martedì 3 luglio 2012

Gli ultimi giorni di Mussolini e dell’Italia fascista


 Lo scrittore catalano Joaquin Bochaca propone il racconto del collasso del Fascismo in Italia nel 1943

L'Italia del 1943 fu un caso storico speciale – un caso che, se non fosse così tragico, dovrebbe definirsi comico. Nemmeno Luigi Pirandello, il Premio Nobel autore di drammi di realtà multiple sarebbe stato capace di inventare un complotto così aggrovigliato nel quale perfidia, passione per l’intrigo, tradimento, grossolanità, erano suddivise in parti uguali.
Tratteremo l’argomento rapidamente, senza essere spietati con quel Paese. La “purga” in Italia iniziò con l’arresto di “Sua Eccellenza Benito Mussolini, Capo del Governo, Duce del Fascismo e Fondatore dell’Impero” (in italiano nel testo) nel luglio1943 dopo che il suo Gran Consiglio del Fascismo l’aveva defenestrato.
Diciannove dei suoi membri avevano votato per la sua destituzione e per la restituzione del comando supremo delle forze armate al re. Sette votarono a suo favore, astenuti uno.
Mussolini non attribuì a questo voto del Gran Consiglio eccessiva importanza, ciascun membro dei quali era stato personalmente scelto dal Duce. I poteri del Gran Consiglio erano considerati da Mussolini come puramente consultivi.
Per questo motivo, dopo questo voto avverso Mussolini si recò dal re, che lo aveva convocato. Mussolini non era particolarmente preoccupato. Ma il re Vittorio Emanuele III gli disse che aveva deciso di sostituirlo come Primo Ministro con il Maresciallo Pietro Badoglio, Primo duca di Addis Abeba, Primo marchese di Sabotino. Nel lasciare il palazzo, Mussolini fu arrestato dalla polizia e condotto sul Gran Sasso d’Italia, la più alta montagna dell’Italia centrale (2912 metri s.l.m.)
Cominciò l’epurazione, con l’arresto dell’uomo principale responsabile del destino del Paese. Quando si sparse la notizia, vi furono esplosioni di gioia in tutta la penisola. Se il Duce era stato rimosso dal potere, voleva dire che la pace era vicina, ed il popolo italiano era stanco della guerra. Il tradimento del Capo cui tutto dovevano, da parte dei fascisti di alto rango, fu imitato dalla maggioranza dei membri del partito.
Ecco cosa egli stesso ne scrisse: “A partire dall’alba del 25 luglio la plebaglia, circondata e protetta dai carabinieri, invase le strade di Roma, saccheggiando tutte le sezioni dell’organizzazione fascista, sfasciando lungo la strada i padiglioni dei littori, insultando i fascisti che incontrava e distruggendo con stupida iconoclastia qualsiasi cosa ricordasse Mussolini ed il Fascismo. Mentre i busti ed i ritratti che mi ritraevano venivano gettati dalle finestre a migliaia, le vetrine dei negozi venivano adornate con immagini di Vittorio Emanuele e di Badoglio (1)”.
La rimozione di Mussolini trascinò con sé, come logica conseguenza, quella dei suoi più fedeli seguaci. I giornali quotidiani iniziarono una campagna di denunce, chiedendo che fossero insediati comitati di epurazione. Il re non condiscese, temendo che questi comitati sfuggissero dalle mani e si spargessero nel Paese.
L’8 settembre Vittorio Emanuele e Badoglio firmarono una dichiarazione di capitolazione con gli alleati.
I tedeschi reagirono prontamente, occupando tutte le parti della Penisola che non erano cadute in mano del nemico. Se il re e Badoglio si aspettavano una reazione tedesca, quello che non potevano prevedere era l’incredibile audacia con la quale i paracadutisti tedeschi riuscirono a liberare il Duce nel settembre 1943.
Appena liberato Mussolini incontrò Hitler e decise di riprendere le sue funzioni, creando la Repubblica Sociale Italiana, la cui temporanea capitale fu stabilita nell’estremo nord, a Salò, sul lago di Garda. La R.S.I. non era piccola, includeva gran parte dell’Italia, estendendosi a sud fino a Roma e nei territori nella costa dell’Adriatico. In Italia, pertanto, dopo l’autunno 1943, esistevano due governi: Quello di Badoglio, riconosciuto dagli Alleati e da quasi tutti i Paesi neutrali, e quello di Mussolini, riconosciuto dalla Germania e dai suoi alleati.
Dobbiamo riconoscere che la grande maggioranza del popolo italiano favoriva Badoglio per il solo motivo che era convinta che avrebbero vinto gli Alleati. Ma Mussolini, per vero, riuscì a riaccendere gli entusiasmi degli italiani al nord.
La prima preoccupazione di entrambi i due Governi era di organizzare una epurazione. Mussolini voleva limitarla ai soli principali traditori del settembre 1943. Due ammiragli che avevano consegnato la flotta agli Alleati e cinque membri del Gran Consiglio che avevano provocato la caduta di Mussolini furono condannati a morte e fucilati. Fra questi c’era il genero del Duce ed ex ministro degli Esteri conte Galeazzo Ciano. Quella fu la principale epurazione della Repubblica Sociale Italiana.
Non si verificarono eccessi nelle strade del nord, né esecuzioni sommarie. E non perché le folle fossero migliori di quelle della monarchia adesso liberale, ma perché invece di essere incoraggiate a commettere atrocità gli italiani furono severamente avvisati che chiunque avesse violato la legge sarebbe stato punito in conseguenza. Non c’è nulla di segreto sugli eccessi delle folle al sud, eccetto la domanda se fossero contrastate o incoraggiate dal governo antifascista Abbiamo già accennato degli abusi commessi a danno dei fascisti nella metà meridionale della Penisola dove, ufficialmente per lo meno, governavano il re e Badoglio.
In aggiunta alla guerra mondiale che si stava adesso combattendo sul suo suolo, l’Italia era ora destinata a soffrire gli effetti della guerra civile. I partigiani cominciarono a commettere crimini contro elementi considerati fascisti o semplicemente conservatori. Inoltre uccidevano i soldati tedeschi in azioni isolate o individuali. I tedeschi cominciarono allora ad effettuare rappresaglie, che condussero al meccanismo infernale del terrorismo/antiterrorismo/nuovo terrorismo, con la spirale della violenza che si svolgeva in cerchi sempre più ampi.
Poiché l’avanzata degli Alleati procedeva molto più lentamente di quanto ci si aspettasse, il prolungamento delle operazioni militari fu accompagnato in tutta la penisola da diffusa resistenza. In tutte le zone occupate dagli Alleati furono costituite corti marziali per giudicare le iniziative di elementi fascisti. In Sardegna, a Napoli ed in Sicilia, furono comminate 15 condanne a morte e più di 200 alla prigione per avere tentato di costruire caserme littorie. Inoltre un decreto firmato da Vittorio Emanuele prevedeva la creazione di nuovi tribunali distrettuali specificamente destinati alla punizione dei fascisti (2).
I membri delle giurie dovevano essere: “nominati fra i cittadini la cui avversione al Fascismo è manifestata da una vita irreprensibile e dalla loro condotta politica che hanno adottato fin dal
28 ottobre 1922, quando Mussolini fu nominato Primo Ministro dal re”.
Questo mi sembra semplicemente delizioso. Eccetto, forse, in tribunali cafri o kikuyu, i membri delle giurie si intendono normalmente prescelte a sorte, ed una volte scelte, da quelle persone vengono eliminate quelle che per un qualsiasi motivo o circostanza potrebbero essere sospettate di predisposizione verso l’accusato - che, in linea di principio, e fino a prova contraria, si presume innocente. Il decreto democratico di Vittorio Emanuele dogmatizzava che i membri delle giurie fossero “prescelti” tra quali persone? Oh, sì, fra quei cittadini la cui avversione al Fascismo è stata manifesta. In altre parole, se uno non avesse mostrato avversione al Fascismo, non aveva condotto una vita irreprensibile. Dove? Ovviamente, in Italia. E da quando? Vittorio Emanuele aveva la risposta per tutto: dal 28 ottobre 1922.
Che cosa era accaduto in quel giorno? Il 28 ottobre 1922 Benito Mussolini era stato convocato proprio da Sua Maestà il re Vittorio Emanuele III per formare un governo.
Il Professor Mario Vinciguerra dell’Università di Napoli, chiese che i fascisti che avevano posizioni nell’amministrazione, a prescindere dall’importanza, fossero privati dei diritti politici per venti anni. L’Italia, naturalmente, sarebbe rimasta senza funzionari e ne avrebbe dovuto importare centinaia di migliaia, dai giudici ai carcerieri, dagli ufficiali giudiziari ai becchini, dai burocrati agli spazzini, da sorveglianti notturni agli intrepidi professori come Vinciguerra… insediato in quel posto dal governo fascista.
Come disse con umorismo Pierre-Antoine Cousteau, fratello del famoso esploratore Jacques-Yves Cousteau “ognuno è il fascista di qualcuno”. Ciò sarebbe stato sperimentato molto presto, nella propria carne, dai partiti di destra e sinistra, architetti delle manovre che avevano rovesciato il Fascismo nel sud del Paese. Gli elementi conservatori erano assai preoccupati nel vedere come comunisti e socialisti reclamavano il monopolio di antifascismo.
Ed in effetti la sinistra, per suo conto, passò rapidamente dall’antifascismo alla antimonarchia. L’animosità fra le due fazioni raggiunse l’apice durante il processo al generale Giacomo Carboni, membro del Partito fascista ed anche – naturalmente, in segreto – del partito socialista. Quando il governo italiano firmò a resa con gli Alleati e dichiarò guerra alla Germania, Carboni, che aveva fatto sapere a chi lo volesse che era stato “per tutta la vita socialista”, fu nominato da Badoglio governatore militare di Roma.
Quando i tedeschi entrarono a Roma, abbandonò la capitale senza sparare un colpo e fuggì’ nelle montagne per.. “organizzare la resistenza partigiana”. Almeno, così disse. Badoglio, che non era convinto, e che lo trascinò davanti ad un tribunale militare, lo accusò di diserzione. (A proposito, mi sembra squisito che Badoglio avesse la sfacciataggine di accusare qualcuno di diserzione).
Il quotidiano “La voce repubblicana” pubblicò quanto segue: “Stanno perseguitando l’unico generale che è rimasto a Roma e che, quando la città cadde, andò in Abruzzo per organizzare la resistenza. E il re? Il re non aveva abbandonato il suo posto. E’ coperto dalla tregua ufficiale che ha giurato di mantenere. Benissimo!... Badoglio, fuggito seguendo la nave del re, non ha abbandonato il suo posto. Il generale Vittorio Ambrosio, fuggito come Badoglio, e il generale Mario Roatta con il re, anche lui, non ha abbandonato il suo posto. Grazie alla sincerità del presidente Ferruccio Parri, e al cattivo carattere nel Palazzo e nel ministero della Guerra si vengono a conoscere le seguenti norme di giurisprudenza: quelli che fuggirono terrorizzati, lasciando l’esercito senza ordini e scapparono a rotta di collo da Napoli a Brindisi non hanno abbandonato il loro posto, ma il socialista Carboni, che, essendo rimasto a Roma organizza un quartier generale fuori dal normale controllo (nelle montagne dell’Abruzzo!) è un traditore e disertore. Generali della prima categoria sono tutti protetti da Casa Savoia; quelli della seconda hanno pubblicamente macchiato la dinastia e la sua corte militare con il tradimento e l’ignominia” (3).
Tali critiche sulla stampa di sinistra indicano chiaramente che le epurazioni non si limitavano ai fascisti, ma si sarebbero potute estendere ai funzionari del regime provvisorio e perfino raggiungere la stessa monarchia, se i partiti di sinistra avessero conquistato la maggioranza. Ed in effetti questo è quello che è avvenuto. Comitati di partigiani, armati dagli Alleati per combattere i tedeschi, non infastidivano questi eccessivamente ma eliminavano i fascisti e i democratici a iosa.
In Italia, all’epoca, ciascuno epurava l’altro: i comunisti epuravano i fascisti, i liberali e i monarchici; i partigiani al Nord assassinavano i fascisti e chiunque altro fosse loro intorno, partigiani bianchi compresi, e quando occasionalmente si imbattevano in tedeschi isolati e quando questi erano presi alla sprovvista, li mutilavano. Ed allora i tedeschi e le Camicie Nere ordinavano le rappresaglie sugli ostaggi; e quindi, per vendetta, i partigiani piazzavano bombe sugli orfanotrofi a Cuneo. Nel mezzo di questo indescrivibile caos, i tedeschi e le Camicie Nere combattevano contro soldati (o civili) di cinque diverse nazionalità, inclusi gli italiani. In Vaticano il Papa invitava tutti alla calma, alla meditazione e alla preghiera.
Ma quello che gli italiani facevano, era rubare, assassinare e violentare. Mai c’era stata così tanta violenza in Italia o in qualsiasi altra parte del mondo, come allora.
A Giovanni piaceva Rosetta? Bene, avrebbe fatto l’amore con lei, consensualmente o per forza, ed in tal caso si sarebbe detto che era fascista, monarchica, reazionaria, atea o qualsiasi altra etichetta fosse stata conveniente. Il conte Carlo Sforza, cui la vita e le proprietà erano state risparmiate dai fascisti, e che Vittorio Emanuele aveva nominato Ministro della Giustizia, annunciò nell’estate 1944 che 1.350 persone dovevano comparire davanti al giudice per “collaborazione con il Fascismo”.
Collaborazione col Fascismo? Chi in Italia non aveva collaborato col Fascismo che aveva governato l’Italia per 21 anni? Uno dei principali processi fu quello del generale Mario Roatta, che, 3 giorni prima dell’apertura del dibattimento, evase. Roatta fu condannato alla prigione a vita in contumacia; Filippo Anfuso, ambasciatore della R.S.I. a Berlino, fu condannato a morte. Il ministro Fulvio Suvic ed il Vicerè di Albania, Francesco Jacomini, furono condannati a 24 anni di carcere.
Interessante notare che il Vicere d’Albania, fu, come detto, condannato a 24 anni di carcere, considerando in particolare che il ritratto del suo diretto superiore in gerarchia, all’epoca re d’Albania, assisteva alla sessione del tribunale.
Nel mezzo del collasso del fronte italiano, Mussolini, accompagnato da alcuni ministri e dalla sua amante Clara Petacci, cercava rifugio in Svizzra, fu catturato da una banda di partigiani comunisti e giustiziato.
Anche Clara Petacci, i 16 ministri del Governo ed il Preside dell’Università di Bologna, professor Goffredo Coppola, furono assassinati. I corpi furono vilipesi ed appesi a testa in giù in un distributore di benzina della Standard Oil/Rockefeller a Piazzale Loreto a Milano.
Per 15 ore la plebaglia sfilò davanti ai corpi, sputandovi sopra, urinando e dando calci alle salme. Il capo del commando di esecuzione (l’episodio è in realtà ancora avvolto nel mistero, n.d.t.) Valerio Audisio (foto), membro del partito comunista, sarebbe in seguito stato eletto deputato in Parlamento avendo basato la sua campagna sul suo ruolo nell’aver assassinato un anziano disarmato che non offriva resistenza.
Non desidero continuare. Mi limiterò a menzionare che il numero dei decessi causati dalle “purghe”, secondo una rivista democratica del tempo (4), raggiunse fra 100.000 e 150.000; così dicono le stime più prudenti.
A questa cifra dobbiamo aggiungere circa 12.000 fascisti uccisi dai partigiani durate la guerra civile e più di 10.000 italiani della Venezia Giulia, Istria e Dalmazia eliminati come fascisti dai partigiani jugoslavi.
Secondo la stessa rivista, non dimentichiamolo, antifascista, le perdite degli antifascisti furono 29.000 persone, così suddivise: 6.000 partigiani uccisi in combattimento, 13.000 giustiziati in azioni di rappresaglia ed ulteriori 10.000 giustiziati dai tedeschi per aver combattuto una guerra irregolare. Queste cifre sono contestate dai neofascisti, che sostengono che il numero massimo di antifascisti morti fu da 15.000 a 20.000, paragonati ai 100.000 a 150.000 fascisti caduti.
Il numero di detenuti confinati in carceri sovraffollate o campi di concentramento improvvisati raggiunse il mezzo milione, per quanto sia difficile ottenere cifre ufficiali a causa del caos che regnava in Italia che continuò fino al 1947.
Rachele Mussolini, la vedova del duce, che fu internata per cinque mesi nel campo inglese improvvisato a Terni, scrisse: “I prigionieri erano principesse, duchesse, autori, mogli di uomini illustri o sconosciuti, donne del popolo e prostitute. Era difficile dormire nel campo di concentramento. Fuori del filo spinato, riflettori scrutavano il campo senza pietà, illuminando gli angoli più nascosti, e siccome i riflettori scrutavano attraverso le finestre senza scuri, inevitabilmente trovavano i nostri letti. A volte ci sembrava di impazzire… Quando alla fine i riflettori si spegnevano il sole stava sorgendo e spuntava un nuovo giorno” (5)
.

Note finali:
1. Benito Mussolini, “Storia di un anno”, 1944
2. Sembra una costante politica di questo secolo pieno di eventi, che quando un regime democratico, composto da un presidente o da un monarca liberale rimpiazza un
dittatore, emana decreti e leggi autoritari con frequenza assai maggiore del precedente dittatore.
3. Ferruccio Parri, membro del Partito d’Azione, era una specie di copresidente civile, nominato dal machiavellico Vittorio Emanuele per controbilanciare la figura di Badoglio.
4. Orbis”, Roma, luglio 1945. Il giornalista francese Alfred Fabre-Luce, nel suo “Journal de l’Europe, 1946-1947”, asserisce che vi furono 300.000 vittime della “purga” antifascista.
5. Rachele Mussolini, “Una biografia intima.”

Note sull’Autore:
Joaquin Bochaca è un avvocato dalla prosa tagliente, storico revisionista e critico letterario. Traduttore di Ezra Pound e di Hermann Hesse. Questo ed altri scritti di Bochaca sono stati tradotti da Margaret Huffstickler, apprezzata linguista versata in diverse lingue straniere.

Tratto da The Barnes Review, www. Barnesreview.com
trad. Alfio Faro

http://www.rinascita.eu/?action=news&id=15607

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