14/7/2012, discorso integrale del dott. Gianantonio Valli
Riceviamo
e pubblichiamo per conto dell’autore la trascrizione integrale del
discorso del dott. Gianantonio Valli, tenuto alla manifestazione del 14
luglio 2012 a Milano in Largo Cairoli, in supporto e solidarietà con il
popolo siriano ed il suo legittimo governo rappresentato dal presidente
Bashar al-Assad, sotto attacco terroristico da parte di bande mercenarie
al soldo e diretto comando dell’usurocrazia apolide, tramite le sue
creature USA-Israele-NATO-e Petrolmonarchie del Golfo.
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Foto: Gianantonio Valli nella sede del Parlamento della Repubblica Araba di Siria,Damasco
“Esprimerò oggi liberamente pensieri
che tutti abbiamo nel cuore. Ringrazio gli organizzatori della
manifestazione, in particolare gli amici siriani, il direttore del
quotidiano di liberazione nazionale Rinascita, esemplare per correttezza professionale, il direttore della rivista l’Uomo libero, sulla quale è uscito il resoconto del mio viaggio a Damasco (“L’Uomo libero” n. 73 – Siria 2012 – baluardo di libertà di Gianantonio Valli Diario di un viaggio).
Ringrazio voi per l’anticonformismo, o almeno la curiosità, che vi ha
portati qui, a sentire voci fuori dal coro. Ringrazio infine il destino
che mi ha concesso di vivere quest’ultimo, atroce ventennio di menzogne.
Lo ringrazio perché solo così ho
potuto fare esperienza diretta, vedere coi miei occhi come sia possibile
manipolare le masse attraverso l’«informazione democratica». Sui libri
ho letto delle mani tagliate ai bambini belgi nella prima guerra
mondiale e di atrocità ancora più grandi, sempre imputate ai tedeschi.
Tali narrazioni vengono oggi riconosciute, quasi sempre e quasi tutte,
come sconce invenzioni di propaganda. Sono quindi lieto di avere
assistito di persona alla creazione di realtà fittizie con immagini
manipolate e false «testimonianze» di falsi testimoni. In particolare,
mi riferisco ai massacri compiuti da Stati Uniti, Inghilterra, Francia e
Israele. Compiuti col massimo di buona coscienza umanitaria e avallata
dall’indifferenza dei popoli del Libero Occidente.
Ricordo per l’Iraq la farsa delle
«bombe intelligenti», delle «fiale di antrace», delle fantomatiche «armi
di distruzione di massa». I 120.000 morti del golpe compiuto dai
militari algerini dopo la vittoria elettorale del Fronte Islamico di
Salvezza. Il massacro del popolo serbo operato dalla NATO. E qui apro
una parentesi, ricordando come obiettivo primario dei democratici fosse,
allora come oggi, zittire a suon di bombe le televisioni. Allora serba,
e poi libica, e poi siriana.
E l’esclusione dei giornalisti da
Falluja, stragizzata al fosforo dagli americani, e da Gaza, stragizzata
all’uranio dagli israeliani. Al contrario, le falsità create da
al-Jazeera e da al-Arabiyya vengono riprese da ogni televisione e
giornalone occidentale. Solleticando il buon cuore dei sudditi
democratici, l’Afghanistan è stato aggredito col ridicolo pretesto di
«liberare le donne dal burqa».
Quanto alla cosiddetta «primavera
araba» ci si accorge solo ora che l’obiettivo centrale era la
distruzione della Libia, riportata all’ovile occidentale. Nessuno ha poi
parlato, se non per un giorno, del Bahrein, ove la repressione dei moti
di libertà, quelli sì veri, ha richiesto il mitragliamento della
popolazione da parte degli elicotteri americani.
Per la Siria, l’accento viene posto sugli shabiha, gli «sgherri» del cosiddetto «clan» del presidente Bashar. Tutto senza documentazione. In effetti, come documentare gli shabiha,
i «fantasmi»? Se sono fantasmi, come se ne può fotografare la presenza?
Altro che società dell’informazione! altro che la guerra in diretta,
come ci hanno fatto credere con le indimenticabili scie verdi della
contraerea irachena! Altro che la verità di chi diffonde su internet
filmati girati nelle centrali di propaganda occidentali! Vedi le foto
false sulla strage dei bambini di Hula. Schifosi pennivendoli,
commentatori assetati di sangue alla Bernard-Henri Lévy – toh, guarda
caso, un ebreo! – o peggio La Repubblica, megafono dell’intellighenzia giacobina.
Ogni aggressore della Siria ha i
propri obiettivi. Certa è in ogni caso l’intercambiabilità dei
personaggi. Il risultato è lo stesso che ad aggredire sia Bush,
repubblicano massone bianco e cattivo, od Obama, negro massone buono e
democratico. Il Nobel per la Pace zombizzato dall’odiosissima Hillary.
Il risultato è lo stesso, vi sia il socialista Blair o il conservatore
Cameron, il semiebreo destrorso Sarkozy o il semiebreo sinistrorso
Hollande, i militari massoni di Istanbul o l’islamico Erdogan. Complici e
pagatori pronta cassa, gli sceicchi delle monarchie del petrolio,
sauditi e Qatar. E a tirare le fila, ovviamente, Israele.
Ho avuto la fortuna di passare in
Siria la prima settimana di maggio. Sui giornalisti che si abbeverano,
stando a casa loro, alle fonti più squalificate, ho anche un altro
vantaggio: il mio cervello non lo paga nessuno. Certo, una settimana non
permette di conoscere la realtà di un paese in tutta la sua
complessità. Ma almeno io ci sono stato. E ho interrogato il generale
medico, cristiano figlio di contadini, direttore del maggiore ospedale
di Damasco. Incontrato decine di soldati feriti e mutilati. Intervistato
il presidente del parlamento. Il ministro dell’Informazione. Il
governatore di Daraa, la prima città ad essere infiltrata dai
terroristi.
Il patriarca greco-cattolico
Gregorios III ci ha parlato a nome di tutte le confessioni cristiane. Il
massimo studioso dell’Islam, Mohammad Albouti, nella moschea degli
Omayyadi, ci ha detto: «Credo nella vostra fratellanza più che in quella
dei nostri cugini arabi che falsificano la verità».
A differenza della Libia, paese di
tribù in eterna discordia, la Siria è un vero Stato, uno Stato laico nel
quale convivono una quindicina di confessioni religiose e una ventina
di etnie. La scuola è gratuita. La sanità è anch’essa a carico dello
Stato. Se il presidente è di religione musulmana-alauita, il
vicepresidente è di confessione sunnita. E non solo, il vicepresidente è
una donna, l’unica donna a rivestire una carica di tale importanza nel
Vicino Oriente. In Arabia Saudita alle donne è vietato persino guidare
l’automobile.
Impressionanti, a confronto del
deserto stepposo della Giordania, sono i cento chilometri che separano
Damasco da Daraa, verdeggianti, bonificati e irrigati dalle riforme
volute dal padre di Bashar, Hafez al Assad, «il padre della Siria». Un
personaggio di umili origini divenuto generale d’aviazione, un
modernizzatore che ha spazzato via le tracce del peggiore feudalesimo.
Che un paese assediato usi un pugno
saldo per mantenere la convivenza civile, non fa meraviglia. La Siria è
comunque un paese che sta vivendo una fase di dinamismo politico
caratterizzato da una nuova Costituzione e dalla presenza di un
multipartitismo sempre più vivace.
Contro questa splendida realtà
l’Occidente ha scagliato migliaia di delinquenti comuni, veri e propri
tagliagole, mercenari sperimentati in Libia, Iraq ed Afghanistan,
religiosi esaltati contro il «miscredente» Bashar, terroristi salafiti,
wahhabiti e alqaedisti, armati, addestrati, pagati e guidati
dall’Occidente. Assassini che nelle zone più periferiche e in qualche
città hanno creato repubblichette partigiane ove regna la violenza più
cruda, dove hanno distrutto centinaia di scuole, eliminato impiegati
statali, poliziotti, amministratori, insegnanti, medici, religiosi non
allineati. Dove hanno sequestrato e massacrato cittadini di ogni età. Ma
questo non ve lo diranno mai. Il tutto, in attesa delle bombe NATO. E
di un bagno di sangue.
Per una documentazione su tali atrocità, indico su internet Maurizio Blondet (effedieffe.com) e soprattutto l’eccezionale SyrianFreePress.net e Networks con varie estensioni Video / Facebook / Siti e Blogs varii associati, coordinati dall’amico Filippo Fortunato Pilato, con cui ho condiviso esperienze e testimonianze in Siria, e l’insostituibile suo socio siriano, l’irriducibile patriota dott. Wajeeh Assaf, oltre ad altri collaboratori e autori come Ryuzakero, che già è impegnato su vari altri fronti tra cui LibyanFreePress.
*
Finalmente, contro tale realtà
assassina si è mobilitato con decisione, il 27 giugno, il presidente
Bashar, affermando in parlamento: «Siamo entrati in una vera situazione
di guerra, tutte le forze devono essere dirette alla vittoria».
Non sono mai stato politicamente
corretto, non ho paura delle parole. Questo non è il tempo dei
compromessi. È il tempo delle affermazioni assolute e delle negazioni
radicali. Non è tempo di neutralità. Non è il tempo degli utili idioti
del «né con Saddam né con Bush, né con Milosevic né con la NATO». Il
privilegio dell’ignoranza lo lasciamo a chi sventolò gli stracci
arcobaleno con scritto «pace», a coloro che usano termini ammuffiti come
colonialismo e imperialismo. Si tratta di un blocco non solo psichico,
ma pure culturale.
Il nemico dell’uomo, il nemico dei
popoli liberi è il Nuovo Ordine Mondiale. È il mondialismo,
l’universalismo, il cosmopolitismo. Il re è nudo, nudissimo. I Diritti
Umani sono la più atroce impostura, inventata da coloro che vogliono
dissolvere ogni comunità non sintonizzata sulle loro frequenze. Sono
un’arma letale. Sono l’arma intellettuale per distruggere le razze, le
nazioni, l’umanità, le culture. Una cultura è un insieme coerente di
memorie che garantisce la coesione di un popolo, impedendogli di
scomparire in una massa indifferenziata di «esseri umani».
L’umanitarismo, il capitalismo finanziario del quale gli Stati Uniti
sono l’espressione più compiuta, è il male assoluto, un disastro come
il mondo non ha mai conosciuto. Perché comporta l’annientamento di
ogni cosa.
Se qualche sistema politico del
passato ha distrutto gli individui, il Sistema ha decomposto tutte
le culture, attaccato i valori che fanno la specificità delle civiltà,
privato l’uomo delle sue appartenenze naturali, ridotto le nazioni a
folklore. Quando pure non ha distrutto, fisicamente, interi popoli.
Dei suoi complici fanno parte gruppi come Amnesty International, come gli altermondialisti, i neoglobal già no global
! I cosiddetti «aiuti umanitari» mascherano i più torbidi interessi,
quando non dirette forniture di armi. Già disse Proudhon: «Chi dice
umanità cerca di ingannarti». Se non si capisce che l’universalismo è la
tara di fondo, che la «vera democrazia» esiste solo nella mente di
Giove, che la democrazia è solo democrazia reale – i marxisti direbbero
formale – non si è capito nulla. La differenza non è più tra destra e
sinistra, tra rossi e neri e così via. La differenza è fra mondialisti e
difensori del diritto dei popoli ad essere se stessi.
Nella linea dell’universalismo si
situa il delirio giudaico di Bush. In un discorso pubblico del 7 ottobre
2005 il mentecatto si è così vantato: «Io sto portando avanti una
missione divina. Dio mi ha detto: George, va’ e combatti questi
terroristi in Afghanistan, e io l’ho fatto. Poi mi ha detto: George, vai
e metti fine alla tirannide dell’Iraq, e io l’ho fatto».
Due sono le caratteristiche di tali
Prescelti da Dio, di tali Eletti a compiere la missione divina con
buona, buonissima coscienza.
(A) In primo luogo, non esistono più
dichiarazioni di guerra, da parte loro; e come potrebbero? un
poliziotto non dichiara guerra al malvivente, agisce!; mancando una
dichiarazione di guerra, mancherà poi sempre un trattato di pace; mai
finirà la guerra, ed infatti il motto bushiano recita «guerra infinita»;
almeno, cent’anni fa il presidente Wilson cercava la guerra «per porre
fine a tutte le guerre».
(B) In secondo luogo, i Buoni non aprono le ostilità, sono costretti
a rispondere alle «provocazioni» da loro stessi innescate. Nelle guerre
i Buoni devono essere tirati per i capelli. Sempre. Così fu nel 1898
per la Spagna (e nelle Filippine gli americani uccisero 600.000
refrattari alla Missione Divina). Così fu nella prima guerra mondiale
col Lusitania e nella seconda con Pearl Harbor. A pretesto per
il Vietnam crearono l’«incidente del Tonchino». E non parliamo
dell’autoattentato dell’11 settembre. Riflesso incondizionato, Le Monde e il Corrierone, direttori Colombanì e De Bortoli, titolarono: «Siamo tutti americani».
La lezione è stata imparata dal
turco Erdogan dopo l’abbattimento dell’aereo spia nel cielo siriano:
«Colpiremo la Siria se attaccati ancora». Nel frattempo, oltre a
infinite minacce, proseguono le esercitazioni militari in Giordania e in
Turchia, mentre gli Occidentali si vantano apertamente
dell’addestramento, dell’armamento e della guida da loro fornita ai
terroristi assassini.
In un’intervista televisiva a
Damasco mi è stato chiesto: perché la Siria? Ho risposto che non è solo
questione di geopolitica o di economia, ma anche di ideologia. I piani
degli aggressori datano da decenni, sono piani a lunga scadenza.
L’obiettivo finale è la distruzione delle nazioni e l’instaurazione di
un unico governo mondiale. A guida, ovviamente, americana. A guida,
ovviamente, dell’Alta Finanza. A guida, ovviamente, giudaica.
Sappiamo che non è un complotto, un
oscuro, tenebroso complotto. Un complotto, quando gli scopi sono stati
apertamente dichiarati, in decine di pubblicazioni?
(A) Nel 1997 una trentina di neoconservatori, ventotto dei quali ebrei, lanciò il Project for the New American Century,
Progetto per il Nuovo Secolo Americano. Le stesse tesi di aggressione
al Medio Oriente erano state espresse ventitré anni prima, nel 1974, nel
finale del film «I tre giorni del Condor». Ovviamente, era una semplice
fiction.
(B) Quanto a Israele, nel 1982 un
gruppo di neorevisionisti capeggiati dal politologo Oded Yinon codificò
la futura distruzione di ogni Stato considerato nemico. «Geopolitica del
caos, i signori del caos», possiamo definire tale strategia. Frantumare
gli Stati laici e modernizzatori – Iraq, Libia, Siria, Iran – in
miniregioni in lotta una contro l’altra per motivi etnici e religiosi.
Uno Stato dopo l’altro, la politica del «carciofo», eliminare una foglia
dopo l’altra fino a giungere al cuore. L’ultima foglia è l’Iran. Il
cuore, il nemico strategico dell’Alta Finanza, sono la Russia e la Cina.
Ma i giochi non sempre riescono, e l’ultimo osso sarà troppo duro per
questa banda assassina. Anche la distruzione dell’Europa, in quanto
potenza alternativa agli USA, rientra nei piani.
Dal punto di vista ideologico le
finalità sono quelle vantate da un personaggio buffo ma pericoloso,
l’amministratore delegato FIAT Sergio Marchionne, quello dei maglioncini
e della barba incolta, quello della delocalizzazione e della miseria
nazionale. Cito tra virgolette: «Bisogna superare l’attaccamento
emozionale al proprio paese». Ma la disgrazia, per loro, è che ci sono
popoli che al loro paese – alla loro gente, alla loro nazione – non
vogliono rinunciare.
Noi non
siamo all’interno di una disputa filosofica, ma di una guerra di
civiltà. È una guerra politica, una guerra intellettuale, una guerra
morale, una guerra spirituale, è una guerra totale quella che ci
coinvolge. La posta in gioco, nel suo senso più profondo, non è il
Potere, ma la Memoria e l’esistenza dei popoli.
Per distruggere le appartenenze al
mondo reale, fatto di razze, stirpi, nazioni, popoli e Stati, tre sono
le strategie messe in atto dai Nemici degli uomini liberi.
(A) La prima è una strategia di
distruzione armata contro gli Stati che non s’inchinano ai loro voleri
nel Vicino Oriente, Africa e America Latina, ma anche in paesi europei
come la Serbia.
(B) La seconda sono le rivoluzioni
colorate – arancioni, viola, gialle, rosa, verdi e chi più ne ha più ne
metta – contro i paesi ex comunisti. «Rivoluzioni» studiate a tavolino
da gruppi come la Fondazione Società Aperta del supermiliardario George Soros. Guarda caso, sempre un ebreo.
(C) La terza, la strategia contro
l’Europa, prevede l’invasione migratoria terzomondiale, la distruzione
dello Stato sociale, la riduzione in miseria dei suoi popoli. Compiuta
attraverso colpi di Stato chiamati governi tecnici. Due esempi: in
Italia mister Monti, in Grecia l’altro maggiordomo Goldman Sachs. Colpi
di Stato coordinati dalle massime cariche istituzionali e avallati dalla
quasi totalità dei parlamenti, complici ricattati o semplici idioti.
Quella in atto è la stessa guerra
che, con ben altre speranze, fu combattuta settanta anni fa dall’Europa.
Contro gli stessi nemici, gli affamatori dei popoli liberi. Allora,
contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente. Oggi,
contro il Sistema demoliberale, maschera dell’Alta Finanza. La Siria è
un esempio unico di fierezza e dignità, un rimprovero perenne per i
popoli vili, un baluardo di libertà”.
Gianantonio Valli
Milano, largo Cairoli, 14 luglio 2012
Fonte:
http://syrianfreepress.wordpress.com/2012/07/15/la-posta-in-gioco-e-la-memoria-e-lesistenza-dei-popoli-discorso-integrale-del-dott-gianantonio-valli-alla-manifestazione-del-1472012-a-milano/
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Video registrato a Milano il 14 luglio 2012:
il dott. Gianantonio Valli parla in difesa della Siria, di Bashar al-Assad e dei Popoli Liberi, contro il Nuovo Ordine Mondiale nemico dell'uomo
http://www.youtube.com/watch?v=XkfNYVWZ2Gk
il dott. Gianantonio Valli parla in difesa della Siria, di Bashar al-Assad e dei Popoli Liberi, contro il Nuovo Ordine Mondiale nemico dell'uomo
http://www.youtube.com/watch?v=XkfNYVWZ2Gk
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