Scritto da DueSicilieOggi |
Lunedì 30 Aprile 2012 22:21 |
Da
tempo si continua a discutere in rete e nei circoli borbonici e
meridionalisti della lettera che Lord Gladstone ha scritto per
presentare la sua presunta visita alle prigioni napoletane, visita che
avrebbe, a suo dire, effettuato e dove avrebbe rilevato l'assoluta e
indicibile violenza dei gendarmi nei riguardi del “poveri detenuti”.
Si sa anche che a commissionare questa lettera fu Lord Palmerston primo ministro inglese.
Questa
lettera destò in tutta Europa sdegno e orrore nei confronti del re
delle Due Sicilie Ferdinando II e a nulla valsero le repliche di
quest'ultimo che anzi, invitò giornalisti e diplomatici di tutto il
mondo ad entrare nei bagni penali borbonici anche senza preavviso.
In
realtà pochi sanno che Gladstone invece descrisse le condizioni delle
carceri di Sua Maestà la Regina Vittoria mirabilmente descritte dal
romanziere Dickens e dove lo stesso Cavour annotò tra i suoi scritti :”La prigione è orribile...nella quale sono rinchiusi, come bestie feroci, 360 individui. Niente può dare idea del misero stato in cui si trovano. Stanno rinchiusi in 60 dentro una sola camera, respirano aria mefitica e si coricano su delle miserabili stuoie di giunco.
Fanno pena a vederli. Sono ammucchiati uno sugli altri senza nessuno ordine né distinzione...ladisciplina è severa. I detenuti sono sottoposti alla legge del silenzio assoluto. Non possono parlare in nessun momento e per nessuna circostanza. Le punizioni sono il pane e acqua, i ferri e la cella oscura. Siamo discesi in uno di questi buchi. In verità non ho visto niente di più tetroin vita mia ”.
Gladstone
per giudicare avrebbe dovuto visitare anche il bagno penale della
Cayenna o il “Castello d'Iff” a Marsiglia dove Alessandro Dumas volle
che fosse rinchiuso Edmond Nantes, il conte di Montecristo o qualsiasi
altro carcere in Europa.
Certo,
la prigione era ed è un luogo d'espiazione della pena, sono limitate le
libertà personali, ma, l'Inferno descritto da Gladstone non era a
Napoli.
Ci
tocca ricordare, o meglio per molti portare a conoscenza, quello che
era il comparto della giustizia del Regno delle Due Sicilie “negazione
di Dio” governato dal “Re Bomba”, epiteti questi diffusi per isolare
politicamente i Borbone di Napoli.
Il
codice penale del Regno delle Due Sicilie venne promulgato nel 1819 e
prevedeva comunque la pena di morte e i lavori forzati, pene per il
resto comuni in altri ordinamenti europei ma già nel 1836 il Re abolisce
i lavori forzati e per quanto riguarda le sentenze di morte, che
avevano bisogno del suo sigillo per essere eseguite, commutò la maggior
parte di esse in carcere a vita.
Il Regno di Sardegna, in pieno regno costituzionale, dal 1851 al 1855 emise ed eseguì 113 condanne capitali.
Il
predetto codice penale introdusse inoltre che l'elevazione al rango di
magistrato di un cittadino avvenisse a mezzo di concorso pubblico il che
destò scalpore in un mondo che tali cariche erano designate dal sovrano
e molto facilmente cadevano (insieme alla testa del magistrato) alla
morte del re.
Nei
capoluoghi delle Province napolitane erano insediate le Gran Corti
Criminali, esse avevano sempre un numero di membri pari in quanto la
legge prescriveva che in caso di giudizio nullo (quindi con una
votazione paritaria) l'opinione è per il reo, cioè, mancando di un
giudizio certo della colpevolezza, nel dubbio si assolveva l'imputato.
Paolo Mencacci, uno storiografo ormai dimenticato dai circuiti ufficiali, ricorda che “a
giudicare coi criteri odierni che ritengono la pena di morte una
barbarie, il Regno delle Due Sicilie, nel decennio che precede
l'unificazione, è senz'ombra di dubbio uno stato modello ”.
Allora
da dove viene quest'attacco indegno verso Ferdinando II e il suo regno,
senza ombra di dubbio a tirare le fila della cospirazione fu, neanche a
dirlo, il Piemonte ormai dichiaratamente pronto a fagocitare i liberi
regni italiani coadiuvato dai liberali francesi e inglesi che vedevano
nel sistema di governo di Ferdinando un cuneo nei loro imperi
commerciali, un cancro che avrebbe potuto far marcire le loro strutture
economiche.
Il
Regno che era definito “la negazione di Dio” con il re che “bombardava i
propri sudditi” alla lettura degli atti risulta invece essere
concettualmente molto più avanti rispetto ai tempi, non è eresia
definire Ferdinando II re delle Due Sicilie un sovrano progressista; un
re che patteggia per il proprio popolo e che osteggia la comune visione
massonico-liberale della società non poteva sopravvivere.
Ferdinando
venne ferito dal Milano e in capo a qualche anno, nel 1859, lasciò che
il suo spirito lasciasse questo mondo e il regno nelle mani di un
ragazzo impreparato che lo perdette poco più di un anno dopo.
Non
potremmo mai sapere cosa avrebbe potuto diventare il regno delle Due
Sicilie se Garibaldi fosse stato ributtato a mare, quello che possiamo
invece fare è far si che il sogno di Ferdinando II diventi realtà, il
suo popolo che ancora fortemente lo ama deve ritrovare lo spirito che il
suo sovrano gli ha lasciato.
Ferdinando II non è morto, egli vive ancora e ci indica la strada, sta a noi capire quale ...... non do limiti alla provvidenza.
http://www.duesicilieoggi.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=353%3Acommentario-su-delitti-e-sulle-pene&catid=38%3Aeditoriali&Itemid=37 |
mercoledì 2 maggio 2012
Commentario su delitti e sulle pene
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E' vero: GladStone non visitò le carceri borboniche. Gli inglesi inviarono Henry William Gardiner Wreford, un corrispondete del Times, a seguire il processo Settembrini. E fu proprio costui a visitare le carceri borboniche, non GladStone. Ma la sostanza evidentemente non cambia. Se si vuole dire la verità allora occorre dirla completamente.
RispondiEliminaCioè, Pedro, vuoi dire che con "Ma la sostanza evidentemente non cambia." che le carceri borboniche erano come le aveva millantate il Gladstone ?
RispondiEliminaEsattamente.
RispondiEliminaHo capito Pedro.
RispondiEliminaQuindi per te Gladstone non dice bugie ma la verità perchè tu prendi per veritiera la versione del giornalista acquisita e fatta propria poi dal Gladstone.
E chi ci dice che il giornalista dice la verità e che non faceva parte della cricca massonica capitalistica e dei banchieri ?
Per capire veramente qualcosa in più ed in modo decisivo per dare un giudizio, se non si vuole dare credito ad una stampa come in questo caso antagonista, occorrerebbe leggere la stampa, di proprietà massonica, di quei tempi.
Riporto solo un particolare: come veniva incensato il criminale Garibaldi, nelle Americhe mentre faceva razzie dalla stampa massonica.
Io, a differenza tua, condivido in toto l'articolo.
Di mio, e per me sempre come bussola, mi rifaccio al feudo di san Leucio.
Ecco come quì in questo contesto venivano trattati i reclusi.
Tratto dal feudo di san Leucio.
"Si racconta che una volta vi finì un leuciano. Il sovrintendente gli fece portare in cella il telaio perché “non oziasse” e continuasse a provvedere al sostentamento della famiglia. Doveva produrre tre paia di calze alla settimana."
Ma questo è stato il primo socialismo al mondo.
http://pocobello.blogspot.it/search/label/Socializzazione%20-%20%C2%ABColonia%20socialista%C2%BB%20di%20San%20Leucio%20%20%28prima%20al%20mondo%29%20-%20%20L%27utopia%20di%20Ferdinando%20IV%20di%20BORBONE
Mi chiedo oggi tutto quanto fa riferimento al socialismo dopo la rivoluzione francese si può chiamare ancora socialismo ?
Per me, tranne una sola eccezione, nessun socialismo si può chiamare tale.
Un socialismo in un sistema democratico liberista è solo demagogia.
Egregio Sig. Pedro essendo che mi sono avvicinato alla causa del falso risorgimento soltanto da pochi anni, per darle maggiore soddisfazione e documenti certi, ho chiesto al mio maestro della materia prof. Gennaro De Crescenzo se mi fornisse qualche documentazione. Questo è quanto mi ha fatto pervenire in merito a questa discussione.
RispondiElimina" Scusate l’intromissione ma il dibattito è significativo e interessante. Lo stesso dibattito, però, finisce in pochi secondi se all’articolo in questione Pedro risponde credendo nel famoso “grido di dolore” di fronte al quale sabaudi e inglesi avrebbero reagito per salvarci. Dando per scontata la buona fede di tutti noi, però, credo che nella bibliografia di Pedro manchino libri che mancavano pure a me fino a pochi anni fa. Si tratta di fonti tutt’altro che borboniche: D. Razzano, La biografia che Luigi Settembrini scrisse di Ferdinando II, in R. Cotugno, Tra reazioni e rivoluzioni, Lucca, s.d. (a proposito della verità sul caso-Gladstone); AA.VV., La massoneria nella storia d'Italia, a cura di A. A. Mola [il più grande storico della massoneria], Atanòr, Roma, 1980 e il recentissimo, obiettivo e documentatissimo testo pubblicato da un docente de La Sapienza di Roma, sempre sulle motivazioni reali del caso-Gladstone: “E .Di Rienzo, Il Regno delle Due Sicilie e le potenze europee”, Rubbettino, 2012. Da lì potrebbe partire un vero dibattito… Cordiali saluti. Gennaro "
Quindi sig. Pedro credo di averLe dato ampio riscontro.
Sta a Lei farne buon uso e di ricredersi.
Il Sociale Antonio Pocobello