Retroscena, Documenti, Conclusioni.
Il professore di Storia Contemporanea dell’Università della California Antony C. Sutton ha documentato in un suo libro i finanziamenti dati ad Hitler dai finanzieri di Wall Steet.
Filippo Giannini, nel suo libro “Il sangue e l’oro”, ha riassunto una lettera circolare inviata all’ambasciatore d’Italia Grandi, in cui si denunciava che il governo inglese, la stampa e la BBC erano controllati da banchieri, mentre i finanzieri di Wall Street controllavano l’economia e la politica dell’America e della Russia bolscevica.
È stato ipotizzato da storici conformisti che Hitler fosse stato strumentalizzato da banchieri e che non si fosse avveduto di essere spinto alla guerra, invasato da un ambizioso, impossibile progetto – essi hanno scritto – di dominazione mondiale.
No: Hitler aveva progettato soltanto di liberare l’Europa dalla nefasta egemonia della plutocrazia mondialista, fidando nella possibilità di una fulminea occupazione dell’Europa per poter offrire poi alla Gran Bretagna una pace onorevole, generosa e conveniente, lasciandole intatti l’impero e il dominio dei mari e mantenendo il III Reich nei limiti dell’unica funzione di guidare i popoli europei al disimpegno dalla soffocante dipendenza commerciale e politica dal cosiddetto “Occidente plutocratico” onde riscattarli dal bisogno di materie prime e di prodotti essenziali detenuti dalle multinazionali accaparratrici.
È ben risaputo che il Führer era un fautore del Lebensraum in espansione ad est; quindi nutriva interessi non contrastanti con gli Inglesi. Alla guerra ci fu tirato per i capelli dalle provocazioni sanguinose dei Polacchi, sobillati e “garantiti” dalle demoplutocrazie, che poi entrarono in guerra, si, ma restarono ferme dietro la loro linea Maginot e non accorsero in alcun modo efficace a proteggerli. Anzi, era previsto e necessario che la Polonia soccombesse alle invasioni di Tedeschi e di Russi, affinché si creasse una frontiera russo-tedesca per ottenere in seguito lo scontro diretto dell’URSS contro il III Reich e l’Europa intera ne rimanesse prostrata e incapace di resistere all’asservimento della plutocrazia mondialista, com’è puntualmente avvenuto.
La nuova strategia della “guerra lampo”, il Blitzkrieg, vide le truppe tedesche vittoriose sfilare a Parigi, mentre il corpo di spedizione inglese, accerchiato sulla spiaggia di Dunquerque era stato lasciato reimbarcare.
Le condizioni della Germania all’epoca erano di netta supremazia in Europa, mentre il conflitto non aveva ancora assunto dimensioni mondiali.
L’Inghilterra stava perdendo la guerra, le sue truppe avevano dovuto reimbarcarsi dalla Grecia e Rommel stava vincendo in Africa, le navi inglesi andavano a picco sotto i colpi degli U-Boote.
Erano state offerte fin dal settembre 1939 non meno di quattordici volte, onorevoli e convenienti proposte di pace.
Si trattava di proposte dignitose sul mantenimento dello status quo ante, con allettanti e ragionevoli probabilità di accoglienza, in quanto esisteva in Inghilterra una forte corrente filotedesca e pa Camera dei Lords e della Camera dei Comuni.
La politica guerrafondaia di Churchill, asservito alla plutocrazia mondialista, aveva generato roventi reazioni.
Ha scritto Ernesto Zucconi: «Non vi è ragione che inglesi e tedeschi - originari del medesimo ceppo anglosassone – lottino fra loro, dal momento che il Lebensraum, lo spazio vitale cui Hitler anela, non tocca per nulla gli interessi britannici, bensì quelli sovietici, la cui ideologia è notoriamente avversata anche da Churchill. Pertanto non sarebbe più logico unire le forze in vista di una comune minaccia, invece di favorire il gioco american di Roosevelt e della sua cricca che ormai da mesi riforniscono l’Inghilterra di enormi quantità di materiale bellico dissanguando le casse londinesi e provocando a lungo andare il prevedibile collasso del già traballante impero britannico nei cui mercati gli USA sono destinati a subentrare?».
Il “partito della guerra” era raggruppato intorno a Winston Churchill, Duff Cooper e Antony Eden (nella foto), una consorteria che si era abbozzata e poi strettamente legata, durante convegni segreti al Savoy Hotel con il ricco e facoltoso banchiere Israel Moses Sieff, ambasciatore segreto della Plutocrazia guerrafondaia. Churchill, di madre americana, aveva legami di amicizia con parecchi influenti americani.
Lo stesso David Lloyd George, a capo di un’agguerrita opposizione, aveva attaccato duramente il 7 aprile la condotta della guerra da parte di Churchill.
Il vice-führer Rudolf Heß aveva incontrato in Spagna, tra il 20 e il 22 aprile 1941, membri della corrente pacifista britannica.
Secondo Toni Liazza l’immediata secretazione fino al 2017 di documenti relativi alla corrispondenza, in quei giorni focali, tra l’ambasciata di Madrid e il Foreign Office, dimostra che riguardavano qualcosa che era accaduto in contrasto con la cosiddetta “verità ufficiale”. Ancora Toni Liazza ha scritto in un documentato articolo: «Anche la camera dei Lords era in rivolta con una solida coalizione, non solo contraria alla direzione di Churchill, ma favorevole anche a una pace negoziata. Il 10 maggio il Duca di Bedford, della fazione pacifista, disse che Lloyd George avrebbe dovuto fare una dichiarazione sui termini di pace che la Gran Bretagna avrebbe potuto accettare. È molto probabile che la montante pressione su Churchill non fosse una coincidenza, ma il risultato di una campagna architettata in collegamento con la missione di Heß e con lo scopo di defenestrare il Primo Ministro».
Come tutti sappiamo, Rudolf Heß, provetto pilota, decise di dare una spinta più decisiva alle trattative per farle uscire dalla fase di stallo, volando in Scozia per assumersi il compito «certamente arduo, ma non impossibile – ha scritto Zucconi nell’articolo citato – di convincere il duca di Hamilton (conosciuto durante le olimpiadi berlinesi del 1936 ed esponente di una forte corrente filotedesca) a spingere Churchill ad una pace onorevole o alle dimissioni». E Toni Liazza incalza dicendo che Heß nutriva una cordiale amicizia, cementata da una “fraternità aviatoria”, essendo entrambi piloti, con George Windsor, duca di Kent (fratello del re Edoardo VIII del Regno Unito e, dopo l’abdicazione di quest’ultimo, anche di Giorgio VI del Regno Unito) ma dice Liazza: «le relazioni tra la monarchia britannica e il regime di Hitler furono molto più strette di quanto si sia sospettato […] dai primi anni ’30 il duca di Kent era attivamente impegnato nel promuovere relazioni più strette tra la Gran Bretagna e la Germania. Quando la guerra stava avvicinandosi, egli partecipò a marce per la pace». E c’è di più: «cadde, sempre per volere di Churchill, un tentativo di pace promosso dal Duca di Windsor (l’ex sovrano che ufficialmente aveva abdicato a causa del matrimonio con una non nobile, Wally Simpson, ma in realtà per gli intrighi di “Focus” e di Churchill ».
Churchill aveva dimenticato del tutto che il partito conservatore esiste per la conservazione e quindi che avrebbe dovuto dare priorità assoluta alla conservazione dell’impero britannico. Ma per lui, invece, obbediente pedina nelle mani dell’International Banking Fraternity, contavano le direttive intransgredibili tirannicamente imposte dalla plutocrazia mondiali sta.
Concorda Mario Spataro: «Churchill era sfacciatamente manovrato da lestofanti e gruppi finanziari internazionali che si servivano di lui per scatenare la guerra. Questi individui facevano capo al miliardario sudafricano henry Strakosch […] ai sindacalisti Walter ed Ernst Bevin […] all’avvocato Samuel Untermeier della “Federazione Economica Ebraica”, al presidente della Shell sir Robert Waley Cohen».
D’altro canto, Vincenzo Caputo, nel suo dettagliato e ben documentato “Da Sarajevo a Pearl Harbor – Gli Anglo-Americani alla conquista del mondo”, Settimo Sigillo. Roma, 1999, ha comprovato obiettivamente la politica guerrafondaia delle “ipocrite democrazie”, capovolgendo l’essenza storiografica della vulgata ufficiale sulle due guerre mondali. Infatti egli ha rese pubbliche, per primo in Italia verità che negli USA erano da tempo di pubblico dominio, ma che «i nostri mestieranti di cultura continuano ad ignorare - e cioè che – Roosevelt ed i suoi sodali, già nel 1937 avevano in programma la guerra in Europa e la guerra in Estremo Oriente, che essi si apprestavano ad attirare i Giapponesi nella “trappola” di Pearl Harbor, per smuovere e scioccare l’opinione pubblica statunitense isolazionista e neutralista».
Tanti lestofanti di Londra e di Washington si tengono ben secretati quei documenti che capovolgono le responsabilità delle due guerre mondiali, ma per chi vuole capire la verità è già chiara e palese.
F.F.
NOTE
[1] Sutton Antony C., Wall Street and the rise of Hitler, ’76 Press, Seal Beach, California, 1976.
[1] Giannini Filippo, Il sangue e l’oro, Settimo Sigillo, Roma, 2002, p. 19.
[1] Archivio del ministero degli Esteri, ambasciata di Londra, busta 1096, lettera circolare di A. G. Pape, candidato conservatore, ex ufficiale di S. M..
[1] Una federazione delle patrie europee.[1] Hitler fermò i carri armati che inseguivano gli Inglesi con un ordine suo personale, per non umiliare troppo l’orgogliosa Albione e lasciare aperta una via alle trattative di pace
[1] Particolarmente era intimo amico del grosso finanziere Bernard Baruch, alter ego del presidente Franklin D. Roosevelt, che gli pagava i forti debiti di una vita sregolata per uso di cocaina, di alcool e consultazioni frequenti di esosi indovini..
[1] Quei documenti erano stati aperti al pubblico allo scadere dei 50 anni canonici.[1] Toni Liazza, Sullo sfondo la lotta tra pacifisti e gli oltranzisti di W. Churchill – rivisitiamo la storia /10 maggio1941; il vice-führer Rudolf Heß vola in Scozia con proposte di pace, su “Historica Nuova”, N. 4, Luglio-Settembre 2007.
[1] Prese il nome di “Focus” l’”Anti-nazi Council”, organizzazione anglo-ebraica egemonizzata dal miliardario sudafricano Henry Strakosch e finanziata anche dal presidente della Shell, sir Robert Waley Cohen.
[1] Vedi Mario Spataro, Fu Churchill che volle la guerra, ed. Il Borghese, Milano, 1993, pp.153-156 e concorda Alan Clark, Churchill, The End of the glory, Hodder & Stoughton, London, 1993. Ormai seguono sostanzialmente numerosi storici, tra cui John Charmley, Chuchill, The End of Glory. A political Biografia; William Manchester; John Costello, storico americano. David Irving, sei anni prima, però, non era riuscito a trovare un solo editore a Londra, che pubblicasse il libro: La guerra di Churchill, che sosteneva le stesse tesi.[1] Mario Spataro, Fu Churchill che volle la guerra, cit..
[1] E infatti, fin dal 1938 cominciarono a preparare la bomba atomica. Si noti che il 28 ottobre 1944 Mussolini aveva scritto che Roosevelt, almeno dal 1937, aveva cominciato la sua metodica opera di preparazione alla guerra. (Opera Omnia di Benito Mussolini, a cura di Edoardo e Duilio Susmel, la Fenice , Firenze, 3ª ristampa, 1973, XXXII, Appendice, p. 425)Tratto da Historica II parte 2
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