giovedì 6 dicembre 2012

HOMO HOMINIS LUPUS



Nel ricordo di Piazzale Loreto (29/04/1945)

di Filippo Giannini

Un giorno Cicerone disse ai suoi discepoli:
<La società è gravemente malata!>

I discepoli preoccupati e stupiti dissero:
<Dicci, maestro, quale malattia affligge il nostro popolo?>.

Cicerone rispose:
<Le malattie sono due, contagiose, epidemiche e funeste per la società: la prima è la diarrea verbale, la seconda è la stitichezza mentale>.
 
OSSERVAZIONE: In duemila anni non è cambiato nulla.  (Dal n° 45 di OCCIDENTE”).
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   Anche se è un po’ complicato, proverò a spiegarmi. L’amico L.G. mi ha inviato una mail che ne accompagnava un’altra a firma di “Sal”, il quale, a sua volta allega alcune considerazioni circa il mio ultimo articolo a ricordo di Alberto Mariantoni. Tutto ciò mi da lo spunto per intervenire e concepire un nuovo articolo.
   Per iniziare il Sig. Sal scrive: <(…). Sono notevoli i lavori fatti in Italia nella prima metà del secolo scorso e nel periodo fascista. Certamente, le necessità erano tante: per esempio, la crisi del ’29 aveva messo in luce le difficoltà, anzi i problemi seri nascenti dalla commistione delle proprietà di aziende e banche. A causare questa crisi economica era stato proprio questo intreccio di capitali (aziende che possedevano quote di banche e/o viceversa) unitamente alla fallace convinzione che l’offerta guida la domanda (quest’ultimo concetto vuol dire semplicemente che fino al 1929, tutti gli economisti credevano che un’azienda avrebbe potuto vendere tutti i prodotti che produceva, senza che il consumatore se ne stufasse mai o che le sue preferenze – ed il suo portafoglio – si indirizzassero verso prodotti differenti. Perciò fu promulgata la legge bancaria che, tra le altre cose, vietava gli intrecci azionari di cui sopra (questo per evitare che un’impresa collegata  alla banca – perché da quest’ultima controllata, o controllante di quest’ultima – potesse avere credito ed affidamenti oltre le sue reali possibilità di restituzione o addirittura qualora non li meritasse affatto): in altre parole, gli intrecci azionari erano causa di un ammorbidimento o addirittura eliminazione di qualsiasi controllo espletato dall’ufficio fidi della banca>. Questa parte evidenzia la conoscenza dell’economia del Sig Sal, materia per me ostica, pertanto non mi sento di sollevare alcuna obiezione.
   Dove, invece, avverto il dovere di intervenire è in merito a quanto l’Autore scrive: <Interessante è l’impiego profuso dagli italiani di allora per raggiungere gli obiettivi prefissati e ripristinare buoni livelli economico sociali. Mi sembra che tutti gli sforzi compiuti in tal senso dal fascismo siano stati dimenticati. E credo che la ragione risieda nei crimini di cui costoro (tutti o parte) si sono macchiati e che si sono sostanziati nella mancanza da parte del fascismo del pieno e sano rispetto verso la sacralità della vita, in tutte le sue forme. Le persecuzioni contro gli ebrei ne sono un triste esempio, oltre che, ovviamente, un grave crimine (…)>.
      La materia messa in atto dal Sig, Sal è talmente vasta che mi vedo costretto ad avvertire gli amici lettori che questo articolo risulterà piuttosto corposo.
   Come premessa essenziale (e prego gli mici lettori, nel corso dell’articolo di tenerlo ben presente) cito, una volta ancora, quanto lo storico Rutilio Sermonti avvertì (L’Italia nel XX Secolo): <La risposta  poteva essere una sola: perché esse (le democrazie) volevano un generale conflitto europeo, quale unica risorsa per liberarsi della Germania – formidabile concorrente economico – e soprattutto dell’Italia. Questo è necessario comprendere se si aspira alla realtà storica: soprattutto dell’Italia>. Perché “soprattutto dell’Italia”? Perché dall’Italia, in quegli anni, partivano nuove concezioni rivoluzionarie che si stavano sviluppando in ogni dove e, di conseguenza mettevano in pericolo l’assetto socio-economico mondiale che il grande capitale era riuscito ad imporre nel mondo tutto,  di cui gli effetti ci tiranneggiano – e forse ancora di più – oggi.
   Ancora, e solo per iniziare. Il fascismo mise veramente in atto, come attesta il Sig. Sal, delle operazioni criminali? Facciamo un po’ di storia; come premessa essenziale è da ricordare che l’Italia, ma non solo l’Italia, dopo la fine della Prima guerra mondiale, viveva in una situazione pre-rivoluzionaria. Il Partito Socialista Italiano (il P.C. d’I. non era ancora nato) e i relativi sindacati, nel solo 1919 imposero, oltre 1.800 scioperi, coinvolgendo 1.158.700 lavoratori. Cifra rapportata al decennio precedente aumentata del 435,8%. E agli scioperi facevano seguito violenze di ogni genere; d’altra parte i consigli di Lenin per l’instaurazione della dittatura del proletariato (sull’esempio di quella dell’URSS), non lasciavano dubbi: <Il terrorismo è la nostra unica e assoluta strada>. Ligio a questa direttiva, nella prima pagina dell’Avanti! del 13 dicembre 1918 (il fascismo non era ancora nato!) si poteva leggere: <Il Partito Socialista si propone come obiettivo l’istituzione della repubblica socialista e la dittatura del proletariato, seguendo l’esempio russo>. Si svilupparono sempre più disordini e violenze: nella bassa padana, ad esempio, si ebbero le prime spedizioni punitive, che contrariamente a quanto ancora oggi si sostiene (basta leggere i giornali dell’epoca) erano organizzate dalle cooperative rosse aventi lo scopo di mantenere nelle zone il proprio predominio. Non c’era manifestazione o sciopero, al grido di <Abbasso la Patria, Viva Lenin>, che non degenerasse nel sangue, con tricolori stracciati, soldati assaliti, sputacchiati e, a volte, uccisi. Intanto solo il 23 marzo 1919 nascevano i Fasci di combattimento.
   È vero quanto scrive Antonio Falcone? <In un certo senso si può dire che i fascisti la violenza non tanto la imposero quanto la subirono. Lo dimostra il numero dei loro caduti, che fu di gran lunga superiore a quello degli avversari>. Lo scrittore antifascista Gaetano Salvemini nel suo volume Scritti sul Fascismo, a pag. 38 annota: anta violenza poteva aver luogo per l’incapacità delle forze dell’ordine e della magistratura e dallo strapotere tracotante e capriccioso dei sindacati rossi>
. Certamente il fascismo fu un movimento che usò anche la violenza, ma della entità di questa danno attestato alcuni autori che non possono essere accusati di simpatie per il movimento mussoliniano. Scrive Giorgio Bocca (Mussolini socialfascista) che il fascismo fu violento e sopraffattore, ma lo fu perché trovò davanti a sé una sinistra antidemocratica, violenta, autoritaria  e sopraffattrice. Ancora più interessante quanto ha scritto Percival Phillips, corrispondente del Daily Mail che visse in quegli anni in Italia: <Essi (i fascisti) combatterono il terrore rosso con le stesse armi. Compivano rappresaglie che turberebbero quei pacifisti che volevano la pace a tutti i costi. Ai sistemi di Mosca risposero con i sistemi fascisti. Di certo non imitarono i sistemi comunisti, di gettare vivi gli uomini negli alti-forni, come fu deciso a Torino da un tribunale rosso composto in parte da donne (1), né torturarono i prigionieri come fecero in altre parti d’Italia i seguaci di Lenin>. D’altra parte gli ordini che partivano da Vladimir Ilic Ulianov (Lenin) erano tassativi:: <essere implacabili in modo esemplare (…). Bisogna incoraggiare il terrore di massa (…). Fucilate senza domandare niente a nessuno e senza stupide lentezze (…). La dittatura è un potere che poggia sulla violenza, e senza vincoli di legge (…)>. Sono solo alcuni estratti della Komsomolskaja Pravda, riportati da Andrea Bonanni, corrispondente a Mosca del Corriere della Sera.
   Perché il Fascismo si sviluppò tanto rapidamente? Una risposta ci può essere fornita dal geologo, esploratore e scienziato Ardito Desio, che concepì e mise in atto la conquista della seconda vetta del mondo, il Karakorum (il K2), raggiunta nel 1954; questi in una intervista concessa alcuni anni fa, fra l’altro attestò: <Il fascismo ha avuto molti aderenti, dopo la fine della Prima guerra mondiale fra noi ufficiali perché si viveva in un clima di puro terrore. Si subivano pestaggi, bastonature. Numerosi furono assassinati per il solo fatto di portare le stellette. Il fascismo portava il rispetto civile, l’ordine, il rinnovato senso della Patria ed è per questo che ha avuto un gran seguito>.
   Qualora sin qui scritto non convincesse il Sig. Sal, riporto quanto scrisse Alcide De Gasperi su Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921: <Il fascismo fu sugli inizi un impeto di reazione all’internazionalismo comunista che negava la libertà della Nazione (…). Noi non condividiamo il parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la generica condanna della violenza. Ci sono delle situazioni in cui la violenza, anche se assume l’apparenza di aggressione, è in realtà una violenza difensiva, cioè legittima>.
   Nell’elencare i crimini fascisti, il Sig. Sal non può tralasciare, ovviamente <le persecuzioni contro gli ebrei ne sono un triste esempio, oltre che, ovviamente, un grave crimine>. Nel ricordare le falsità di cui i mascalzoni subentrati a seguito delle “vincitrici” baionette, questi sì veri criminali (criminali in tutti i sensi) in Europa, questa asserzione della persecuzione degli ebrei, è la più falsa e infamante. Vi prego di seguirmi, anche se per necessità del giornale debbo cercare di essere conciso. Chi ricorda oggi, e mi rivolgo soprattutto alle comunità ebraiche, perché mai, ripeto, mai sono ricordate le leggi emanate il 30 ottobre 1930 (D.L. n° 1731) e quella del 19 novembre 1931 (D.L. n° 1561), tali che il Rabbino Sacerdoti e il presidente Sereni ebbero a dire: <Leggi che non esitiamo a definire le migliori di quelle recentemente emanate in altri Stati (…), procureranno un rifiorire degli istituti ebraici italiani>. Il giornale sionista Israel del 27 ottobre 1932, nel ricordare il decennale della Marcia su Roma uscì con un titolo Decennale, attestava: <Dopo dieci anni di Regime Fascista, il ritmo spirituale della vita ebraica in Italia è più intenso, assai più intenso di prima (…)>. A seguito di un successivo colloquio di Sacerdoti con Mussolini, il 7 aprile 1931, il rabbino guadagnò un nuovo riconoscimento unico nella sfera mondiale: Sacerdoti ottenne che i bambini ebrei che frequentavano le scuole elementari del Regno, potessero studiare su testi ove non fossero frequenti <i passi che trattano dei riti e del dogma cattolici>. Nelle Sinagoghe, intanto, si levavano inni e preghiere a favore del Duce.
   Poi si giunse alla sconfitta dell’Asse e, quindi alla Damnatia Memoriae, al punto che Pacifici, della Comunità Ebraica, recentemente attestò: <Mussolini faceva parte della macchina della soluzione finale>. A ciò fece seguito quella dello storico Giorgio Pisanò (Noi fascisti e gli ebrei), pag.19: <Si giunse così al 1939, vale a dire allo scoppio della guerra e fu allora che, all’insaputa di tutti, Mussolini diede inizio a quella grandiosa manovra, tuttora sconosciuta o faziosamente negata anche da molti di coloro che invece ne sono perfettamente a conoscenza, tendente a salvare la vita di quegli ebrei che lo sviluppo degli avvenimenti bellici aveva portato sotto il controllo delle forze armate tedesche>.
   E allora perché le leggi razziali?
   Wilson Churchill (La Seconda Guerra Mondiale), Vol.2°, pag. 209 ha scritto: <Adesso che la politica inglese aveva forzato Mussolini a schierarsi dall’altra parte, la Germania non era più sola>. Lo storico inglese  George Trevelyan (Storia d’Inghilterra), pag. 834, rinforza la tesi di Churchill: <E l’Italia che per la sua posizione geografica poteva impedire i nostri contatti con l’Austria e con i Paesi balcanici, fu gettata nelle braccia della Germania). Tutto questo (e tanto, ma tanto di più) viene confermato dal più attento studioso del fascismo, Renzo De Felice che ha osservato: <Una volta che Mussolini fu gettato nelle braccia della Germania, era impensabile che anche l’Italia non avesse le sue leggi razziali>.
    Ha scritto Daniele Vicini (L’Indipendente del 20 luglio 1993): <Ebrei e comunisti sciamavano verso il Brennero, frontiera che possono varcare senza visto a differenza di altre (Americana, sovietica, ecc) apparentemente più congeniali alle loro esigenze>. Dello stesso parere è Klaus Voigt (Rifugio precario): <Fino all’entrata in guerra dell’Italia non risulta neppure un caso di condanna o allontanamento di un emigrante per attività politica (…)>. Nel mio volume Gli Ebrei nel Ventennio Fascista, volume che mi ha impegnato per almeno vent’anni di lavoro, soprattutto spesi per la ricerca di documentazione, riporto decine di nomi di rifugiati in Italia. In merito, ricordo di nuovo che in Italia vigevano le Leggi Razziali, se così era, perché? La risposta ce la può fornire lo storico israelita Mondekai Poldiel, il quale osserva: <L’Amministrazione fascista e quella politica, quella militare e quella civile, si diedero da fare in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in modo che quelle leggi rimanessero lettera morta>. Aggiungo che l’ispettore Francesco Nudi, autore di una corposa documentazione nella quale, fra l’altro si legge: <Nessun paese d’Europa all’infuori dell’Italia ospitava all’epoca emigrati ebrei di qualsiasi nazionalità (…)>.
   <Mentre in generale i governi filofascisti dell’Europa asservita non opponevano che fiacca resistenza ad una rete sistematica di deportazioni, i capi del fascismo italiani manifestarono in questo campo un atteggiamento ben diverso. Ovunque penetrassero le truppe italiane, uno schermo protettore si levava di fronte agli ebrei (…). Un aperto conflitto si determinò fra Roma e Berlino a proposito del problema ebraico (…). Appena giunte sui luoghi di loro competenza, le autorità italiane annullavano le disposizioni decretate contro gli ebrei (…)> (Léon Poliakov, (Il nazismo e lo sterminio degli ebrei), pagg. 219-220). Il docente dell’Università ebraica di Gerusalemme George L. Mosse, nel suo libro Il razzismo in Europa, a pag. 245, ha scritto:<Il principale alleato della Germania, l’Italia fascista, sabotò la politica ebraica nazista nei territori sotto il suo controllo (…). Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio “discriminare non perseguire”. Tuttavia l’esercito italiano si spinse anche più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini (…). Ovunque, nell’Europa occupata dai nazisti, le ambasciate italiane protessero gli ebrei in grado di chiedere la nazionalità italiana. Le deportazioni degli ebrei COMINCIARONO SOLO DOPO LA CADUTA DI MUSSOLINI, QUANDO I TEDESCHI OCCUPARONO L’ITALIA>. E di questo dobbiamo ringraziare il primo governo antifascista, per chiarezza: quello di Badoglio.
    Prima di terminare desidero ricordare un fatto che può essere di un certo valore storico. Ho lavorato in Australia per molti anni, quindi in quel meraviglioso Paese ho tutt’ora molti amici. In uno dei miei susseguenti viaggi, mi incontrai una volta con una signora ebrea di nazionalità rumena, rifugiatasi in Italia, con la famiglia nel corso del secondo conflitto mondiale. Andammo a pranzo in un club ebraico nel noto sobborgo di Sydney, Bondi. Prima di sederci al tavolo, una signora della direzione, sentendo che parlavamo italiano si avvicinò e ci chiese di passare da lei prima di andare via perché aveva da donarci qualcosa che poteva farci piacere. Così facemmo, prima di allontanarci, la signora mi consegnò un foglio di carta contenente una scritta in ebraico e in italiano. C’era, come titolo una frase in ebraico, e chiesi alla signora di tradurmi almeno il titolo; questo, a detta della signora significava un ringraziamento in generale. Seguiva la scritta, come detto in ebraico e in italiano, che riporto: <Ad Alberto Calisse Console Generale d’Italia, che, applicando le direttive del suo governo agli Ebrei residenti e rifugiati nella zona di occupazione italiana in Francia, ha dato alta e nobile prova di umanità e di giustizia. Omaggio di perenne riconoscenza – Nizza, 10 maggio 1943>. Seguono la firma di otto rabbini. Anche questo documento è allegato nel mio volume sopra citato.
   Dopo tutto ciò (e ripeto è solo una parte ) una osservazione la propongo: per la sua memoria futura, il Duce avrebbe fatto meglio a disinteressarsi delle atrocità (reali, presunte o false che furono) e lasciare che il destino di tanti disgraziati si compisse.  Mi sbaglio??????? 
    Per i lettori che volessero approfondire l’argomento, ricordo che nel mio citato volume sono contenute notizie (documentate) che in questa Italia del malaffare non si osa ricordare.
   Concludo con questa domanda. Se quanto riportato è vero, ma è tutto documentato, da quale parte è il MALE ASSOLUTO?           
 
 
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1) L’Autore si riferisce a quanto accadde al poco più che ventenne Mario Sanzini e a Costantino Simula, che vennero catturati il 22 settembre 1920 durante le sanguinose giornate torinesi, da operai e operaie rossi. Dopo un processo farsa  furono condannati a morte e gettati vivi negli altiforni dell’azienda.

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