martedì 18 ottobre 2011

TENIAMOCI PRONTI



di Miro Renzaglia

“Che cos’è questo liberismo? Se qualcuno ritiene che per essere perfetti liberali occorre dare a qualche centinaio d’incoscienti, di fanatici, di canaglie, la libertà di rovinare quaranta milioni d’italiani, io mi rifiuto energicamente di dare questa libertà.”
Benito Mussolini

Poiché mi potrà capitare di intercambiarli, stabiliamo subito un’eguaglianza: liberismo e capitalismo sono la stessa, medesima cosa… Distinguiamo, semmai, fra capitalismo “produttivo” e capitalismo “finanziario”: il primo, se lo si inserisce in un sistema-stato corretto può (deve…) avere una funzione sociale. L’altro, quello che specula su se stesso (in una scommessa roulettistica, dove se vince, vince lui, se perde perdiamo tutti…) è il “male assoluto” (questo sì, non quello scoperto di recente dal vicepresidente del consiglio in carica…) e, come tale, va reciso alla radice. Tutti e due i capitalismi soffrono, comunque, la presenza di uno stato che non rinunci alla sua istanza primaria e fondamentale: quella di rappresentare gli interessi comunitari prima di quelli individuali (devo ricordare che l’individualismo è esaltato proprio dal liberalismo da cui, a sua volta deriva, im-mediatamente, il binomio liberismo-capitalismo?)… Lo stato partecipativo spiace al (ai) capitalismo (capitalismi)… Ma questo non è motivo sufficiente per abbassare la testa davanti alla dittatura della moneta che incombe, Pensiero Unico Sovrano (PUS), sulla sorte dei popoli…

Mi spiego. E’ fuor di dubbio che uno stato che permetta al capitalista di perseguire il suo scopo preminente (produrre super profitto a suo esclusivo interesse...) è la condizione che più gli conviene (al capitalista…). Se non che, sin dalle origini della Rivoluzione (?) industriale, questi interessi hanno via via cozzato sempre più violentemente contro l’interesse comunitario… Grazie a Dio, poco dopo quella inglese (1780) c’è stata, però, la Rivoluzione francese (1789). Se fino ad allora un re sole qualsiasi poteva pretendere d’essere, lui, lo stato, dopo qualche ben assestato colpo di ghigliottina è diventato del tutto evidente che lo stato siamo noi… Siccome siamo noi (noi, popolo che, nella mia visione, è bue solo nella misura della sua rassegnazione ad essere ridotto in hamburger da fast food…); siccome lo stato siamo noi - dicevo -, il nostro interesse è che si riconosca, in prima istanza, pari dignità ai vari elementi del gioco di produzione economico. Cioè - intendo dire - che i fornitori di braccia e menti, siano corresponsabili dell’impresa (economica ma non solo, va da sé…), insieme ai fornitori di capitali e che, in seconda istanza, una volta stabiliti i giusti dividendi di partecipazione agli utili, il super profitto eventualmente derivato dall’impresa produttiva stessa (industriale, agricola, terziaria, etc…) sia reinvestito in pubbliche esigenze sociali… E’ ovvio che il capitalista preferirebbe (preferisce…) gestire in proprio (oltre all’impresa...) i super-profitti (di solito, reinvestiti in giochetti di borsa e/o finanziari…). Uno stato che, invece, indirizzi questi utili verso soluzioni di interesse pubblico gli procura rodimenti nelle parti basse e a tergo. Eliminabili solo con robuste e popolari spazzole di ferro…

A nome di questo concetto, che non avrete avuto difficoltà a sintetizzare col nome appropriato di socializzazione, contesto anche una visione che pure ha il suo fascino, quella della “triarticolazione”, politica-economia-cultura, sostenuta da un pensatore, per altri versi esatto e geniale, rispondente al nome di Rudolf Steiner. Soluzione che prevede sfere di assoluta autonomia d’intervento dei singoli monomi nei rispettivi ambiti… Gli è che sono inguaribile ambasciatore di una Weltanschauung olistica della società (attenzione: ho detto olistica, NON totalitaria…) dove, a volerla dire tutta e in breve, i compartimenti stagni non sono né previsti né auspicati…

Nell’ottica che ho fin qui cercato di mettere a fuoco, non mi piace nemmeno (e, a questo punto, mi aspetto gli epiteti di assoluto incontentabile e rompicoglioni: me li merito, è vero, ma non so che farci…) l’apologetica dell’euro come dichiarazione di guerra al dominio capitalistico-finanziario del dollaro… Se vogliamo, la Federal Reserve ha ancora uno stato (quello che si USA imperal dominante …) con cui confrontarsi, prima di compiere le sue infamie. La Banca Centrale Europea, invece, no… Quando si propagandava l’avvento dell’euro, si diceva alle allodole in calda attesa dello specchietto che le attirasse alla puntuale fucilata, che esso (l’euro…) sarebbe stato viatico all’avvento di uno, futuro-prossimo, stato europeo… A parte che Guénon non avrebbe avuto difficoltà a stigmatizzare l’ordine inverso delle procedure (prima la moneta, poi lo stato…) come inequivocabile segno dei tempi, ma dopo i recenti referendum di Francia e Olanda, sappiamo tutti che era una bufala di mozzarella (con tutto il rispetto per la mozzarella di bufala, è vero…). L’Europa Stato non è solo di là da venire ma, dato il privilegio alla Banca Centrale Europea di battere moneta senza uno straccio politico attendibile a farle almeno il contro canto, a questo punto, e proprio per ciò, è ancora più difficile realizzare un’ipotesi alternativa di Europa... Senza contare che io, personalmente, non saprei cosa farmene di un’Europa alter ego indistinguibile dal modello americanista… Voglio altro (il lettore perdonerà, è vero, l’esigente aspettativa…).

A questo proposito, vi propongo un testo poetico, composto qualche anno fa, che sintetizza bene - spero - il mio ragionamento:

U.E.M. (UNIONE EUROPEA MONETARIA)

“Con la moneta unica perdiamo una sovranità che avevamo già perso…” Ministero del Tesoro,
del Bilancio e della
Programmazione Economica
- Comitato Euro - 1998

Ipse dixit. Ipso facto. L’Europa scomparirà nel bagno acido di Maastricht.
Nessun banchiere è stato mai eletto dal popolo. Il cambio, taglierà i costi d’interesse sul debito pubblico. Ma lo stato cede sovranità alla nuova Banca
Centrale Europea. Dichiarazione di guerra al dollaro. Euroforia. Liquidazione
dello stato sociale. E oro alla patria, per non averne più. Pil: + 2,7% / posti lavoro:
- 400.000 = disoccupazione senza crisi produttiva. La tigre asiatica, chiede prestiti al F.M.I.. Sta nascendo un partito che dispone di 50.000 miliardi senza vincoli e controlli. Rifondazione Bancaria.

Apolide e piratesco. Più potente degli stati nazione e delle multinazionali,
dei parlamenti e dei consigli d’amministrazione, il capitale finanziario
sacrifica l’interesse non calcolato sul calcolo degli interessi all’unico dio
del tornaconto. La banca svizzera fornicò coi nazisti per puro profitto.
Denaro convertibile in panzer. Gli svizzeri, nani ariani, riciclano marchi:

“visto si ratifica” - il liberalissimo governo del cucù. Senza di loro, la II guerra mondiale finiva prima. Senza l’Haute Finance, nemmeno cominciava. Il mito della sua neutralità se l’è fabbricato con l’oro nazista e i conti che non tornano agli ebrei …idem
il Principato di Monaco. Complice: Luigi II dalle Tasche Bucate.

“Ne ho fatto la filiale segreta del Reichsbank.” F.to Johannes Charles. Sottoscrive Mandel Szkolnikoff, ebreo di origine russa, addetto servizi finanziari delle S.S., coofondatore della Charles et C.ie Bank. Nessuna epurazione. La guerra è sempre l’ottimo affare di chi non la fa.

“Si dice che io abbia inventato una specie di socialismo di stato. E’ falso. Mi sembrava giusto che un operaio menomato da una macchina o un minatore mutilato da un’esplosione dovesse essere strappato alla fame. Così mi sono battuto per creare un fondo a favore degli operai, gestito da corporazioni autonome, per stimolare uno spirito solidale e d’iniziativa.” Parola di Bismarck… …e ora che il catorcio dello stato sociale sarà finalmente rottamato, vivremo liberal e felici, sette giorni su sette, alla: “Chi vo’ dio se lo prega”.

Black ‘47 (Milleottocento). Muffetta bianca mangia foglie di patata. Phitophora infestans. In una notte marciscono tutte le tuberose della pianura. Pus e infezione sul cuore d’Irlanda. Cinque anni di carestia. Un milione di morti. Due
di emigranti. E mentre in uno solo giorno salpano dal porto di Cork navi cariche di 147 casse di pancetta, 120 barili e 135 botti di maiale, 5 botti di prosciutto, 1996 sacchi e 950 botti d’orzo, 300 sacchi di farina, 300 capi di bestiame, 239 pecore, 9398 barilotti di burro, 542 scatole di uova, per sfamare i ben pasciuti inglesi, la cricca liberista di Manchester detta la sua miserabile ricetta: “Neanche un pasto gratis a chi muore di fame, se non si vuole creare un popolo di mendicanti vittime dell’assistenza”.

E ricordiamo la campagna della casa a cavallo tra i ’70 e gli ’80 (Millennovecento)...L’equo canone blocca il mercato degli affitti. La prassi parallela degli sfratti poliziotti induce il bisogno diffuso di case in proprietà. Alle famiglie senza risorse per il salone due camere e doppi servizi, le banche offrono “mutui agevolati”. Raddoppia d’interessi il prezzo originario. Nel ’97, il 75% delle famiglie possiede quattromura ma la soglia di povertà è sotto il reddito di quattro milioni al mese (rapporto CENSIS) …e un operaio ne guadagna al massimo due. Così, alla scadenza della rata, o la banca ti rinnova il prestito o ti dà l’indirizzo della finanziaria affiliata. Come se non bastasse, su queste case, di fatto e fino all’ultima rata in comproprietà bancaria, lo stato impone il balzello dell’I.C.I.. Paga il residente: unico proprietario virtuale. Banca esente. “Vix Pervenit. Ipsius ratione mutui”

Sull’interesse della moneta non risparmia nessuno. Il 125% del Pil impone al debito pubblico italiano interessi annui per 200.000 miliardi (£). Senza scalfire il capitale debitorio. Va peggio al Marocco, 22.512 miliardi (di dollari. rata annua 3 miliardi). Algeria 29.898 (r.a. 5). Costa D’Avorio, 18.452 (r.a. 1,2). Nigeria, 28. 479 (r.a. 2). Congo ex Zaire, 12.366 (ignota la r.a.) Egitto 33.358 (r.a.comoda: 2). Sudan, 17.710 (quasi tre volte il prodotto interno lordo). il Congo-Brazzaville dovrebbe spendere il 454% del Pil. Mozambico, debito pari al 450 % del Pil, però a servire il debito va “solo” il 23% delle esportazioni. Fonte: The
Economist, marzo ’98 (Millenovecento,) …e non c’è un cane di Catilina che chieda Tabulae Novae. Almeno sugl’interessi. Ora, se un usuraio ti strozza, per lui c’è la galera e per il debito la moratoria (dovrebbe, in teoria). Se lo fanno il Fondo Monetario, la Banca Mondiale o gli ingegneri privati dell’Haute Finance non parte nemmeno la querela. Al nocciolo della cipolla: riforma finché vuoi lo stato-nazione ma, federale o del presidente, se non azzeri il debito pubblico resti un paria, pure se rifondi l’Impero Romano (e se cedi sovranità, hai già chiuso per fallimento).

Un popolo incravattato non si sdebita mia. E alla fine s’impicca. E’ storia vecchia. Per fermare Giovanni Cantacuzeno, Anna di Bisanzio prese a strozzo 30.000 ducati dalla banca della Repubblica Veneta. Pegno: i gioielli della Corona. I sovrani Paleologhi non riuscirono mai a saldare quel debito. Citato al rinnovo d’ogni trattato mercantile, via via ingrassato dalla prassi usuraia dei dogi, quando cadde l’Impero, la Serenissima vantava un credito di “17.000
hyperpyra” (e il tesoro della Corona è ancora a S. Marco…).

Se il tempo è denaro, il denaro sottratto al denaro è tempo sottratto alla vita. Legge dell’usura. Nel Medio evo, la Chiesa inventò il purgatorio per spedirci i banchieri. Prima, gli usurai finivano al rogo. E subito dopo all’inferno. E oggi,
non c’è mano lesta che si scotti le dita …e anziché banconote, certificati prescrivibili del lavoro compiuto. La moneta che sa di morire non si fa murare viva in una banca. Finisce il mito della moneta immortale. Ma finisce pure il potere di creare denaro dal nulla. L’intuì Steiner e fu bollato alchimista. Li emise Gesell, Baviera Sovietica (1919), e fu processato: alto tradimento. Keynes ne ammise le ragioni ma era il custode dell’ortodossia… e voleva restarlo. Li mise in versi Pound e si beccò 12 anni di manicomio criminale così, tanto per riordinare le idee. Li contemplò metafisici Villella, e chi lo conosce? Lo ripeto io e non so nemmeno a chi. Certificati prescrivibili: simbolo della merce prodotta.
Si destina a morte la moneta con l’affrancatura mensile di una marca da bollo. Pena il decorso del suo valore. La marca costa 1/100 del valore stampato su carta moneta. Unica tassa. In cento mesi la cara moneta si estingue. I
certificati sono costretti a circolare senza soste forzate ai depositi bancari. In parole povere: se Zio Paperone s’accorge che il livello del suo forziere scende di 1/100 al mese, o la pianta coi tuffi di salute nella piscina monetaria o nel girodi 8 anni si rompe l’osso del collo…

Detto ciò, nei termini che mi sono più propri (quelli poetici, è vero...), affermo: affidandoci agli opposti centrismi, tutti magnificanti le infallibili virtù di uno stato che lascia fare (“laissez faire”: è la parola d’ordine liberal-liberista, ricordiamolo…) e sempre più deve lasciar fare nei gangli nervosi del vivere comunitario, pena gli infallibili anatemi del Fondo Monetario Internazionale e consorterie usuraie affiliate, ci siamo messi tutti in coda, per l’ennesima volta, allo sportello del Nuovo Totalitarismo Gnostico: il liberismo. Che nuovo non lo è, poi, nemmeno tanto. Invenzione tipicamente moderna, aveva già dimostrato di essere perfettamente fallibile (e fallita…), tanto come sistema economico (lo dimostrano la grande depressione del ’29 e tutte le altre depressioni finanziarie, fino al recente caso argentino…) che come modello socio-politico. Come dimostrato ampiamente dalle grandi reazioni anti-liberiste di massa del fascismo e del comunismo…

La Seconda guerra mondiale, dichiarata unilateralmente dal grande capitale finanziario -

“Alla fine, i banchieri dovranno rispondere a questa semplice domanda: se la Seconda guerra mondiale è scoppiata per difendere la Polonia dai suoi invasori, perché i vostri governi liberisti fecero guerra alla Germania, alleandosi coi russi che si erano spartiti la Polonia coi tedeschi?”

la Seconda guerra mondiale - dicevo - tagliò la gola ai fascismi. La guerra fredda ha strozzato quella dei popoli sovietici (costringendoli a una corsa agli armamenti impossibile, perché senza fondo le casse fornitrice della santabarbara USA: questa stampa denaro senza più riguardo nemmeno alla “miserabile base aurea”, i sovietici, più onesti, la stampavano con riguardo, almeno, alle possibilità produttive delle loro imprese …). Così, lo mondo intero si è ridotto nella formula: tutto il potere alla moneta...

C’è dell’altro. Il pensiero liberista di età postmoderna è più subdolo di quello “alle origini della borghesia” (Pier Paolo Pasolini). Lo è (più subdolo…) per una multiformità che lo rende anche differente dai precedenti totalitarismi gnostici. Oggi, non industria più per associarsi a una forma-stato preferenziale e s’ingegna a controbattere tesi politiche, filosofiche, sociali o religiose avverse, solo quando sono irriducibili alla sua egemonia: cioè, alla egemonia dell’interesse su interesse della moneta (l’Islam, per esempio…). Disposti a sposare chiunque non metta in discussione l’indiscutibile primato della moneta (e di chi la possiede in montagne geometricamente moltiplicabili per usura…) e della sua libertà di movimento fra borsa e borsa, fa guerra al terrorismo solo per imporre la sua (della moneta…) egemonia negli spazi geopolitici strategici, in una logica che è sempre ed esclusivamente la stessa: quella del super profitto a suo assoluto, autoreferenziale vantaggio. In altri casi non secondari, investendo capitali a interesse, costringe le nazioni a quella specifica condizione di dipendenza che è propria del debitore. Infatti: “Una nazione che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai” (Ezra Pound). Da qui, tutte le infamie dei servizi deviati (?), delle guerre umanitarie (?), del terrorismo in proprio o di quello dato in appalto di mano d’opera... Ed è precisamente a questo che l’Europa c’addavenì’ non dovrà mai più rendersi complice: per natura, per destino, per cultura, per tradizione…

Ma io (non marxista...) nutro un’incrollabile fiducia nella profezia marxiana dell’immancabile implosione del capitalismo. Marx sbagliò i tempi (ritenendoli imminenti alla sua diagnostica…) e il luogo (riteneva che la reazione sarebbe avvenuta nei luoghi dell’affermazione insorgente del capitalismo industriale: l’Inghilterra per intenderci e, invece, la reazione avvenne in un paese dall’economia quasi esclusivamente agricola: la Russia e in un altro, in fase industriale ancora precaria: l’Italia…). Ma chi abbia un po’ di dimestichezza con il suo pensiero (di Marx…) non può non riconoscere come il percorso da lui avveduto si stia realizzando: più il capitalismo conquista territori (geo-economico-politici…), più si avvicina alla saturazione della sua istanza primaria… E al crollo. Il capitalismo fallirà: è inevitabile (per fortuna…). A quel punto sarà necessario un piano di pronto intervento per la più grossa crisi che il mondo, dalle origini ad allora, avrà conosciuto. Per effetto domino, verranno giù tutti i capi saldi della sua struttura. Una tabula (quasi...) rasa si prospetterà come destino immediato degli uomini che dovranno ricominciare… Da zero? No… non proprio… Il ‘900 è stato terreno di coltura e di cultura di interessanti esperimenti, alternativi al “migliore dei mondi possibili” (Leibniz, secondo logica liberal-liberista…). Il fascismo ha detto la sua. Ma la sconfitta militare e 60 anni di scientifico martellamento negazionista (sic!) hanno occultato la sua vera eredità… Un’eredità - mi riferisco alla socializzazione…. - che è il superamento tanto del capitalismo privato (leggi: liberismo…) che di quello statale (leggi: comunismo nelle forme distorte dall’ingessatura burocratica a scapito del tutto il potere ai soviet…). E’ necessario che qualcuno riprenda le insigni insegne della socializzazione, dia loro una spolverata epocalmente appropriata e le renda utilizzabili alla prossima evenienza. Teniamoci pronti…

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