lunedì 14 novembre 2016

Morte di un presidente (Aldo Moro)


( la recenzione di Alessandro Feroldi)

Quello che né lo Stato né le BR hanno mai raccontato sulla prigionia e l'assassinio di Aldo Moro

Paolo Cucchiarelli
Ponte alle Grazie, 2016, € 18, pag. 430


I colpi intorno al cuore di un killer professionista
L’autopsia del cadavere di Moro mostra una corona di colpi intorno al cuore, ma nessuno nel cuore. La ‘firma’ di un killer professionista, legato alla ‘ndrangheta, individuato ma mai arrestato e lasciato emigrare in Sud America. Questa una delle ipotesi inquietanti che Paolo Cucchiarelli, cronista parlamentare dell’Ansa (autore tra gli altri de Il segreto di Piazza Fontana), espone nel suo ultimo libro da giornalista investigativo.
Ci sono tre versioni del caso Moro, la verità storica, la verità politica e la verità giudiziaria.
Ma nessuna delle tre - scrive Cucchiarelli -sembra verosimile dopo aver esaminato minuziosamente tutto il materiale disponibile intorno ai 55 giorni (16 marzo - 9 maggio 1978) da quando Moro fu rapito a quando fu trovato cadavere nella Renault 4 rossa in via Caetani a Roma.
Essenzialmente l’autore sceglie di indagare su un solo aspetto del caso Moro, sull’assassinio (“Del rapimento sappiamo molto ma non l’essenziale, della detenzione qualcosa, della morte nulla”). Quindi perizie, referti, fotografie, atti giudiziari, il tutto con l’aiuto del perito balistico Gianluca Bordin e del medico legale Alberto Bellocco. Sostiene che tutti i cinque processi Moro sono imperniati sulle dichiarazioni delle Brigate Rosse, sicuramente di parte e sicuramente interessate.
Ma, insiste Cucchiarelli, sull’omicidio si indaga poco o niente, sulle armi, sulla sabbia nei vestiti e sotto le scarpe del cadavere, sui fori dei proiettili.
“…mi faranno fare la fine di Kennedy”

Se esaminiamo il periodo della ‘strategia della tensione’ (termine coniato da un giornalista inglese dell’Observer), contiamo 4.584 attentati nel periodo 1969-1975, con 113 morti. Più un tentato golpe, l’assassinio di Pecorelli, di Pasolini, del giudice Occorsio.
Nonostante le dichiarazioni di inizio governo di Renzi, i documenti sul caso Moro non sono ancora stati desecretati.
Per dirla con Sciascia, l’affaire Moro rimane il mistero più importante dell’Italia repubblicana, quello in cui molte sono le evidenze di colpe e colpevoli ma poche le prove per fare giustizia. 
Un esempio per tutti: i brigatisti, tutti condannati all’ergastolo, sono tutti liberi, sulla base di quel poco che hanno voluto rivelare.
Ma dietro cosa c’è davvero, si chiede l’autore.
Cita per esempio una rivelazione di Cossiga, ministro dell’Interno nel 1978: “Gallinari mi disse che avevamo sbagliato tutto, che non avevamo idea di quanti fossero i protettori dei brigatisti. Ricordo le sue parole ‘Se facessi un nome in particolare, lei, presidente, cadrebbe svenuto”.
Un’altra rivelazione, di Moro stesso, a Francesco Tritto, suo assistente universitario, poco prima del fatidico 16 marzo, sulla possibilità che diventasse Presidente della Repubblica: “Credete davvero che mi faranno arrivare fin là? Credete che io non sappia che mi faranno fare la fine di Kennedy?”
Un claustrofobico in 2 metri x 1 ?

Per 430 pagine Cucchiarelli ci racconta un’infinità di cose, sempre documentate da referti e fotografie, anche inedite.
Comincia dalla sabbia su vestiti e scarpe (Moro sarebbe stato al mare tra Fregene e Ladispoli), dai fori dei proiettili su vestiti e coperta incompatibili con la versione ufficiale, dai mancati esami balistici comparativi (per es. dei proiettili che uccisero Coco e Moro), esponendo di volta in volta le sue teorie su quelle che ritiene assolute incongruenze.
Una persona decisamente claustrofobica, che esige di camminare a lungo ogni giorno in ogni clima, sarebbe stata detenuta in un loculo di un metro per due per 55 giorni? Non solo sarebbe stato spostato in più covi, ma avrebbe anche camminato all’aria aperta più volte.

Cia e Usa, Steve Pieczenik
Un ruolo fondamentale, tra i consiglieri di Cossiga durante il rapimento, è svolto da un consigliere americano (in servizio con 4 Segretari di Stato tra cui Kissinger) che ha poi scritto a 4 mani un libro con un giornalista francese intitolato Noi abbiamo ucciso Moro. Steve Pieczenik è andato avanti e indietro tra Italia e Usa, non è mai stato fermato, mai interrogato dai magistrati dei 5 processi Moro e dalle commissioni parlamentari d’inchiesta. Un criminologo, psicologo, amico di Michael Leeden, dei criminologi Franco Ferracuti e Giovanni Senzani.

“Un evento lasciato accadere…”
Cucchiarelli va a intervistare Cossiga e gli porta un libro di Webster Tarpley sull’11 settembre, dove si dice che il fatto delle Torri Gemelle fu ‘lasciato accadere’.
Cucchiarelli chiede a Cossiga se anche per Moro sia così.
Cossiga risponde affermativamente. 

Poi nel settembre 1978 Tarpley presenta a Roma uno studio amplissimo sul caso Moro, richiesto dal sottosegretario con delega ai servizi segreti Giuseppe Zamberletti, dove si afferma che il politico pugliese fu ucciso dai servizi segreti Nato, utilizzando le Brigate Rosse come strumento e camuffamento. 

Cucchiarelli chiede se corrisponda a verità e Cossiga risponde: ”Un po’ di enfasi, ma tutto vero”. Nel rapporto si parla anche della signora Moro che testimonia delle minacce al marito da parte di un eminentissimo personaggio americano (Kissinger?) nel caso di apertura al Pci verso il governo. Anche la P2, allora segreta, si opponeva al piano di Moro per inglobare il Pci a Palazzo Chigi.

Accecati dall’ideologia
Nel 1998 Anna Laura Braghetti ha detto: “Moro ha veramente tentato di farci capire che avevamo sbagliato persona ma eravamo accecati dall’ideologia”.
Una delle tesi del libro è che i brigatisti cominciarono a dubitare delle ‘colpe’ politiche di Moro quando ci fu il falso comunicato della Duchessa del 18 aprile 1978.
Moro pazientemente avrebbe spiegato loro di essere l’obbiettivo dei ‘poteri forti’ e non di una ideologia rivoluzionaria armata quale era quella delle Brigate Rosse.
Venne poi fuori in che quando il presidente Leone al Quirinale stava preparando la grazia per una BR non colpevole di omicidio, per liberare Moro, fu fermato bruscamente da Berlinguer e Zaccagnini. Che avrebbero detto, più o meno, ‘per noi Moro è già morto’.

Banda della Magliana e ‘ndrangheta
Il libro parla di un fatto eclatante: il cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano don Cesare Curioni, vedendo le foto dell’autopsia con la corona di buchi di proiettile intorno al cuore senza toccare il muscolo cardiaco, ha un mancamento e dice “Lo conosco, so chi ha sparato, quella è la sua firma per vantarsi nel mondo dei killer professionisti”.
Moro secondo Cucchiarelli sarebbe stato gestito negli ultimi tempi non più dalle BR ma dal duo Tony Chichiarelli (banda della Magliana, fascisti dei NAP, servizi deviati) autore del falso comunicato della Duchessa e della rapina alla Brink (lasciandogli il bottino senza arrestarlo) e Giustino De Vuono, calabrese, killer professionista, pregiudicato per rapina, violenze, stupri, atti osceni, detenzione di armi, rissa e tentato omicidio.
Un esponente DC chiese al capo della Polizia Vincenzo Parisi notizie di De Vuono. Parisi rispose: “Fatti i c…i tuoi. Quello è un calabrese molto particolare, lascia stare e non domandare nulla”.

Alessandro Feroldi

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