giovedì 1 ottobre 2009

I partiti, Stati nello Stato di Beppe Niccolai


Per effetto dell'ideologia cosi intesa il partito cessa di essere uno strumento per il perseguimento degli interessi politici dei cittadini e diventa una verità astratta per il raggiungimento della quale i cittadini diventano strumenti.
Il partito dispensa la verità ai cittadini in nome di un dogmatismo canonico indiscutibile, ne indirizza i giudizi, ne disciplina le attività, ne interpreta gli interessi.
L'organizzazione dà ai partiti una struttura e una potenza teocratico-statale. Essa viene organizzata come quella dello Stato, con un suo esecutivo, un suo legislativo, un suo giudiziario. Si dirama lungo tutto il tessuto nazionale; a livello regionale, provinciale, comunale e, nelle forme più evolute, investe tutte le forme di attività militari, economiche, giudiziarie, amministrative.
Nelle forme più perfezionate la sovranità dello Stato si trasferisce e viene esercitata dai partiti, mentre allo Stato resta, come in un simulacro vuoto, la semplice parvenza del potere.
Per il cittadino è più agevole trascurare la legge dello Stato che la volontà del partito. Come in tutte le forme feudali, allo Stato, al principe resta la titolarità nominale del potere ma l'esercizio effettivo si trasferisce nel barone (il partito).
La stessa divisione dei poteri, apparente nella forma costituzionale, visibile negli organi dello Stato, scompare nella realtà dinamica del partiti.
È il partito che, nei suoi organi, stabilisce l'azione dell'esecutivo e le deliberazioni del legislativo e dirige le decisioni del giurisdizionale.
È nel partito che si regolano i controlli, si nominano i controllori e si dirigono i controllati.
Parlamento, Governo, Magistratura, Burocrazia, Giurisdizione amministrativa, civile, penale, Esercito, Polizia, tutto viene progressivamente avviluppato, influenzato in una mostruosa unitarietà di fatto, e per il cittadino è finita,
Il partito si pone come uno Stato nello Stato così come uno Stato nello Stato era la baronia feudale.
Imprigionato nella sua dottrina e nella sua disciplina (credi, obbedisci e vota), il cittadino, lungi dall'acquisire quella espansione spirituale e quella ginnastica libera che è richiesta dalla complessità dei rapporti politici moderni, si immiserisce nel conformismo, nella paura, e nel servilismo, perde il gusto e l'orgoglio della sua personalità, teme l'isolamento, paventa la minoranza, diventa incapace di qualunque decisione o azione autonoma.
L'uomo sparisce nell'apparato; la sua pace è nel collettivo, il suo orgoglio nella maggioranza. La libertà, deviata dall'esercizio del diritto, si perde, diventa arbitrio. L'unica cosa da rispettare: le regole del partito. Chi le viola, è perduto.
Questo oggi è il partito politico nella sua realtà: non è più movimento di opinione. È caserma, totalitaria caserma.
La nostra critica si riferisce a questi partiti.
Giuseppe Niccolai

http://www.beppeniccolai.org/

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