lunedì 13 giugno 2011

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA E IN PARTICOLARE NELLA PROVINCIA DI UDINE

Guido Bellinetti
La Repubblica Sociale Italiana si manifestò non solamente o precipuamente col suo apparato militare, impiegato su diversi fronti: orientale contro le bande di Tito, occidentale contro l'esercito francese e i maquis, meridionale contro gli alleati e all'interno, per l'ordine pubblico, contro la guerriglia partigiana, ma anche con la sua responsabile e intensa attività nel campo legislativo, amministrativo e sociale più ampio, assicurando così la sopravvivenza del tessuto civile, dell'apparato produttivo, delle provvidenze alla popolazione. La sua gestione centrale e periferica si realizzò grazie ad una burocrazia rigida, responsabile, preparata nel ventennio fascista, ed all'apporto generoso di migliaia d'impiegati, dirigenti e amministratori. Molti di questi pagarono con la vita propria e anche dei familiari la dedizione al dovere verso lo Stato repubblicano e alla solidarietà verso la gente comune, i profughi, i senza tetto, i diseredati e gli sbandati in genere.
Il quadro offerto da chi a posteriori, con il fine di alterare una realtà storica, ha ricostruito quel tempo e posto lo scontro tra la RSI e chi si opponeva ad essa sullo stesso piano, stabilendo così una arbitraria parità di funzioni e di peso, è storicamente insostenibile. La stessa interpretazione, affermatasi con più favore recentemente, di "guerra civile" comporta un'artificiosa gonfiatura dell'attività di guerriglia, promossa al livello di paritaria contrapposizione a uno Stato forte di 800.000 circa uomini in armi e nell'esercizio delle sue attività sovrane. Basta considerare che un soldato inquadrato in un esercito regolare, comportava all'epoca un supporto di almeno 4 uomini nelle retrovie per concludere che le esigenze di movimento, armamento, rifornimento delle divisioni della RSI e dell'armata germanica sul territorio italiano, sostenute nella misura suddetta, vanificano una contrapposizione di qualche migliaio di uomini, limitato sia nella capacità operativa che nei movimenti e negli armamenti esclusivamente individuali. L'azione di disturbo, essenzialmente periferica, del fatto "partigiano" deve quindi essere ridimensionata, superando gli schemi dell'agiografia ufficiale.
La verità è che la RSI ha svolto la sua funzione, indipendentemente dalle valutazioni storico politiche, poggiando su un complesso amministrativo efficiente e responsabile, tenuto contro delle difficoltà in cui si è realizzato. Pur incombendo, in quel tempo, lo stato di guerra con i pericoli conseguenti, in primis l'azione distruggitrice dei bombardamenti aerei e le strettoie create dai tedeschi a seguito dell'armistizio di Badoglio, in materia di disponibilità di prodotti industriali e d'uso pieno, stante la priorità militare delle comunicazioni e dei trasporti ferroviari e stradali con relativo carburante, lo sforzo del governo della RSI fu immane e realizzato con la collaborazione di milioni di lavoratori e impiegati. Tutto questo, paradossalmente, si realizzò anche a beneficio di quelli che lo osteggiavano.
Per riportarsi alla situazione reale del tempo, si ricordi l'episodio del generale americano Taylor, che, accomiatandosi dal Re, rifugiatosi al sud, si sentì chiedere una dozzina di uova per la Regina.
Nella RSI la dedizione dei Prefetti, dei Segretari del P.F.R. e degli Alti commissari interprovinciali o degli Enti pubblici, dei mille e mille dirigenti e dipendenti fu encomiabile e generosa, nonostante le incursioni nemiche, la penuria di generi alimentari d'ogni tipo e i furti di sciacalli che privavano le popolazioni dei viveri.
Nel clima snervante in cui operò l'autorità, su tutto il territorio nazionale anche laddove non esistevano presidi militari, reparti in armi, difese che offrissero un minimo di sicurezza nel lavoro e nella sopravvivenza, lo Stato non venne mai meno ai suoi compiti e corrispose stipendi, sussidi, sovvenzionamenti, ripristino di opere danneggiate. L'assistenza del governo della RSI comprese anche le famiglie dei militari internati in Germania o dei dispersi e tra questi, sicuramente, anche degli sbandati e dei partigiani in Italia e Jugoslavia.
Se questo era il clima nel territorio della Repubblica, particolare era quello nello stesso territorio, limitato al cosiddetto "Litorale adriatico", parte sottoposta dai tedeschi dopo l'armistizio Badoglio a stretto controllo per esigenze militari, dettate dall'ubicazione come cerniera tra territorio italiano e jugoslavo e comprensivo delle province di Gorizia, Pola, Fiume - oltre che Trieste. Nelle prime incombeva, oltretutto, l'astio delle soldataglie slave arruolate dai tedeschi che si sommava a quello delle bande di Tito.
La volontà degli italiani, nonostante tutto, non venne meno e non cedette alle minacce e alle intimidazioni.
Gli ammassi furono conferiti regolarmente, i concentramenti di bestiame si realizzarono periodicamente, il burro consegnato e nemmeno le coperture di biciclette mancarono. I trasporti ferroviari assicurati, salvo le temporanee interruzioni per bombardamenti aerei, prontamente riparate. Il tutto nel rischio mortale di ogni giorno.
Secondo i dati raccolti, nella provincia di Udine, la situazione cominciò a deteriorarsi agli inizi del 1945 e sicuramente in relazione all'andamento sfavorevole delle operazioni militari su tutti i fronti.
A Bicinicco di Pordenone i partigiani assassinarono il Segretario comunale il 1° Gennaio 1945 e dopo pochi giorni fu ammazzato il figlio diciottenne del Segretario di S. Pietro di Gorizia.
Dopo il catastrofico bombardamento aereo di Udine, 350 senza tetto furono sistemati nelle case dei parrocchiani di S. Maria del Carmine. Dopo una successiva devastante incursione, la Cooperativa delle mense di guerra organizza i pasti per 1700 sinistrati.
Il 9 febbraio 1945 venne ordinato il censimento di tutto il bestiame da carne della provincia e organizzato un sistema di raccolta in appositi centri, sì da disporre la requisizione mensile degli animali.
Nel febbraio 1945 oltre 1000 bambini ricevettero la refezione scolastica gratuitamente, mentre il 18 dello stesso mese il Commissario per il Litorale Adriatico Rainer ordinò che a tutti i dipendenti pubblici venisse corrisposta una gratifica straordinaria per il genetliaco del Fuhrer. A seguito delle proteste, nel mese successivo, il beneficio fu esteso anche ai dipendenti privati. Certamente tra i primi e i secondi si poteva supporre fossero anche i doppiogiochisti, ma non risulta che qualcuno abbia rifiutato l'imbarazzante dono. A Tolmezzo in Carnia, per esempio, il direttore della sezione del Corpo forestale della RSI, dott. Romano Marchetti, era anche il capo delle formazioni partigiane Osoppo della zona: presumibilmente avrà accettato anche lui quel denaro, perché in fondo, togliere "al nemico" rappresentava una raffinata forma di sabotaggio dall'interno.
Il 26 febbraio 1945 il Comune di Udine aumentò tasse e imposte comunali quasi raddoppiandole e moltiplicandole per due se il reddito familiare avesse superato le centomila lire annue.
Ai primi di marzo le edicole della periferia della città vennero minacciate se avessero esposto il quotidiano del Partito fascista repubblicano; nessun risultato.
Alla fine dello stesso mese la vidimazione delle tessere di lavoro obbligatorio divenne quindicinale e successivamente giornaliera.
Malgrado tutto le tasse vennero pagate e i bilanci comunali lo dimostrano. Conoscendo la mole di lavoro dei Comuni, della Provincia, della Prefettura, della Questura e degli altri enti pubblici, si può bene immaginare quali fossero le difficoltà da affrontare giorno per giorno, ora per ora, sempre al fine di assicurare alla popolazione il possibile per la sua vita. A tutto provvidero le autorità della RSI tanto nelle zone a ridosso del fronte che nei paesi di alta montagna, dove la disfatta partigiana nell’inverno del 1944 richiese il noto proclama del maresciallo inglese Alexander che invitava a colpire alle spalle tedeschi e fascisti, rinnovato dalla primavera del 1945 da analoghi appelli del clero. In realtà l'attività più sollecita fu diretta al furto dei viveri diretti ai paesi ed alle frazioni più lontane.
Il giorno di Pasqua 1945 giunsero a Udine alcuni convogli ferroviari dalla Germania con feriti e ammalati italiani che non avevano aderito alla RSI: malgrado la catastrofe finale fosse vicina, Mussolini inviò a Tarvisio da Milano alcuni funzionari con la somma di lire 8 milioni per le urgenze da risolvere.
Negli archivi comunali, provinciali o prefettizi, nonostante le condizioni di indescrivibile abbandono, è conservata la corrispondenza sia pubblica che privata, quest'ultima spesso specchio delle ragioni, talvolta assurde e incompatibili con la tragedia che si svolgeva attorno, personali e familiari. Una madre scrive il 3 luglio 1944 al Prefetto di Udine chiedendo semplicemente il rientro del figlio internato in Germania, pur sottolineando che non aveva aderito alla RSI nè per il lavoro in Germania. Il Prefetto annota sul foglio della donna in data 7 Giugno: "urgente rimpatrio dalla Germania. Confermare subito".
È rintracciabile, nella ricerca archivistica, il documento riassuntivo dell'attività assistenziale verso i bambini, svolta nella provincia di Udine, dall'O.N.B. ossia l'organizzazione fascista giovanile. La nota riporta:
Assistiti Spese
Befana fascista 5.870 266.500
Refezione scolastica gratuita 13.400 3.616.000
Patronato scolastico 13.380 356.000
Sussidi assistenziali 136 73.000
Indumenti 560 111.000
Indennità infortuni 96 56.000
Premi demografici 16 36.000
Colonie estive 5.528 3.000.000
Orfani di guerra in istituti scolastici 674 1.000.000
Medicinali 450 25.000
Cure ambulatoriali 457 28.000
Borse studio 26 52.000
Sussidi individuali 720 100.000
Inoltre: distribuiti 4000 pacchi dono indumenti, ospitati più di 100 ragazzi con vitto e alloggio, allestita una colonia montana a Gemona con cento bimbi senza tetto, creata una mensa aziendale a lire 10 a pasto per 200 impiegati cittadini. A parte: distribuzione di coperte, lenzuola, letti e materassi a oltre 100 profughi delle terre invase e dall'Istria. Firmato: Cap. De Barba. (Archivio Com. Udine. 288- 1945 - Cat.II).
È augurabile che si avvii una ricerca attenta presso gli archivi del territorio già amministrato dalla RSI, per ricostruire un quadro dell'attività svolta negli anni 1943-1945, dal governo repubblicano. È un aspetto poco conosciuto o addirittura falsato della storia della Repubblica Sociale Italiana, il cui accertamento consentirebbe di stabilire alfine la vera portata non solo della sua presenza su tre quarti del territorio nazionale, ma anche il peso reale dell'opposizione palese o occulta creatasi alla fine del 1943 e successivamente definita "resistenza".
Se anche vi furono, localmente come nella zona "libera di Carnia", episodi in cui le forze governative furono temporaneamente neutralizzate, perché esposte in zone non sufficientemente presidiate -si badi bene, in tempi vicini alla conclusione sfortunata della guerra - la RSI ristabilì sempre l'ordine e il suo ordinamento giuridico, amministrativo e burocratico, nell'interesse soprattutto della popolazione. Questa affermazione di legittimità non s'ebbe solo nelle città presidiate da migliaia di soldati e militi, ma anche nei centri minori, grazie anche all'apporto di dirigenti funzionari, impiegati e operai, che non si sottrassero ai loro doveri, nemmeno di fronte al rischio della vita.
STORIA VERITA’ N 7 Luglio-Agosto 1992

http://www.italia-rsi.org/vitacivile/amministrazione.htm#amministrazioneitaliaudine

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