
di Gianfredo Ruggiero
Presidente Circolo Excalibur
Quando, nel 1922, si  insediò il nuovo governo a  guida fascista il primo provvedimento in ambito  sociale fu  l’abolizione del lavoro minorile, seguito dalla settimana lavorativa  di  40 ore, dalle ferie retribuite, dall’istituzione dell’INPS e  dell’INAIL,  dalla Magistratura del Lavoro, dai contratti collettivi,  dalla liquidazione  (TFR), dalle case popolari, dalle colonie estive,  dalle esenzioni tributarie per  le famiglie numerose, dalla sanità  pubblica e dalla scuola per tutti … in poche  parole fu fondato lo Stato Sociale,   invidiato da tutto il mondo civile e poi malamente scimmiottato da  Roosevelt  con il New Deal americano (l’America si risollevò dalla  grande depressione  degli anni trenta solo con l’entrata in guerra che  diede slancio all’industria  degli armamenti, ancora oggi pilastro  dell’economia USA).
 Lo Stato Sociale fu poi  completato nel 1943 con la “Socializzazione  delle Imprese” che introdusse  nell’ordinamento italiano la  partecipazione dei lavoratori alla gestione ed  agli utili delle grandi  Aziende, immediatamente abolita nel 1945 come primo  atto del nuovo  governo di liberazione.
 Di questa idea  rivoluzionaria, che se mantenuta avrebbe posto fine  alla contrapposizione  padroni-operai e superato in un sol colpo le  ideologie marxista e capitalista,  rimane solo una labile traccia nella  nostra Costituzione (art.46). La Germania, invece, ne ha tratto spunto  per introdurre la cogestione,  motore della sua possente economia.
 In quegli anni, grazie  alla diffusa libertà d’Impresa (si soppresse  la libertà politica per esaltare  le libertà civili, afferma lo storico  Gioacchino Volpe), il sostegno del  Governo all’economia, al controllo  sull’operato delle banche e alla successiva  istituzione dell’IRI e  dell’IMI, si affermarono tutte quelle grandi Imprese, a  partire dalla  Fiat, che oggi conosciamo.
 Molte di queste grandi  Aziende, che hanno fatto dell’Italia una  potenza economica mondiale, sono oggi  scomparse, trasferite all’estero o  trasformate in semplici marchi commerciali.
 La  globalizzazione, imposta dalla finanza  apolide e accettata da  tutti i governi, ha sostituito il principio fascista  dell’interesse  nazionale con quello capitalista del libero mercato che  significa:  produco dove mi pare e alle condizioni che voglio e i risultati, in   termini di delocalizzazioni industriali, invasione di prodotti cinesi,   guerra tra poveri che contrappone immigrati  sfruttati a disoccupati  italiani e conseguente razzismo strisciante, sono sotto  gli occhi di  tutti.
 Con la fine del Fascismo  iniziò il graduale smantellamento dello  Stato Sociale, paradossalmente difeso  dalla sinistra (prima che  diventasse forza di governo).
 Negli ultimi decenni la  scellerata politica delle privatizzazioni e  della flessibilità del lavoro,  voluta dalla destra e accetta dalla  sinistra (non a caso il lavoro interinale è  stato introdotto da Prodi e  perfezionato da Berlusconi), ha cancellato ogni  residua traccia dello  Stato Sociale voluto da Mussolini.
 La pietra tombale è stata  posta oggi dalla riforma FIAT-Marchionne  che con i referendum-ricatto ha  riportato l’Italia indietro di oltre 80  anni. Ai tempi dell'italietta  giolittiana e dei “padroni dalla belle  braghe bianche”.
….e la politica? Tace e  acconsente.
http://web.tiscali.it/RSI_ANALISI/
 
 
 
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