– di Dagoberto Bellucci
“Non v’è movimento proletario – neppure i partiti comunisti – che
non abbia operato nell’interesse del Danaro, nella direzione voluta dal
Danaro, e per il tempo concesso dal Danaro – e ciò naturalmente senza
che gli idealisti fra i capi ne avessero il minimo sospetto.”
( Oswald Spengler – “Il Tramonto dell’Occidente” )
Il sistema mondialista, nato dal ventre fecondo delle dinamiche
sovversive dell’Anti-Tradizione agenti a diversi livelli a partire dal
rinascimento e direttamente responsabili degli eventi fondamentali che a
partire dal Settecento hanno modificato radicalmente la storia
dell’umanità (illuminismo, rivoluzione francese, rivoluzione americana,
rivoluzione industriale, movimenti risorgimentali, questione sociale,
movimento socialrivoluzionario, rivoluzione bolscevica, guerre
mondiali), mira all’edificazione di un One World, un mondo unipolare, ad
una sola dimensione, verso il quale sono diretti gli sforzi della
plutocrazia internazionale.
Per la realizzazione di questo governo planetario, insieme utopia
messianica e obiettivo finale di una minoranza ambiziosa di oligarchi e
miliardari appartenenti all’alta finanza ed al mondo degli affari, sono
state create tutta una serie di organizzazioni semi-occulte che
hanno lavorato alacremente, dietro le quinte della storia, al riparo da
occhi indiscreti modellando direttamente la storia mondiale degli
ultimi due secoli e particolarmente quella del Novecento.
Lobbie’s economiche, fondazioni, gruppi finanziari, potenti banche
internazionali appartenenti tutte al campo occidentale hanno formato il
nocciolo duro, sorta di centro direttivo, del sistema di potere che
conosciamo sotto diverse denominazioni ed ha agito come autentico motore
immobile rimanendo occulto dietro le quinte della storia mondiale degli
ultimi tre secoli e sostanzialmente restando ai suoi piani alti
inalterato, con 200-300 famiglie al vertice della piramide di
potere che sono andate aumentando progressivamente la loro sfera di
influenza negli affari e nell’economia mondiali occupando infine gli
spazi tradizionalmente riservati alla politica e quelli un tempo
riservati alle elitè’s spirituali della religione e del sacro.
Gli strumenti utilizzati e i programmi attuati da questa oligarchia
invisibile per rendere il pianeta un laboratorio sperimentale
all’interno del quale sono state attuate indiscriminatamente da questi
apprendisti stregoni tutte quelle formule economiche e finanziarie
ritenute conformi ai loro desiderata – sviluppando dinamiche sovversive
di vera e propria alchimia sociale che, negli ultimi due secoli, hanno
utilizzato tutte le ideologie funzionali al raggiungimento
dell’obiettivo finale: la castrazione individuale e collettiva del
genere umano, l’assoggettamento degli Stati nazionali alle logiche
perverse del neo-liberismo, la pretesa di forgiare un tipo-umano ridotto
allo stadio larvale, sorta di burattino sinagogico, al servizio delle
regole capitalistiche dominanti.
Per raggiungere questi obiettivi l’Oligarchia non ha
lesinato di allearsi con tutte le correnti filosofiche, tutti i
gruppuscoli rivoluzionari, qualunque ideologia sovversiva partorita da
abili professionisti dell’agitazione sociale e del caos programmatico.
E’ questo il caso del connubio d’interessi che ha visto alti esponenti
dell’Establishment plutocratico, uomini del mondo della finanza ed
esponenti di primo piano del sistema bancario internazionale, alleati
dei “rivoluzionari” liberal-borghesi e ‘nazionalisti’ nella prima metà
dell’Ottocento (all’epoca delle cosiddette insurrezioni “risorgimentali”
che investirono Italia, Francia, Ungheria e Germania) e qualche
decennio dopo dei loro eredi social-rivoluzionari, anarchici e comunisti
internazionalisti ispirati dalle idee di Karl Heinrich (Herschel)
Mordechai Marx.
I processi di dissoluzione dell’individuo e delle società
europee hanno costituito il grande esperimento sociale al quale si sono
dilettati questi plutocrati imponendo nell’Occidente il pensiero
borghese, la politica democratica, il parlamentarismo e successivamente
altre forme istituzionali che hanno rappresentato né più né meno che
semplici frazioni di un insieme, di un tutto organico qual’era l’ordine
pre-industriale e pre-illuminista del Vecchio Continente, che è stato in
maniera artificiale disintegrato ricorrendo al partitismo in politica
ed alla contrapposizione classista nel mondo del lavoro (con la
creazione della questione sociale di marxiana memoria alveolo ideologico
del sindacalismo e di tutte le diverse forme di socialismo materialista
che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento avrebbero condizionato
le dinamiche di sviluppo delle società europee) per meglio adempiere
alle esigenze, tipiche del sistema di sfruttamento capitalistico, della
produzione e del consumo che stanno alla base del sistema economico
contemporaneo.
I partiti politici democratici, così come i sindacati, non
rappresentano nient’altro che le forze “dirigenti”, abilmente
addomesticate – sorta di presidi oligarchici secondari del Partito Unico della Borghesia –
che supervisionano le dinamiche di produzione della società, o per
essere esatti i processi produttivi al quale viene indotto e indirizzato
l’individuo-massa, l’ameba contemporanea alias il burattino sinagogico,
costretto ad un ruolo robotico indifferenziato e alienante, autentico
oggetto dei meccanismi di produzione e consumo e schiavo delle logiche
disumane del consumismo capitalista.
I fondamenti per una simile discesa agli inferi dell’umanità intera
risiedono nella struttura del sistema bancario ovvero nello sfruttamento
usurocratico del mondo del lavoro attuato dagli istituti di credito
mediante la speculazione monetaria che crea danaro dal nulla; è infatti
attraverso il danaro altrui che ‘magicamente’ la Banca produce – il
plus-valore di marxista memoria altresì storicamente definito come
usura- che il Sistema si autoalimenta, rendendo schiavi miliardi di
individui soggetti alla dittatura di Mammona, adoranti il vitello d’oro
dei tempi moderni rappresentato dal possesso di beni di consumo in una
spirale conumista senza fine nè senso.
A coadiuvare l’attività della finanza mondiale sono state create
numerose fondazioni che, particolarmente nel mondo anglosassone (e
specialmente negli Stati Uniti, centro della plutocrazia internazionale
dopo l’invisibile passaggio di consegne alla guida del capitalismo
mondiale avvenuto durante gli accordi di Bretton Woods nell’estate 1944
che sancirono la resa britannica a vantaggio della locomotiva a stelle e
strisce d’oltreoceano), hanno finito per rappresentare gli strumenti
essenziali per l’attività di propaganda e diffusione dell’ideologia
ufficiale del Sistema.
Infine ricordiamo il ruolo che viene svolto a livello direttivo, in
cima alla piramide del potere mondialista, da organismi ‘discreti’ che
rappresentano il nucleo dirigente dell’oligarchia: Pugwash Conferences,
Council on Foreign Relations, Bildeberg Group, Trilateral Commission –
per citarne solo alcune – sono l’emanazione di un potere invisibile che
si protrae ed estende i suoi tentacoli sulla storia mondiale fin dalla
seconda metà dell’Ottocento quando venne creata la prima organizzazione a
sfondo mondialista denominata Round Table, fondata a Londra in epoca
vittoriana da Cecil Rhodes, direttamente collegata alle coordinate
d’espansione dell’imperialismo britannico.
L’influenza della Round Table si manifesterà all’indomani della prima
guerra mondiale quando, in occasione della Conferenza della Pace a
Parigi nel 1919, venne deciso la creazione di organismi di facciata che
consentissero alla setta mondialista di dirigere la politica
internazionale attraverso il controllo diretto dei principali Stati
dell’Occidente: gli USA, la Gran Bretagna e la Francia. Nacquero in
quella occasione il Council on Foreign Relations (C.F.R.) negli Stati
Uniti, il Royal Institute for International Affaire (R.I.I.A.) in
Inghilterra e, molto più discreto ma altrettanto influente, l’Institute
for Pacific Relations quest’ultimo come gli altri organismo privato che
raggruppa dieci Consigli nazionali di stanza in dieci diversi paesi
interessati agli affari ed agli scambi commerciali con i paesi dell’area
del Pacifico (*).
Saranno questi gli organismi preposti al dialogo ed alla cooperazione
con la neo-costituita Unione Sovietica all’indomani del grande massacro
dei popoli europei del primo conflitto mondiale.
L’URSS rappresenterà lo Stato capitalista per eccellenza, con un
capitalismo di Stato elevato all’ennesima potenza, che determinerà per
decenni il grande inganno rivoluzionario rappresentato ‘epicamente’
dalla propaganda comunista che disegnerà una irreale quasi leggendaria
idea trasposizione della Rivoluzione d’ottobre ovvero la
rappresentazione conforme al piano sovversivo internazionale
dell’agitazione demoniaco-kahalica fomentata da Lenin che darà forma e
vita al principale centro di irradiazione anti-tradizionale del XX.mo secolo.
L’U.R.S.S. sarà per 70 anni l’eterna assistita dall’Occidente
capitalistico , ovvero da quello stesso sistema che teoricamente, e
soltanto teoricamente, i ‘rivoluzionari’ comunisti minacciavo di
distruggere ricorrendo all’agitazione, alla sovversione, al terrorismo
diretto o indiretto mediante i diversi Partiti Comunisti attivi in ogni
paese occidentale e al servizio permanente ed effettivo del Cremlino che
li utilizzerà come burattini per le proprie manovre salvo poi
sbarazzarsene vergognosamente mediante purghe politiche e ondate di
arresti ed esecuzioni sommarie che caratterizzeranno, continuum di
sangue, la prassi di potere della nomenklatura sovietica.
La rivoluzione bolscevica sarà preparata con cura attraverso canali
segreti che vedranno coinvolti in prima persona l’alto comando militare
tedesco, il centro politico della fazione bolscevica leninista, diverse
banche ebraiche europee e americane, i principali organismi plutocratici
d’oltre Atlantico ed i loro committenti europei.
I primi finanziamenti alla fazione bolscevica leninista arrivarono
dallo Stato maggiore dell’esercito tedesco attraverso Alexandre
Parvus-Helphand a partire dalla primavera del 1915. La “deutsche
connection” vedrà attivarsi in favore dei bolscevichi alcuni esponenti
legati a doppio filo ad istituti finanziari di ‘eletta’ ascendenza. A
tirare le fila di questi primi contatti sarà con Parvus il suo
correligionario ebreo Jacob Furstenberg, alias Hanecki, alias Ganetzki.
Parvus-Helphand aveva preso parte attiva all’insurrezione
anti-zarista del 1905 assieme a Trotsky e con lui dirigeva il periodico
“La Rivoluzione Permanente”. Socialdemocratico militante Parvus-Helphand
conosceva tutta la direzione politica del partito socialdemocratico
russo (bolscevichi e menscevichi) e gli ambienti del terrorismo
anarchico-nichilista.
La rivoluzione bolscevica, il golpe ebraico di Lenin, prenderà il via
dalle loro attività diramatesi tra Copenaghen, centro finanziario,
Stoccolma, direzione politico-finanziaria della rivoluzione e mediante
l’interposizione della Diskonto-Gesellschaft Bank di Berlino e della Nya
Bank dell’ebreo Aschberg con filiali attive a Zurigo, Bucarest, Kiev,
San Pietroburgo e Odessa (quest’ultima città tradizionale feudo ebraico
della Russia meridionale) a sostegno delle agitazioni comuniste.
Il centro bancario svedese era direttamente collegato alla Banca
russo-asiatica, con sede al 120 di Broadway a New York, a sua volta in
stretto contatto con la Diskonto-Gesellschaft Bank e la Siberian Bank di
San Pietroburgo.
La cosiddetta “Deutsche Connection” sarà sostanzialmente una vera e propria “jewish connection”.
L’ebreo Parvus-Helphand darà vita ad un Istituto di Studi
dell’Economia Internazionale con sede a Copenaghen all’interno del quale
troveranno un salario numerosi esponenti bolscevichi e menscevichi fino
agli eventi rivoluzionari del 1917: è fra questi esponenti dell’ala
estrema del socialismo russo che figura Karl Sobelsohn , alias Radek,
dirigente ebreo socialdemocratico di origini galiziane e responsabile
bolscevico del settore propaganda per la Russia.
“Radek fu uno dei testimoni – scrive Pierre de Villemarest (2) – dei
rapporti tra Lenin e l’equipe Helphand. Le corrispondenze di Lenin sono
eloquenti a questo proposito. Esse testimoniano che più volte il gruppo
ottenne dei versamenti consistenti, particolarmente dopo il ritorno a
Pietroburgo attraverso la Germania e la Svezia. Il 12 giugno 1917
(Lenin) si lamenta in una missiva diretta a Furstenberg-Hanecki “di non
aver ricevuto ancora né lettere né soldi”. In un’altra missiva (Lenin)
conferma la ricezione di 2000 rubli ricevuti da Kozlovski.”
Ancora più rilevante sarà l’apporto finanziario ricevuto dal “povero esiliato” comunista Leone (Bronstein) Trotsky.
Lo stesso autore ci dice che “(l’immagine di) Trotsky non esce
certo più intatta di (quella di) Lenin da uno studio serio sui
finanziamenti al bolscevismo. Abbiamo raccontato in un’altra opera come
riuscì a rientrare a Pietroburgo nell’aprile-maggio 1917, grazie
all’intervento di Sir William Wiseman, capo del servizio di spionaggio
britannico per l’emisfero atlantico, all’epoca con base a New York,
amico intimo all’epoca sia del Colonnello House che del Presidente
Wilson. Sutton aggiunge che Trotsky venne dotato di un passaporto
americano, con visto di transito britannico e visto d’entrata in Russia,
con meraviglia della stessa Legazione americana a Stoccolma.
Lo stesso autore a visionato le liste dei passeggeri del
piroscafo che riportò in Russia Trotsky , fra i quali oltre alla sua
famiglia figuravano un rivoluzionario giapponese, diversi agitatori
internazionali, e in più , come ha raccontato Lincoln Steffens (3)
diversi compagni di viaggio amici del Presidente Wilson, “diversi
emissari, di cui due di Wall Street, con destinazione Germania”…
A bordo, discutendo con Trotsky, si trovava Charles Richard
Crane, “che tra il 1890 e il 1930 aveva , non meno di 30 volte,
soggiornato in Russia” , per la sua azienda, la Westinghouse, e che il
magnate del petrolio Doheny cita tra “i bolscevichi di Wall Street”.
Notiamo le “straordinarie coincidenze”. Nel momento stesso in cui
, secondo la storia ufficiale, viene riportato di questi avvenimenti
come fossero sorti spontaneamente, o “grazie al magico intervento del
‘geniale’ Lenin” , del “tattico Trotsky” e dell’entusiasmo del
proletariato, il governo liberale russo fa liberare , agli inizi di
marzo, dal loro internamento siberiano Stalin e Kamenev. Essi
arriveranno a Pietroburgo il 12 marzo. Dove Lenin arriverà il 2 aprile.
Dove Trotsky arriverà soltanto all’inizio di maggio ma soltanto
perché il contro-spionaggio canadese l’ha trattenuto qualche giorno in
più ad Halifax. In quello scalo prolungato infatti i canadesi avevano
trovato 10mila dollari nelle tasche di Trotsky, il ‘povero esiliato’ di
New York.
Dunque Trotsky non viveva poi così in povertà come hanno
continuato a disegnare gli storici ufficiali di tutte le tendenze quando
non è stato preferibile glissare e passare sotto silenzio la sua vita
newyorchese.
La sua collaborazione a “Novy Mir”, o a “Nasha Slovo” (pubblicata
dagli esiliati di Parigi), non poteva permettere a Trotsky di mettere
da parte 10mila dollari. Quanto al suo “lavoro” alla Fox-Films, non
esiste testimone in grado di affermare quando e se mai Trotsky sia mai
passato dagli studi o dagli uffici di questa multinazionale
cinematografica…Sutton rivela che abitava assieme alla sua compagna in
un bell’appartamento, con telefono, frigorifero (raro all’epoca) e
circolava per la città in limousine il tutto compreso il servizio di
autista.
(…) E’ corrispondente al vero che Trotsky aveva ottenuto (…) per
il suo ritorno a Pietroburgo , 500.000 lire-sterline per sé e per Lenin.
Da Mme Joseph Fels, nata Rothschild, che – appoggiata dal suo caro
amico George Lansbury (animatore della Società Fabiana a New York) –
aveva convinto il marito, miliardario, di fare questo dono
generoso…Altro finanziamento da Wall Street alla Rivoluzione Bolscevica
.” (4).
Altri e ben più sostanziosi saranno i finanziamenti che andranno ad
alimentare le casse del partito socialdemocratico russo, particolarmente
la sua ala estremista, i bolscevichi di Lenin.
La plutocrazia ebraica accorrerà rapidamente a dare il suo contributo
alla rivoluzione. L’alta banca ebraica d’Occidente amorevolmente aprirà
i suoi cordoni della borsa per sostenere l’insurrezione che si prepara
contro il potere assolutista degli zar; una insurrezione “dall’alto”,
come tutte quelle che caratterizzeranno la storia sanguinaria del
comunismo internazionale; insurrezione eterodiretta dalla finanza
mondiale che ‘tiferà’ per Lenin contro l’aristocrazia feudale russa. Il
fil rouge che unirà l’alta banca occidentale ai “rivoluzionari” del
Cremlino da allora e fino alla fine dell’URSS non si sarebbe mai più
spezzato.
Ne sa qualcosa Zbigniew Brzezinski, esponente dei principali
organismi mondialisti e tra i principali fautori del dialogo con i
sovietici negli anni Settanta; anni in cui darà vita alla Commissione
Trilaterale.
“Secondo Brzezinski, il fenomeno che viviamo attualmente “questa
preminenza dei fattori tecnici ed economici”, costituisce una svolta
nella nostra storia “molto più importante e drammatica della rivoluzione
francese o dell’instaurazione del potere bolscevico”. L’uomo che
controlla le idee di Carter riempie con disprezzo le trincee che gli
irriducibili fautori dei “sistemi antagonisti” vorrebbero approfondire.
Egli stabilisce, da esperto genealogista, una filiazione sbalorditiva:
“Lo sviluppo economico sovietico tra il 1917 e il 1930 si è basato
essenzialmente sull’aiuto tecnologico degli Stati Uniti. Almeno il 95%
della struttura industriale dell’URSS ha ricevuto questa assistenza.”.
Il 12 aprile 1976, Armand Hammer, presidente dell’Occidental
Petroleum, firmava con Breznev un accordo di 20 miliardi di dollari per
la costruzione di fabbriche fertilizzanti. Laconicamente Breznev ha
definito Hammer come “un uomo che mi aiuta e che aiuto”.
Così veniva simbolicamente confermata e ripresa una cooperazione
economica iniziata cinquantasette anni prima. Il padre di Armand Hammer,
emigrato da Odessa, membro fondatore del partito comunista americano
conosceva Lenin dal 1907. Egli finanziava l’ufficio di relazioni
sovietico aperto a New York, che era diretto da uno dei suoi amici
russi, Ludwig Martens. Hammer accolse Trotsky quando il futuro capo
dell’Armata rossa sbarcò negli Stati Uniti alla ricerca di aiuti
finanziari. Il 27 marzo 1917 , Trotsky lasciava New York a bordo del
‘Christinia’ munito di un passaporto canadese fornito da Hammer. Un suo
zio si occupava degli interessi della Ford Motor Company nella Russia
zarista. Fin dal 1922 , Armand Hammer negoziò con Lenin e Mikoyan a
Mosca, ottenendo da parte di Henry Ford il mantenimento delle sue catene
di montaggio sul territorio comunista.
Nel 1920 la Chase Bank di John Rockefeller, nonno di David,
negoziava con l’organo di Stato Prambank , la creazione di una camera di
commercio sovietico-americana. Questa istituzione, sorta nel 1922,
venne diretta da Renè Schley, uno dei vicepresidenti della Chase Bank.
L’istituto bancario della famiglia Rockefeller appariva, insieme
all’Equitable Trust Company, appartenente al fondatore della Standard
Oil, come il più impegnato nelle operazioni di credito con il nuovo
regime rivoluzionario di Mosca. Nel 1925, esso negoziava il
finanziamento di esportazioni americane di cotone e di macchine utensili
verso l’URSS. Tre anni dopo, si incaricava della collocazione di
prestiti russi in territorio americano, ciò che gli valse aspre critiche
da parte di organizzazioni patriottiche. Secondo un rapporto del
Dipartimento di Stato, “Kuhn, Loeb and Company”, il più grosso
finanziere newyorchese, partecipa al finanziamento del primo paino
quinquennale, dopo aver funzionato come banca di deposito per il governo
bolscevico, che vi aveva trasferito tra il 1918 e il 1922 più di 600
milioni di rubli in oro.”
E ancora, Max Warburg e Jacob Schiff, i due principali azionisti
di Kuhn Loeb, ufficiosamente associati a John Rockefeller e a John P.
Morgan, finanziarono Lenin e il suo gruppo quando divenne evidente che i
Romanov non esercitavano più realmente un potere in via di totale
decomposizione e che Kerenski rappresentava solo una modesta
transizione. Secondo il “Washington Post” del 2 febbraio del 1918, la
banca Morgan avrebbe versato almeno un milione di dollari a questi
fautori della nazionalizzazione dei mezzi di produzione. Il 14 giugno
1933 , Louis Mc Fadden, dirigente della House Banking Committee, ha
dichiarato di fronte ai suoi colleghi: “Il governo sovietico ha
ricevuto fondi emanati dal Tesoro americano, attraverso la mediazione
della Federal Reserve Board (la banca centrale americana). Le banche
federali hanno cooperato in questa operazione con la Chase Bank, la
Guaranty Trust Company e altre grandi banche newyorchesi. Se aprite i
libri dell’Amtorg, l’organizzazione commerciale del governo sovietico a
New York, del Gostorg, l’ufficio centrale dell’organizzazione
commerciale comunista, o della Banca Centrale dell’URSS, vedrete
l’importanza delle somme prelevate dal Tesoro americano a beneficio
della Russia. Queste operazioni sono state effettuate a profitto della
banca di Stato sovietica attraverso i suoi corrispondenti, la Chase Bank
di New York e Kuhn Loeb and Company”.” (5).
Da buoni capitalisti quali erano i bolscevichi cominciarono
immediatamente a mettere a profitto ottimi affari con l’Occidente,
particolarmente con le sue multinazionali che alacremente ritornavano a
lavorare in territorio russo ‘sovietizzato’. La rivoluzione aveva
difatti distrutto l’intero apparato economico del paese, non aveva
affatto portato come aveva promesso “la terra ai contadini” né
migliorato la vita dei tanti diseredati che avevano risposto all’appello
rivoluzionario di Lenin: la Russia cadrà nel 1917 nell’inganno
bolscevico , un tranello ebraico che utilizzerà le parole d’ordine della
rivoluzione marxista, incitando all’odio di classe alla sovversione ed
al caos la plebe ignorante per sostituire ad un’aristocrazia zarista
ormai marcia una nuova nomenklatura ‘rivoluzionaria’ ai cui vertici si
situerà l’elemento ebraico.
Scrive in proposito Henry Ford: “Per sottrarsi alle terribili
accuse degli assassinii in massa, dei furti, delle morti per fame e di
tutte le atrocità che si commettono in Russia, la propaganda ebrea si
aggrappa ad argomenti insignificanti. Essa afferma, per esempio, che
Kerensky, il precursore del bolscevismo, non è ebreo, come non lo è
Lenin. Ma quest’interesse ebreo di proclamare a tutti i venti che due
dei capi del bolscevismo non sono ebrei è una prova più che convincente
del carattere ebraico del bolscevismo. E’ del tutto inutile rinnegare
soltanto due persone fra centinaia d’altre, tanto più che il fatto non
influisce per niente sulla loro vera nazionalità. Il vero cognome di
Kerensky era Adler (Aquila) e i suoi genitori erano ebrei. Morto il
padre, la madre sposò in seconde nozze un russo chiamato Kerensky,
cognome che prese anche l’avvocato statista. Ma fra gli elementi
rivoluzionari che se ne servirono come di uno strumento, fra coloro che
lo spinsero a piantare il primo chiodo nella bara della Russia, fra i
soldati combattenti sotto i suoi ordini, la sua origine ebraica non fu
mai messa in dubbio. “Ma Lenin – dicono i portavoce ebrei – Lenin , il
vero capo e il cervello di tutto il movimento, Lenin non è ebreo!”.
Sarà, forse, ma allora, perché parla ai suoi figli nel gergo
ebreo? Perché ha soppresso la domenica cristiana, istituendo il sabato
mosaico? La spiegazione potrebbe trovarsi nel fatto che egli ha sposato
un’ebrea o addirittura che egli sia un autentico ebreo, nonostante tutto
quello che gli ebrei affermano. (…) Il governo bolscevico che
nacque sotto la formula di “cancellazione dei debiti” si rivelò per la
sua composizione fino dal suo sorgere, come una vera egemonia ebrea. Non
bisogna credere, comunque, che i membri non ebrei dei Commissariati
siano russi; attualmente ci sono pochissimi russi veri che abbiano
qualche ingerenza negli affari della loro terra. La cosiddetta
“dittatura del proletariato”, nella quale il proletariato non significa
assolutamente nulla, è russa soltanto per il fatto che è stata
impiantata in Russia, ma non nacque dalla volontà del popolo russo, né
sussiste oggi per salvaguardare gli interessi del proletariato russo. Il
bolscevismo non è , né più né meno, che la realizzazione del programma
internazionale contenuto nei Protocolli sionisti, così come secondo gli
stessi Protocolli dovrebbe realizzarsi in tutti gli altri paesi ad opera
di una minoranza rivoluzionaria.” (6).
Che la rivoluzione bolscevica sia stata un prodotto
dell’”intellighenzia” giudaica, un vero e proprio golpe ebraico quello
che Lenin assesterà al corpo in decomposizione della Russia zarista, è
un dato di fatto storico incontrovertibile riconosciuto pienamente e
spesso rivendicato con estremo orgoglio dai principali storici di
‘eletta’ ascendenza.
Lo riconosce nitidamente lo storico ebreo Eugenio Saracini nel suo
“Breve storia degli ebrei e dell’antisemitismo” laddove afferma: “Forse
nessun’altra corrente di pensiero è mai stata così nettamente contraria
all’antisemitismo come il marxismo. Le uniche possibili riserve
concernono, paradossalmente, lo stesso Marx: diversi scrittori gli
rimproverano di avere manifestato, pur essendo di origine ebraica,
tendenze antisemite. (…) Sta di fatto che nelle sue opere non si trova
nulla di veramente antisemita; che egli fu amico ed ammiratore di non
pochi ebrei; che nel 1843, quando si pose il problema degli ebrei di
Prussia, Marx combattè generosamente per la loro emancipazione.
Contrario ad ogni forma di antisemitismo fu pure Engels, che,
sopravvissuto di dodici anni a Marx, potè assistere all’inizio delle
grandi migrazioni ebraiche dall’Europa orientale e all’inizio di nuove
campagne antiebraiche nell’Europa occidentale, con finalità reazionarie:
“l’antisemitismo” egli scrive nel 1890 “è nient’altro che una reazione
di ceti sociali medievali votati alla rovina dall’avanzare della società
moderna”. (…) Apertissimamente contrari all’antisemitismo furono pure i
successivi esponenti marxisti: Otto Bauer (che era di famiglia ebraica)
e con lui la scuola austro-marxista; Bebel, Kautsky, Liebknecht,
Mehring e con loro il movimento operaio tedesco. Lo fu infine, più
nettamente che mai, lo stesso Lenin.” (7)
D’altronde “Infamia e disonore su coloro che seminano l’odio contro
gli ebrei” fu tra le altre ‘consegne’ quella data da Lenin al movimento
rivoluzionario bolscevico.
Ed il suo successore, Stalin, ribadiva la condanna assoluta dell’ “antisemitismo” affermando nel 1931 che “l’antisemitismo,
forma estrema dello sciovinismo razziale, è la sopravvivenza più
pericolosa del cannibalismo (..) è un pericolo per i lavoratori, è la
strada sbagliata che li allontana dalla giusta via. Perciò i comunisti,
in quanto internazionalisti, sono nemici implacabili
dell’antisemitismo”.
Con buona pace dei ‘tanti’ emuli e seguaci post-mortem del
‘Maresciallo’ Stalin, ebreo di origini georgiane e maritato a due
soggetti femminili di ‘eletta’ ascendenza.
Per avere delle conferme in merito al ruolo di primo piano,
all’influenza ed al potere che esercitarono gli ebrei nell’URSS fin
dalla sua fondazione e per tutti i successivi 74 anni di vita di questo
enorme Stato-prigione rimandiamo al volume “Ebrei e sionismo” che, in
forma di intervista, vede il generale David Dragunsky, di eletta
ascendenza, rispondere sulla condizione ebraica nella Russia sovietica
degli anni Ottanta alle domande lui poste dallo storico italiano,
comunista ed ebreo, Guido Valabrega.
Fra le altre risposte il gen. Dragunsky afferma: “…gli
spostamenti dei lavoratori ebrei all’interno dell’Urss dopo la
Rivoluzione d’Ottobre sono sempre stati del tutto volontari;
secondariamente che gli ebrei sovietici hanno validamente preso parte
all’edificazione socialista ovunque si trovassero: il numero degli
operai ebrei è passato dai 153000 nel 1926 a 689000 nel 1939. Ricorderò
ora la svolta del 1924 allorchè presso il Presidium del Soviet delle
nazionalità, una delle due Camere rappresentative che formano il
Parlamento sovietico, fu creato il Comitato per la sistemazione agricola
delle masse lavoratrici ebraiche la cui sigla è Komzet o, in yiddish,
Comerd. L’anno dopo fu organizzata la Società per la sistemazione
agricola dei lavoratori ebrei dell’URSS o , più brevemente, Ozet, in
yiddish, Gezerd. (…) Dopo il lavoro preparatorio che ho ricordato, nel
marzo 1928, il Presidium del Soviet supremo, definì i confini del
Distretto del Birobigian nella zona del fiume Amur, lo assegnava al
Komzet per un insediamento massiccio di lavoratori ebrei, sia pure
escludendo scrupolosamente le aree che già erano occupate da popolazioni
autoctone e cosacche. Cinque anni dopo, e cioè il 7 maggio 1934, il
Presidium del Soviet supremo decideva la trasformazione del Distretto
nazionale ebraico del Birobigian in Regione Autonoma Nazionale degli
Ebrei nell’ambito della Repubblica Socialista Sovietica Russa.” (8)
Ma se la condizione degli ebrei di Russia migliorò considerevolmente
all’indomani della Rivoluzione bolscevica è altrettanto reale che ad
approfittarne massicciamente furono soprattutto le ‘firme’ delle
principali multinazionali ebraiche occidentali alle quali i sovietici
non lesinarono accordi, contratti e scambi commerciali di primo piano
fondamentali per risollevare la disastrata economia sovietica.
In proposito riporta lo storico ebreo Levinson: “Dopo la
rivoluzione, la Standard Oil del New Jersey, acquistò nel Caucaso il 50%
delle immense concessioni petrolifere appartenenti ad Alfred Nobel e
che, in teoria, erano state nazionalizzate. Nel 1927, la Standard Oil di
New York costruì una immensa raffineria in Russia. Poco dopo, la
compagnia newyorchese e la sua filiale Vacuum Oil Company, registravano
un accordo con Mosca sulla commercializzazione del petrolio sovietico
nei paesi europei. Per questo scopo, venne accordato un prestito di 75
milioni di dollari al governo comunista. (…) Nel 1964, uscendo dal
Cremlino dove aveva incontrato per la prima volta Kruscev, David
Rockefeller, suo futuro alleato, dichiarava a coloro che si
preoccupavano di un simile confronto: “E’ stata la conversazione più
impegnativa che abbia mai avuto. Ma noi ci conosciamo bene. Abbiamo da
molto tempo l’abitudine di lavorare insieme.”.
Nel 1944 il ricchissimo ed influente democratico Averell
Harriman, in un rapporto redatto per il Dipartimento di Stato, dopo vari
incontri al Cremlino scriveva: “Stalin ammette che circa i due
terzi delle più grosse industrie sovietiche sono state costruite con
l’aiuto degli Stati Uniti o grazie alla loro assistenza tecnica”.
Nella calma dei suoi appartamenti, rilassato, benché sempre
preoccupato tra una purga e l’altra, il vecchio seminarista georgiano,
difensore del socialismo in un solo paese, confessava: “Bisognerebbe
unire la coscienza rivoluzionaria con l’efficienza dei capitalisti
americani”.” (9)
E’ questa cooperazione economica – che durante la seconda guerra
mondiale si trasformerà rapidamente in una collaborazione
tecnico-militare da parte delle industrie capitaliste britannica e
statunitense all’eterna assistita Unione Sovietica e senza la quale
l’armata rossa sarebbe stata travolta dal rullo compressore tedesco –
che diventerà la base delle continue ottime relazioni
sovietico-americane e sovietico-occidentali che dureranno, aumentando in
proporzione negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, fino al
tracollo finale dell’URSS.
L’URSS sarà per 74 anni l’eterna assistita della politica mondiale.
Mentre si paventerà una inesistente minaccia militare sovietica contro
il blocco occidentale ( il pericolo rosso verrà abilmente utilizzato
come uno specchietto per le allodole dall’establishment politico e
militare statunitense per aumentare considerevolmente le proprie spese
militari che serviranno per finnziare gli interventi che dall’America
Latina all’Africa fino all’Asia orientale ed al Vicino Oriente
caratterizzeranno la politica estera a stelle e strisce nel periodo
della guerra fredda con i suoi colpi di Stato affidati alla CIA e le sue
interferenze nella vita politica ed economica di decine di nazioni );
l’URSS e la stragrande maggioranza dei paesi del blocco orientale,
legati a Mosca dal Patto di Varsavia, cercavano di sfruttare gli scambi
commerciali e le loro relazioni economiche con le potenze capitalistiche
per sopravvivere e mantenere inalterato lo status quo (peraltro
riconosciuto dall’Alleanza Atlantica durante i lavori della conferenza
internazionale di Helsinki del 1976 ad una Unione Sovietica
profondamente in crisi di consenso anche in seno al proprio blocco
d’influenza orientale) ovvero per non crollare miseramente assieme alla
struttura deficitaria dell’economia sovietica.
“USA e URSS – ha scritto Piero Sella (10) – hanno
impostato nel dopoguerra una coincidente politica basata sullo
sfruttamento della decolonizzazione; i Russi in chiave di sovversione
marxista, gli Americani di semplice scalzamene delle posizioni politiche
e dell’influenza economica europea. Ambedue, in tale contesto
antieuropeo, si sono battute per la nascita anacronistica, colonia in
tempo di decolonizzazione, dello stato di Israele. Strumentalizzandone
il naturale patriottismo, hanno cercato di far credere all’opinione
pubblica mondiale che il popolo ebreo, come ogni altro popolo,
desiderava una patria. (…) L’intesa tra USA e URSS, tra democrazia e
comunismo a danno dell’Europa, ha avuto ripercussioni profonde. Un
inventario completo dei danni dimostrerà che i guasti arrecati sono
rintracciabili ovunque: sarà facile constatare che ogni quadrante della
civiltà europea, dalle istituzioni al costume, è stato leso. (…)
L’economia sovietica, inoltre, conferma ogni giorno di più di non essere
in grado di affiancare, di sostenere alcuna espansione politica. I
Sovietici non riescono infatti ad “occupare” economicamente neppure le
conquiste militari già fatte. Pur essendo quella dell’URSS un’economia
da paese arretrato (il 70% delle esportazioni sovietiche è costituito da
materie prime) la produzione agricola è sempre più deficitaria rispetto
ai consumi. Tutto il sistema economico sovietico si regge quindi solo
grazie all’artificio isolazionista che ne maschera la totale non
competitività.”.
Un ‘occultamento’ peraltro mal riuscito quello operato per settanta e
più anni dai dirigenti sovietici che continuavano a sognare di poter
eguagliare i record economici occidentali mentre i risultati reali
confermavano soltanto gli enormi deficit e aumentavano il gap tra
l’Oriente comunista e l’Occidente capitalista dimostrando che l’URSS
aveva un ritardo di 10 anni circa rispetto all’Europa occidentale e di
quasi 15 rispetto agli Stati Uniti.
Anche la corsa agli armamenti nucleari, così come la sfida “spaziale”
che vide negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso impegnati
sovietici e americani, fu strumentale propaganda utilizzata dal regime
comunista essenzialmente per mascherare il ritardo cronico nei confronti
dell’Occidente militarmente, tecnologicamente ed economicamente
superiore con un rapporto di 1:3 rispetto all’intero blocco orientale.
Per sopperire a questi evidenti insuccessi , e malgrado tutta la
propaganda di regime che continuava a tessere le lodi dei diversi
tentativi di dare una sferzata all’economia sovietica (con la NEP negli
anni di Lenin, poi sostituita dai piani quinquennali stalinisti e
successivamente dalla molto strombazzata a livello di opinione pubblica
mondiale ‘distensione’ dell’epoca Kruscev) inventandosi di sana pianta
una competizione con gli Stati Uniti assolutamente inesistente – in
quanto irrealizzabile per l’arretratezza strutturale dell’economia
sovietica – progressivamente al Cremlino compresero la necessità di
aprire l’intero blocco dei paesi del Patto di Varsavia all’assalto delle
multinazionali capitalistiche occidentali come avvenne a partire dai
primi anni Cinquanta e fino al crollo dell’intero edificio sovietico.
L’URSS ed i suoi satelliti, escluso forse la Repubblica Democratica
Tedesca il solo Stato del blocco orientale industrialmente competitivo
malgrado tutte le devastazioni subite durante la 2.a Guerra Mondiale,
furono dunque assistiti dalla plutocrazia occidentale per mantenere in
vita la divisione bipolare sancita dall’oligarchia usurocratica
mondialista a Yalta, patto scellerato concluso tra gli avvoltoi
democratici occidentali di Londra e New York con il beneplacito accordo
del loro alleato Stalin che si garantirà così l’intera zona d’influenza
dell’Europa orientale penetrando con i suoi mezzi e soldati fino al
Danubio ed occupando nazioni sovrane che verranno svendute dagli
oligarchi della City e di Wall Street e sacrificate sull’altare dei
Soviet in nome della lotta antifascista.
“I rappresentanti delle grandi banche – conferma Levinson (11) – intervengono in continuazione perché venga concessa all’URSS la clausola della “nazione più favorita”, perché
il Congresso degli Stati Uniti non debba più essere consultato quando
un credito destinato all’URSS supera i 300 milioni di dollari, perché
l’Exim Bank possa aumentare l’importo dei suoi prestiti, per migliorare
le quote d’esportazione e per eliminare dalla lista dell’embargo del
COCOM i prodotti strategici più soggetti a cauzione. In Germania
occidentale, in Gran Bretagna, in Francia, in Italia, in Svezia, in
Austria e negli altri paesi, la coalizione “banche-Breznev” è riuscita a
sconfiggere i principali avversari politici dell’operazione Vodka-Cola.
In numerosi campi, la potenza di questi gruppi finanziari
occidentali si esercita a un duplice livello, sorprendente, ma forse
necessario, per quanto riguarda la tolleranza nei confronti delle
istituzioni dell’Europa orientale. Il più importante, ovviamente, è
quello della libertà di cui godono i partiti comunisti e i sindacati che
dominano questi partiti. I sovietici affermano che se i lavoratori
hanno un partito comunista che li dirige, è per liberarsi della
schiavitù capitalistica, e che questa è la loro volontà senza che
l’Unione Sovietica debba interferire negli affari interni di un altro
paese. L’Occidente, tuttavia, non esige alcuna contropartita, vale a
dire il diritto corrispondente di verificare se gli operai sovietici non
vorrebbero avere un partito liberale o socialdemocratico che li guidi
per liberarsi dalla schiavitù staliniana. (…) Allo stesso modo, i
sindacati comunisti nazionali e internazionali hanno la libertà di
funzionare indisturbati all’Ovest, di mantenervi propri agenti e
rappresentanti, di fare propaganda, di organizzare manifestazioni e
congressi, di fare dell’agitazione e di creare sindacati paralleli, vale
a dire settari. (…) Questi due diversi livelli sono ammessi anche nel
mondo bancario. Mentre nell’Europa dell’Est le banche occidentali si
vedono rifiutare l’autorizzazione per qualsiasi transazione bancaria
diretta e viene loro impedito di funzionare nel quadro del sistema
statale esistente, le banche di Stato dell’Est godono invece in
Occidente di tutti i privilegi delle banche capitaliste, senza limite
alcuno.
Nella necessità di trovare altre fonti di credito, l’Unione
Sovietica, che aveva venduto 328 tonnellate d’oro in Svizzera nel 1976
per poco più di un miliardo di dollari, ha ricominciato ad emettere
obbligazioni a 5 anni per raccogliere altro denaro. (…)
La banca Narodny di Mosca possiede a Londra beni mobili e
immobili superiori a quelli della Banca d’Irlanda ed ha filiali a
Singapore e a Beiruth. A Parigi vi è la Banca commerciale per l’Europa
del Nord, a Zurigo la Banca commerciale Wochzod, a Francoforte la Banca
Est-Ovest, a Teheran la Banca russo-iraniana, a Vienna la Banca del
Danubio e nel Lussemburgo la United Bank: tutte queste banche sovietiche
sono specializzate nelle transazioni commerciali Est-Ovest, operano
come banche nazionali regolarmente autorizzate e offrono al pubblico
occidentale tutti i servizi bancari tradizionali. (…)
Un’operazione speculativa degna di nota è stata condotta in porto
dalla rete bancaria dei sovietici in Svizzera, alla fine di dicembre
1976. In meno di mezz’ora la Zurich Wochzod Bank riuscì a cambiare,
tramite vendite per telefono, tra i 300 e i 500 milioni di dollari in
franchi svizzeri. Venduto in “piccoli” pacchetti di 10-20 milioni
ciascuno a banche svizzere diverse, il dollaro cadde da 2,45 a 2,42,
permettendo ai sovietici di realizzare un’enorme speculazione prima che
l’intervento deciso dalla Banca Nazionale Svizzera stabilizzasse il
prezzo del dollaro intorno a 2,437. Fu la più grossa operazione del
genere nella storia svizzera. Il ricavato può essersi aggirato tra i 12 e
i 15 milioni di capitalistici franchi svizzeri.
Tutti gli altri paesi del Comecon, con l’eccezione della Bulgaria
e della Repubblica Democratica Tedesca, compiono in Occidente
operazioni bancarie analoghe. Alcune di queste filiali si sono
installate già da tempo, ma la grande espansione è cominciata solo dopo
il 1970. La Polonia è, tra tutti i paesi dell’Est, quello relativamente
più indebitato e che dipende di più dal capitalismo, con un terzo
dell’economia e della mano d’opera ancora occupata nel settore agricolo,
con prezzi elevati per tutto ciò che è alimentare, pochissime
esportazioni e un’industria vacillante, inefficiente, che non produce
altro che articoli di pessima qualità. Grazie soprattutto alla Germania e
agli Stati Uniti , la Polonia spera di poter disporre di fabbriche a
tecnologia abbastanza avanzata. Essa è costretta a pagare interessi più
elevati che in altri paesi per il materiale di cui ha un tremendo
bisogno ( i tassi raggiungono il 10 e anche l’11%) e ciò provoca
reazioni a Mosca che teme che questi tassi vengano usati come un
trampolino per aumentare tutti gli altri tassi nei paesi del blocco
orientale. (…) Tra le banche occidentali installate in Polonia troviamo
la First National Bank di Chicago, la Banca Commerciale Italiana e due
banche francesi, la Crèdit Industriel et Commercial e la Banque
Nationale de Paris. La banca polacca per il commercio estero, la
Handlowy Warszawie, ha delle filiali a Belgrado, a Londra e a New York.
La banca PKO (Banca del Servizio Personale) è installata in Francia e in
Israele, dove compie trasferimenti di denaro per conto di cittadini
polacchi o di origine polacca.
Per quanto riguarda gli altri paesi dell’Est, la RDT ha
autorizzato due banche francesi e una italiana a installarsi a
Berlino-Est. L’Ungheria ha una banca austriaca, la
Kreditanstal-Bankverein; la Romania, una banca americana, la
Manufacturers Hanover Trust Company; la Bulgaria, il Banco di Napoli.
Solo la Cecoslovacchia si oppone alla presenza di banche straniere, ma
ciò riflette ancora l’atmosfera repressiva che ha fatto seguito all’era
di Dubcèk, quella del “socialismo dal volto umano”.
Oltre alle banche sovietiche e polacche fin qui menzionate,
l’Ungheria ha banche o rappresentanze bancarie a Vienna e a Londra; la
Romania a Londra, Parigi, Roma e Zurigo e anche la Bulgaria ha aperto
degli uffici a Londra e a Beirut.
Filiali di banche straniere capitaliste sono state autorizzate in
Ungheria con una legge del 24 gennaio 1977. (…) Le banche occidentali
operano ampiamente tramite una rete di banche internazionali
corrispondenti, che realizzano la cooperazione bancaria all’estero.
Una “corrispondente” è una banca straniera che accetta di
cooperare su questioni da stabilire di volta in volta , a nome di
un’altra banca. (…) Durante le prime fasi della cooperazione economica
Est-Ovest, si diffuse molto la pratica di stabilire reti di banche
corrispondenti in tutto l’Occidente.
Le banche orientali più importanti hanno creato un gran numero di
catene bancarie di questo genere. Esse rappresentano un altro legame
tra le banche dell’Est e quelle dell’Ovest, oltre a quelli di
associazione e di investimenti già descritti. Di seguito
offriamo un esempio di banche corrispondenti che la Banca Nazionale
Polacca si vanta di avere in Occidente: Osterreichische Landerbank A.G.,
Vienna; Banque de Bruxelles S.A., Bruxelles; Den Danske Landinansbank,
Copenhagen; Skandinaviska Enskilda Banken, Stoccolma; Algemene Bank
Nederland N.V., Amsterdam; Deutsche Bank A.G., Monaco; Dresdner Bank
A.G., Francoforte; Mitteleuropaische Handelsbank A.G., Francoforte;
Union de Banques Suisses, Zurigo; Banca Nazionale del Lavoro, Roma;
Barclays Bank International Ltd, Londra; Commonwealth Tradink Bank of
Australia, Londra; Chase Manhattan Bank, New York; First National Bank
of Chicago, Chicago; First National City Bank, New York; Girard Trust
Bank, Philadelphia; Irving Trust Company, New York; Bank of American
Trust and S.A., San Francisco; The Royal Bank of Canada, Montreal;
Commonwealth Trading Bank of Australia, Sidney.
Nulla indica meglio la collaborazione crescente che esiste tra i
giganti del capitale monopolistico finanziario dell’Ovest e i monopoli
bancari del commercio estero dei paesi comunisti (…), della tendenza che
si delinea verso la creazione di consorzi bancari Est-Ovest.
Per esempio, una banca polacca, la Handlowy, si è associata a sei
grandi banche capitaliste, per creare a Vienna, nel 1971, la Centrobank
AG. Le sei banche erano: il Banco Popular Espanol della Spagna
franchista; la Kleinwort Benson di Londra; la Banque Occidentale pour
l’Industrie e le Commerce di Parigi; il Banco di Sicilia di Palermo; la
Banca di Tokio e la Bank fur Arbeit und Wirtschaft, che possiedono il
partito socialista e la centrale sindacale austriaci. Due anni dopo la
Polonia entrava a far parte della Banca tedesco-polacca dell’Europa
centrale, a Francoforte. Era la prima impresa mista realizzata tra una
banca tedesca e una dell’Europa dell’Est: la banca polacca Handlowy
possiede il 70% delle azioni e la Hessische Landesbank-Girozentrale il
30%.
Anche la Romania ha dato un esempio nel campo delle imprese
miste, del tipo Vodka-Cola. La Banca per il commercio estero rumeno ha
creato un’impresa mista nel 1972 con otto importanti banche francesi: si
tratta della Banca franco-rumena di Parigi. Nella Banca anglo-rumena di
Londra i rumeni detengono il 50% del capitale, il 30% spettando alla
Barclay’s Bank e il 20% alla Manufacturers Hanover Trust Co. americana.
Nell’agosto 1976 un’altra impresa mista è stata fondata a Francoforte
con banche della Germania occidentale. Anche l’Ungheria ha creato due
imprese del genere in Austria con la Kontrolbank e a Londra, la
Hungarian National Bank in cui le banche austriache detengono il 25%
delle azioni. (…) La Moscow Narodny di Londra ha offerto ai suoi clienti
“eurodollari” capitalistici dal 1954 al 1955, esattamente come ha fatto
la sua collega, la banca sovietica di Parigi. In seguito le banche
comuniste hanno aumentato regolarmente la loro partecipazione nella
gestione e nella emissione di obbligazioni valide per prestiti sul
mercato eurodollaro, sia per i paesi capitalisti sia quelli comunisti.
La prima emissione di eurodollari, ad uso di un paese comunista, sul
mercato monetario più sfacciato del capitalismo, è stata fatta in
Ungheria. Più di 75 banche occidentali hanno garantito questa emissione
di 25 milioni di dollari, seguita da una seconda di 50 milioni di
dollari all’8,5% d’interesse, rimborsabili in quindi anni. Questa
emissione è stata garantita da un consorzio composto dalla Banca Narodny
di Mosca, dalla Morgan Grenfell di Londra, dalla Bank of America e
dalla Frankfurter Bank della RFT. Dopo questo inizio le emissioni di
obbligazioni sottoscritte da paesi dell’Est, si sono moltiplicate.”
Ecco dunque il vero volto del comunismo. Nato dall’utopia messianica
del giudeo Karl Marx nell’Ottocento come scienza economica esatta, anzi
“scientificamente inattaccabile”come hanno sempre preteso generazioni di
teorici marxisti, il comunismo è tornato docilmente e paciosamente
nell’alveolo capitalista del quale ha rappresentato semplicemente
l’altra faccia.
Un inganno durato più di un secolo che ha fascinato sotto le proprie
bandiere rosse sangue milioni, probabilmente miliardi, di individui
irretiti da una propaganda di ribellione e di odio – il marxismo è di
fatto la trasposizione in termini economici del tradizionale viscerale
disprezzo talmudico nel campo delle applicazioni sociali e politiche –
che hanno creduto di aderire ad un movimento di rivalsa contro il
sistema capitalista dominante diventando invece gli oscuri burattini di
un gioco più grande di loro, marionette manovrate da un piccolo nucleo
di dirigenti ideologizzati che mentre sbraitavano ai quattro venti le
parole d’ordine rivoluzionarie della “dittatura del proletariato” e
dell’”assalto al cielo” – proclamando ovunque la fine delle vecchie
classi e l’edificazione di una nuova società più giusta ed uguale
(vecchie parole d’ordine della rivoluzione illuministico-borghese del
1789) – lavoravano esclusivamente per quegli stessi individui detentori
assoluti delle ricchezze planetarie; casta di intoccabili che si situa
al di sopra di governi ed istituzioni nazionali ed internazionali e vera
e propria oligarchia del denaro determinante le sorti della politica,
dell’economia, del commercio e del futuro stesso dell’umanità.
Il bolscevismo, fase estrema dell’utopia socialrivoluzionaria di
marxiana memoria, finisce con il crollo indecoroso dell’URSS per
ritornare all’alveolo capitalistico: la rivoluzione d’ottobre che aveva
proclamato di abolire la schiavitù del capitale si ricongiunge con la
sua degna ‘matrigna’ – la rivoluzione-madre francese degli Immor(t)ali
Principi – confermando l’inapplicabilità dell’intera struttura teoretica
marxista.
Scriverà legittimamente a tal proposito Maurizio Lattanzio: “Il
marxismo così come è stato ‘pensato’ da Marx, cioè il complesso delle
dottrine economiche, politiche e filosofiche risultanti dalla
elaborazione teorica e dalla organizzazione ideologica del pensiero di
Carlo Marx (alias Kissel Mardochai) NON PUO’ ESISTERE NE’ SPERARE DI
REALIZZARSI.
Maturato nell’ambito della sfera meramente razionale che
si articola in coordinate di pensiero assolutamente astratte, cioè
prescindenti dalle realtà spirituali ed etiche, caratteriali e
psicologiche, culturali e storiche relative agli uomini e ai popoli, il
marxismo si pone quale omogenea derivazione dalla cultura illuministica,
dai suoi contenuti egualitari e dai suoi schematismi livellatori. Ma,
nondimeno, nazione e popolo, religione e costume, tradizioni popolari e
mentalità ‘registrate’ nell’anima razziale dei popoli esistono; esse
sono realtà che lo schema marxista nega, ma dalle quali non può
prescindere e alle quali deve appoggiarsi qualora voglia realizzare una
esperienza di gestione concreta di uno Stato e di una società. Se vuole
“galleggiare” nel fiume della storia, il marxismo ha bisogno di
“salvagente reazionari”. La sua capacità di incidenza storica presuppone
che esso si ‘leghi’ alle costanti culturali, razziali ed anche
politiche (con speciale riferimento alla politica estera) che plasmano i
profili dei popoli e delle nazioni.
I due termini del rapporto (marxismo e costanti
storico-culturali) hanno una differenziata intensità di prevalenza, che
però, alla fine, sostanzialmente tende sempre a riferirsi al primo
termine.
A volte il marxismo si riduce a verniciatura ideologica –
in posizione marginale e subordinata – dietro al quale possono
esprimersi o premere forze e istanze più profonde, anche marxisticamente
eretiche; altre volte l’oligarchia tecno-burocratica comunista,
consapevole della potenziale efficacia di queste forze e di questi
dinamici sedimenti storico-culturali, riesce a farne dei “vettori” la
cui qualità è non-marxista o, al limite, antimarxista, ma la cui
direzione, il cui orientamento dinamico, si concretizza in una
direttrice di marcia che, procedendo da un progetto ideologico marxista,
muove verso l’approdo ultimo della Sovversione. Può esserci infatti una
sostanziale differenza tra la qualità e la direzione dello stesso
vettore.
Comunque nei momenti decisivi – vedi II guerra mondiale –
la direzione del vettore Russia-staliniana si è sempre orientata contro
Idee e uomini, forme statuali e movimenti ispirati ai valori della
Tradizione.” (12)
Il resto è ‘fuffa’ ideologica e ciarle portanti acqua al mulino – giudaico – della Sovversione.
Au revoir….
DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”
10 Aprile 2012
NOTE –
1) Come altre strutture analoghe anche l’Institute for Pacific
Relations ha ricevuto finanziamenti direttamente dalle principali
Fondazioni statunitensi in particolare dalla Carnegie e dalla
Rockefeller mentre altri fondi sono arrivati attraverso la Standard Oil,
l’ITT, l’International General Electric, la National City Bank e la
Chase National Bank (vale a dire sempre da associate al gruppo
Rockefeller). Il ruolo dell’I.P.R. fin dalla sua fondazione è quello di
programmare, decidere e attuare la politica estremo-orientale asiatica
delle diverse amministrazioni USA;
2) Pierre de Villemarest – “A l’ombre de Wall Street” – Ediz. “Godefroy de Bouillon” – Paris (Francia) 1996;
3) “Autobiography” – New York (USA) 1931;
4) Pierre de Villemarest – op. cit. ;
5) Charles Levinson – “Vodka-Cola” – Ediz. “Vallecchi” – Firenze 1978;
6) Henry Ford – “L’Ebreo Internazionale” – Ediz. di “Ar” – Padova 1971;
7) Eugenio Saracini – “Storia degli Ebrei e dell’antisemitismo” – Ediz. “Mondadori” – Milano 1977;
8) David Dragunsky/ Guido Valabrega – “Ebrei e sionismo” – Ediz. “Teti” – Milano 1986;
9) Charles Levinson – op. cit.;
10) Piero Sella – “L’Occidente contro l’Europa” – Ediz. de “L’Uomo Libero” – Milano 1984;
11) Charles Levinson – op. cit.;
12) Maurizio Lattanzio – “Stalinismo ed Ebraismo” – Ediz. “Barbarossa” – Saluzzo 1986.
TRATTO DA:
https://dagobertobellucci.wordpress.com/2012/04/10/linganno-marxista-la-cooperazione-economica-e-la-sinergia-bancaria-tra-il-giudeo-bolscevismo-e-la-finanza-internazionale-capitalista/
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