Nel ricordo di Piazzale Loreto (29/04/1945)
di Filippo Giannini
Un giorno Cicerone
disse ai suoi discepoli:
<La società è
gravemente malata!>
I discepoli
preoccupati e stupiti dissero:
<Dicci,
maestro, quale malattia affligge il nostro popolo?>.
Cicerone rispose:
<Le malattie
sono due, contagiose, epidemiche e funeste per la società: la prima è la
diarrea verbale, la seconda è la stitichezza mentale>.
OSSERVAZIONE: In duemila anni non è cambiato nulla.
(Dal n° 45 di “OCCIDENTE”).
*****
Anche se è un po’ complicato, proverò a
spiegarmi. L’amico L.G. mi ha inviato una mail che ne accompagnava un’altra a
firma di “Sal”, il quale, a sua volta allega alcune considerazioni circa il mio
ultimo articolo a ricordo di Alberto Mariantoni. Tutto ciò mi da lo spunto per
intervenire e concepire un nuovo articolo.
Per iniziare il Sig. Sal scrive: <(…). Sono notevoli i lavori fatti in Italia
nella prima metà del secolo scorso e nel periodo fascista. Certamente, le
necessità erano tante: per esempio, la crisi del ’29 aveva messo in luce le
difficoltà, anzi i problemi seri nascenti dalla commistione delle proprietà di
aziende e banche. A causare questa crisi economica era stato proprio questo
intreccio di capitali (aziende che possedevano quote di banche e/o viceversa)
unitamente alla fallace convinzione che l’offerta guida la domanda (quest’ultimo
concetto vuol dire semplicemente che fino al 1929, tutti gli economisti
credevano che un’azienda avrebbe potuto vendere tutti i prodotti che
produceva, senza che il consumatore se ne stufasse mai o che le sue preferenze
– ed il suo portafoglio – si indirizzassero verso prodotti differenti. Perciò
fu promulgata la legge bancaria che, tra le altre cose, vietava gli intrecci
azionari di cui sopra (questo per evitare che un’impresa collegata alla banca – perché da quest’ultima
controllata, o controllante di quest’ultima – potesse avere credito ed
affidamenti oltre le sue reali possibilità di restituzione o addirittura qualora
non li meritasse affatto): in altre parole, gli intrecci azionari erano causa
di un ammorbidimento o addirittura eliminazione di qualsiasi controllo
espletato dall’ufficio fidi della banca>. Questa parte evidenzia la
conoscenza dell’economia del Sig Sal, materia per me ostica, pertanto non mi
sento di sollevare alcuna obiezione.
Dove, invece, avverto il dovere di
intervenire è in merito a quanto l’Autore scrive: <Interessante è l’impiego profuso dagli italiani di allora per
raggiungere gli obiettivi prefissati e ripristinare buoni livelli economico
sociali. Mi sembra che tutti gli sforzi compiuti in tal senso dal fascismo
siano stati dimenticati. E credo che la ragione risieda nei crimini di cui
costoro (tutti o parte) si sono macchiati e che si sono sostanziati nella
mancanza da parte del fascismo del pieno e sano rispetto verso la sacralità
della vita, in tutte le sue forme. Le persecuzioni contro gli ebrei ne sono un
triste esempio, oltre che, ovviamente, un grave crimine (…)>.
La
materia messa in atto dal Sig, Sal è talmente vasta che mi vedo costretto ad
avvertire gli amici lettori che questo articolo risulterà piuttosto corposo.
Come premessa essenziale (e prego gli mici
lettori, nel corso dell’articolo di tenerlo ben presente) cito, una volta
ancora, quanto lo storico Rutilio Sermonti avvertì (L’Italia nel XX Secolo): <La
risposta poteva essere una sola: perché
esse (le democrazie) volevano un generale conflitto europeo, quale unica
risorsa per liberarsi della Germania – formidabile concorrente economico – e
soprattutto dell’Italia. Questo è necessario comprendere se si aspira alla
realtà storica: soprattutto dell’Italia>. Perché “soprattutto dell’Italia”? Perché dall’Italia, in quegli anni,
partivano nuove concezioni rivoluzionarie che si stavano sviluppando in ogni
dove e, di conseguenza mettevano in pericolo l’assetto socio-economico mondiale
che il grande capitale era riuscito ad imporre nel mondo tutto, di cui gli effetti ci tiranneggiano – e forse
ancora di più – oggi.
Ancora, e solo per iniziare. Il fascismo
mise veramente in atto, come attesta il Sig. Sal, delle operazioni criminali?
Facciamo un po’ di storia; come premessa essenziale è da ricordare che
l’Italia, ma non solo l’Italia, dopo la fine della Prima guerra mondiale,
viveva in una situazione pre-rivoluzionaria. Il Partito Socialista Italiano (il
P.C. d’I. non era ancora nato) e i relativi sindacati, nel solo 1919 imposero,
oltre 1.800 scioperi, coinvolgendo 1.158.700 lavoratori. Cifra rapportata al
decennio precedente aumentata del 435,8%. E agli scioperi facevano seguito
violenze di ogni genere; d’altra parte i consigli di Lenin per l’instaurazione
della dittatura del proletariato
(sull’esempio di quella dell’URSS), non lasciavano dubbi: <Il terrorismo è la nostra unica e assoluta
strada>. Ligio a questa direttiva, nella prima pagina dell’Avanti! del 13 dicembre 1918 (il
fascismo non era ancora nato!) si poteva leggere: <Il Partito Socialista si propone come obiettivo l’istituzione della
repubblica socialista e la dittatura del proletariato, seguendo l’esempio russo>.
Si svilupparono sempre più disordini e violenze: nella bassa padana, ad esempio, si ebbero le prime spedizioni punitive, che contrariamente a quanto ancora oggi si
sostiene (basta leggere i giornali dell’epoca) erano organizzate dalle
cooperative rosse aventi lo scopo di mantenere nelle zone il proprio
predominio. Non c’era manifestazione o sciopero, al grido di <Abbasso la Patria, Viva Lenin>, che
non degenerasse nel sangue, con tricolori stracciati, soldati assaliti,
sputacchiati e, a volte, uccisi. Intanto solo il 23 marzo 1919 nascevano i Fasci di combattimento.
È
vero quanto scrive Antonio Falcone? <In
un certo senso si può dire che i fascisti la violenza non tanto la imposero
quanto la subirono. Lo dimostra il numero dei loro caduti, che fu di gran lunga
superiore a quello degli avversari>. Lo scrittore antifascista Gaetano
Salvemini nel suo volume Scritti sul
Fascismo, a pag. 38 annota: anta
violenza poteva aver luogo per l’incapacità delle forze dell’ordine e della
magistratura e dallo strapotere tracotante e capriccioso dei sindacati
rossi>
Perché il Fascismo si sviluppò tanto
rapidamente? Una risposta ci può essere fornita dal geologo, esploratore e
scienziato Ardito Desio, che concepì e mise in atto la conquista della seconda
vetta del mondo, il Karakorum (il K2), raggiunta nel 1954; questi in una
intervista concessa alcuni anni fa, fra l’altro attestò: <Il fascismo ha avuto molti aderenti, dopo la
fine della Prima guerra mondiale fra noi ufficiali perché si viveva in un clima
di puro terrore. Si subivano pestaggi, bastonature. Numerosi furono assassinati
per il solo fatto di portare le stellette. Il fascismo portava il rispetto
civile, l’ordine, il rinnovato senso della Patria ed è per questo che ha avuto
un gran seguito>.
Qualora sin qui scritto non convincesse il
Sig. Sal, riporto quanto scrisse Alcide De Gasperi su Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921: <Il fascismo fu sugli inizi un impeto di reazione all’internazionalismo
comunista che negava la libertà della Nazione (…). Noi non condividiamo il
parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la
generica condanna della violenza. Ci sono delle situazioni in cui la violenza,
anche se assume l’apparenza di aggressione, è in realtà una violenza difensiva,
cioè legittima>.
Nell’elencare i crimini fascisti, il Sig.
Sal non può tralasciare, ovviamente <le
persecuzioni contro gli ebrei ne sono un triste esempio, oltre che, ovviamente,
un grave crimine>. Nel ricordare le falsità di cui i mascalzoni
subentrati a seguito delle “vincitrici” baionette,
questi sì veri criminali (criminali in tutti i sensi) in Europa, questa asserzione
della persecuzione degli ebrei, è la
più falsa e infamante. Vi prego di seguirmi, anche se per necessità del
giornale debbo cercare di essere conciso. Chi ricorda oggi, e mi rivolgo
soprattutto alle comunità ebraiche, perché mai, ripeto, mai sono ricordate le
leggi emanate il 30 ottobre 1930 (D.L. n° 1731) e quella del 19 novembre 1931
(D.L. n° 1561), tali che il Rabbino Sacerdoti e il presidente Sereni ebbero a
dire: <Leggi che non esitiamo a
definire le migliori di quelle recentemente emanate in altri Stati (…),
procureranno un rifiorire degli istituti ebraici italiani>. Il giornale
sionista Israel del 27 ottobre 1932,
nel ricordare il decennale della Marcia
su Roma uscì con un titolo Decennale,
attestava: <Dopo dieci anni di Regime
Fascista, il ritmo spirituale della vita ebraica in Italia è più intenso, assai
più intenso di prima (…)>. A seguito di un successivo colloquio di
Sacerdoti con Mussolini, il 7 aprile 1931, il rabbino guadagnò un nuovo
riconoscimento unico nella sfera mondiale: Sacerdoti ottenne che i bambini
ebrei che frequentavano le scuole elementari del Regno, potessero studiare su
testi ove non fossero frequenti <i
passi che trattano dei riti e del dogma cattolici>. Nelle Sinagoghe,
intanto, si levavano inni e preghiere a favore del Duce.
Poi si giunse alla sconfitta dell’Asse e, quindi alla Damnatia Memoriae, al punto che Pacifici, della Comunità Ebraica, recentemente
attestò: <Mussolini faceva parte della
macchina della soluzione finale>. A ciò fece seguito quella dello
storico Giorgio Pisanò (Noi fascisti e
gli ebrei), pag.19: <Si giunse
così al 1939, vale a dire allo scoppio della guerra e fu allora che,
all’insaputa di tutti, Mussolini diede inizio a quella grandiosa manovra,
tuttora sconosciuta o faziosamente negata anche da molti di coloro che invece
ne sono perfettamente a conoscenza, tendente a salvare la vita di quegli ebrei
che lo sviluppo degli avvenimenti bellici aveva portato sotto il controllo
delle forze armate tedesche>.
E allora perché le leggi razziali?
Wilson Churchill (La Seconda Guerra Mondiale), Vol.2°, pag. 209 ha scritto: <Adesso che la politica inglese aveva
forzato Mussolini a schierarsi dall’altra parte, la Germania non era più
sola>. Lo storico inglese George
Trevelyan (Storia d’Inghilterra),
pag. 834, rinforza la tesi di Churchill: <E l’Italia che per la sua posizione geografica poteva impedire i nostri
contatti con l’Austria e con i Paesi balcanici, fu gettata nelle braccia
della Germania). Tutto questo (e tanto, ma tanto di più) viene
confermato dal più attento studioso del fascismo, Renzo De Felice che ha
osservato: <Una volta che Mussolini fu
gettato nelle braccia della Germania, era impensabile che anche l’Italia
non avesse le sue leggi razziali>.
Ha scritto Daniele Vicini (L’Indipendente del 20 luglio 1993): <Ebrei e comunisti sciamavano verso il
Brennero, frontiera che possono varcare senza visto a differenza di altre
(Americana, sovietica, ecc) apparentemente più congeniali alle loro esigenze>.
Dello stesso parere è Klaus Voigt (Rifugio
precario): <Fino all’entrata in
guerra dell’Italia non risulta neppure un caso di condanna o allontanamento di
un emigrante per attività politica (…)>. Nel mio volume Gli Ebrei nel Ventennio Fascista, volume
che mi ha impegnato per almeno vent’anni di lavoro, soprattutto spesi per la
ricerca di documentazione, riporto decine di nomi di rifugiati in Italia. In
merito, ricordo di nuovo che in Italia vigevano le Leggi Razziali, se così era,
perché? La risposta ce la può fornire lo storico israelita Mondekai Poldiel, il
quale osserva: <L’Amministrazione
fascista e quella politica, quella militare e quella civile, si diedero da fare
in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in modo che quelle leggi
rimanessero lettera morta>. Aggiungo che l’ispettore Francesco Nudi,
autore di una corposa documentazione nella quale, fra l’altro si legge: <Nessun paese d’Europa all’infuori
dell’Italia ospitava all’epoca emigrati ebrei di qualsiasi nazionalità
(…)>.
<Mentre
in generale i governi filofascisti dell’Europa asservita non opponevano che
fiacca resistenza ad una rete sistematica di deportazioni, i capi del fascismo
italiani manifestarono in questo campo un atteggiamento ben diverso. Ovunque
penetrassero le truppe italiane, uno schermo protettore si levava di fronte
agli ebrei (…). Un aperto conflitto si determinò fra Roma e Berlino a proposito
del problema ebraico (…). Appena giunte sui luoghi di loro competenza, le
autorità italiane annullavano le disposizioni decretate contro gli ebrei
(…)> (Léon Poliakov, (Il nazismo e
lo sterminio degli ebrei), pagg. 219-220). Il docente dell’Università
ebraica di Gerusalemme George L. Mosse, nel suo libro Il razzismo in Europa, a pag. 245, ha scritto:<Il principale alleato della Germania, l’Italia
fascista, sabotò la politica ebraica nazista nei territori sotto il suo
controllo (…). Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare
il principio “discriminare non perseguire”. Tuttavia l’esercito italiano si
spinse anche più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini
(…). Ovunque, nell’Europa occupata dai nazisti, le ambasciate italiane
protessero gli ebrei in grado di chiedere la nazionalità italiana. Le
deportazioni degli ebrei COMINCIARONO
SOLO DOPO LA CADUTA DI MUSSOLINI, QUANDO I TEDESCHI OCCUPARONO L’ITALIA>.
E di questo dobbiamo ringraziare il primo governo antifascista, per chiarezza:
quello di Badoglio.
Prima di terminare desidero ricordare un
fatto che può essere di un certo valore storico. Ho lavorato in Australia per
molti anni, quindi in quel meraviglioso Paese ho tutt’ora molti amici. In uno
dei miei susseguenti viaggi, mi incontrai una volta con una signora ebrea di
nazionalità rumena, rifugiatasi in Italia, con la famiglia nel corso del
secondo conflitto mondiale. Andammo a pranzo in un club ebraico nel noto
sobborgo di Sydney, Bondi. Prima di sederci al tavolo, una signora della
direzione, sentendo che parlavamo italiano si avvicinò e ci chiese di passare
da lei prima di andare via perché aveva da donarci qualcosa che poteva farci
piacere. Così facemmo, prima di allontanarci, la signora mi consegnò un foglio
di carta contenente una scritta in ebraico e in italiano. C’era, come titolo
una frase in ebraico, e chiesi alla signora di tradurmi almeno il titolo;
questo, a detta della signora significava un ringraziamento in generale. Seguiva la scritta, come detto in
ebraico e in italiano, che riporto: <Ad
Alberto Calisse Console Generale d’Italia, che, applicando le direttive del
suo governo agli Ebrei residenti e rifugiati nella zona di occupazione
italiana in Francia, ha dato alta e nobile prova di umanità e di giustizia.
Omaggio di perenne riconoscenza – Nizza, 10 maggio 1943>. Seguono la
firma di otto rabbini. Anche questo documento è allegato nel mio volume sopra
citato.
Dopo tutto ciò (e ripeto è solo una parte )
una osservazione la propongo: per la sua memoria futura, il Duce avrebbe fatto
meglio a disinteressarsi delle atrocità (reali, presunte o false che furono) e
lasciare che il destino di tanti disgraziati si compisse. Mi sbaglio???????
Per i lettori che volessero approfondire
l’argomento, ricordo che nel mio citato volume sono contenute notizie
(documentate) che in questa Italia del malaffare non si osa ricordare.
Concludo con questa domanda. Se quanto riportato è vero, ma è tutto documentato,
da quale parte è il MALE ASSOLUTO?
__________________
1) L’Autore si riferisce a quanto accadde al poco più
che ventenne Mario Sanzini e a Costantino Simula, che vennero catturati il 22
settembre 1920 durante le sanguinose giornate torinesi, da operai e operaie
rossi. Dopo un processo farsa furono
condannati a morte e gettati vivi negli altiforni dell’azienda.
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