio 1945):
“Non
ho avuto una decisione più grave da prendere, nel corso di questa guerra,
quanto quella di attaccare la Russia. Avevo sempre sostenuto che bisognava
evitare ad ogni costo la guerra su due fronti e nessuno dubita, d’altra parte,
che io abbia meditato più di chiunque altro sull’esperienza russo di Napoleone.
E allora, perchè questa guerra contro la Russia, e perchè nella data che io ho
scelto? [22 giugno 1941 n.d.r.] (...)
Perchè
il 1941? Perchè bisognava tardare il meno possibile, in quanto ad Ovest i
nostri nemici non cessavano di accrescere la loro potenza. D’altra parte lo
stesso Stalin non rimaneva inattivo. Su entrambi i fronti il tempo lavorava
contro di noi. La questione non è dunque ‘perchè già il 22 giugno 1941, ma,
perchè non più presto? Senza le difficoltà create dagli italiani con la loro
idiota campagna di Grecia avrei attaccato la Russia con qualche settimana di
anticipo (...)
Il
mio assillo nel corso delle ultime settimane, fu rappresentato dal timore che
Stalin prendesse l’iniziativa prima di me (...) La mia decisione fu presa
subito dopo la visita di Molotov a Berlino a novembre, perchè sapevo che a più
o meno breve scadenza, Stalin ci avrebbe abbandonato per passare in campo
avverso” (...) (26
febbraio 1945) “In definitiva, la mia decisione
di regolare i conti con la Russia, fu presa nel momento in cui mi resi conto
che l’Inghilterra si sarebbe intestardita. (...) Il comportamento dei Sovietici
nell’estate del 1940, il fatto che essi avevano assorbito i paesi Baltici e la
Bessarabia, mentre noi eravamo impegnati ad Ovest, non mi lasciava illusione
alcuna per quanto riguardava i loro progetti. Supponendo che avessi avuto dei
dubbi, la visita di Molotov in novembre, sarebbe stata sufficiente a dissiparli.
(...) Saremmo stati costretti a cedere al ricatto dei bolscevichi per quanto
riguarda la Finlandia, la Romania, la Bulgaria, e la Turchia. Questo
evidentemente non poteva accadere” .
Il
peso dell’Italia.
Hitler ha sostanzialmente
ragione nel denunciare il peso negativo dell’alleanza con l’Italia, ma devesi
anche considerare che l’Italia aveva una sua geopolitica da difendere, di
stampo Euro Asiatico, ovvero degli interessi che erano diametralmente opposti a
quelli Britannici e, in questa ottica, pesava enormemente il pericolo di un accordo
anglo tedesco che Hitler cercava risolutamente di conseguire. Quell’accordo
sarebbe stato per noi mortale, da qui la pratica da parte di Mussolini di una
“guerra parallela” al fianco, ma non per la Germania. Certo fu un errore, tanto
più ingigantito dal fatto che casa Savoia e gerarchie militari erano
nascostamente filo occidentali. Oggi sappiamo bene che già nell’inverno del
1940, dico inverno 1940, falliti i presupposti di una breve e di fatto “finta
guerra” con il conseguimento di un tavolo della pace, circoli di corte,
industriali, massonici e militari e persino dello stesso Partito nazionale
fascista pensavano a come buttare a mare Mussolini, uscire dalla guerra e
salvare i loro interessi.
Per quanto riguarda poi la mancanza di
una politica rivoluzionaria nel mondo arabo, che qui Hitler imputa all’Italia,
questa carenza non va solo ascritta al ruolo negativo dell’Italia per quella
politica, ma anche qui contribuì una
remora di Hitler a spingere in ogni campo, compresa l’aria orientale
dell’India, per rivoltare tutto l’Impero britannico. Quando si decise era
oramai tardi. Insomma, in definitiva, mentre le diverse esigenze geopolitiche
degli Alleati, erano strettamente controllate da certe consorterie mondialiste
che riuscirono a mantenere saldamente nelle mani tutta la strategia bellica
Alleata, di fatto Germania, Italia e Giappone condussero una guerra immane e
totale, andando per conto loro, seguendo i rispettivi interessi geopolitici,
con tutti i danni che ne derivarono. (17
febbraio 1945).
“Giudicando
freddamente gli eventi, facendo astrazione da ogni sentimentalismo, devo
riconoscere che la mia indefettibile amicizia per l’Italia e per il Duce, può
essere ascritta nel conto dei miei errori. Infatti è chiaro come l’alleanza con
gli italiani abbia reso maggiori servigi ai nostri nemici, che non a noi
stessi. (...)
L’intervento
con cui l’Italia, nel giugno del 1940, ha sferrato il calcio dell’asino ad una
armata francese in liquifazione, ha ottenuto il solo effetto di offuscare una
vittoria che i nostri vinti avevano allora accettato sportivamente. (...)
L’alleato
italiano ci ha intralciato quasi dappertutto. Ci ha impedito per esempio di
sviluppare una politica rivoluzionaria nell’Africa del Nord. Per forza di cose
questo spazio diventava una esclusiva italiana. (...) Tutto l’Islam vibrava
all’annuncio delle nostre vittorie. (...) In queste regioni gli italiani
risultano odiati più dei francesi e degli inglesi. Il ricordo delle barbare
rappresaglie applicate nei confronti dei Senussiti vi permane sempre vivissimo.
Inoltre la ridicola pretesa del Duce di essere considerato “La Spada
dell’Islam” sollecita ancora il lungo sogghigno che suscitò prima della guerra.
Questo titolo che conviene a Maometto e ad un grande conquistatore come Omar,
Mussolini se lo era fatto attribuire da qualche povero cristo che aveva pagato
o terrorizzato. (...)
L’ingresso
in guerra dell’Italia ha consentito quasi immediatamente ai nostri nemici di
ottenere le prime vittorie (...) Benchè già incapaci di mantenere le posizioni
in Abissinia e in Cirenaica, gli italiani hanno avuto la disinvoltura, senza
chiedere il nostro parere e senza avvertirci, di gettarsi in una campagna
assolutamente inutile contro la Grecia (...) E’ là e non altrove che bisogna ricercare le cause dell’irrigidimento e del
voltafaccia degli jugoslavi nel 1941. L’evento ci ha costretto, contrariamente
ai nostri piani ad intervenire nei Balcani; di qui un catastrofico ritardo
nell’avvio della guerra contro la Russia. (...)
Le
leggi della vita dimostrano che purtroppo è un errore trattare da pari coloro
che non sono realmente vostri pari. Il Duce era un mio pari. Anzi, forse egli
era a me superiore dal punto di vista delle ambizioni che nutriva nei confronti
del suo popolo. Quel che conta però sono i fatti, non le ambizioni. (...)
”
Ho detto spesso che laddove si trovava l’Italia, là era la vittoria, avrei
dovuto dire che laddove è la vittoria, là si trova l’Italia!
Il
mio attaccamento nei confronti del Duce non è mutato, così come non è mutata la
mia istintiva amicizia nei confronti del popolo italiano, Ma rimpiango di non
aver dato ascolto alla ragione che mi consigliava di stabilire un rapporto
d’amicizia brutale con l’Italia. Lo avrei fatto sia nell’interesse del Duce che
in quello del suo popolo. So evidentemente che il Duce non mi avrebbe perdonato
questo comportamento, so che si sarebbe adombrato. Ma per la mia
indulgenza sono accaduti eventi che non erano fatali [pensando all’8
settembre ci sarebbe da dire: altro che eventi!! n. d. r.]. La vita non perdona la debolezza”.
[20
febbraio 1945] “Gli unici malintesi
intervenuti tra il Duce e me sono stati originati dalle precauzioni che
talvolta sono stato costretto a prendere. Malgrado la totale fiducia che
riponevo in lui, ho dovuto lasciarlo all’oscuro delle mie intenzioni ogni volta
che un indiscrezione avrebbe potuto nuocere ai nostri progetti. Se io avevo
fiducia in Mussolini, lui aveva fiducia in Ciano, il quale a sua volta non
aveva segreti per le belle femmine che gli svolazzavano attorno. (...)
[purtroppo non era solo un problema di
Ciano, ma svariati ambienti di casa Savoia, militari, industriali e persino del
partito nazionale fascista erano inquinati da elementi anglofili, anche quale
retaggio di un nostro Risorgimento massonico. Il Vaticano poi è noto che aveva
scelto, seppure con molta cautela e riservatezza, il fronte Alleato. Alcuni
storici hanno addirittura sostenuto che gli inglesi nel nostro paese, avrebbero
anche potuto fare a meno di sparpagliare il territorio di spie, in quanto erano
“naturalmente” informati dappertutto].
Avevo
dunque le mie buone ragioni per non dire tutto al Duce. E’ spiacevole che
questi non lo abbia compreso. e che anzi me ne abbia voluto fino a rendermi la
pariglia”.
Ed infine ecco con quale cruda e spietata
realtà, ma sostanziale verità, il Führer fotografa la situazione del Duce e
dell’Italia (2 aprile 1945):
L’Italia
si era riallacciata alle ambizioni di Roma. Essa ne aveva le ambizioni, ma non
le altre caratteristiche, un anima fortemente temprata e la potenza materiale.
La sua sola carta era quella di essere guidata da un vero Romano. Quale dramma
per quest’uomo! E quale dramma per questo paese! Per i popoli, così come per
gli uomini è tragico avere delle ambizioni prive del supporto materiale
indispensabile, o addirittura della stessa possibilità di creare questo
supporti”.
La
truffa delle ideologie
E’ indubbio che
nazionalsocialismo e fascismo siano state strutture ideologiche e politiche di
stampo nazional popolare adeguate ai tempi moderni e che oltretutto rientrano
in quel mondo tradizionale che ha solcato lo spazio e il tempo della storia. Ma
è altrettanto vero che Hitler ha sempre giocato pulito senza propagandare
impossibili utopie, anche se questo ha finito per restringere il nazionalsocialismo
ad un fenomeno pangermanico. Carenza questa che comunque fu superata poi nel
corso della guerra, con la partecipazione comune degli europei e dei fascismi
europei alla lotta contro il bolscevismo e per una guerra del “sangue contro
l’oro.
(21 febbraio 1945):
“Il
nazionalsocialismo si interessa soltanto dell’umanità tedesca, ricerca soltanto
la felicità dell’uomo germanico. Gli universalisti, gli idealisti, gli
utopisti, guardano troppo in alto. Promettendo un paradiso inaccessibile
ingannano tutti. Qualunque sia la loro etichetta, si chiamino Cristiani,
Comunisti, Umanitaristi, siano sinceri o stupidi o imbroglioni e cinici, ebbene
costoro sono tutti fabbricanti di schiavi. (...) Mi sono limitato a promettere
ciò che potevo mantenere e che avevo intenzione di mantenere. Questa è una
delle ragioni dell’odio universale che ho suscitato. Evitando di promettere
l’impossibile, come tutti i miei nemici, ho falsato le regole del gioco. Mi
sono posto al di fuori dell’accolita dei demagoghi il cui scopo, tacito e
inconfessato, è lo sfruttamento della credulità umana”. (25 febbraio 1945):
“[I russi] Hanno inoltre, grazie alla
religione marxista, tutto il necessario per rendere un popolo paziente.
Promettono la felicità sulla terra (il chè distingue la religione marxista
dalla religione cristiana), ma nel futuro. Il giudeo Mardochai Marx, da buon
giudeo, attendeva il Messia. Egli ha trasposto il messia nel materialismo
storico, ponendo la felicità terrena al termine di un processo evolutivo quasi
senza fine. La felicità è alla vostra portata, ma bisogna che lasciate
procedere l’Evoluzione, senza precipitarla. Con un trucco come questo si
dominano gli uomini! (...) Ma che cosa pensare del Cristionesiamo, altro figlio del giudaismo,
il quale può permettersi di concedere la felicità ai suoi fedeli solo
nell’altro mondo? E’ incomparabilmente più forte. Quanto a me sono preda della
fatalità che mi impone di compiere tutto nell’arco di tempo di una breve vita
umana. Io mi ispiro ad una dottrina realista, legata a fatti tangibili, tributaria
di promesse che debbono incarnarsi e che mi impedisce di promettere la luna.”
L’ultima
speranza dell’Europa
E terminiamo qui questa,
purtroppo per ragioni di spazio parziale, rievocazione storica, riportando, da prima, una osservazione
di Hitler del 6 febbraio 1945:
“Il
nemico ha raccolto tutte le proprie forze in vista dell’assalto finale. Essi
non vogliono soltanto vincere, vogliono schiaccarci, vogliono distruggere il
nostro Reich, cancellare la nostra Weltanschauung, asservire il popolo tedesco
per punirlo a casua della sua fede nazionalsocialista” ed infine, un ultima grande verità di
Hitler, che oggi possiamo constatare quanto sia reale e veritiera, pronunciata
il 26 febbraio 1945: “Io sono stato
l’ultima speranza per l’Europa”.
Nessun commento:
Posta un commento