martedì 23 giugno 2009
TRA FALSI MITI E VERE MENZOGNE
Premessa
Perché l’Italia possa riacquistare fiducia in se stessa ha bisogno di fare un vero “bilancio” critico della sua storia più recente. Rendiconto che può aver luogo soltanto attraverso la consapevole ed equilibrata valutazione, scevra di preoccupazioni di parte, degli eventi succedutisi negli ultimi 60 anni del secolo passato.
A questo riguardo, per veridicità, concretezza e semplicità, si potrebbe assumere, quale modello di critica storica, la nota lettera con la quale l’antifascista Benedetto Croce spiegò le ragioni del suo rifiuto di far parte del secondo governo Bonomi. In altra circostanza, egli avvertì che: «Le generazioni future dell’Italia, che non muore, i nipoti e i pronipoti, ci terranno responsabili, e rimprovereranno la generazione nostra di aver lasciato vituperare, avvilire, inginocchiare la nostra comune madre».
Il mito resistenziale, alla luce del Promemoria di accordo sottoscritto a Caserta il 7.12. 1944 dal Comando Superiore alleato e il CNLAI, dovrà essere radicalmente ridimensionato. Poiché tale documento sanciva la totale dipendenza dagli Alleati dell’intero movimento partigiano, il cui apporto militare, per altro, fu giudicato irrilevante dal Generale D. D. Eisenhower. A ciò si aggiunga la cobelligeranza, termine derivante dell’inglese, usato per definire quegli ex-prigionieri di guerra polacchi e cecoslovacchi, con i quali nel 1917-18 furono formate alcune divisioni i cui componenti, pur restando di nazionalità nemica, combatterono a fianco delle truppe dell’Intesa; nonché la nota dichiarazione di Ferruccio Parri: «La resistenza è fallita per l’adesione alle idee vecchie e per l’accettazione della corruzione nuova».
Tangentopoli e la degenerazione morale, etnica e religiosa del popolo italiano ne sono la logica conseguenza. Dati di fatto ineludibili, questi, ove si voglia davvero comprendere l’odierna subalternità dell’Italia.
Per quel che attiene alle presenti note del tutto settoriali, è da rilevare che la permanente conflittualità dei partiti antifascisti nell’immediato dopoguerra e la loro incapacità di intendere in senso organico la nazione e lo Stato, fecero sì che l’apparato ecclesiastico assurgesse ad unico organismo in possesso delle capacità minime per prendere in mano le redini dello Stato. In questa circostanza il Vaticano fu favorito dagli anglo-americani, i quali miravano ad un’Italia debole e corrotta (come era sempre stata l’amministrazione dei possedimenti pontifici), e perciò non in grado di avanzare alcuna pretesa sul Mediterraneo.
Una malefica diarchia
Ne è sortita quella diarchia clerico-massonica tuttora attiva, i cui prodromi si erano palesati durante la seconda guerra mondiale.
Inoltre, i resistenti non ebbero neppure quel guizzo di autonomia e di lungimiranza che un secolo prima era mancato al Cavour allorché, per gretto conservatorismo, non intese avvalersi di quel prezioso serbatoio di energie etiche, culturali e professionali proprie al volontarismo garibaldino. Pertanto, non sapendo giovarsi delle ancora notevoli forze giovanili fasciste, essi propiziarono la clericalizzazione dello Stato, così come il Cavour aveva fatto dell’Italia centro-meridionale un Piemonte maldestramente allargato.
Nel merito, soprattutto i socialisti furono ciechi e sordi. Togliatti, invece, comprese la situazione, ma, stretto fra l’acquiescenza alle direttive dell’URSS e la necessità di non alienarsi le simpatie delle formazioni partigiane comuniste intransigenti, dovette piegarsi ad una discreta ma sostanziosa incetta di intellettuali ex-fascisti. Ma anche il mito della generosa amnistia, che egli avrebbe generosamente elargito ai repubblichini è falso, dal momento che i partigiani in carcere erano il triplo dei fascisti.
In seguito, analogamente si comportò anche Scelba, che attrasse gruppi di repubblichini nelle nuove forze di polizia, per controbilanciare -si disse- la polizia partigiana.
Nondimeno, queste misure si dimostrarono del tutto insufficienti, poiché il problema dei repubblichini allo sbando restava in piedi con tutta la sua pericolosità politica e sociale.
Sotto la supervisione dei «servizi» alleati, fu dato incarico al SIM (Servizio Informazioni Militari) di cooperare con la massoneria al fine di strumentalizzare i fascisti in chiave anticomunista e filo-atlantica. Quindi, con lo specifico compito del controllo capillare dei repubblichini e del contestuale snaturamento del fascismo in estremismo di destra, nacque il MSI. In tal modo, il c.d. «ambiente», salvo sparute frange, venne asservito alla fazione più anticomunista dell’antifascismo.
Pochi seppero svincolarsi tempestivamente dall’abbraccio mortale clerico-massonico, e furono e sono condannati a vivere una vita grama ai margini della politica nazionale. Tuttavia, quegli uomini, in gran parte confluiti nella FNCRSI -convinti che ogni vera testimonianza di vita e di fede è credibile soltanto se visibile e coerente con ciò che si annuncia- convinsero il maggior numero possibile di camerati a non farsi sedurre dalle elucubrazioni missistico-ordinovista, elaborarono una teoria autonoma della guerra rivoluzionaria contrapposta a quella dello SM, e affrontarono serenamente denuncie e processi.
È stato davvero un tristo periodo quello della strategia della tensione, nel corso del quale nessuna passione, nessun vero ideale emersero da quel contesto, se non una inusitata libidine di servilismo e un totale appiattimento sul pensiero egemone dello Stato Maggiore, cioè della CIA. Se ben ricordo, in questa lunga eclissi spirituale e di pensiero, soltanto un paio di cose di grande originalità furono escogitate, il panegirico dei colonnelli greci e il mito dei “centurioni d’Israele”.
Si vide infatti l’intellighènzia neofascista operare concordemente con una serie di strutture segrete: CIA, mafia, P2, Gladio nera, rossa e vaticana; organizzazioni clandestine e servizi più o meno deviati, di cui -come è stato accertato senza ombra di dubbio- non furono informati due presidenti del consiglio, gli ex-fascisti Fanfani e Spadolini. Di ciò esistono prove inconfutabili presso ministeri, tribunali, comandi generali delle forze di polizia e commissioni stragi varie. Ma non è stata fatta alcuna chiarezza sulle azioni scellerate degli esecutori e dei mandanti. Anzi, data la loro potenzialità di ricatto, taluni di questi loschi figuri mostrano ancora l’arroganza di chi sa di essere “coperto” da potenti padrini-padroni.
Con finalità e criteri operativi adeguati ai nuovi tempi, siffatta attività perdura tranquillamente sotto la direzione di “servizi” nazionali ed esteri, sciaguratamente trovando terreno fertile nel contesto giovanile della destra conservatrice, reazionaria e antifascista.
Per dovere di verità, dobbiamo rendere merito ai vari Beppe Niccolai, i quali tenacemente tentarono di promuovere delle opposizioni interne al MSI, pur sapendo che esse non avrebbero mai conosciuto legittimazioni congressuali. Tuttavia, in non poche sezioni periferiche, di contro al qualunquismo conformista dagli Almirante, Michelini, Rauti e Fini, si educavano i giovani al vero amor patrio e a quel fascismo che, negato il materialismo storico, dal socialismo aveva mutuato la filosofia della prassi, ma con la ferma volontà di trasformare il mondo secondo una concezione del mondo e dell’uomo del tutto spirituale.
Si deve concludere, pertanto, che quanto è avvenuto in fatto di stragi, attentati, tentativi di colpi di Stato, etc. negli ultimi 50 anni, ha la sua radice e la sua fonte di ispirazione esclusivamente nell’antifascismo, il quale ha criminalmente impiegato personale spurio di destra e di sinistra, per stabilizzare il proprio potere perennemente traballante.
La dissoluzione del cosiddetto ”ambiente”
In quello che assurdamente si sente ancora definire «il nostro ambiente», da lungo tempo si assiste ad un’opera di disgregazione incentrata sulle più svariate forme di falsificazione ideologica e storica.
Al fine della comprensione del fenomeno, significativo è l’atteggiamento assunto dalle “associazioni d’arma”, le quali, aspirano ardentemente al riconoscimento ufficiale da parte dello Stato. In sostanza, mentre i politici hanno conseguito tale riconoscimento mediante il suffragio elettorale, i militari -ignari dell’antico detto si duo idem faciunt, non est idem-, continuano ad agitarsi per ottenere l’agognato riconoscimento in funzione del proprio inveterato a-fascismo. Ma non si avvedono d’essersi cacciati in un vicolo cieco, perché il parlamento non voterà mai una legge che estenda il riconoscimento ufficiale anche ai legionari della Guardia Nazionale Repubblicana, dei Battaglioni M e delle Brigate Nere, i quali, per altro di quella improbabile legge se ne fregano altamente.
Esemplare di tale distorta mentalità è il periodico dell’ultimo trimestre del 2001, edito dall’Associazione "Monterosa", il quale, da una parte sostiene una mezza verità: «Attendiamo che lo Stato riconosca la qualifica di soldati e di combattenti ai militari della RSI» (riconoscimento però già consacrato nella Sentenza n. 747 emessa dal Tribunale Supremo Miliare in data 26.04.1954, che giustamente nega la qualifica di combattenti ai partigiani), e dall’altra, tale Guido Mariani, per mezzo di una dichiarazione sottoscritta da altri 14 commilitoni, afferma falsamente che «La maggior parte dei volontari si arruolava in questa unità, perché preferiva questa soluzione, a quella di essere incorporati in reparti politicizzati e estremi… La maggioranza di noi ignorava il fatto che la nostra bandiera fosse corredata dall’emblema dell’aquila e del fascio… I nostri Caduti sono morti per l’Italia con la Monterosa; i sacrifici che abbiamo fatto, li abbiamo fatti nel nome della Monterosa».
Beati caechi in terra monoculorom!
Tali invereconde affermazioni producono, soprattutto fra i giovani, sconcerto, incredulità, indignazione. Speriamo che siffatta aberrante patologia non assuma carattere epidemico.
Alpino e figlio di alpino, chi scrive ha sempre pensato che l’Estensore della Dottrina del fascismo si fosse ispirato allo stile di vita degli Alpini, specialmente là dove afferma che «La vita quale la concepisce il fascista è seria, austera. religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali (…) la vita che deve essere alta e piena: vissuta per sé, ma soprattutto per gli altri, vicini e lontani, presenti e futuri», e profondamente pervasa del «grande valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale …».
Poiché nel “loro ambiente” sono in uso termini quali tradimento, abiura e simili, ci asteniamo dal commentare. Però, a coloro i quali obiettassero che ciò è supremamente ridicolo, si può tranquillamente rispondere che non è certamente meno ridicolo del fatto che gran parte dei sedicenti fascisti si misero a gli ordini di un capitano di fregata (tenente colonnello, il quale non aveva mai indossato la camicia nera), al fine di tentare un golpe fasullo organizzato dal Ministero dell’Interno e finito con una salva di pernacchie. Oppure di quegli insuperabili “Uomini di San Marco” che, con basco d’ordinanza ed insegne di reparto, da Milano si recarono fino a Brindisi per rendere omaggio all’attuale Battaglione S. Marco, così attuando una blasfema commistione fra il più adamantino spirito legionario e la più umiliante attitudine mercenaria.
Senza dimenticare che il 90% il cosiddetto “ambiente” è approdato o sta approdando nelle fetide spiagge berlusconiane, si potrebbe continuare per un bel pezzo, ma non abbiamo la vocazione a svolgere la funzione di una sorta di laica Congregazione del Sant’Uffizio tesa a condannare la aereticorum improbitas.
È bene rammentare però che, fino al 1958, la Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana riuniva in sé tutti i coloro i quali avevano combattuto contro l’invasione anglo-americana. E che quando su istigazione di Michelini, J. V. Borghese ne ordì lo sfascio, essa contava 19 ispettorati regionali, 79 gruppi provinciali, 115 sezioni comunali, 2 sezioni estere (Madrid e Barcellona), con molte decine di migliaia di iscritti e numerosi corrispondenti in Argentina, Brasile, Cile, Canada e Uruguay.
La posizione dei Combattenti deve essere chiara: la RSI non fu costituita unicamente per difendere l’onore d’Italia, ma per continuare bensì la rivoluzione politico-sociale iniziata il 23 marzo 1919. Quelli che credono a questa sacrosanta verità non hanno cambiato nome, non si sono nascosti dietro comodi paraventi c.d. istituzionali, e non hanno intenzione di farlo proprio ora.
La loro è una Federazione di ex-combattenti che vivono le idealità per le quali combatterono, idealità per le quali oggi si battono nella nuova dimensione di militanti. Da questa posizione nessuno potrà distoglierli. Pertanto, di contro alla realtà di oppressione e di emarginazione che stanno vivendo, lo stesso processo di dissoluzione in atto potrà sortire effetti benefici (a nemico che fugge, ponti d’oro!), sempre che essi sappiano sceverare ciò che è essenziale da ciò che è accessorio per l’affermazione dello loro Fede.
A ben riflettere, essi sono esenti dal dover distinguere tra politica ed ideologia, né debbono soffermarsi nella identificazione del nemico, il quale, dopo la scomparsa del bolscevismo (ben altra cosa è il comunismo), rimane in piedi prepotentemente quella plutocrazia ebraica e massonica che ha sempre rappresentato il loro nemico principale. Le scelte politiche che possono fare nelle loro non proprio floride condizioni consistono nello spendere le ultime energie per propagandare l’Idea di sempre e per collaborare con quanti avvertano l’esigenza di un integrale rinnovamento dell’Italia e del mondo, a partire dalla generosa iniziativa per l’indipendenza dei popoli, partecipando così al grande movimento storico di liberazione dei 4/5 dell’umanità oppressa, e reagendo nel contempo contro atteggiamenti etici offensivi del tradizionale volontarismo della RSI.
Essi sono contro tutti semplicemente perché tutti sono, o dichiarano di essere, loro nemici. Questa è, senza equivoci, la forma mentis e la conseguente condotta etica degli ultimi Combattenti della RSI nei confronti dell’intero mondo antifascista. Mondo in vero subumano, dal momento che finge d’ignorare le otre 200 guerre ordite e combattute dagli USA; che da oltre mezzo secolo attribuisce qualifiche di fascista a soggetti costituzionalmente incapaci persino di concepire la benché minima parvenza di fascismo; che recentemente ha gioito per i bombardamenti umanitari e ha pianto per le Torri Gemelle; che non riesce nemmeno ad immaginare che nella realtà il fascista oggi è l’unico uomo libero, perché paga un pesante tributo giornaliero per vivere coerentemente la propria fede.
La constatazione della falsità di quel mondo, li ha portati a considerare la verità (la sua rigorosa ricerca) quale fattore essenziale nei rapporti umani, e a non perdere mai di vista l’interconnessione fra realtà e linguaggio e fra comportamento e idealità politica. Nondimeno, l’amore per il proprio popolo impone loro di respingere il criterio pessimistico e disfattista del «tanto peggio, tanti meglio». Donde nessuno potrà dire di loro quello che Pietro Nenni, in un raro momento di lucidità, onestamente disse il 7 luglio 1947 nell’Assemblea Costituente: «Per nuocere al fascismo noi abbiamo fatto cosa pessima a danno dell’Italia».
F. G. Fautauzzi
http://fncrsi.altervista.org/
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