Tra i tanti addebiti fatti al regime fascista, si è soliti enumerare anche le leggi sul confino di polizia.
Per quanto riguarda il confino e le colonie di confino, si è detto praticamente di tutto su questa misura di prevenzione destinata "anche" agli avversari politici del regime fascista.
Effettivamente, di quale sia la vita al quale il confinato è destinato si conosce ben poco, motivo per il quale si ritiene opportuno dare al lettore un quadro chiaro su cosa sono le colonie destinate ad ospitare i confinati.
A disciplinare la materia è il Regolamento per l'Esecuzione del Testo Unico 18 giugno 1931IX, n.773 delle leggi di P.S.
Detto regolamento prevede che per la misura del confine siano proposti coloro i quali sono pericolosi per la "sicurezza pubblica o per l'ordine nazionale" ed è chiaro, quindi, che non si è avviati al confino solo per motivi d'ordine politico.
La proposta di assegnazione al confino di polizia deve essere fatta dal Questore al Prefetto, ma non è questi a decidere in prima persona l'applicazione della misura di polizia.
Esiste, a tal proposito, una Commissione che, dopo aver interrogato il soggetto in questione e valutato gli addebiti, lo invitano a "presentare a discolpe in congrua termine".
Dopodiché, l'apposita commissione, mediante ordinanza decide di inviare, il denunziato al confino oppure, qualora non ravvisi gli estremi per l'applicazione della misura di polizia, può decidere la misura dell'ammonizione, oppure rinviare gli atti al Questore perché proceda alla diffida del condannato.
Qualora sia emessa un'ordinanza sfavorevole al denunziato questa sarà inviata al Ministero dell'Interno, unitamente alla proposta del Prefetto, al fine di far trasferire il confinato in "un comune del Regno diverso dalla residenza abituale, oppure in una colonia di confino '.
E' bene precisare che non possono essere inviati al confino i minori degli anni diciotto e coloro i quali non sono in condizioni di salute tale da poter sopportare il regime di confino, tant'è che è previsto che all'ordinanza della commissione decidente sia allegato un "certificato medico attestante se il confinato si trovi in condizioni di poter sopportare il regime del confino.
Inoltre, è possibile proporre ricorso all'ordinanza di confino ad un'apposita "Commissione di appello contro le assegnazioni al confino" che, qualora si pronunci in maniera favorevole al confinato, ha facoltà di ridurre il periodo di confino, oppure ordinare che, in luogo di questo, siano inflitte l'ammonizione o la diffida.
Trattato brevemente di quali siano le modalità con le quali si è inviati al confino (che come è stato visto può essere fatto i qualsiasi comune del Regno d'Italia), passiamo adesso a descrivere quale vita conducono coloro i quali si ritrovano, loro malgrado, ad essere assegnati ad una colonia di confino.
Per la descrizione ci gioveremo del paragrafo 38 del predetto Regolamento per l'Esecuzione del Testo Unico delle leggi di P.S., che titola: "Del trattamento dei confinati e della disciplina del confino" e della descrizione fatta all'epoca dal giornalista Mino Maccari al quale fu affidato da Curzio Malaparte, allora direttore della Stampa di Torino, un reportage sulle colonie di confino di Ponza e Lipari.
L'inchiesta di Maccari, comparsa a puntate sul quotidiano torinese dal 4 al 30 settembre sotto il titolo " Un mese a Ponza e a Lipari tra i confinati', è stata ripresa, seppure per estratto, qualche tempo fa dal quotidiano // Giornale (cfr. il numero del 20 settembre 2003 pag 30 e 31).
Purtroppo, la descrizione di Maccari fa riferimento a soli due luoghi di confino mentre, come è noto ve ne saranno anche altri come Ventotene, Ustica e le Tremiti.
Il Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S. prevede che i confinati, privi di mezzi di sussistenza, sono obbligati a lavorare, chiaramente laddove sia possibile.
Qualora il confinato non abbia mezzi propri e il luogo di confino non offra possibilità di lavoro, è previsto che sia alloggiato a cura del Ministero dell'Interno e che dallo stesso Ministero riceva un sussidio giornaliero, sin dal primo "giorno dell'arrivo in colonia o nel comune di confino" (eh. art. 327 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.LPS.}.
Maccari, nel suo reportage, trattando della vita dei confinati a Ponza, scrive in merito a quanto detto sopra: " // sussidio normale che i confinati chiamano la "mazzetta" è di dieci lire al giorno ma il confinato può, anzi è tenuto a cercare lavoro e guadagno. (...) Quanto al lavoro, date le scarse possibilità del paese, non a tutti è dato procurarsene; sicché la gran parte dei confinati, nelle lunghe ore di libera uscita, passeggiano su e giù per il corso, in vista del mare: dalla piazzetta dell'orologio che e l'ingresso ufficiale di Ponza, e insieme il suo centro (sede del Fascio, direzione della Colonia, negozi e caffè principali sono nei pressi), fino all'imbocco di una gallerìa scavata nella roccia, che segna il limite del paese e del confino, e immette nella strada principale che percorre tutta l'isola fino atta Forna. Su e giù, su e giù dalla mattina alla sera: un continuo andare e venire di gruppetti gesticolanti, o di taciturni solitarii
L'alloggio, quando è fornito dallo Stato, sebbene non sia di lusso, tant'è che il regolamento parla di "cameroni per il ricovero dei confinati' deve essere comunque tale da soddisfare i necessari requisiti d'igiene.
Tant'è che ogni "camerone" deve essere dotato di una "latrina inodore e di un orinatoio per ogni venti persone^ le cui caratteristiche debbono essere determinate dal medico provinciale o da altro sanitario incaricato dal Prefetto.
Inoltre, vi deve essere una dotazione d'acqua e qualora manchi l'acqua corrente per uso potabile si deve assicurare una "quantità d'acqua igienicamente difesa da eventuali inquinamenti" (cfr. art. 328 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.LP.S.).
Affinchè le norme previste in materia di alloggi siano rispettate, il medico della colonia dovrà visitare settimanalmente i locali adibiti a dormitorio, per rilevare eventuali deficienze in fatto di igiene, proponendo gli opportuni rimedi.
Gli "ospiti" della colonia possano alloggiare, a proprie spese, in alloggi privati e anche farsi raggiungere dai loro familiari "purché dimostrino al direttore della colonia di aver assicurato per essi l'alloggio ed i mezzi di sussistenza" (cfr. art. 326 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.LP.S.)
L'amministrazione dell'Interno, oltre a fornire ai confinati, privi di mezzi, gli effetti letterecci e d'arredamento quali: branda, lenzuola, coperta, seggiola, comodino, attaccapanni, brocca, catino, bottiglia e bicchiere in vetro, e due asciugamani da cambiarsi ogni 15 giorni, garantisce a quelli più bisognosi, una volta l'anno, la fornitura di un vestito civile, capi di biancheria personale e un paio di scarpe, (cfr. art. 329 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.LP.S.}
E' bene dire che l'alloggio fornito non è sempre rispondente al dettato della legge.
Per fortuna, la situazione non è drastica in tutte le colonie per confinati ma differisce secondo i casi e la possibilità della pubblica amministrazione, situazione che, peraltro, si verifica ancora oggi, per scuole pubbliche, carceri, ospedali ecc.
E' lo stesso Maccari a notare l'enorme differenza che esiste tra i locali destinati da ricovero ai confinati esistenti a Ponza, di pessimo tipo, e quelli indubbiamente migliori esistenti a Lipari.
Di Ponza scrive: "L'alloggio dei confinati (di Ponza n.d.a.) è fornito da un vecchio edificio a un piano e consiste in un grande corridoio, a due navate, che divide due ali di piccole camerate.
Un recente provvedimento (l'articolo è del settembre 1930 n.d.a.) ha concentrato i confinati politici che prima erano sparsi in varie isole, a Ponza e a Lipari (...) Il camerone rimane, come ho detto, il centro di raccolta dei confinati. In ognuna delle piccole camerate che fiancheggiano il corridoio centrale, anch'esso adibito a dormitorio, abitano tre persone; ed ogni persona ha a disposizione un lettino di ferro a rete metallica con saccone, lenzuola e una coperta, annesso al letto e un comodino. Oltre a questi indispensabili oggetti, ognuno, a seconda del proprio spirito d'iniziativa si e procurato qualche sgabello, coperte e lenzuola proprie. Il problema principale della vita nel camerone è, naturalmente, quello della convivenza e dei contatti, problema spinoso che da luogo ad uno smistamento che non e mai definitivo, ad una serie di sistemazioni che non sisteman nulla. Fino ad una cena ora i confinati posson li dentro, leggere, scrivere, studiare, chiacchierare, e dispongono di una piccola biblioteca. Sulle pareti fanno bella mostra ampie cane geografiche e grosse tavole rappresentanti l'anatomia del corpo umano. Ogni tanto si organizzano corsi di lezioni di vario argomento, finché non nasce qualche discordia o qualche malinteso, come sempre accade negli agglomerati forzati, forniti di pettegolezzi, d'invidie e di rancori infimi, nonché di nevrastenia e di eccitabilità. Nell'alloggio ci sono vari locali oltre gli annessi indispensabili, oltre gli annessi indispensabili: ce una cucina, c'è una stanza per una mensa. Cuoco, sottocuoco e aiutanti son bolognesi di provincia; beninteso, confinati e cuochi d'occasione. I lavatoi son forniti d'acqua corrente, ma l'impianto non e perfetto, ed ogni tanto si guasta. Ciò provoca come naturale, lamentele infinite che s'intende riguardano la. ditta appaltatrìce dei servizi. Ho poi saputo, prima di lasciare Ponza, che erano giunti dei richiami severissimi alla ditta appaltatrìce dei servizi"
II giornalista non apprezza molto la sistemazione logistica dei confinati a Ponza, ma è da dire anche ed egli stesso riporta che tale situazione è anche dovuta al fatto che i proprietari di case locali sono molto esosi per quanto riguarda gli affitti, fatto questo che preclude a molti la possibilità di affittare una casa d'abitazione.
Che la situazione a Ponza non sia delle migliori è riferito anche dal confinato G. Isola in una sua lettera di protesta inviata al Ministero dell'interno e datata 12 ottobre 1929: "Da una ventina di giorni tutti i confinati politici, salvo pochissime eccezioni, che alloggiano in abitazioni private, in seguito a disposizioni superiori e nonostante il grave pregiudizio per la laro salute, dormono nell'edificio denominato 'Bagno' malgrado non corrisponda affatto, neppure approssimativamente, alle norme più elementari dell'igiene. I locali oltre di essere umidi sono poco arieggiati e vi alloggiano circa duecentosettanta persone, delle quali ottanta in due corridoi. Lo spazio riservato ad ogni confinato è talmente ristretto che non tutti possono tenere presso di loro il corredo personale. Le latrine sono vicinissime ai dormitoti ed emanano un fetore insopportabile".
Fortunatamente, migliore è la sistemazione a Lipari ed è sempre Maccari a riportarlo puntualmente: "Anche come clima, Lipari è molto più felice di Ponza, protetta come dalle vicine coste della Sicilia e del Continente, tanto che prima di diventare sede di confino, stava acquistando fama di luogo di villeggiatura, ed una popolazione sempre crescente di bagnanti vi accorreva ogni estate.
Tutti questi elementi concorrono ad allontanare da Lipari quel senso di isolamento che è un po' l'incubo di Ponza; e gli stessi confinati la cui presenza non si nota troppo, hanno maggiore spazio a disposizione, e varietà di passeggiate alcune delle quali veramente deliziose.
Il loro alloggio è ben diverso da quello di Ponza: edificio recentissimo, costruito con criteri moderni e in regola con le prescrizioni dell'igiene e inaugurato da pochi mesi, sembra piuttosto un collegio o un palazzo scolastico: enormi finestroni, camerate ariose e soleggiate, ordinate ovunque e pulizia perfetta. Nulla a che fare con il vecchio e lugubre "camerone" di Ponza; tante vero che non c'è stato qua un solo confinato che me ne abbia fatto cenno per esprìmere il benché minimo disappunto, e se qua fosse magri, dovrebbe cercare altri argomenti per compilare memoriali di protesta e per invocare, lui, il fuorilegge, l'applicazione della legge.
Malgrado questo, è molto maggiore che non a Ponza il numero dei confinati che dispongono d'una stanza in affitto, come molto maggiore il numero di quelli che trovano lavoro e guadagno. "
Segue nell'articolo di Maccari il numero di coloro i quali a Lipari hanno continuato nella loro attività lavorativa come camerieri, modiste, salumieri, barbieri
Il fatto che i confinati possano farsi seguire dalla famiglia creerà una nuova comunità affiancata alla comunità preesistente nei luoghi di confino, all'interno della quale ci si conosce, si litiga, per motivi personali e politici, e finanche ci si sposa e si nasce:
"Le possibilità di vita sociale a Lipari, più che a Ponza hanno dato luogo a vari matrimoni nell'ambiente del confinati; ed anche fra confinati, o figli o parenti di confinati, e liparesi.
Molte nascite sono avvenute nella colonia; e lo stato civile del confino è qua ben più animato che non a Ponza.
Un operaio romano mi ha presentato la famigliola riunita attorno al desco: la giovane moglie, il fratello e quattro figliolo-ni, di cui l'ultimo concepito è nato al confino.
Altri mi hanno fatto conoscere la madre, altri la sposa altri la sorella"
Oltre a quanto detto è da riferire che è prevista, per gli inviati al confino bisognosi, la gratuita assistenza sanitaria e l'eventuale somministrazione di farmaci.
Per tale motivo, ogni colonia di confinati deve essere dotata di un'infermeria, con relativo infermiere e congrua scorta di farmaci, di un ambulatorio e di un locale per l'isolamento dei malati infettivi, (cfr. art. 330 e 331 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.L.PS).
E' sempre Maccari a scrivere: "// confinato ha diritto ad usufruire gratuitamente del servizio sanitario e dell'infcrmeria e può far domanda per uno speciale sussidio, ove le condizioni di salute gli impongano una supernutrizione o un vitto speciale che il sussidio normale non gli consentirebbe di procurarsi"
Gli inviati al confino di polizia non sono dei reclusi in quanto non scontano una pena che è gli è derivata da un fatto delittuoso.
Sono, invece, sottoposti a una misura di prevenzione di polizia che tende ad allontanare dal tessuto sociale quegli individui che, come si è detto sopra, sono ritenuti pericolosi per la "sicurezza pubblica o per l'ordine nazionale'. Il confinato non è un galeotto e, seppure nei limiti territoriali imposti, ha ampia libertà di movimento secondo i vincoli sotto elencati ed è facoltà del direttore concedere delle dilazione alla libera uscita dei singoli.
L' "Ospite" della colonia, infatti, ha libera uscita nei seguenti orari: dal 1 novembre al 28 febbraio dalle 7 alle 19; dal 1 marzo al 30 aprile e dal 1 settembre al 31 ottobre, dalle 7 alle 20; dal 1 maggio al 31 agosto, dalle 6 alle 21. (cfr. art. 334 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.L.PS.)
Alle limitazioni di libera uscita, che come si è visto riguardano esclusivamente gli orari notturni, si aggiungono altre limitazioni che prevedono il divieto di discutere di politica e far propaganda politica (divieto questo che verrà ampiamente disatteso), il divieto di conservare somme di denaro che eccedano i bisogni ordina-ri, il divieto di spedire o ricevere corrispondenza e pacchi se non attraverso la direzione della colonia che può esercitare su tale corrispondenza la censura e, infine, il divieto di andare in barca per diporto (cfr. art. 333 e 335 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.L.PS.).
In merito al divieto di andare in barca, la motivazione è facilmente intuibile, in considerazione del fatto che i luoghi di confino sono spesso isole.
E' interessante ricordare che proprio in barca, o meglio, grazie ad un potente motoscafo a motore, da Lipari nel 1929 scapperanno i confinati Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Francesco Fausto Nitri.
La fuga dei tre sarà nefasta per l'intera colonia in quanto servirà ad inasprire le condizioni dei confinati che rimarranno sull'isola.
In merito alle regole della colonia, il puntuale cronista riporta in merito: "A ogni confinato viene consegnato una specie di libretto-tessera che egli e obbligato a portare sempre con sé, e che contiene l'elenco delle prescrizioni e dei doveri cui è tenuto durante la sua permanenza al confino. Queste norme riguardano l'ora della, ritirata, i limiti territoriali, il contegno pubblico, una cena disciplina consistente nell'obbligo di esser presente all'appello quotidiano. Del divieto d'assembramento e simili. L'orario stabilisce che il confinato può liberamente "circolare" dalle sete del mattino atte sette di sera, d'inverno; fino alle nove, d'estate. Nette altre ore - le "ore del ritiro" -deve essere reperibile nell'alloggio particolare che si e scelto, con l'autorizzazione detta Direzione, o in quello comune. "
Al confinato che si rende colpevole di una violazione alla disciplina del confino non sono somministrate né frustate e neppure celle di tortura.
La normativa prevede che può essere punito con un richiamo, che è un rimprovero formale, con il divieto di libera uscita e con la riduzione dell'assegno giornaliero.
Mentre il richiamo viene comminato dal direttore della colonia, per gli altri due tipi di sanzione è necessario che si riunisca una commissione disciplinare composta dallo stesso direttore, dal medico della colonia e dal—parroco.
Il divieto di libera uscita va da uno a trenta giorni e a questo, nei casi particolarmente gravi, può aggiungersi la riduzione della metà del sussidio giornaliero, "la sostituzione del tavolaccio alla branda e la limitazione del vitto al pane e atta minestra, due volte al giorno, salvo eventuali prescrizioni mediche" (cfr. art. 336, 337 e 338 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.LP.S.)
E' evidente che le condizioni disciplinari non sono draconiane.
Le sanzioni inflitte sono piuttosto blande e nel rispetto della salute fisica di coloro i quali le debbono sopportare.
Non si tende, infatti, ad avvilire tìsicamente e psicologicamente colui il quale è sottoposto ad una sanzione disciplinare.
Soprattutto, è da dire che la previsione di deputare un'apposita commissione all'erogazione di sanzioni disciplinari, tutela il confinato da arbitri e soprusi.
Basta pensare che tale tutela lo accompagnerà fino all'ultimo giorno di confino quando l'autorità di P.S. ne disporrà il rimpatrio con foglio di via obbligatorio.
Tale rimpatrio dovrà essere effettuato senza ritardo e soprattutto senza ostacolo alcuno.
Il legislatore prevede, infatti, che: "II ritardo da parte del funzionario preposto ala vigilanza dei confinati a liberare, a compiuto periodo, un confinato, e punito con pene disciplinari, salvo le sanzioni del codice penale'(cfr. artt. 336, 337 e 338 del Regolamento per l'Esecuzione del T.U.L.P.S.).
Conclusioni
Come promesso in apertura, e come poi puntualmente mantenuto, ho fatto ampio uso, nell'estensione del presente articolo, della testimonianza riportata da Mino Maccari in quel settembre del 1930.
Qualcuno potrebbe facilmente pensare che gli scritti del giornalista, essendo stati pubblicati sulla stampa di regime, non sono di nessuna affidabilità in quanto si tratta di stampa addomesticata.
Questo potrebbe essere anche accettabile se il giornalista non fosse Maccari e il direttore del Giornale non fosse Malaparte.
Il Primo, espulso dal Partito Nazionale Fascista per il suo atteggiamento critico e poi licenziato dalla quotidiano La Stampa, il secondo, invece, prima licenziato dalla Stampa e poi a sua volta inviato al confino.
Ciò si evidenzia al fine di rendere edotto al lettore di quali personaggi scomodi, poco allineati e poco allineabili, possano essere stati per il regime fascista la coppia Malaparte -Maccari.
Maccari (oltre che un giornalista eccezionale) è testimone attendibile, se non altro per il fatto che egli stesso da atto di aver rifiutato con garbo, durante la sua visita a Lipari, che il Commissario di Polizia, direttore della colonia, chiami ad uno ad uno i confinati nel suo ufficio per presentarglieli e consentirgli un colloquio con costoro: "'Per entrare nell'ambiente del confino di Lipari ho dovuto, ancora, come a Ponza, pur dolente di mostrarmi un poco sgarbato, sfuggire ad una fitta rete di gentilezze e di continue attenzioni, dovute questa volta soprattutto all'energico dinamico e volitivo Direttore della Colonia, il Cavalier Grasso, Commissario di P.S., siciliano, il quale voleva, con cortese pensiero, risparmiarmi perfino la noia di avvicinare direttamente i confinati, e aveva cominciato con il presentarmeli egli stesso, chiamandomeli nel suo ufficio.
Senza dubbio la cosa sarebbe stata molto comoda e spiccia, ma ormai io avevo dato ala mia visita un carattere diverso, e ho dovuto far intendere al commissario come non mi convenisse cambiar sistema. D'altra parte, in sua presenza, poteva darsi anche il caso che qualche confinato alterasse la verità, esagerando i lati meno piacevoli e gli inconvenienti del confino, o tacendo per non far la figura del piaggiatore e dell'adulatore, le benemerenze dello stesso direttore. Ho dovuto però impiegare qualche giorno per farlo aderire a questa mia tesi."
Maccari, vecchia volpe del giornalismo, sa bene che la presenza del commissario Grasso non darebbe ai confinati la possibilità di esprimersi con spontaneità e veridicità e il giornalista vuole fare una foto veritiera della vita di una colonia di confinati e si rifiuta di farla attraverso la lente propostagli dal commissario di polizia che gli darebbe un'immagine distorta della realtà.
Al confino saranno mandati nomi famosi e meno noti.
A Ponza arriveranno Giorgio Amendola, Lelio Basso, Pietro Nenni, Mauro Scoccimarro, Giuseppe Romita, Pietro Secchia, Umberto Terracini e Zaniboni,
mentre a Ustica saranno confinati Filippo Turati, Ferruccio Parri, Carlo e Nello Rosselli, Randolfo Pacciardi, Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci.
Come detto, vicino ai nomi noti vi saranno anche sconosciuti operai e contadini, ma anche indipendentisti libici, politici Jugoslavi, greci e ras etiopici.
Per ironia della sorte, dopo la caduta del fascismo, a Ponza sarà trasferito anche Mussolini che vi resterà dal 27 luglio al 7 agosto.
In totale, è stato calcolato che "coloro che furono deportati o nelle isole o in piccoli comuni, soprattutto nel mezzogiorno, dove erano sottoposti alla libertà vigilata, furono oltre 10.000, si può ritenere che le persone che la polizia politica considerò ostili al regime, pericolose per esso e, quindi, soggette a diverse misure di sicurezza e repressione, furono più di 16.000."
Dando per buoni i numeri sopra riportati, è da rilevare che, considerando la popolazione italiana dell'epoca come composta da circa 40.000.000 di abitanti, i 10.000 deportati rappresenteranno il 0,025% della popolazione totale.
Costoro, benché saranno relegati a vivere lontano dalla vita politica e dai loro luoghi d'origine, non saranno detenuti in celle, avranno assistenza sanitaria, possibilità di avere le famiglie vicino e vitto e alloggio decorosi.
Sia ben chiaro non è mia intenzione fare l'elogio del confino, dei metodi repressivi del regime fascista o del fascismo in generale .
Qualora a qualcuno non fosse chiaro ripeto la frase:
"Non è mia intenzione fare l'elogio del Confino, dei metodi repressivi del Regime fascista e del fascismo in generale".
Reputo, infatti, inammissibile privare qualcuno della propria libertà per il solo fatto che costui ha idee differenti dalle tue.
Con il presente lavoro intendo unicamente affrontare l'argomento con serenità e fornire al lettore un quadro quanto più possibile veritiero di quello che furono le colonie di confino, ciò anche in considerazione del fatto che "il confino fascista" ha assunto una particolare valenza nell'immaginario collettivo nazionale.
Mi fa piacere chiudere ricordando quanto scriverà Mario Cervi in un suo articolo sull'argomento:
"Ma non si tratta, per carità, di riabilitare il fascismo. Si tratta d'usare nella storia lo stesso buon senso che si usa nella vita, e che invece va a volte perduto per passione faziosa o per calcolo politico. Il confino fascista non era una villeggiatura, d'accordo. Ma lo era, eccome, se raffrontato ai gulag staliniani o ai lager nazisti. L'esistenza dei gulag e le atrocità sovietiche non impedirono alla classe dirigente italiana - incluso Akide De Gasperi, allora presidente del consiglio - di profondersi in elogi commossi - per non dire dei ditirambi comunisti - dopo la morte di Stalin."
http://www.thule-italia.net/fascismo/confine.html
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