giovedì 17 novembre 2011
di Filippo Giannini Sì, Benito Mussolini ha parlato, anche se per pochi attimi
di Filippo Giannini
Sì, Signori, l’11 novembre 2011, Benito Mussolini ha parlato, anche se per pochi attimi, nella trasmissione televisiva L’ultima parola.
Per meglio spiegarci si rende necessario tutta una serie di premesse.
Premessa 1);
andiamo indietro nel tempo e precisamente agli anni 1944-1945. Il medico tedesco George Zachariae, che aveva in cura Mussolini, ha lasciato scritto (Mussolini si confessa, pag. 192): “Con l’8 settembre si è perduto qualcosa di molto prezioso: che l’Italia faticherà duramente a riconquistare: l’onore nazionale e il rispetto che sino ad ieri essa aveva in tutto il mondo.
Un popolo senza rispetto e senza onore diventa un giocattolo nelle spire degli interessi politici dei vincitori.
Non sarà difficile all’ipocrisia del tradizionalismo britannico trovare dei pretesti con cui mascherare i suoi sentimenti di vendetta e tutto sarà fatto nel nome della democrazia, delle giustizia e della libertà: un paravento dietro il quale si nascondono gli interessi del più sudicio capitalismo, venga questo da Londra o da New York o da Mosca.
Il popolo italiano vivrà un periodo amarissimo, che vedrà scardinati e travolti tutti i principi dell’onestà e della morale.. Probabilmente nei paesi vinti si provvederà immediatamente a imporre una così detta costituzione democratica: ne seguiranno liti parlamentari, scandali politici e turpitudini morali senza fine, da cui ci si potrà attendere di tutto eccetto che qualcosa di buono e di costruttivo”.
C’è qualcosa di errato che il dottor George Zachariae, ripetiamo: nel lontano 1944-45, non abbia previsto e denunciato? Attendiamo risposte.
Premessa 2);
Ricordiamo che il 2 giugno 1992 approdò a Civitavecchia il panfilo Britannia, affittato da una lobby angloamericana; a bordo era un forte gruppo (detti: gli invisibili) di alti finanzieri, di capitalisti e di maneggioni vari. Presero graziosamente posto anche Mario Draghi e Giulio Tremonti. Di cosa trattò questa bella gente? Giulietto Chiesa (così avrebbe parlato il Duce) nella trasmissione televisiva sopra indicata, accusa la finanza mondiale di voler mettere le mani sui residui beni dell’Unione europea. Si chiede Giulietto Chiesa: da cosa è rappresentato il debito pubblico di quasi 2 mila milioni? Esso è rappresentato dal rifinanziamento bancario. Ora arriva un altro rappresentante dell’alta finanza per ricapitalizzare le banche, già a suo tempo ricapitalizzate. Questo debito non va pagato, perché illegale e iniquo. Soprattutto è stato frutto della più grande truffa mai prima messa in atto dal reddito da signoraggio.
In altre parole le banche centrali si sono impossessate, truffaldinamente, di un reddito che appartiene ai cittadini.
Ecco, allora, spiegato il perché dell’astronomico debito pubblico messo a nostro carico, ecco perché, nel lontano 1936 Benito Mussolini mise a punto la legge bancaria, legge che poneva lo Stato a controllo dell’arroganza delle banche.
A tutto questo marciume, c’è una soluzione?
Premessa 3);
Così parlò il Duce (e siamo, lo ripetiamo di nuovo, nel 1944-45). Al centro del pensiero di tutte le azioni politiche di Mussolini era il nuovo ordine sociale dell’Italia. “Io sono entrato come socialista nella vita politica e come tale la lascerò”. Così si confidò con il dottor Georg Zachariae (Vol. cit. pag. 149): “Mi formai inoltre il convincimento che un socialismo attuato secondo i concetti di Marx non avrebbe mai consentito di liberare effettivamente gli operai dalla loro schiavitù sociale. Malgrado ciò, dedicandovi molti degli anni più belli della mia vita, ho tentato con le parole, con gli scritti e con l’azione di pervenire alla migliore realizzazione dell’idea socialista. Allorché soggiornai in Svizzera, quale rifugiato politico, frequentai per un certo tempo l’ambiente di Lenin ed ebbi modo e possibilità di rendermi conto che, ad eccezione di Lenin stesso che indubbiamente era un uomo di straordinaria intelligenza, tutti gli altri non erano che dei chiacchieroni e degli stupidi. Ero ormai decisamente convinto che per poter mettere in pratica il vero socialismo, si dovevano gettare solide fondamenta nella coscienza degli uomini. Io stesso sentivo maturare in me, di anno in anno, la certezza che proprio l’idea della lotta di classe fosse sbagliata, ossia quel vecchiume di metodi frusti e di idee sballate. Noi vediamo ora nell’Unione Sovietica l’esperimento più grandioso e significativo della messa in pratica del marxismo puro. Quali sono gli effetti pratici? Non un progresso sociale della classe alla quale il marxismo avrebbe dovuto recare forza, decoro e prosperità, ma la decadenza totale delle masse, una decadenza morale e materiale della peggior specie. Oggi possiamo constatare con orrore la miseria delle masse, quindi dobbiamo dedurre che questa forma di socialismo, malgrado tutte le promesse, non potrà mai portare a quel successo che i veri socialisti auspicavano.
Se il socialismo deve essere realizzato, esso presuppone che i suoi attuatori non lo abbiano concepito soltanto come idea, ma è necessario che essi siano passati attraverso una dura scuola, capace di innalzare gli uomini, anziché abbassarli. Ė sbagliato sostenere che il socialismo, come generalmente si afferma, voglia arrivare a una stupida uguaglianza di valori, di capacità, di meriti. Il socialismo può essere tradotto in pratica soltanto quando gli uomini migliori e di carattere più forte di un popolo, anziché venire allontanati o soppressi, come è stato fatto in Russia, siano educati al servizio delle nuove idee affinché possano adoperare tutte le loro forze e la loro intelligenza non solo a proprio vantaggio, ma al servizio della comunità. Primo nostro dovere è dunque quello di trovare il mezzo di formare un nucleo-base di uomini superiori che sappiano con puro disinteresse mettersi al servizio della comunità, e soltanto allora potremo incominciare ad assolvere il compito di dare al mondo un nuovo ordine sociale. Se si dà uno sguardo profondo agli avvenimenti che causarono il lento processo di inquinamento e di decadimento, si vedrà che la colpa non è delle dittature, ma del così detto ordine democratico. Perciò io ho tentato di far rinascere nel fascismo le antiche virtù del popolo romano e cioè: la dedizione alla comunità, la fedeltà, il coraggio, lo spirito di sacrificio, sperando di poter ricostruire su di esse il nuovo impero. Non ho perseguito queste idee e queste mete per cupidigia di potere o per sete di conquista, né tanto meno per farmi un nome nella storia; lo scopo delle conquiste fasciste era soltanto quello di raggiungere una prima meta, da cui poter trarre i mezzi per la creazione di un nuovo ordine sociale.
Non è forse vero che le forze lavoratrici nei parlamenti democratici non sono in grado di cambiare questo stato di cose che anche nei paesi più ricchi e progrediti l’operaio deve ancora pregare ed implorare, senza avere il diritto di partecipare agli utili prodotti dal suo lavoro? Tutto ciò deve e può essere cambiato con altri ordinamenti. Lo Stato non ha il compito di adoperare la sua forza per mantenere il privilegio del capitale privato o del capitale dello Stato. Alla socializzazione sono adatte soltanto quelle aziende e quegli impianti che servono a tutti i cittadini e che debbono essere in ugual misura a disposizione di tutti. Fanno parte di queste le ferrovie, le poste, la radio, le società di navigazione, le linee aeree ed altre aziende industriali che possono svilupparsi soltanto nel libero gioco delle energie cooperanti e nell’ordine naturale di forti richieste; dovranno invece continuare col sistema attuale buona parte delle piccole e medie aziende.
Se dovrò scomparire dalla scena prima che le mie idee socialiste possano avere piena attuazione sono convinto che, sia pure dopo altri errori, il nuovo ordine del mondo sarà creato nel senso da me indicato. Si dica quel che si vuole, le mie idee sono le sole che tengono conto degli interessi e delle necessità delle grandi masse lavoratrici e perciò esse saranno vittoriose, malgrado tutti gli ostacoli. Allora, e solo allora, il mondo cambierà aspetto”.
Premessa 4);
I media mondiali ci hanno propinato da decenni la visione di Mussolini affacciato al balcone di Palazzo Venezia quel 10 giugno 1940, con le mani ai fianchi dichiarare quella guerra, non voluta e disperatamente cercata di evitare, affacciato, abbiamo scritto, con fare truce, ma mai ci hanno ricordato quanto ebbe a dire in quella occasione per giustificare quella tragica necessità.
Mussolini fra l’altro attestò: “Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente, che in ogni tempo hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano (…)”.
Il perché di quella guerra lo scrive lo storico Rutilio Sermonti (L’Italia del XX Secolo):
“Le democrazie plutocratiche volevano un generale conflitto europeo, quale unica risorsa per liberarsi della Germania – formidabile concorrente economico – e soprattutto dell’Italia. Questo è necessario comprendere se si aspira ad evidenziare la realtà storica: soprattutto dell’Italia”. Disponiamo di un’ampia documentazione per attestare che condividiamo quanto scritto da Rutilio Sermonti, e il perché lo abbiamo visto dagli avvenimenti accaduti dal dopoguerra ad oggi: la conquista da parte dei paesi demoplutocratici dei beni dell’intero globo, giusto i dettami della così detta Dottrina Monroe, concepita nel 1823.
Premessa 5);
Ė superfluo indicare quali siano le finalità delle Bilderberg e della Goldman Sachs. E queste finalità, giusto quanto scrisse Sermonti si potevano ottenere con la sconfitta dei fascismi, cosa avvenuta nel 1945.
Premessa 6);
I lettori della nostra generazione ricorderanno il personaggio Mandrake, il grande mago che con il potere delle sue mani compiva dei veri e propri miracoli, quindi passiamo alla
Conclusione 7);
Vorremmo essere in errore, ma ci sembra che il nostro Presidente, Giorgio Napolitano, abbia compiuto un miracolo che sarebbe riuscito solo a Mandrake. Ha trasformato uno studioso della finanza in politico, e ci riferiamo alla botta da maestro, avvenuta in questi giorni su Mario Monti. Speriamo di essere in errore, ma la cosa ci puzza ‘nu pocariello. Vediamo: Mario Monti ha studiato in una Università americana, ha lavorato per la Bilderberg e, successivamente è stato Consigliere alla Goldman Sahcs. Qualcuno attestò che pensar male è peccato, ma a volte ci si indovina. Loukas Papademos da poche ore eletto anche lui Capo del Governo dell’altro Paese inguaiato, la Grecia, come si dice, inguaiato, dalle voraci bocche d’oltre oceano. Aggiungiamo che il salto effettuato dall’altro grande della finanza, Mario Draghi, il quale (che strano) anche lui ha studiato al Massachusset Institute, tutti personaggi, chiamiamoli americani. Non lo nascondiamo e lo ripetiamo: la cosa ci puzza ‘nu pocariello. Se così fosse abbiamo, che fortuna, i governi dei banchieri.
L’abbiamo scritto ripetutamente e nel tempo, di economia non siamo delle volpi, allora come soluzione suggeriremmo, almeno come primo passo, l’immediata uscita dall’Euro e il ripristino della Lira, così da riappropriarci della sovranità monetaria.
Conclusione 8);
a sbugiardare il Direttore di Rai/1 (Minzolini?) che, affacciatosi al video il 14 novembre 2011 ebbe a dire che l’Italia non chiude il bilancio in attivo da oltre cento anni. Menzogna!
Riportiamo quanto ha scritto il Professor Antonio Pantano: “L’attivo di bilancio si raggiunse nel 1924 e 1925 e, per 20,9 miliardi di lire nel 1944/45, addirittura durante la guerra, grazie alla Repubblica Sociale Italiana, che ebbe Ministro delle Finanze il prof. Domenico Pellegrini Giampietro, il quale commissariò, ponendola a TOTALE dipendenza dello Stato, la Banca d’Italia”.
Il Professor Pantano conclude: “ATTIVO di bilancio riconosciuto e certificato anche sulla stampa italiana il 25 agosto 1945 dalla Commissione Ispettiva del Senato U.S.A., presieduta dal Senatore Winkersham”.
Osserviamo e chiudiamo: il Senatore Winkersham fu inviato in Italia dal governo americano per studiare e capire come fosse stato possibile un miracolo del genere.
Rispondiamo: allora c’era un certo Benito Mussolini e, riconosciamolo, quel po’ po’ di studioso che era Domenico Pellegrini Giampietro. Oggi al loro posto siedono i vermetti furbetti…
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