giovedì 10 marzo 2011

Giuseppina Ghersi




PICCOLA MARTIRE SCONOSCIUTA

I FATTI
Giuseppina Ghersi (12 Luglio 1931 – 30 aprile/1 Maggio (?) 1945) [1] fu una studentessa di 13 anni dell'istituto magistrale "Maria Giuseppa Rossello" del quartiere “La Villetta” di Savona. Figlia di commercianti ortofrutticoli abitava in via Tallone, attualmente via Donizzetti. Dall’esposto [2] del padre, Giovanni Ghersi, presentato al Procuratore della Repubblica di Savona in data 29 aprile 1949 leggiamo che: “ll 25 aprile ‘45, alle 5 pomeridiane” i partigiani, appena entrati a Savona, chiedono ai Ghersi del materiale di medicazione che la famiglia non esita a fornire volentieri. Il giorno successivo, come di consueto, i coniugi si dirigono verso il loro banco di frutta e verdura ma in zona San Michele, poco dopo le 6.00 del mattino, sono fermati da due partigiani armati di mitra. Vengono portati al Campo di Concentramento di Legino, situato nella zona dell’odierno complesso delle Scuole Medie Guidobono, dove un terzo partigiano sequestra loro le chiavi dell’appartamento e del magazzino. Dopo circa mezz’ora viene deportata al Campo anche la cognata e i partigiani, senza testimoni, possono finalmente procedere rubando le merci dal negozio e tutti i beni della famiglia presenti in casa la cui esatta ubicazione è indicata da Laura Mongolli, madre della piccola, a seguito di "minacce e percosse"[3]. Solo Giuseppina manca all’appello perché ospitata da alcuni amici di famiglia in Via Paolo Boselli 6/8. I Ghersi, ormai detenuti da due giorni senza lo straccio di un’accusa, chiedono spiegazioni ai partigiani. Viene loro detto che si tratta di un semplice controllo e che hanno bisogno di fare delle domande alla figlioletta. Siccome Giuseppina aveva precedentemente vinto un concorso a tema ricevendo, via lettera, i complimenti da parte del Segretario Particolare del Duce in persona, trattandosi di una bonaria quisquilia, i genitori si persuadono parzialmente circa le intenzioni dei partigiani e, accompagnati da uomini armati, vanno a prendere la piccola. L’intera famiglia Ghersi viene dunque tradotta nuovamente al Campo di Concentramento dove inizia il primo giorno di follia. E’ il pomeriggio del 27 Aprile 1945: madre e figlia vengono malmenate e stuprate mentre il padre, bloccato da cinque uomini, è costretto ad assistere al macabro spettacolo percosso dal calcio di un fucile su schiena e testa. Per tutta la durata della scena gli aguzzini chiedono al padre di rivelare dove avesse nascosto altro denaro e oggetti preziosi. Giuseppina cade probabilmente in stato comatoso perché, come riferisce l’esposto al Procuratore, “non aveva più la forza di chiamare suo papà”. Verso sera inizia a piovere e le belve, stanche di soddisfare i propri istinti, conducono Giovanni e Laura Ghersi presso il Comando Partigiano di Via Niella dove viene chiaramente detto che a loro carico non è emerso nulla. Nonostante ciò i partigiani li rinchiudono nel carcere Sant’Agostino. Giuseppina subisce da sola un lungo calvario di sofferenze finché, il 30 Aprile 1945 (?), viene finita con un colpo di pistola per poi essere gettata davanti alle mura del Cimitero di Zinola su un cumulo di cadaveri. Il corpo viene disteso dal personale del luogo nella fila dei riconoscimenti per diversi giorni. Qui viene notato dal Sig. Stelvio Murialdo per alcuni agghiaccianti particolari. [4] La Sig.ra Ghersi viene rilasciata dopo 12 giorni di detenzione e riottiene le chiavi della propria abitazione dalla sorella, Maria Mongolli, che, nel mentre, è stata costretta a recarsi presso al sede comunista del quartiere Fornaci per averle. Pochi giorni dopo si presenta un tale di nome Peragallo, caporione del PCI, che provvede a sigillare tutte le camere eccetto una stanzetta e la cucina. E’ quasi estate e il marito viene liberato dal carcere l’11 giugno senza mai essere stato interrogato per tutta la durata della detenzione. In questa circostanza gli viene confermata la notizia della morte di sua figlia e, nonostante il tremendo peso che aggrava il suo cuore, ritrova dentro casa la moglie e la cognata terrorizzate. Il Sig. Ghersi si rivolge alla Questura dove, per via delle ruberie, gli viene corrisposto un acconto di 150’000 Lire mentre un agente, di nome Galatolo, si offre d’aiutarlo nella rimozione dei sigilli apposti ai locali della propria casa. L’uomo, dovendo provvedere a moglie e cognata, viene assunto “per compassione” presso il consorzio ortofrutticolo dove riesce a percepire il minimo necessario per sopravvivere. Sembra quasi che le cose tendano verso una certa normalizzazione [5] quando la notte dell’11 Luglio, a un mese esatto dalla scarcerazione di Giovanni, si iniziano ad avvertire alcuni rumori che svegliano di sobbalzo la famiglia. Un gruppo non identificato di persone cerca di forzare la porta di casa Ghersi che, fortunatamente, non cede. Giovanni e Laura non riescono più a sostenere l’onere delle violenze subite e fuggono da Savona affrontando una vita di stenti e povertà incontrando in ogni dove il sospetto dei funzionari politici del Pci.

LA MEMORIA NEGATA
Negli anni ’50 il Sig. Stelvio Murialdo insieme ad altri amici decide di fissare un incontro periodico per cercare di dar voce alle storie negate dalla vulgata resistenziale. Nasce il primo gruppo dell’Associazione Ragazzi del Manfrei. Sono anni difficili attraversati da un filo rosso di omicidi come testimonia, ad esempio, il delitto del Commissario Salemi messo a tacere dalla misteriosa “Pistola Silenziosa”. L’unico ambiente che accoglie queste testimonianze è quello del Movimento Sociale Italiano con l’isolamento culturale che ne consegue. I famigliari delle vittime così come i testimoni oculari sono tacciati di essere dei nostalgici del Fascismo e né i giornali né gli autori di storia locale concedono cittadinanza a simili storie. Passano i decenni finché, a livello nazionale, sembra aprirsi qualche spiraglio di speranza: il 2005 è l’anno del primo giorno del ricordo per i martiri delle Foibe e, timidamente, nel 2008 alcuni iniziano a chiedere alla locale sede de La Stampa di Savona la possibilità di parlare finalmente di Giuseppina Ghersi. Il Consigliere di Circoscrizione Vito Cafueri domanda, senza successo, che la piccola ottenga una targa in sua memoria nel quartiere Fornaci. Sembra comunque che il clima stia cambiando: l'ex senatore del Pci Giovanni Urbani, all'epoca commissario politico della divisione partigiana Gin Bevilacqua, dichiara: «Sono sceso a Savona proprio quel giorno ma non sapevo di questo episodio che merita di certo un approfondimento negli archivi. Non sarebbe un caso isolato. Venivamo da una guerra civile in cui era successo veramente di tutto» ma le reazioni non tardano e la Sig.ra Vanna Vaccani Artioli, per 27 anni Segretaria Provinciale e Consigliere Nazionale dell’Anpi afferma: «Mi ricordo Giuseppina Ghersi. Era poco più che una ragazzina ma collaborava con i fascisti. La sua fu sicuramente un'esecuzione». L’infondata accusa di collaborazionismo non può essere ribattuta perché, nel contempo, i parenti di uno dei partigiani probabilmente coinvolti nel fatto, denunciano La Stampa richiedendo un risarcimento che per legge spetta loro visto che il crimine in questione è stato amnistiato dalla Repubblica Italiana e a nessuno può essere imputato. I giornali scelgono di non parlare più del fatto fino all’11 febbraio 2010 quando La Stampa concede un piccolo ritaglio alla notizia dell’interpellanza del Consigliere Comunale Alfredo Remigio che, in sostegno all’iniziativa lanciata dai Ragazzi del Manfrei, chiede che sia “intitolato uno spazio pubblico o, quantomeno, istituito un Giorno del Ricordo in memoria di Giuseppina Ghersi”. Il Comune di Savona respinge la richiesta e in tutta Italia, via internet, nascono gruppi spontanei in sostegno alla memoria di Giuseppina Ghersi. I settori dell’estrema sinistra insorgono su vari siti e blog tra cui Indymedia iniziando a pontificare su strane dietrologie politiche visto il periodo immediatamente prossimo alle elezioni regionali. L’Assessore alla Cultura del Comune di Savona, Ferdinando Molteni, interviene sulla prima pagina de La Stampa di Savona affermando: «il delitto Ghersi fu un gesto ignobile ma con le intitolazioni delle strade si creano contrapposizioni e non si risolvono i problemi». L’enciclopedia “libera” Wikipedia nega ripetutamente la possibilità di redigere una pagina a memoria dei fatti mentre l’Anpi, alla richiesta di collaborazione avanzata dai Ragazzi del Manfrei, risponde col silenzio. In occasione del 25 Aprile 2010 il neonato Comitato “pro Giuseppina Ghersi” -che al suo interno racchiude tutte le associazioni e persone a favore del ricordo- organizza un’affissione ad memoriam tra gli spazi dedicati agli annunci funebri. Su alcuni manifestini vengono rinvenute scritte indecorose ma nessuno condanna il gesto. La mattina del 12 Giugno 2010 un corteo pacifico irrompe tra le vie del centro storico cittadino, non sono presenti simboli partitici ma solo tricolori in ossequio al desiderio di ottenere una memoria comune su tale vicenda storica. Una delegazione entra nel palazzo comunale e consegna alcune centinaia di firme di protesta al personale civico presente poiché i rappresentanti istituzionali latitano. I giornali non citano minimamente l’evento e dal Comune non proviene alcuna risposta. Il 15 Dicembre 2010, Michele Laurelli, Presidente Provinciale della Consulta degli Studenti di Savona, lancia un concorso sulla figura di Giuseppina Ghersi rivolto a tutte le scuole del territorio. Si innescano polemiche on-line tra i vari gruppi politici giovanili senza che intervengano nel dibattito i partiti veri e propri. Alcuni gruppi di studenti segnalano problemi di reperibilità circa la completa documentazione sul caso Ghersi presso l’Archivio di Stato locale inoltre le date riportate sui documenti concernenti la morte della ragazzina non coincidono coi fatti.
Il prossimo Aprile ci sarà il sessantaseiesimo anniversario di questa triste storia obliata volutamente, entro tale mese cadrà il muro del silenzio?

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[1] Misteriosamente il registro del Cimitero di Zinola custodisce documenti comunali che attestano la morte della piccola il 26 Aprile 1945. Errore di trascrizione o scelta deliberata di non far combaciare il delitto Ghersi con gli altri cui è collegato? ] E' difficile stabilire con certezza il giorno esatto della morte di Giuseppina. La data del 26 Aprile 1945 costituisce un paradosso dal momento che i genitori restano con la ragazzina fino al 27. Come riportato nella testimonianza di Laura Mongolli, madre di Giuseppina: "Presso il locale municipio risulta deceduta il 26 Aprile. La data è certamente sbagliata in quanto mia figlia il giorno 27 era ancora certamente viva". Stando all’esposto di Giovanni Ghersi presentato al Procuratore della Repubblica la piccola sarebbe stata uccisa con un colpo di pistola alle 4 di mattina del 1 Maggio.
[2] L’esposto, di cui è possibile chiedere copia all’Archivio di Stato di Savona, consta di 6 cartelle manoscritte ed è stato interamente trascritto all’indirizzo: http://www.facebook.com/l/c40e1a24dabnjQcBl7i45N9sHsw/www.ragazzidelmanfrei.it/storie.php?nws=55
[3] La deposizione della madre è leggibile all'url: http://www.facebook.com/l/c40e1llDRfTjRepwbBuSZ0Djd9w/www.ragazzidelmanfrei.it/storie.php?nws=54
[4] Dalla memoria del Sig. Stelvio Murialdo: “E proprio il primo era un cadavere di donna molto giovane; erano terribili le condizioni in cui l' avevano ridotta, evidentemente avevano infierito in maniera brutale su di lei, senza riuscire a cancellare la sua giovane eta'. Una mano pietosa aveva steso su di lei una SUDICIA COPERTA GRIGIA che parzialmente la ricopriva dal collo alle ginocchia. La guerra ci aveva costretto a vedere tanti cadaveri e in verita', la morte concede ai morti una distesa serenita'; ma lei , quella sconosciuta ragazza NO!!! L' orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue, con un occhio bluastro, tumefatto e l' altro spalancato sull' inferno. Ricordo che non riuscivo, come paralizzato, a staccarmi da quella povera disarticolata marionetta, con un braccio irrigidito verso l' alto,come a proteggere la fronte, mentre UN DITO SPEZZATO ERA PIEGATO VERSO IL DORSO DELLA MANO.”
[5] Come si legge dalla dichiarazione dello stesso Giovanni Ghersi, presente nel cit. Esposto: “era un periodo quasi sereno…”

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