sabato 17 dicembre 2011

“Risorgimento… mitologia civile”



di: Davide D’Amario (Teramo)

Luigi Copertino è responsabile di Identità Europea in Abruzzo, vistosamente cattolico, uno studioso serio… di sfuggita è anche un mio caro amico (non perde mai occasione per tentar di Inserisci linkconvertirmi… dice Davide “sei un inguaribile panteista”…). Ha dato alle stampe per i tipi di Effedieffe il libro “Risorgimento?! Considerazioni a disincanto di una mitologia civile”, un testo, che come scrive l’autore nell’introduzione: “… è poco più di un pamphlet, senza pretese di essere un’opera di storiografia nel senso scientifico del termine (…) una pretesa però vuole vantarla. Quella di fornire al lettore, un utile strumento che metta insieme il revisionismo storiografico ed una esegesi degli avvenimenti, nella fattispecie di quelli risorgimentali, non appiattita, banalmente, sul piano esclusivamente storico ma aperta alla Trascendenza…”. Delle pagine contro il Risorgimento dà una visione cattolica, che parte dai recenti festeggiamenti dell’Unità per i suoi centocinquant’anni. A parte un interessante prefazione di Francesco Mario Agnoli, è un libro da leggere e scorrevole, che riesce ad esser non noioso nella narrazione dei fatti storici, e che nella sintesi riesce ad inserire valutazioni particolari e per certi versi “critiche” rispetto a certe prese di posizioni militanti dei circoli neo-borbonici o delle Due Sicilie che vivono in questi anni di una visibilità enorme. Un particolare, il libro si completa nelle ampie note, che per certi versi rappresentano un saggio a sé stante (e che ovviamente completa i capitoli del libro).
Un saggio incentrato sulla ricerca di un altro modo di unificare l’Italia (anche con i se), Italia che Copertino critica, ma che chiarisce non si sogna di dividerla. Interessante il filo conduttore del libro, che al di là del sottofondo tradizionalista, l’autore incentra sull’analisi del progetto egemonico e di espansione militare dello stato liberale piemontese appoggiato dalle mire geopolitiche inglesi sul nostro mare quel Mediterraneo da sempre al centro dei contrasti con la “perfida Albione”. Nell’analisi spicca l’imposizione al Sud e alle popolazioni del Regno delle Due Sicilie di una politica economica di matrice liberista (come più volte riferisce Copertino di matrice “protestante” e “calvinista”). Sull’Inghilterra: “… L’Inghilterra non poteva restare a guardare il formarsi di una confederazione filo-francese nel Mediterraneo, mare che essa considerava di sua pertinenza… Oltretutto, doveva regolare un vecchio conto con il Regno delle Due Sicilie che aveva revocato, per favorire le Finanze del Regno, la concessione che Sua Maestà Britannica vantava sulle miniere di zolfo in Sicilia…”, su tutto dominava nell’aggressione la “... ideologia piemontese, coacervo culturale di anticristianesimo massonico, di giurisdizionalismo anti-ecclesiale, nazionalismo liberale, dottrinarismo manchesteriano ossia liberismo economico, che aveva tra i suoi maggiori esponenti , oltre a Cavour, anche il calvinista Simonde de Sismondi…” e che giunge fino al Partito d’Azione, lo stesso autore tira in causa anche la scuola torinese dei Bobbio e dei Galante Garrone, e sul piano giornalistico insieme a La Stampa della famiglia Agnelli fino a Repubblica quotidiano fondato da Scalfari… quindi un libro che dalla conquista del Sud arriva a indicare certe concomitanze filosofiche con certi caporioni odierni!
L’agilità del testo è impressionante, ma parimenti lo è l’analisi particolareggiata della guerra economica che segue quella religiosa. Nel libro meritano una riflessione i paragrafi “Le insorgenze antifrancesi”, “Brigantaggio: una guerra sociale e legittimista” e “Il brigantaggio anti-unitario come seconda insorgenza” che insieme descrivono una lotta si a difesa di una tradizione religiosa insita in quelle terre, un lotta sociale ed identitaria, dove Copertino da cattolico ammette che non si può ritenere i briganti o meglio resistenti antifrancesi prima e antipiemontesi poi solo con il metro cattolico e monarchico.
Quando all’inizio del paragrafo “Brigantaggio una guerra sociale…” Copertino scrive: “… La rovina delle genti rurali meridionali, insieme alla mancata attuazione promessa da Garibaldi della distribuzione delle terre, fu una delle più potenti cause del brigantaggio il quale, lungi dall’essere veramente tale, fu in realtà una guerra di popolo…”. Nelle note vi è ampia trattazione di una opposizione di matrice sociale, perché come spiegherà l’autore nel bene e nel male sotto i Borbone esistevano “tutele” sociali che permettevano comunque di sopravvivere ai ceti popolari avendo rinforzato quegli usi comunitari tramandati dal Medioevo. Pensiamo che i piemontesi portarono una tassazione triplicata sulla popolazione, arrivando ad attaccare il genere alimentare basilare cioè il sacro pane con una tassazione oscena, e come spiega Copertino si trasferirà al Sud la stessa concezione sociale inglese, dove arriveranno fame e morte per malnutrizione.
L’ultimo paragrafo è riferito anche a noi, alla Sinistra Nazionale… si intitola “La Sinistra Nazionale: L’altra sconfitta del processo risorgimentale”, sarà un caso? A parte l’attacco scontato a Mazzini, la riflessione in sintesi è condivisibile. Meglio di molte analisi fatte in questi anni sulle origini della Sinistra Nazionale. E romanticamente esser definiti gli altri “sconfitti del processo risorgimentale” mi è piaciuta. Per chiudere e rilanciare chiudo riportando una frase di Garibaldi estrapolata da una lettera del 1868 ad Adelaide Cairoli: “Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver fatto del male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato odio”.
Questa frase è già revisionista, nel saggio si indica anche che dall’oppressione savoiarda inizierà una tragica emigrazione che porterà questi nostri fratelli italiani oltre Oceano in Argentina, Uruguay e Stati Uniti, dove vivranno un dramma sociale e culturale devastante… Garibaldi li aveva “liberati” della loro terra e identità e spinse nelle zone dove (Uruguay) per sbarcar il lunario “… fece molti mestieri tra i quali ciò che oggi diremmo fare lo scafista ossia trasportare manodopera servile per i grandi proprietari terrieri…”. Un bellissimo pamphlet, pur indicando che non essendo cattolico non ne posso condividere certe analisi filosofiche e politiche… ma questo sia garanzia del valore del libro.

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=11194

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