venerdì 1 gennaio 2010

PATRIOTTISMO ALL’ANTIFASCISTA


Se “Radio Londra” rappresentava il lavoro effettuato dal nemico di fuori, un episodio, fra i tanti, è significativo per mettere in evidenza il collegamento con il lavoro compiuto dal “nemico di dentro”.
Nel mese di agosto del 1943 il Bomber Command inglese mandò in azione sui cieli dell’Italia Settentrionale 1369 velivoli che scaricarono su Milano 2.600 tonnellate di bombe in quattro attacchi; circa un migliaio su Torino in tre attacchi e 200 su Genova in un’unica incursione. Le distruzioni furono le più gravi di tutta la guerra, ed il numero dei morti superò i 10.000. Particolare importante: a differenza dei bombardamenti precedenti, questi dell’agosto 1943 ebbero come obiettivo deliberato i centri cittadini.
Non è a tutti noto – anche perché, nel clima di falsificazioni, distorsioni ed omissioni che caratterizzarono le versioni storiografiche gestite dalla “voce dei padroni”, si è sempre cercato di sorvolare disinvoltamente sull’argomento – che la richiesta di tali bombardamenti terroristici fu avanzata agli anglo-americani da parte della Concentrazione antifascista, un consesso sorto dopo il 25 luglio e formato da alcune decine di persone nelle quali si configurava la dirigenza post-fascista.
L’istanza, secondo la visione politica del gruppo in questione, traeva origine dalla speranza di forzare così la mano al governo Badoglio per indurlo alla sollecita stipulazione di un armistizio con gli alleati. Un metodo diretto, radicale, per attivare la mobilitazione delle masse; il fatto che poi, sulle stesse, sarebbero piovute tonnellate di esplosivo costituiva un particolare del tutto ininfluente.
I più intransigenti nell’iniziativa si dimostrarono i membri del comitato milanese, composto maggioritariamente da esponenti del Partito d’Azione tra i quali Ugo La Malfa, leader dello stesso partito. Le riunioni avevano avuto luogo nell’abitazione del duca Tommaso Gallarati Scotti o nello studio dell’avvocato Adolfo Tino, ed al termine di quella tenutasi il 2 agosto, nel corso della quale era stata deliberata la nobile richiesta da rivolgere a quello che, fascismo o non fascismo, continuava ad essere il nemico, un messaggero della Concentrazione si fece premura di trasmetterla a John Mc Caffery, capo dell’Intelligence Service e della Special Force inglesi in Svizzera. La R.A.F., a sua volta, fu ben sollecita nell’accettarla e nell’accontentare i “patrioti”.
Gli psichiatri, nel definire certe aberrazioni mentali su base psicopatica, parlano di “personalità amorali”; in un linguaggio meno scientifico, il termine giusto potrebbe essere uno solo, “infamia”. A futura memoria, ecco un elenco nominativo di alcuni dei gentiluomini, distinti secondo il club di appartenenza, che facevano parte del comitato milanese della Concentrazione antifascista: D.C.: Stefano Iacini, Piero Malvestiti, Gioacchino Malavasi, Edoardo Clerici – P.C.I.: Giorgio Amendola,Giovanni Grilli – P.S.I.: Antonio Greppi, Corrado Baruffali, Carlo Casati, Veratri – Partito d’Azione: Ugo La Malfa, Riccardo Lombardi, Adolfo Tino (1) – Gruppo di Rinnovamento Liberale: Tommaso Gallarati Scotti, Luigi Casagrande – Movimento di Unità proletaria: Lelio Basso, Domenico Viotto (da Bandini F., “Vita e morte segreta di Mussolini”, Mondatori, 1978, pag. 402 – e ancora da Giulio Andreotti “Concerto a 6 voci” La Bussola, Roma, 1945, pag. 26).

LUIGI EMILIO LONGO

(1) Adolfo Tino sarà poi il primo presidente di Mediobanca, nata nel dopoguerra, avendo a fianco Enrico Cuccia, già latore, alla fine del 1942, di un messaggio, stilato alla Banca Commerciale di Raffaele Mattioli su indicazione del mondo finanziario-industriale italiano (si fa per dire). Il messaggio fu consegnato all’ambasciata americana a Lisbona e parte fu pubblicata sui giornali americani. Secondo le regole delle dinastie nate con il CLN il nipote di Tino, Meccanico, è personaggio di primo piano nella finanza e nella politica italiane.

Articolo tratto da Storia Verità anno II n. 7 luglio-agosto 1992

http://www.italiasociale.org/storia07/storia130209-2.html

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