di Maurizio Blondet
16 novembre 2010
Avete visto la trasmissione di Fazio e Saviano, cari lettori?
Ebbene: avete avuto un assaggio del regime della sinistra che ci attende dopo la caduta del Salame (Berlusconi, n.d.r.) Un regime dove l’opposizione non è ammessa. Dove non solo è delegittimata, ma vietata. Dove il regime si sceglie l’opposizione ammessa, perbene e legale. Dove la dialettica politica è costretta entro binari precisi e fissati dal Politburo.
Per esempio: Bersani per la sinistra, Fini per la destra, non sono chiamati a dire quel che vogliono. Nessun libero dibattito, Lenin ce ne guardi, nemmeno fra i due invitati. I due sono chiamati a fare una lista di valori di sinistra e di valori di destra: e guarda caso, spontaneamente, le liste coincidono. Entrambi snocciolano i ben noti luoghi comuni: Legalità, solidarietà, istituzioni rispettabili, e un po’ di ambientalismo, e bla bla.
Lo dico per i lettori che hanno meno di trent’anni, e che possono non aver conosciuto quel periodo della cultura egemone: questo è esattamente quel che noi vecchi intendiamo quando parliamo di comunisti. I comunisti possono aver messo in sordina la parte forte dell’ideologia, l’abolizione della proprietà privata, l’eliminazione della classe borghese, ma restano attaccati al Partito Unico. Nel loro sistema ideale, appena possono, riducono la società intera alla rappresentazione che ne hanno dato il Lecchino e lo Sbrincio in TV, l’altra sera. Dove la democrazia è cambiata in demokratura, ossia nella ripetizione e nell’applauso della Verità (in russo, Pravda), senza contraddittorio alcuno. Anche nella Polonia di Gomulka veniva lasciato vivere, a fianco del Partito Comunista, un Partito Contadino; che ovviamente aveva lo stesso programma del primo.
Gianfranco Fini, nel teatrino ideale messo in scena da Fazio e da Saviano, era già il rappresentante del Partito Contadino. Una vera opposizione? Non solo non era ammessa, ma non esisteva proprio. Era stata espulsa dall’esistenza. A questo provvedeva la Giustizia: chi si opponeva lo faceva infatti, invariabilmente, per suoi loschi interessi e motivi abbietti, ossia commetteva reato punibile in base al codice. Quale reato, era la Magistratura a stabilirlo, in processi in cui i colpevoli confessavano le loro colpe, per poi sparire persino dai libri di storia. Per lo più, erano definiti servi del capitalismo, sabotatori, eccetera.
Vi pare che noi anticomunisti esageriamo? Siete sicuri che mai e poi mai il Fazio e il Saviano riapriranno il Gulag? Attenzione, perchè il primo passo è già stato compiuto: Vittorio Feltri, per esempio, ha il divieto di scrivere per tre mesi – ossia durante l’imminente campagna elettorale – per decreto dell’Ordine (nell’URSS si chiamavano Organi Amministrativi). Ed Eugenio Scalfari s’è lagnato che Feltri non sia stato radiato, e non gli sia stato vietato di scrivere per sempre. Perchè anche questo abbiamo già visto, noi vecchi: la borghesia illuminata che superava in zelo forcaiolo il Partito (più mellifluo, alla Fazio), e chiedeva esecuzioni, se non altro alle Brigate Rosse.
Anche alle primarie di Milano abbiamo rivisto il passato, e proprio al TG3. In un seggio, la giornalista comunista si avvicina entusiasta ad una donna non giovane, di aspetto asiatico, che sta mettendo in ordine le schede sul tavolo: anche lei, immigrata, sfruttata, è con la sinistra?! Bene!... Viene interrotta da una carampana elegantissima, settantenne: No, questa è la mia filippina, parli con me. La carampana di sinistra s’era portata al seggio la sua filippina per farla lavorare, perchè lei non muove un dito. Del resto la Zona 1 a Milano (via dei Giardini, quartieri altissimi, case con fenicotteri rosa nei parchi padronali) ha sempre votato Rifondazione; ed oggi, Pisapia (1).
Anche oggi, sento dai commenti, gente di sinistra che applaude al bavaglio a Feltri: Feltri è un servo di Berlusconi – non ha un’idea sua, è un mercenario – e dunque non abbia spazio nel dibattito, non disturbi la Verità. Ho sentito dire anche: Vittorio Sgarbi (che ha criticato Saviano) è ripugnante, non deve parlare, parli solo d’arte, ma non d’altro.
Presto, appena capirà di poterlo fare, quel popolo griderà: alla forca! In galera!
Anzi già lo grida. E non solo questo. Nella trasmissione dello Sbrincio e del Lecchino, abbiamo rivisto la cultura che ha soffocato la nostra giovinezza. Allora erano Strehler, il Piccolo Teatro con sempre gli stessi spettacoli ideologici, le Case della Cultura, i cineforum che riproponevano per l’ennesima volta La Corazzata Potemkin, con applauso obbligatorio e dibattito marx-leninista a seguire.
Pensavamo che tutta questa fuffa truce – e noiosissima ogni oltre immaginazione – fosse stata seppellita per sempre dal grido liberatorio di Fantozzi: «La Corazzata Potemkin... è una cag... pazzesca!».
Macchè. L’altra sera ci siamo risorbiti quattro o cinque piccole corazzate Potemkin, prefigurazione del triste futuro che ci vogliono dare: un certo comico che non fa ridere, un fallito di nome mi pare Rossi, che però viene scritturato a miliardi perchè è un compagno. E soprattutto, Saviano stesso. Col suo interminabile, barbosissimo monologo dove anzitutto incorona se stesso come santo e martire, che ci fa l’onore di vivere tra noi anche se sotto scorta e rischiando i colpi della camorra – perchè l’auto-vittimismo è il secondo ingrediente dei comunisti, mentre perseguitano e incarcerano si dicono perseguitati – e per di più, con gli occhi storti che fa male a guardarlo, tanto non si capisce dove guarda: ma il Partito ha la forza di imporre anche uno sbrincio, e tutti – diconsi tutti – ad applaudire freneticamente, a far finta di essersi commossi ed eccitati dalla sbrodolatura... e nessuno che abbia il coraggio di gridare «Saviano è una cag... pazzesca!».
E per giunta, Saviano ha fatto un’accusa: la Lega è in combutta con la mafia. Prove? Nessuna. Una calunnia in piena regola e impunità. Il giornalista Saviano s’è già trasformato nel procuratore Mehlis, di sovietica memoria. Anche questo l’abbiamo già visto noi vecchi: in URSS, un comico e o un poeta del regime, di punto in bianco, in uno spettacolo, cominciava a deridere Bucharin, a chiamare servo Zinoviev, del tutto spontaneamente.
E l’indomani la Pravda (il giornale) ripeteva l’accusa molto seriamente, in un articolo anonimo; poi la magistratura, la famosa magistratura comunista, apriva un dossier. Il nominato dal comico era spacciato. Non c’era bisogno di provare l’accusa, l’accusato stesso confessava. Spontaneamente chiedeva perdono per i suoi crimini contro il Proletariato.
In Italia, dove il PCI non riuscì mai ad aprire i Gulag – per colpa di noi anticomunisti, che eravamo sempre maggioranza nonostante tutto – tuttavia era di regola la criminalizzazione dell’avversario politico, di quello irriducibile, di quello che non si può sperare di far diventare un Gianfranco Fini, una costola della sinistra. Se ha successo l’opposizione, ci diceva l’Unità, è perchè è pagata dalla CIA, è perchè è collusa con la Mafia; la magistratura indaghi sui suoi crimini e reati comuni, qualcosa troverà... tutto già visto.
Questo significa che dobbiamo stringerci ancora una volta attorno a Berlusconi? Rivotarlo, perchè altrimenti prende il potere quella sinistra? E perchè in fondo ha ancora una volta ragione, quando denuncia i comunisti?
Io direi di no, e per un motivo politico: una volta Berlusconi ha riunito attorno a sè la variegata maggioranza, oggi non più. Anzi, la sua presenza riesce a coalizzare le opposizioni. Gianfranco Fini (che si prepara un futuro istituzionale coi comunisti) l’ha detto chiaramente: se il Salame non si dimette, ci uniremo alla coalizione d’emergenza democratica, la coalizione che va da Rifondazione (rediviva) fino alla Confindustria e a Montzemolo.
Ora, di per sè, la sinistra è in pieno disfacimento, è divisa in una decina di partiti fratricidi, il Pdi (PCI) ha perso ogni egemonia leninista sulla stessa sinistra, che vota (alle primarie di Milano come a Bari) solo i candidati non indicati dal Pdi.
Se non ci fosse il Salame che li unisce nell’odio, quelli non potrebbero far nulla, preda della loro anarchia e marcescenza, dove tutti sono nemici di tutti.
La sinistra è infatti essenzialmente fratricida: Di Pietro demolisce Bersani (poveretto) ogni giorno di più, Travaglio ha attaccato Saviano (in URSS, il perdente fra i due sarebbe sparito, e il suo nome cancellato dall’Enciclopedia Sovietica), i giustizialisti si avventano contro le istituzioni... Il loro CLN non durerebbe concorde nemmeno un’ora. Invece, con Berlusconi dall’altra parte – che ha ancora abbastanza voti – possono tuttavia trovare una certa unità per fare il danno maggiore: appoggiare il governo tecnico, ossia Giuliano Amato (che abbiamo visto accanto a Fini: il Kippà ha bisogno del suggeritore, da solo non sa dove si comincia a governare). E sarà il buio: il buio a mezzogiorno, chissà per quanto.
Berlusconi, ormai, è un danno per l’anticomunismo. Dicono che vuole restare premier perchè ha paura, se perde l’immunità, di essere arrestato dalla ben nota magistratura, ed ha ragione: ma doveva pensarci prima, quando chiamò invece la Questura per salvare la sua puttanella marocchina. Sapendo di aver contro la magistratura e le altre istituzioni, non si fanno certe cose. Andare in galera? La politica comporta questi rischi: Hitler andò in galera, Trotsky fu latitante, ma poi ripresero il potere. Ma uno di 74 anni non ha il tempo per andare in galera ed uscirne con l’aureola del combattente politico.
E’ per questo, a parte tutto il resto, che Berlusconi non serve più. Se fosse intelligente se ne andrebbe ad Antigua, a fare l’ispiratore lontano ed esule. Non lo farà, e contribuirà al caos.
Io dico che non bisogna aver paura di perdere Berlusconi. Perchè alla peggio, voteremo Lega. O qualcun altro che per forza emergerà. Perchè, cari lettori – lo dico in modo paradossale – il berlusconismo esiste da prima di Berlusconi. Ossia l’anticomunismo, quello, c’è sempre. E’ sempre maggioranza, e sempre irriducibile. Milioni di noi che non andavano a vedere la Corazzata Potemkin – mentre tutti i precettati ci andavano – sapendo, prima di Fantozzi, che era una cag... pazzesca. Quelli che in Fazio e Saviano vedono quel passato che torna, e che l’hanno già battuto per cinquant’anni, con resistenza passiva; mai vincenti, ma mai perdenti del tutto.
Oggi, questa maggioranza deve tornare a combattere, certa – più certa che mai – della sua forza, che è la forza della realtà.
Il programma è già scritto, ed è quello che Berlusconi non ha attuato: la lotta alle caste parassitarie, alle istituzioni false e di parte, lotta alla noia della cultura comunista, che silenzia gli avversari. Lotta a quella oligarchia post-repubblicana, per dirla con un vecchio gollista, Jean-Pierre Chevénement, «senza memoria e senza progetto, e per cui la repubblica è diventata un concetto vuoto, tanto ella confonde il suo futuro con quello dell’establishment mondialista».
C’è da battere la falsa destra la cui lista di valori coincide con quella della sinistra, come abbiamo già fatto quando a volerci portare a sinistra era la DC. C’è da combattere il Kippà arrivista e quel che rappresenta, ossia una casta per al quale (dice Chevenement) «la democrazia non è più che una forma vuota: al meglio un quadro di diritto, al peggio la maschera dei suoi privilegi».
Noi anticomunisti non abbiamo mai accettato la democrazia come forma vuota, come quadro di procedure: l’abbiamo sempre riempita della nostra passione e volontà di non farci asservire, qualunque cosa ci predicassero la borghesia illuminata dell’Espresso e i preti, come don Gallo, che esistevano già 40 anni orsono, e ci suggerivano di adeguarci, di vivere all’ombra del comunismo sovietico, o di quellol gramsciano, perchè quello andava nella direzione della storia. S’è visto, come ci andava. Ci suggerivano, anche dal Vaticano, di piegarci al più forte; e noi, che fosse forte, non ci abbiamo mai creduto.
Figurarsi se crediamo forte questo comunismo televisivo del Lecchino strapagato, dello sbrincio coperto d’oro, e delle oligarchie dietro di loro; una casta che, priva ormai della sua ideologia motrice, «non sa fornire un modello d’identificazione nè un destino comprensibile, dato che da gran tempo cerca altrove, nell’establishment mondialista, la sua legittimazione».
Sappiamo, come il gaullista, che l’essenza di questa oligarchia è «la dipendenza, o piuttosto il desiderio di dipendere»: oggi, da Goldman Sachs, come ieri dal Britannia.
Ebbene: Salame o non Salame, noi ci siamo ancora. C’eravamo prima di lui. Ci saremo anche dopo. Perchè la Corazzata Potemkin, anche nelle sue forme conformiste alla Saviano, è sempre una cag... pazzesca.
Note
1) E tuttavia Giuliano Pisapia, eletto (dalle sinistre coi fenicotteri rosa della Zona 1) nelle primarie di sinistra a Milano contro la volontà di Bersani, essendo un avvocato, è esplicitamente contrario allo strapotere della magistratura. In passato ha proposto una legge per l’abolizione dello psico-reato di concorso esterno in associazione mafiosa; s’è pronunciato per la separazione delle carriere e per il divieto d’appello in caso di assoluzione. Marco Travaglio lo ha già duramente attaccato. Nel regime prefigurato da Fazio e da Saviano, finirebbe alla Lubianka col classico colpo alla nuca.
Sinistra e grande capitale
Maurizio Blondet 18 Novembre 2010
Un lettore scrive:
«Stimato Blondet,
che la corazzata sia un cagata sono d’accordo con Lei ma non perchè vedo il comunismo rappresentato dalla figura di quello che chiama il ‘lecchino’ che ospita criminali di tutti i tipi come Blair e ne fa indistintamente l’elogio. Quei due coglioni che sono andati a parlare di destra e di sinistra dovendo leggere per memoria cosa dire non sono stati costretti dal comunismo a quella figura per mancanza di libertà ma per volere del direttore RAI che, ricevuti opportuni ordini dal Salame, temeva che facessero campagna elettorale. Si tranquillizzi comunque che i comunisti non ci sono più, ci son solo incolti raccomandati pagati molto per fare nulla. Secondo me sarebbe proprio ora il momento storico di avere il comunismo o il vero fascismo. Eliminare una certa percentuale di canaglie non sarebbe poi un grande sgarro nè una violenza alla democrazia che non c’è e che non ci sarà finchè non ci decideremo, come inizio, ad eliminare le banche in mano agli ebrei e ai capitalisti.
Gradisca cordialissimi saluti. P. Deola»
Il lecchino ha leccato Tony Blair. Ebbene: ciò è propriamente di sinistra.
Cerchi, il lettore, di ricordare chi ha presieduto alla svendita delle aziende IRI e di quelle parastatali, cioè Goldman e simili, dalla riunione del Britannia (1992) in poi: Draghi, Ciampi, Amato... è o non è tutta gente leccata e venerata dalle sinistre?
Amato, capo del governo, preparò la privatizzazione trasformando le partecipazioni statali in SpA, in modo che la finanza anglo-americana le potesse comprare.
Ciampi difese la lira tanto bene contro l’attacco di Soros, dilapidando 20 mila miliardi di lire, che alla fine la lira valeva il 30% in meno sul dollaro, ossia le imprese italiane poterono essere comprate dagli stranieri con lo sconto del 30%.
Draghi, allora funzionario del Tesoro, era sul Britannia a dire ai finanzieri inglesi che l’ostacolo alle privatizzazioni erano DC e PSI... guarda la coincidenza, Di Pietro e il Pool di Milano eliminarono DC e PSI. La complicità delle procure di Mani Pulite nell’operazione-svendita è comprovata.
Il 12 maggio del 1993, su ordine di Antonio Di Pietro, viene arrestato Franco Nobili, il successore di Prodi alla testa dell’IRI. Di Pietro lo tiene in galera due mesi e mezzo senza levare alcuna accusa. Il perchè dell’arresto di Nobili si è capito molto dopo.
Poichè era obbligato a privatizzare, Nobili aveva dato a Merrill Lynch l’incarico di valutare il Credito Italiano (Credit), banca pubblica, per la vendita. Durante la sua detenzione, qualcuno tolse l’incarico a Merrill Lynch e lo affidò a Goldman Sachs.
Secondo Merrill Lynch, Credit si poteva collocare a 8-9 mila miliardi di lire; per Goldman Sachs valeva solo 2.700 miliardi, e a tanto fu venduta.
A guadagnare, in Italia, fu solo De Benedetti, arraffando qualcosa con l’aiutino di Prodi.
E tutti questi personaggi sono considerati di sinistra, venerati e lodati dalla sinistra lecchino-comunista. E poi si stupiscono perchè la gente non li vota?
Lorsignori hanno distrutto le maggiori industrie italiane.
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