lunedì 21 giugno 2010

Luciano Canfora, “Critica della retorica democratica”, Editori Laterza, pagg. 1



di Massimo Formica

In Occidente, l’ idea che la democrazia sia solo ed esclusivamente quella parlamentare, genericamente definita “liberale”, è piuttosto radicata. Luciano Canfora, marxista non pentito, recupera la tradizione élitista del XIX secolo e del principio del XX, per sottolineare come nella realtà, dietro il mito della maggioranza che vince e del governo del popolo si nasconda il controllo di oligarchie e poteri forti, che utilizzano di volta in volta la forma di governo che storicamente è più vicina alla sensibilità dominante, per garantirsi la sopravvivenza. In realtà è improprio definire “democrazia” un sistema politico quale il nostro, nel quale il voto è merce sul mercato politico e l’ ingresso in Parlamento comporta una fortissima spesa elettorale da parte del’ aspirante “rappresentante del popolo”. Questo rattristante (sul piano etico prima ancora che democratico) aspetto, fondante, del sistema parlamentare resta per lo più in ombra. Ma è il pilastro del sistema. Il ceto politico esprime tendenzialmente le classi medio-alte e abbienti. Non è un caso che i partiti più legati alla difesa dei ceti tradizionalmente deboli e con proposte a forte valenza sociale non piacciano a coloro cui chiedono il consenso. Una ragione determinante è che, in condizioni di “normalità”, nei paesi ricchi e decisivi, la “maggioranza” predilige, anzi adora, i valori, i comportamenti e i modelli rappresentati dai detentori della ricchezza. Non è senza motivo che, di norma, i grandi veicoli di informazione, i giornali popolari e non, Tv, ecc. raccontino esclusivamente la vita anche privata, dei potenti. Sono loro sul piano pubblico come anche su quello privato, l’ oggetto privilegiato del discorso. E l’ eventuale “finestra” aperta sulle vicende delle persone “comuni”, lo è in quanto presunto veicolo, per alcuni di loro, per “cambiare posto” nella scala sociale: magari attraverso quel potente strumento di potere che è la comunicazione di massa. D’altra parte è noto che nei luoghi decisivi del pianeta, gli Usa pilotino le elezioni e fabbrichino il vincitore. Il caso più clamoroso e notorio, e di risonanza mondiale, fu la rielezione di Eltsin in Russia, in gara con Ziuganov, leader neo-comunista, possibile vincitore in base ai sondaggi. In pochi mesi, Eltsin fu risollevato dal circa 2% di “intenzioni di voto” che gli erano accreditate. Non raggiunse la maggioranza ovviamente, ma con la creazione di un terzo candidato nazional-populista, il generale Lebed, il paventato successo di Ziuganov al primo turno fu scongiurato. Il resto fu gioco da ragazzi. E sia pure ragazzi CIA. Le elezioni russe erano in quel momento di importanza capitale. Gli USA non potevano perderle, e infatti puntualmente le vinsero. Le dispute da cortile (tipo Berlusconi-candidato di sinistra di turno) gli USA le lasciano agli interessati e sanno che si tratta in sostanza di giganteschi tornei di cricket. Non è quindi vero che le elezioni non contino. Al contrario, quelle che avvengono in posti decisivi e in momenti decisivi, vengono seguite, pilotate, portate al fine desiderato. D’altra parte, come sosteneva il presidente della Bundesbank, Tietmeyer, è dal 1998 che i governi d’ Europa hanno finalmente scelto la strada della abdicazione, per quanto attiene a poteri decisionali fondamentali, in favore degli “esperti monetari”. E’ una strada che privilegia “il permanente plebiscito dei mercati mondiali”, rispetto al più ovvio, e incompetente, “plebiscito delle urne”. Ed è questa la questione cruciale del nostro tempo. E cioè la radicale modificazione intervenuta, nella seconda metà del XX secolo, nella suddivisione dei poteri ai vertici dei paesi che contano: il passaggio dal’ autorità decisionale agli “esperti monetari”, e dunque ai grandi istituti di credito. Essi non hanno alcuna legittimazione elettorale alle spalle. Esercitano il potere: che compete, ormai, al capitale finanziario e secondo strategie stabilite da “esperti”. Ed allora Canfora si chiede se non fosse più democratica la democrazia sovietica, che attraverso le elezioni selezionava un’ èlite unicamente sulla base del merito e della “saldezza” ideologica, rispetto alla democrazia di Europa ed USA, dove un’ élite proveniente dai ceti mercantili e industriali dirige la cosa pubblica facendosi periodicamente legittimare dalle masse. La democrazia parlamentare permarrà finché le élites la riterranno idonea a garantire la continuità del loro potere, ma come peraltro già aveva sottolineato Papa Giovanni Paolo II, in un importante indirizzo di saluto ai vescovi austriaci (20 novembre 1978), la sensibilità democratica ha un carattere storico e quindi transitorio: La Verità non può essere messa ai voti. La democrazia parlamentare occidentale, conclude Canfora, è l’ illusione di libertà dello schiavo.

Tratto da: http://www.laquintastagione.com/wp/?p=1687

Nessun commento:

Posta un commento