domenica 2 settembre 2012

LA TESTA DEL TORO MA NON SOLO…



di Filippo Giannini

   Dato che lo spazio concesso da un giornale a chi scrive non è illimitato, il mio precedente articolo “Un Nuovo Confronto” lo terminai omettendo un concetto che, da solo, avrebbe – come si suol dire – tagliato la testa al toro. Prima di presentare la testa del toro, mi si permetta una breve premessa. L’articolo precedente era basato principalmente sullo studio delle volontà delle così dette democrazie di abbattere i fascismi per aprire la strada al potere demoplutocratico e giungere così alla situazione di oggi; cioè al controllo da parte della grande finanza del globo intero. O, per essere più chiari, mi riferisco al “Grande Progetto del XX Secolo”, così come è esposto nei tanto discussi “Protocolli dei Savi di Sion”.
   Non fu forse il Presidente Usa Franklin Delano Roosevelt a sostenere che “qualsiasi cosa accade in politica, si può stare sicuri che c’è qualcuno che così volle e che così fece perché così accadesse”? Nelle prime pagine de “Lo Stalinista Roosevelt”, dello storico americano George N. Crocker, possiamo leggere: “Poiché ci troviamo in dimensioni fuori del comune, diremo che nessun popolo fu ingannato così magistralmente, così preso in giro e beffato, come il popolo americano dal Presidente Roosevelt e dalla sua corte. Neppure il popolo tedesco da Hitler o quello russo da Stalin”.
   A questo punto chiedo: “Quanti italiani hanno avuto modo di leggere il “Trattato di Pace” (meglio noto come “Diktat”), sottoscritto a Parigi nel 1947 ?”. Credo pochi, molto pochi.
   Fatta questa premessa, andiamo, come si dice, a tagliare la “Testa al Toro”.
Leggiamo l’articolo 17 del citato Trattatoche recita: “L’Italia, la quale, in conformità dell’articolo 80 della Convenzione di Armistizio, ha preso misure per sciogliere le organizzazioni fasciste in Italia, non permetterà,che  in territorio italiano, la rinascita di simili organizzazioni, siano esse politiche, miilitari o militarizzate, che abbiano per oggetto di privare il popolo dei suoi diritti democratici”. Con ciò si manda a quel paese il concetto di democrazia, per non ricordare la “Carta Atlantica” con tutte le sue falsità. A questo punto mi chiedo e chiedo: Se gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna vengono rappresentate come i simboli di ogni valore democratico, cioè della massima libertà d’espressione dei popoli, perché vietare a questi la possibilità di ispirarsi ai principi fascisti?
   Allora i motivi per cui fummo spinti alla guerra, che Mussolini assolutamente non voleva – e questa asserzione vale per coloro che conoscono almeno l’A,B,C della Storia – le finalità, allora, sono quelle esposte dallo storico Rutilio Sermonti e che qui ripropongo (L’Italia nel XX Secolo): “La risposta poteva essere una sola: perché le plutocrazie volevano un generale conflitto europeo, quale unica risorsa per liberarsi della Germania – formidabile concorrente economico – e soprattutto dell’Italia. Questo è necessario comprendere se si aspira ad evidenziare la realtà storica: soprattutto dell’Italia”. Ricordiamo, ancora una volta, che i due Paesi dell’Asse si stavano avviando verso la Socializzazione dei propri Stati e queste idee si stavano espandendo in tutto il globo. Questo rappresentava un pericolo mortale per i possessori delle ricchezze di tutto il mondo, quindi era necessario intervenire giusto come ha scritto Rutilio Sermonti.

HO  RICEVUTO  UNA  INTERESSANTE  MAIL  DA C. N.
“Caro Filippo, condivido al 200% quanto tu descrivi nell'articolo, ma quello che manca nel tuo scritto è la soluzione a questo stato di cose, a meno che non siamo tutti convinti che non ci sia alcuna soluzione (a).
Fai un'analisi storica più che giusta di tutte le vicende, ma troppo distaccata dalle loro risultanze. Non dici che il Debito Pubblico non esiste ed è solo una gigantesca truffa perpetrata ai danni dei Popoli di tutto il Mondo, che in Italia c'è stato un Colpo di Stato con il quale un traditore, che si fa chiamare presidente della repubblica, che fingendosi comunista è stato sempre un servo al soldo dell'america e degli ebrei, ha tradito la Nazione ed i Cittadini Italiani mettendo, con un golpe finanziario, un servo del Sistema bancario internazionale a fare il primo ministro contornato da una banda di delinquenti incapaci, denominati tecnici (ciò è a dir poco ridicolo) che stanno rubando a piene mani le nostre ricchezze, il nostro patrimonio e le conquiste sociali di 60 anni (forse vuol dire 80-90 anni fa, nda).
Un'altra osservazione che devo farti e che parli dell'America, della Gran Bretagna e della Francia, ma non una parola sugli Ebrei e su Israele (b).
Oggi sono loro che controllano la finanza mondiale, la moneta e tutte le potenze occidentali, compreso l'Italia.
Hitler l'aveva capito, basta leggere il Mein Kampf, il vano tentativo fatto di eliminarli è stato per loro solo uno scudo gigantesco contro chiunque oggi critichi il loro modus operandi o le loro attività belliche (c):
miglior alibi alle loro attività delinquenziali ed illecite non avrebbero potuto pensarlo.

Caro Filippo, la soluzione a tutto questo c'è ed è anche pacifica, ma dovremo essere in tanti ad adoperarci per volerla e sei sicuro che questa merda di popolo che si fa chiamare "italiani" lo voglia veramente.
E' da un pò che rifletto sulla questione e sinceramente inizio a pensare che non vale la pena esporsi o combattere per questi cittadini senza palle, collusi e corrotti almeno quanto la classe politica che hanno votato e che votano da 60 anni.
Avrei molto altro da dirti, ma è meglio essere brevi, penso che avrai altro da fare.
Ciao, C. N.”.

   Perché ho scelto questa mail? A parte che, almeno a me sembra molto ben scritta, poi mi invita ad intervenire su alcune questioni di mio interesse.
   Iniziamo con il punto (b). Le colpe di Israele sono evidenti, ma come ho scritto all’inizio lo spazio concesso dal giornale per un articolo è limitato, di conseguenza non posso dilungarmi come vorrei.
    Il punto (c). Per due volte ho iniziato a leggere il Mein Kampf, e per due volte, giunto alla metà del volume ho smesso.
Se ben ricordo, anche Mussolini classificò quel volume di Hitler come un “gran pappone”.
Ma trattiamo, brevemente, il soggetto Hitler, così come io lo vidi e lo interpretai.
   Ricordo che da ragazzo andai a vedere un film “Notte e nebbia”; trattava dell’Olocausto ebraico. Credetti a tutto, anche se mi sembrava estremamente strano che per illustrare quanto era già terribile, gli americani chiamassero registi di primo livello come Alfred Hitchcock. Mi chiedevo: di fronte a quelle scene perché registi di quel calibro? Poi nel tempo, leggendo e studiando sono giunto all’idea che quei nomi servissero per nascondere qualcosa. E se tutto quel che hanno raccontato fosse tutta, o anche parzialmente, una balla? Tutta la storia che ci è stata raccontata dal dopoguerra ad oggi è una menzogna continua. Perché “quella” dovrebbe essere “sacra verità”? Per quanto ha scritto C.N. circa “questa merda di popolo che si fa chiamare “italiani” (…)”osservo che, pur concordando con la condanna espressa da C.N., quando questa merda di popolo fu guidata da un GRANDE UOMO, operò dei veri miracoli.
C’è da considerare che “questa merda di popolo, tale è divenuto (non è un attenuante, anzi, un’aggravante perché negli italici cuor, è mancata la forza di reagire) a causa delle invasioni: francesi, spagnoli, svizzeri, tedeschi, saraceni ecc. invadevano il “bel paese”, incendiando, distruggendo, rapinando, uccidendo, stuprando. E questo spesso, anzi molto spesso, per volontà o su esplicita richiesta del papato. Il ricordo delle eroiche legioni romane rimase un solo ricordo.
Il punto è: non vedo all’orizzonte grandi Uomini, ma solo merdoline, e con queste non si compiono miracoli.
   Veniamo ora al punto (a). Nei precedenti articoli ho ripetutamente scritto che la soluzione dei nostri gravissimi problemi esiste nell’eredità che ci ha lasciato Benito Mussolini: Stato Corporativo e Socializzazione. Purtroppo “godiamo” ancora degli effetti che ci ha portato la “liberazione”.
A proposito di “liberazione” e di “liberatori” a che punto è l’ultimo “regalino” che questi hanno in programma? Mi riferisco all’ESM (Meccanismo Europeo di Stabilità). Per chi non lo conoscesse è un ente privatistico che opererà “come un qualsiasi istituto finanziario, erogherà prestiti ed ha come scopo il profitto”. Il bello (si fa per dire) è che godrà di totale insindacabilità, sarà, cioè superiore alle leggi dello Stato, sarà esente da qualsiasi tassazione e sarà immune da ogni indagine finanziaria. Ha scritto Maurizio Blondet in un articolo di alcuni mesi fa: “Si sta realizzando quel mostro finanziario anticristico che potrà obbligare “tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. E nessuno potrà comprare o vendere se non porterà il marchio, cioè il nome della bestia”” secondo Apocalisse 13:16-18.
 
 Ricordo che Renzo De Felice ha scritto: “Per Mussolini le “grandi democrazie” costituivano una sintesi di tutti i guasti morali del capitalismo e la proiezione, a livello politico mondiale, del suo potere e del suo internazionalismo (e dunque antieuropeismo, antioccidentalismo), così che la guerra contro di esse diventava la lotta dei popoli giovani, portatori di una nuova superiore morale, contro quelli vecchi, delle nazioni proletarie, contro le plutocrazie, espressione dei beati possidenti, del sangue contro l’oro. E questo valeva soprattutto per gli Stati Uniti che, agli occhi di Mussolini, costituivano la quintessenza del capitalismo, il più rapace e senza scrupoli morali e insieme il più corrotto e corruttore, ipocrita e prepotente (e spaccone) convinto di potersi permettere qualsiasi cosa, di poter superare qualsiasi difficoltà e di far accettare questo suo comportamento in virtù della forza della propria ricchezza, del proprio denaro (…”. 
   Desidero chiudere questo lavoro ricordando, di nuovo, un articolo di Maurizio Blondet; egli ha, fra l’altro scritto: “Recentemente, in una conferenza a Roma, mì è capitato di rievocare un caso (l’unico) in cui la sovranità italiana fu vittoriosamente difesa a dispetto di una “situazione obiettiva” infinitamente più tragica dell’attuale, una economia bombardata, una penuria di mezzi che riduceva la capacità di reazione quasi a nulla, e la pesante tutela di una potenza europea rigida e spietata che ci stava sul collo. Ė un esempio estremo, politicamente scorretto, impronunciabile: la Repubblica Sociale Italiana. (…). Un mese dopo la sua nomina, il ministro delle Finanze di quello Stato evanescente come il fumo, Domenico Pellegrini Giampietro (un napoletano), ingiunse ai tedeschi di ritirare immediatamente dalla circolazione i “marchi d’occupazione” (Reichskreidit Kassenscheine) con cui le truppe germaniche, ogni volta che entravano in una bottega a comprare le poche merci esistenti, commettevano di fatto un esproprio senza indennizzo (nel Meridione liberato, gli americani continuarono per anni a inondare il Paese della loro moneta d’occupazione, le AM-lire). Ma la Rsi non era più territorio occupato, era un alleato: dunque le truppe germaniche favorissero adempiere ad ogni pagamento esclusivamente in lire italiane. E di cessare requisizioni e prelievi di fondi dalle nostre banche. Anzi, visto che c’erano lavoratori italiani nel Terzo Reich, Pellegrini Giampietro pretese ed ottenne il trasferimento in Italia dei loro risparmi. Frattanto, impedì il trasferimento del Poligrafico di Stato a Vienna; fece restituire gran parte dell’oro che la Wehrmacht aveva sottratto alla Banca d’Italia, mise al sicuro le sue riserve d’oro e valute a Fortezza, dove vennero ritrovate intatte nel ’45 (1) (…). Il Ministro riuscì a mantenere il potere d’acquisto della lira, anche con il ferreo controllo sui prezzi. Chi ha vissuto quei tempi al Nord, li ha ricordati, non senza motivo, come tempi di paura e di tessere alimentari da fame: ma i dati dicono che al Nord, nel periodo, gli alimenti rincararono del 50%, mentre nel Meridione liberato, del 400%. E la repubblica di Salò (?) riuscì ad aumentare la razione del pane nei mesi invernali. La stampa di carta moneta fu oculatamente controllata; dei 137,8 miliardi autorizzati, ne stampò 110,9. Il Nord dunque non conobbe l’inflazione galoppante del Sud, dove infuriava inoltre il colossale mercato nero (alimentato dai surplus americani), la prostituzione per scatolette (chi non ricorda le segnurine? Nda), sigarette e calze di nylon, la criminalità impunita e la fame – talché si può dire che il collasso morale di Napoli divenuta capitale del malaffare, risalga a quella “liberazione” (…). Il materiale documentario c’è: il ministro repubblichino riuscì a pubblicare, per l’esercizio finanziario, 1944-45, regolari bilanci di previsione e consuntivi, regolarmente pubblicati dalla Gazzetta Ufficiale. Vi si può constatare che le entrate dello stato di Salò (?) (386,8 miliardi) superarono le uscite (359,6), configurando, dunque un attivo di bilancio di quasi 21 miliardi. Sarebbe istruttivo sapere come ci riuscì. La cosa stupì anche gli americani. Il senatore Victor Wickersham, venuto a visitare le macerie d’Europa, dichiarò nell’agosto del ’45: . (Il Popolo, 25 agosto 1948) (2).
   E non si creda che l’affermazione della sovranità in qualche modo venisse da se, fosse accettata con legalistico scrupolo dai tedeschi. No, ogni vittoria fu strappata dal piccolo (di statura) Pellegrini Giampietro in aspri confronti con l’ambasciatore Rahn, che si sentiva ovviamente il governatore della colonia, e finì per avere quasi paura di quel “neapolitaner” che si opponeva punto per punto con incredibile competenza e oratoria, che per ogni “contributo” che gli dava, li obbligava a firmare protocolli in cui si riaffermava la sovranità monetaria dello Stato (esattamente come oggi, vero? Nda), che i tedeschi dovevano riconoscere, quindi, nero su bianco. I tedeschi provavano continuamente a smantellare le industrie esistenti e trasferirle in Germania, a mettere le mani sull’oro pubblico, i comandi della Wehrmacht facevano requisizioni, sentendosi in diritto dato il “tradimento” di questo popolo di traditori. Si doveva ad ogni istante, con tutte le forze ed anche senza aver forze reali, lottare contro il disprezzo che trasudava da ogni azione e parola dell’”alleato”, ahimé giustificato. No, non fu certo facile. Pellegrini era in qualche modo un tecnico, ma lo sosteneva qualcosa d’altro: coraggio personale e amor di Patria (3), entrambi inflessibili”.
Di questo ottimo articolo di Maurizio Blondet, posso solo aggiungere che il fantastico Pellegrini Giampietro fu in grado di scrivere un pezzo unico nella nostra storia, perché dietro a se aveva l’appoggio di un altro grande: Benito Mussolini.


NOTE
1)    Intanto il Ministro dell’Economia Corporativa, Angelo Tarchi, sventava i ripetuti tentativi dei tedeschi di trasferire gli impianti industriali del Nord nel Reich, con la plausibile scusa che qui erano esposti ai bombardamenti (…). Sulla base di tale accordo, il governo della Rsi emanava in data 31 maggio 1944 un documento (numero 340) che sanciva la competenza italiana in materia di politica industriale con valutazione degli impianti produttivi.
2)    Dopo la “liberazione”, il governo antifascista italiano (Bonomi) inviò nel Nord il ministro del Tesoro Marcello Soleri a constatare quel che aveva lasciato il collasso della Repubblica Sociale. Soleri riconobbe: “L’importo della circolazione monetaria durante la Rsi è risultato notevolmente inferiore all’andamento previsto, poiché il governo repubblicano ha fatto più largo ricorso al debito fluttuante (…). Sono stati stampati e messi in circolazione soltanto lire 110.881.000.000 sul totale di lire 137.840.000.000 autorizzate. Tutto ciò è abbastanza confortante (…). Tali situazioni economiche-finanziarie, malgrado il protrarsi dell’occupazione tedesca, sono risultate meno disastrose di quanto si temeva, cosicché gli oneri previsti per la ricostruzione, rimarranno limitati in misura inferiore a quanto previsto e la ripresa della produzione industriale dell’Alta Italia potrà essere rapida (…)” (Il Globo n° 104 del 6 giugno 1945).
3)    Il patriottismo di Pellegrini Giampietro fu riconosciuto da un testimone sorprendente: la Corte di Cassazione dell’Italia antifascista, che ovviamente processò il ministro di Salò (?) con l’accusa di collaborazionismo. La Corte lo definì un “protagonista della difesa del tesoro nazionale”, riconobbe che la sua opera aveva impedito che il Nord Italia “divenisse completa preda dei tedeschi”, e concluse nella motivazione nella sentenza di assoluzione: “La sua opera fu ispirata ad amor patrio, non già ad asservimento al nemico, tanto più meritevole in quanto svolta tra pericoli d’ogni genere”. Nonostante l’assoluzione, Pellegrini Giampietro andò in esilio, prima in Brasile, poi in Argentina e Uruguay, dove fondò banche e diresse giornali, e dove la morte lo prese il 18 luglio 1970. Era nato nel 1899, adolescente aveva combattuto volontario nella Grande Guerra (era un “ragazzo del ‘99”), e poi nella guerra di Spagna.

Nessun commento:

Posta un commento