Editoriale Il Giglio - n. 57 – Ottobre 2012
(Lettera Napoletana) - A
trasportarli in Nord-America, in Brasile, in Argentina, in Australia erano le
navi della Navigazione generale
italiana nata dalle Società riunite Rubattino-Florio-Lloyd Italiano,
le stesse Compagnie che avevano contribuito a distruggere il Regno delle Due
Sicilie ed a realizzare quell’ “Italia unita” nella quale non c’era posto per
loro. La Rubattino di Genova aveva fornito nel 1857, fingendone il furto, il
piroscafo Cagliari a
Carlo Pisacane per lo sbarco a Sapri, in Cilento, respinto dalla reazione
popolare. Nel 1860 aveva fornito a Garibaldi i piroscafi Piemonte e Lombardo per
invadere la Sicilia. Con i manifesti pubblicitari per i viaggi “solo andata” dei
piroscafi che portavano via i meridionali (2 milioni e 749 mila dal 1876 al
1900, il 53% del totale degli emigranti dall’Italia. Tra il 1876 ed il 1961
quasi 19 milioni) si apre la Mostra “Partono i
Bastimenti”, allestita dalla Fondazione
Roma-Mediterraneo all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli (9
ottobre - 13 dicembre 2012). L’emigrazione, praticamente sconosciuta nel Sud
fino a prima del 1861, fu un esodo biblico. Ad ondate successive, a partire
dagli anni ‘70 del 1800 e fino agli anni ‘60 del 1900, dall’Italia partirono in
25 milioni, secondo i dati dei curatori della Mostra. E se tra il 1861 ed il
1900 si emigrò anche da Veneto (17,9%), Friuli Venezia Giulia (16,1%) e perfino
dal Piemonte, economicamente sfinito dalle guerre di conquista risorgimentali
(12,5%), nei primi due decenni del ‘900 solo da Sicilia, Campania, Calabria, e
Puglia emigrarono quasi 3 milioni di meridionali. Da Ellis Island, l’isolotto
davanti a New York dove sbarcavano i disperati dopo la traversata in piroscafo
per sottoporsi ai controlli dell’Immigrazione Usa, passarono, tra il 1899 ed il
1931, 3 milioni di meridionali contro 500mila emigranti del Nord-Italia.
A che cosa è servita
l’emigrazione post-unitaria? «Rappresentò
una valvola di sfogo che
impedì l’esplosione di rivolte nelle campagne e nella città, dove non
c’era lavoro e gli occupati
venivano remunerati con salari da fame», riconosce Francesco Nicotra,
curatore della Mostra e direttore dei programmi sociali della Niaf (National Italian
American Foundation),
la più importante organizzazione di italo-americani. “Partono i
Bastimenti” accenna
anche ad un altro aspetto dell’emigrazione: «a partire dal primi del
‘900 il trasporto degli emigrati rappresentò uno dei più colossali affari
dell’epoca». Un affare perseguito cinicamente dalle Compagnie di
Navigazione. «(…) le traversate atlantiche
erano piene di pericoli - scrivono i curatori della Mostra nel
catalogo - vitto mediocre,
malattie contagiose, pessime condizioni igieniche e promiscuità erano cause
della morte di moltissimi passeggeri, soprattutto bambini. Diverse
“carrette del mare” gestite da armatori
senza scrupoli naufragarono trascinando ogni volta nei gorghi centinaia di
sventurati». Ma le rimesse degli emigranti affluivano massicce e
finanziavano “l’Italia unita”. Tantissimi soldi arrivavano dai meridionali
emigrati negli Usa attraverso i “vaglia
garantiti” del Banco di Napoli, che aveva una sede a New York. Una
legge del governo italiano del 1° febbraio 1901 aveva istituito il “Servizio
delle rimesse degli emigrati”. Il Banco di Napoli acquisì un prestigio notevole
negli Usa. Ancora a metà degli anni ‘80, prima della (s)vendita decisa al gruppo
INA-Bnl e poi al Sanpaolo di Torino, per molti operatori economici era “la migliore Banca
italiana”. Solo nel 1901 l’Italia unita “si accorse”
dell’emigrazione, che aveva già assunto dimensioni enormi, ed istituì, con la
legge 23/31 gennaio un “Commissariato per l’emigrazione”. L’obbiettivo era ormai
diventato quello di limitare il fenomeno per la preoccupazione, dei grandi
gruppi industriali del Nord e dei latifondisti del Sud (i “galantuomini” liberali),
che la manodopera potesse cominciare a scarseggiare. Nel frattempo diverse
ondate di emigrazione avevano allontanato gli emigranti politici, quadri
amministrativi e soldati borbonici che avevano rifiutato di servire il nuovo
Stato ed andarono a formare colonie all’estero. Solo nella guerra civile
americana (1861-1865) – secondo i dati dei curatori della Mostra – «combatterono
complessivamente (…) da 6mila a 10mila italo-americani» (cioè
emigrati, n.d.r.). Ma gli stessi curatori della Mostra ammettono che «“il numero esatto non si
conosce perché i nomi degli
emigranti venivano americanizzati». Solo un piccolo cenno “Partono i
Bastimenti” dedica alle “migliaia di soldati
dello sconfitto esercito borbonico” che nel 1861 furono imbarcati per
New Orleans “con la prospettiva di
essere arruolati nell’esercito degli Stati secessionisti del
Sud”.
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