USUROCRAZIA : IL PARASSITISMO DEL SISTEMA BANCARIO INTERNAZIONALE E I
MECCANISMI DI SFRUTTAMENTO MONETARISTICI DELL’ALTA FINANZA GIUDAICA
di Dagoberto Husayn Bellucci
“…io credo sinceramente, come voi, che le istituzioni bancarie siano più pericolose di un esercito in campo…”
( Thomas Jefferson – lettera a John Adams )
“ch’usura offende/la divina bontade”
( Dante Alighieri – Inferno XI , 95/96 )
“Dallo stato caotico dell’economia il genio ebraico sviluppò il
sistema del capitalismo organizzato, grazie allo strumento più efficace:
il sistema bancario.”
( Henry Ford – L’Ebreo Americano” – 10 Settembre 1920 – da “L’Ebreo Internazionale” ediz. di “Ar” – Padova 1969 )
“La razza, nell’ebreo, è lungi dall’essere un puro dato biologico e
antropologico. La razza è la legge. Questa, intesa come una forza
formatrice dall’interno e in un certo senso perfino dall’alto,
nell’ebreo fa tutt’uno con quella.”
( Giovanni Preziosi – “Dieci punti fondamentali del problema ebraico”
– 15 Agosto 1937 – da “Come il Giudaismo ha preparato la guerra” –
ediz. “Tumminelli – Roma 1939 )
La vittoria delle forze rivoluzionarie islamiche in Iran ha aperto un
nuovo corso nella storia mondiale e in quella delle relazioni
internazionali. Dagli infami accordi siglati a Yalta che sancirono la
spartizione universale bipolare tra l’imperialismo dell’Occidente
capitalista e l’imperialismo dell’Oriente marxista nessun popolo,
nessuna nazione e nessuno Stato era riuscito a spezzare le catene del
giogo e della tirannia che, su scala globale, divideva uomini, partiti e
governi della politica mondiale in filo-americani e filo-sovietici.
La gloriosa Rivoluzione Islamica iraniana, diretta con saggezza e
determinazione dalla Guida spirituale e politica dell’Imam Khomeini (che
Dio lo abbia in Gloria), riuscì a materializzare da una lotta quasi
ventennale di popolo e ad edificare un regime, ispirato agli scritti
dell’Imam sul Governo Islamico, che rifiutava tanto il consumismo
capitalista occidentale quanto il socialismo ‘reale’ materialista
orientale incarnati dalle due superpotenze imperialista degli Stati
Uniti e dell’Unione Sovietica.
Il crollo dei regimi d’ispirazione marxista nell’Europa Orientale che
ha caratterizzato la seconda metà degli anni Ottanta ha determinato e
accelerato le dinamiche di espansione mondiale del capitalismo
occidentale fornendo alla plutocrazia statunitense – espressione del
lobbismo multinazionale eterodiretto dall’Internazionale Ebraica –
l’opportunità di instaurare il suo One World, mondo unidimensionale e
unipolare, espressione di una visione meccanicistica ed economicista
della vita e rappresentazione formale della Grande Parodia ovvero – su
di un piano metafisico – dell’apocalittica emersione di forze ‘altre’,
tellurico-discendenti, lunari, materialiste o sataniche che dir si
voglia.
Il tentativo di instaurazione di un mondo asservito alle logiche
consumistiche e di mercato dirette dalle multinazionali e dal sistema
bancario e finanziario internazionale è miseramente fallito unitamente
con i complotti e le strategie belliche statunitensi di imporre manu
militari al resto del pianeta la concezione occidentale di sistemi di
vita e di potere alieni attraverso l’efficacia dei mezzi di
comunicazione di massa, le parole d’ordine della “democrazia” e del
“parlamentarismo”, le sirene della “libertà” e quelle dello “sviluppo”.
Il mondo marcia verso un nuovo ordine internazionale multipolare:
Cina, Russia, India, mondo islamico, diversi Stati dell’America Latina
si stanno pesantemente liberando dei lacci plutocratici entro i quali
erano state imbavagliate e legate le aspirazioni di intere nazioni e
popoli che rivendicano una loro partecipazione all’economia e al nuovo
ordinamento globale. L’America ed i suoi alleati – in particolare il
Sionismo internazionale – arretrano mentre nuovi soggetti geopolitici si
affacciano sulla ribalta della scena internazionale.
Se tutto ciò è potuto accadere una gran parte del merito dev’essere
riconosciuto alla resistenza adottata dal mondo islamico dinanzi ai
piani della Finanza usurocratica e ai complotti dell’Imperialismo. Le
nazioni islamiche più consapevoli hano rifiutato di riconoscere una
supremazia mondiale statunitense ed il modello di sviluppo capitalistico
occidentale e la democrazia quali “fine della storia” (utilizzando la
propagandistica immagine offerta dal funzionario dell’Establishment
mondialista Francis Fukuyama al quale si deve questa ‘brillante’
metafora sull’unidimensionalità ‘irresistibile’ del modello
parlamentaristico-democratico statunitense e sul “villaggio globale”
quale ‘sfondo’ idoneo per il ‘bivacco’ sciacallesco delle aziende
multinazionali sui resti spogli dei popoli sottomessi ad un mefitico e
alienante sistema di oppressione che, a partire dalla metà degli anni
Ottanta, abbiamo imparato a conoscere massmedialmente sotto la dizione
di “globalizzazione”) ovvero la pretesa superiorità di un modello
occidentale il quale intede imporsi a livello globale quale unico e
indiscutibile: l’attuale crisi economico-finanziaria internazionale,
generata dal cuore del sistema ovvero dalla plutocrazia statunitense, è
una conferma, l’ennesima, di quanto fallaci e erronee risultino queste
utopistiche ‘concezioni’.
Comprendere la crisi dell’Occidente significa, in ultima analisi,
capire i guasti del sistema di produzione capitalista, l’errata
direzione su basi materialistiche ed edonistiche assunta dai paesi
ricchi e l’usurocratiche ‘attenzioni’ rivolte dalle Multinazionali verso
il resto del pianeta inteso esclusivamente quale grande ‘mercato’ e
laboratorio per nuove alchimie di sfruttamento. In sintesi potremmo
riferirci ad un grande mercato globale informatizzato dove i flussi
finanziari e commerciali si sono uniformati a quelli di individui e
persone: il modello globalizzante di libero mercato favorisce le
transazioni economiche, il trasferimento di merci e capitali da un luogo
ad un’altro, la delocalizzazione dell’industrializzazione, l’anonimato
delle società d’affari e le migrazioni di anime alla ‘cerca’ di nuove
opportunità lavorative.
L’Occidentalizzazione del mondo, intesa nella sua intima essenza, è
soprattutto “americanizzazione” e riflette modi e stili di vita “made in
USA”. Il trionfo del modello di sviluppo capitalistico – che per sua
natura non ha patria nè ideali, nè valori nè etica e tantomeno abbisogna
di ‘basi operative’ in quanto multinazionale e cosmopolita per
interesse – è collegato ad un modello universale che utilizza meccanismi
e strumenti simbolici persuasivi e ‘fascinosi’ tra i quali la scienza,
la tecnologia, l’informatica e su quello che è l’immaginario collettivo
sul quale si basano ovvero il valore e la fiducia del progresso,
mito-fondante l’espansionismo capitalista.
Tecnica, scienza e informatizzazione dell’esistenza costituiscono i
miti della modernità e, inevitabilmente, dell’occidentalizzazione del
pianeta: queste conquiste del genio umano sono state asservite alle
logiche di sfruttamento, colonizzazione, omologazione imposte dal
modello dominante occidentale al resto del mondo. Il dominio
dell’economico si è manifestato con l’affermazione del mercato unico e
ha cavalcato l’utopia dell’irrinunciabile sviluppo.
“Il fallimento dello “sviluppo”, cioè la constatata impossibilità di
ripetere nei paesi del cosiddetto Terzo Mondo quel complesso di
trasformazioni che hanno portato all’opulenza dell’Occidente, si lascia
dietro una vera e propria catastrofe di cui si tarda a misurare
l’ampiezza. – scrive Serge Latouche (1) – Ovunque, a ristrette èlites
che vivono all’ombra del mercato mondiale, corrispondono immense masse
sradicate che hanno subito la stessa invasione culturale prima ancora
che economica. L’espansione dell’Occidente risulta essere piuttosto il
trionfo di un modello universale, quasi una megamacchina
tecnico-scientifica che impone al di fuori di qualsiasi possibilità di
controlo i propri imperativi mercantili, che non l’effetto di un diretto
dominio militare e/o economico. Certo, questo aspetto del buon vecchio
colonialismo e imperialismo non sono scomparsi, anzi! Ma la loro portata
è ormai senza comune misura con gli effetti di una uniformazione
planetaria tanto travolgente quanto destinata nella maggior parte dei
casi a restare puramente immaginaria.”
E’ un moto apparentemente inarrestabile ma, allo stesso tempo,
irrealizzabile quello prodotto dai nuovi meccanismi di sfruttamento
turbo-capitalistici che ha ridimensionato lo stile di vita di milioni,
miliardi, di persone senza però riuscire a dare risposte adeguate nè ai
loro bisogni materiali nè tantomeno a sopperire al vuoto spirituale che –
una volta immesso il virus occidentale della modernizzazione in una
società del Terzo Mondo – quest’incedere travolgente della modernità ha
provocato, sradicando culture, deformando tradizioni, divorando merci e
consumando vite in nome del progresso, del trionfo della tecnica e della
scienza, in nome della democrazia.
Occidentalizzazione=mondializzazione=omologazione planetaria alias
globalizzazione. Sia detto per inciso che l'”occidentalizzazione” sia da
intendersi più come un’esprit, un diabolico meccanismo, una corsa
folle, una fuga in avanti ed un’insieme di sistemi di produzione, mezzi
di sviluppo, immagini, mode e stili di vita che non necessariamente
l’immagine, peraltro deformata, delle società occidentali che
quest’aggettivo ‘evoca’.
“L’Occidente non è più l’Europa, nè geografica, nè storica; non è più
nemmeno un complesso di credenze condivise da un gruppo umano che vaga
per il pianeta; proponiamo di leggerlo come una macchina impersonale,
senza anima e ormai senza padrone, che ha messo l’umanità al proprio
servizio. Emancipata da qualsiasi forza umana che volesse arrestarla, la
macchina impazzita prosegue la sua opera di sradicamento planetario.”
(2)
Il modello occidentale è diventato dunque il paradigma di un
complesso di idee che rappresentano il sistema di sfruttamento
usurocratico planetario ovvero il Mondialismo.
“Il termine “mondialismo” – scrive Maurizio Lattanzio (3) – si
riferisce ad una concezione politico-culturale di cui si fanno portatori
e diffusori potenti gruppi tecnocratico-plutocratici occulti o, quanto
meno, ‘defilati’, non esposti alle luci dei ‘riflettori’ – cioè dei mass
media sapientemente manovrati – che ‘illuminano’ la grande ribalta
politica internazionale. Gli oligarchi mondialisti operano tramite
istituzioni parimenti occulte o, se si preferisce, semi-pubbliche
(Trilateral Commission, Bildeberg Group, Council on Foreign Relations,
Pilgrims Society, sistema bancario internazionale ecc.) , con
l’obiettivo strategico di giungere alla realizzazione di un progetto che
prevede l’instaurazione di un unico governo mondiale, depositario del
potere economico, politico, culturale e religioso. Le articolazioni
strutturali di un simile progetto si fondano sull’integrazione
‘trilaterale’ dei “grandi insiemi” geoeconomici: USA, Europa, Giappone, i
quali saranno sottoposti al dominio dei tecnocrati-funzionari
dell’apparato di potere plutocratico installato nei consigli
d’amministrazione delle banche e delle multinazionali. Queste sono le
strutture operative del comando oligarchico dal quale l’Alta Finanza
ebraico-massonica internazionale pianifica e concretizza l’asservimento
dei popoli del pianeta mediante i meccanismi capitalistico-finanziari
della grande usura. Il mondialismo è la ‘scimmia’ dell’universalità; è
la contraffazione anti-tradizionale e parodistica delle idealità
universali che hanno omogeneamente permeato le costruzioni politiche ed
hanno ispirato le vicende storiche delle Civiltà tradizionali. Il
mondialismo è un processo dissolutivo ‘discendente’ il cui tratto
distintivo è il riduzionismo, ovvero la degradazione dell’umanità ad una
poltiglia indifferenziata, conformemente con i perversi ritmi scandita
da condizionanti e alienanti dinamiche massificatorie. Punto d’arrivo è
la serie degli individui-robot che ripetono demenzialmente uno stesso
tipo dalle bestiali caratteristiche di tesaurizzatore, trafficante e
consumatore di cose materiali. Questo obiettivo ‘tattico’ è perseguito
dall’oligarchia mondialista in funzione di una strategia di dominio
planetario, oggi esplicitamente denominata Nuovo Ordine Mondiale”.
Quando individuiamo nell’elemento ebraico il principale ‘agente’ e la
cinghia di trasmissione di una visione unidimensionale materialistica
che dall’alto Medio Evo fino ai giorni nostri si è palesata
esclusivamente quale espressione massima dello spirito mercantilistico
‘rovesciato’ che appartiene di buon diritto allo stereotipo dell’homo
economicus ovvero un tipo umano ‘deambulante’ , cosmopolita e alieno da
qualsivoglia pulsione ideale, estraneo ai valori etico-spirituali e
nemico di ogni Tradizione.
L’homo economicus è la quintessenza del ‘razionalismo’ innalzato a
dogma infallibile e o strumento determinato e caparbio delle logiche e
delle strategie affaristico-mercantili che rappresentano la dimensione
‘espansionistica’ della materia che si pone al di sopra e contro
qualunque anelito spirituale ed eroico-sacrificale degli individui i
quali – nella società rovesciata massificata dell’One World mondialista –
sono ‘intesi’ e riconosciuti esclusivamente quali numeri tra i numeri,
massa-lavoro, strumenti di produzione e di consumo.
L’obiettivo di un simile individuo-massa è quello della
massimizzazione del proprio benessere (che viene definita da una certa
funzione matematica detta funzione di utilità) ovvero il conseguimento
di un determinato numero di risultati attraverso tecniche sempre più
affinate che risultino vantaggiose per ciò che riguarda gli strumenti, i
mezzi, le strategie ed i costi utilizzabili.
L’archetipo dell’homo economicus risulterà pertanto la figura del
mercante ebraico, il quale avrà il ruolo di agente sovvertitore
all’interno delle società goiym = non ebraiche europee e islamiche
sedimentando e metabolizzando i ‘refusi’ dottrinario-materialistici
‘raccolti’ dalla ‘giurisprudenza’ ebraica nel Talmud il quale agirà da
catalizzatore, punto di riferimento, centro nevralgico ‘ideale’ e
principale elemento di coesione dell’unità del disperso popolo “eletto”
degli israeliti nonchè il potente depositario dell’identità
cultural-razziale dell’ebreo nel corso dei secoli.
Un potente catalizzatore, “simbolo che ha tenuto assieme i Giudei
dispersi nei vari paesi, custodendo l’unità del Giudaismo” (secondo lo
storico ebreo Graetz) , attorno al quale si è formulata la filosofia di
vita opportunistico-vittimistica ebraica e la mentalità
auto-ghettizzante dell’esclusivismo giudaico rivelandosi altresì
fondamentale per evitare alla nazione ebraica derive assimilazioniste e
fughe dalla Legge, la quale ‘incatena’ da tremila anni un intero popolo
ad una concezione ‘inversa’ del mondo che riflette una volontà
vendicativa , gelosa del proprio esclusivismo religioso e razziale,
rispetto alle altre comunità, alle altre nazioni e più vastamente al
mondo circostante che, per l’ebreo, sarà sempre ed esclusivamente
“terreno di conquista”.
“Per questa oligarchia il Tempio sarà uno solo, il mondo cosmico
abitato dall’uomo. E si edificherà, nel segreto dei conciliabili
bancari, nella Banca del Mondo, centro di emissione dove la cabala degli
iniziati trasformerà la carta in oro. Là celebreranno il rito della
inversione di tutti i valori. Il prodotto che diventa niente; ed il
niente di uno straccio di carta che diventa valore, oro. Affinchè il
lavoro produca miseria e la miseria intellettuale dei parassiti si
trasformi nel controlo di tutte le ricchezze del mondo.” (4)
La pratica di sfruttamento monetario denominata Grande Usura giudaica
sarà la ‘realizzazione’ conforme ad un percorso di ribaltamento della
funzione economica intervenuto nel corso dei secoli attraverso un
processo di dissoluzione quantitativa della moneta. Renè Guènon,
analizzando questa fase metastorica dell’umanità, scriverà in proposito:
“…presso i Celti i simboli raffigurati nelle monete trovano spiegazione
solo se li si rapporta a conoscenze dottrinali caratteristiche dei
Druidi (…)…la moneta, là dove esisteva, non poteva di per sè essere la
cosa profana che più tardi è divenuta (…) …la moneta, dopo aver perduto
ogni garanzia di ordine superiore, ha visto il suo stesso valore
quantitativo (…) ridursi senza posa…” (5)
L’ ‘inveramento’ ‘miracoloso’ che determinò la sostituzione dell’oro
con la carta-straccia rappresenterà il momento determinante per
l’instaurazione del dominio ebraico sull’economia ovvero l’esproprio
‘legalistico’ esercito sulla sovranità politico-monetaria che consentirà
all’Internazionale Ebraica – intesa come l’insieme delle differenti
Kehillah = comunità ebraiche ‘sparpagliate’ e ‘accampate’
sciacallescamente nei quattro angoli del pianeta – la rendita monetaria
di sfruttamento derivante dalla pratica di indebitamento usurocratico
nei confronti delle masse planetarie.
La ‘creazione’ dal ‘nulla’ della carta-straccia sarà l’operazione
‘prodigiosa’ che consentirà all’Ebraismo cosmopolita il ‘trasferimento’
della convenzione monetaria dall’oro, l’argento e i metalli ‘pregiati’
(intesi e convenzionalmente ‘accettati’ come moneta-merce
nell’antichità) alla moneta di costo nullo, ovvero alle banconote, della
quale il Kahal = Alto Sinedrio (organo supremo decisionale
dell’ebraismo mondiale di tutti i tempi) deterrà il monopolio
dell’emissione.
La tecnica di fabbricazione della falsa moneta consiste nella
diffusione della cosiddetta moneta fiduciaria ovvero nell’emissione dei
titoli rappresentativi della moneta-merce detenuta quale riserva:
quest’operazione permetterà ai banchieri ebrei di ‘prestare’
carta-straccia in sostituzione dell’oro e dell’argento.
Per comprendere esattamente le dinamiche storico-sociali che
permisero all’Internazionale Ebraica di raggiungere questo obiettivo
occorre riferirci al periodo che, nell’Antico Testamento della Bibbia,
viene comunemente ricordato come la “fuga” israelita dall’Egitto verso
la leggendaria Terra Promessa ossia all’esperienza nomadistica della
massa ebraica quando i giudei duplicheranno specularmente la
moneta-merce sostituendola con i titoli rappresentativi dell’oro e
dell’argento – terafim e mamrè – solidalmente ‘garantiti’ dall’insieme
della collettività giudaica sulla quale le prescrizioni mosaiche
eserciteranno una influenza condizionante.
Mosè imporrà alla massa ebraica, furtivamente ‘scappata’ dall’Egitto e
rifugiatasi nel deserto del Sinai per un tempo che il testo sacro
determina in quarant’anni, l’obbligo del prestito reciproco in caso di
bisogno oltre alla remissione dei debiti ogni sette anni in ricorrenza
con il il cosiddetto anno sabattico. Per l’ebreo sarà pertanto
assolutamente indifferente prestare o meno denaro poichè, grazie alle
direttive mosaiche, si sarebbe comunque trovato nella condizione di
poter, a sua volta, chiedere denaro in prestito a un correligionario,
nella certezza di vedere estinto il proprio debito alla fine del
settennio e di poterlo ‘riaccendere’ all’inizio del settennio
successivo.
Scrive Giacinto Auriti in proposito: “Non si può comprendere come sia
stata possibile la realizzazione storica di questa strategia monetaria,
se non si considera la fondamentale esperienza del popolo ebraico dopo
la fuga dall’Egitto. Questo popolo si fermò e visse per quarant’anni nel
deserto del Sinai, in un periodo storico in cui l’economia era
prevalentemente agricola. Per sopravvivere non aveva altra altemativa
che spendere il tesoro sottratto agli egiziani, consumando
definitivamente la ricchezza acquistata, ovvero trovare un’espediente
per appropriarsi senza costo, dei beni prodotti dagli altri popoli. E’
storicamente provato che il popolo ebraico, invece di comprare merce
mediante l’oro e l’argento, introdusse nel mercato, come mezzi di
pagamento,i titoli rappresentativi dell’oro e dell’argento, ed i
mercanti stranieri erano ben disposti ad acquistare questi simboli
(mamrè o mamrà) in luogo delle monete metalliche, sia perché, usando i
titoli rappresentativi evitavano il rischio di essere rapinati dai
predoni (che non avendo alcuna cultura scritturale non raffiguravano nei
simboli documentali alcun valore monetario), sia perché avevano nel
simbolo il massimo affidamento, in quanto questa cambiale emessa dal
componente il popolo israelita era garantita solidalmente da tutta la
collettività ebraica. Non ci si può spiegare infatti l’assoluta fiducia
riconosciuta dal mercato al simbolo documentale, così come se fosse
stato esso stesso d’oro, se non si considera il poderoso influsso che
ebbero nel popolo ebraico alcuni fondamentali comandamenti mosaici. Mosè
infatti comandò al suo popolo l’obbligo dei prestito reciproco in caso
di bisogno e la remissione dei debiti ogni sette anni, in ricorrenza del
cosiddetto anno sabatico (Deuteronomio, 15, 1 -6). Nel rispetto
collettivo di questi precetti, per l’ebreo era indifferente prestare o
non prestare denaro al proprio fratello, perché avendo prestato denaro,
ognuno a sua volta era in condizioni di pretendere il prestito da un
altro ebreo, ed era altresì indifferente che nell’anno sabatico si
avesse la remissione dei debiti perché – per quanto grande fosse stato
l’ammontare dei debiti estinti – si era sempre nella condizione di
poterli riaccendere all’inizio del nuovo settennio.Da
questi comandamenti mosaici derivò che, ogni qual volta la cambiale
veniva presentata per l’incasso, veniva regolarmente pagata, perché il
debitore insolvente poteva rivolgersi per un prestito ad un altro ebreo,
e questi glielo concedeva per comandamento religioso, tanto più perché,
se a sua volta avesse avuto necessità di denaro, poteva pretenderlo nei
confronti di altro componente il popolo ebraico. Così avvenne che ogni
titolo di credito emesso da un qualunque componente il popolo ebraico,
era sorretto dalla responsabilità solidale di tutti gli ebrei. La
certezza dell’adempimento divenne tale che, chi aveva in mano il titolo
di credito, riteneva più comodo tenerlo presso di sè, piuttosto che
presentarlo all’incasso.” (6)
La certezza dell’adempimento del titolo diventerà talmente
‘assorbente’ che i portatori del titolo riterranno più ‘comodo’ e
conveniente tenerlo presso di sè piuttosto che presentarlo all’incasso
per diversi motivi: un ‘titolo’ rappresentativo dell’oro e dell’argento
non aveva alcun valore per le tribù nomadi stanziate all’epoca nel
Vicino Oriente e specialmente nel deserto tra Sinai e Terra Santa e
quindi non risultava ‘appetibile’ per scorribande e agguati. Inoltre
questo titolo rappresentativo dava la ‘garanzia’ di poter essere
‘incassato’ in qualunque momento presso una qualunque comunità ebraica:
il valore originariamente previsto come conseguibile alla normale
scadenza del credito diventerà così un valore ‘conseguito’ e ‘godibile’
immediatamente mediante il semplice possesso del documento cartaceo.
Nella pratica mercantile usurocratica il documento monetario emesso
dal giudeo acquistava da sè un valore equivalente, se non addirittura
maggiore, rispetto a quello dell’oro. Questa pratica permetterà
all’ebraismo un’azione di ‘arraffamento’ della “sovranità monetaria
presso tutti i popoli del mondo, mediante il monopolio del conio di
simboli monetari di costo nullo (…) Su queste basi culturali e religiose
gli ebrei rimarranno collegati tra di loro in una vera e propria
struttura bancaria che ancora oggi opera con le medesime regole.” (7)
La creazione di un insieme di ‘banchi’ di pegni consentirà
all’ebraismo di detenere il monopolio finanziario di Imperi e Regni
cominciando quella lenta ma inarrestabile attività di erosione, confisca
e arraffamento della sovranità monetaria ‘estorta’ mediante la pratica
‘legalistica’ dell’Usura (8), interdetta dalla legislazione cristiana – e
successivamente tassativamente proibita da quella islamica – ma rimasta
quale libero esercizio ‘commerciale’ nelle mani del parassitismo
giudaico e – sovente nell’Europa cristiana – legittimata e autorizzata
per le masse ebraiche le quali rimasero così le sole ‘autorizzate’ a
prestare con interesse.
L’atteggiamento assunto dalla Chiesa Cristiana nei confronti della
pratica usuraia è sempre rimasto, in linea teorica, piuttosto deciso;
sicuramente più netto e categorico di quanto non lo fosse nell’ambiente
culturale e religioso ebraico che poneva il divieto entro i confini del
solo giudaismo, tra consanguinei e aderenti alla medesima confessione
religiosa ma lo tollerava tranquillamente e, legislativamente, lo
‘fomentava’ nei rapporti con gli stranieri = goiym (i non ebrei) (cfr
Deuteronomio 28,12; 23,20; Esodo 22,24; Levitico 25,35 ss; Salmi 15,5;
Ezechiele 18,13ss; 22,12 ecc.).
Sappiamo comunque che anche il divieto ebraico restava un lontano
ideale, in quanto la Legge in più punti prescriveva dei limiti al
creditore nell’esigere pegni (cfr Esodo 22,25; Amaleciti 2,8; Giacobbe
24,3.9; Deuteronomio 24,6; 24,10), proprio per non far diventare il
povero lo schiavo di un proprio connazionale (cfr Levitico 25,39ss;
Amaleciti 2,6; Ne 5,1-13).
Secondo quanto riportano i testi sacri i tassi praticati da Israele
non superavano mai quelli delle civiltà ad essa coeve (p.es. nel codice
Hammurabi si arriva fino a 50-70%).
Nel periodo ellenistico si arrivò (se si esclude l’Egitto dove rimase
al 24%) a un tasso ragionevole dell’8-10%. Nel I secolo d.C. un decreto
imperiale lo fissò al 12% nelle province dell”Asia.
Nella legislazione giustinianea troviamo i primi “massimali” relativi
all’usura su base annua: i senatori non potevano chiedere più del 4%,
la maggior parte della popolazione non poteva chiedere più del 6%, gli
uomini d’affari non potevano superare l’8%; ma per i prestiti marittimi,
ad alto rischio, si poteva giungere sino al 12%.
Sotto l’imperatore Niceforo (802-811) si proibì ai sudditi di
riscuotere interessi: solo lo Stato poteva farlo al 16,66%. Anche
l’imperatore Basilio I (867-86) proibì l’usura. Furono le prime
iniziative volte a salvaguardare l’economia cristiana dalla lascivia
congenita nell’elemento ebraico il quale andava sempre più assumendo
quelle caratteristiche che ne contrassegneranno per secoli la funzione
sociale di prestamonete al servizio dell’aristocrazia, delle autorità
(anche di quelle religiose) e delle transazioni di capitali tra regni e
nazioni.
Appare comunque evidente che queste misure fossero stabilite da
Niceforo e da Basilio, e dai loro successori, per tentare di salvare il
salvabile tentava di salvare , ovvero da un lato le ‘forme’ della
legislazione cristiana dall’altro lato la ‘sostanza’ della realtà
socio-economica imperante: da un lato si scoraggiava la partecipazione
dell’aristocrazia al mercato dei capitali, dall’altro si permetteva che
venissero richiesti interessi superiori al 6% generalizzato, al fine di
incoraggiare le spedizioni a rischio.
Tuttavia nell’XI il tasso ufficiale d’interesse, ch’era andato
aumentando progressivamente in base al corso della moneta, arrivò al
5,5% per le persone di alto rango, al 8,33% per la maggior parte della
popolazione e al 11,71% per gli uomini d’affari.
Questo significa che, malgrado la condanna religiosa del prestito ad
interesse, gli imperatori bizantini, piuttosto realisti, non tentarono
mai seriamente di proibirlo ma scelsero di autorizzarlo per meglio
controllarlo. Quanto alla chiesa, essa si limitava a condannare gli
ecclesiastici che la praticavano.
Non c’è fonte patristica, latina o greca, che non condanni
decisamente il fenomeno dell’usura. La prima condanna la troviamo in
Clemente Alessandrino (Paedagogus, 1,10 e Stromata 2,19), ma subito dopo
gli fanno eco Tertulliano (Adversus Marcionem, 4,17), Cipriano
(Testimoniorum libri III ad Quirinum, 3,48), Commodiano (Instructiones
65), Lattanzio (Institutiones divinae, 6,18), Ilario (Tractatus in Ps
XIV 15), Ambrogio (De Off. II,3, De Bono Mortis 12,56, De Nab. 4,15,
Epistola 19 e De Tobia 42), Girolamo (In Ez. Commentarii 6,18), Agostino
(Ennarationes in Ps. XXXVI, sermo 3,6; 38,86 e De baptismo contra
Donatistas 4,9), Leone Magno (Ep. IV e sermo XVII). In particolare
Girolamo sosteneva che il divieto dell’usura tra “fratelli (ebrei)” (Dt
23,20) era stato “universalizzato” dai profeti e dal Nuovo Testamento, e
tuttavia non si diffonderà mai in occidente un’interpretazione
universalistica della parola “fratello”, poiché anche quando si
comincerà a parlarne, nei secoli XII e XIII, lo si farà in maniera del
tutto astratta e convenzionale, in riferimento ai cattolici-romani
sparsi nel mondo, certamente non in riferimento ai cristiani ortodossi
né tanto meno ai musulmani, nei confronti dei quali, proprio in quei
secoli, sarà durissima la contrapposizione ideologica, politica e
militare.
Per non parlare dei padri greci: Basilio (Homilia II in Ps XIV),
Gregorio Nazianzeno (Or. 16,18), Gregorio Nisseno (Ep. ad Letoium,
Contra usurarios, Homilia IV in Ecclesiastem), Giovanni Crisostomo
(Homilia LVI in Mt, Homilia XVI in Gen, Hom. XIII in 1 Cor, Hom. X in 1
Tess.). E non si devono dimenticare il canone 20 del concilio di Elvira
(300), Arles (314), Nicea (325) e Clichy (626).
Malgrado le ‘proibizioni’ ‘scritte’ e le ‘conferme’ sanzionatorie di
Papi e Autorità ecclesiastiche la pratica usuraia continuerà ad
espandersi come sottolinea lo storico Georg Ostrogorsky il quale afferma
che “sebbene l’usura fosse contraria alla moralità medievale, la
proibizione di prestare a usura era molto rara a Bisanzio. Le esigenze
dell’economia monetaria, molto sviluppata nell’impero, ignoravano i
precetti della morale e il prestito a usura era stato in ogni tempo
molto diffuso a Bisanzio”(9)
Per comprendere i motivi di questa generale ‘disattenzione’ nei
confronti della pratica usuraia bisogna tenere in considerazione quanto
scrive l’eminente storico francese Jacques Le Goff il quale scrive:
“Bisogna eliminare subito un equivoco. La storia ha strettamente
legato l’immagine dell’usuraio a quella dell’ebreo. Fino al XII secolo,
il prestito a interesse che non metteva in gioco somme considerevoli e
avveniva parzialmente nel quadro dell’economia naturale (si prestavano
grano, vestiti, materiali ed oggetti e si riceveva una maggior quantità
delle stesse cose prestate) era essenzialmente nelle mani degli ebrei. A
questi in effetti venivano proibite, poco a poco, attività produttive
che oggi chiameremmo « primarie » o «secondarie ». Non restava loro
altro, a fianco di alcune professioni liberali come la medicina, per
lungo tempo disdegnata dai cristiani, che lasciavano ad altri le cure di
un corpo affidato dai ricchi e dai potenti ai medici ebrei, e dagli
altri ai guaritori popolari e alla natura, che far rendere il denaro, al
quale proprio il cristianesimo negava ogni fecondità. Non cristiani,
gli ebrei non avevano scrupoli e non violavano le prescrizioni bibliche,
facendo prestiti ad individui o istituzioni che non facevano parte
della loro comunità. I cristiani d’altronde non si curavano affatto di
applicare loro una condanna riservata essenzialmente alla famiglia e
alla comunità cristiana, in primo luogo ai chierici e poi ai laici.
Alcuni monasteri, dal canto loro, praticavano forme di credito,
soprattutto il pegno morto (mort-gage), condannato alla fine del XII
secolo. In effetti, tutto cambiò nel XII secolo, in primo luogo per il
fatto che il progresso economico portò con sé un enorme aumento della
circolazione monetaria e lo sviluppo del credito. Alcune forme di
credito furono ammesse; altre, come il prestito a uso [la consegna ad
altri di una cosa infungibile affinché se ne serva per un certo tempo o
per un uso determinato con l’obbligo di restituire la stessa cosa
ricevuta], integrato dalla riscossione di un interesse, videro
rinnovarsi e precisarsi nel modo che si è visto le antiche condanne, e
inasprirsi la repressione. Allo stesso tempo, la condizione degli ebrei
nel mondo cristiano peggiorava. C’erano state delle rivolte popolari
contro di loro verso l’Anno Mille e poi all’epoca delle crociate, ad
opera soprattutto delle masse in cerca di capri espiatori delle calamità
(guerre, carestie, epidemie) e di vittime che scontassero il loro
fanatismo religioso. L’ostilità della Chiesa all’ebraismo si inasprì, e
nella società cristiana comparve, nel XII e soprattutto nel XIII secolo,
un antisemitismo ante litteram, dal popolo ai sovrani. Si diffuse
l’ossessione dell’impurità degli ebrei. Apparvero e si moltiplicarono le
– accuse di assassinio rituale (in Inghilterra a Norwich nel 1144, in
Francia a Blois nel 1171), insieme a quelle di profanazione dell’ostia.
Gli ebrei, deicidi, assassini di Gesù nella storia, divenivano uccisori
di Gesù nell’ostia, man mano che andava sviluppandosi il culto
eucaristico Il grande dantista André Pezard ha ben visto che per Dante,
che esprime qui la mentalità della sua epoca, «l’usura è condannata [… ]
come forma di bestialità». A una genìa bestiale fa riscontro una
pratica bestiale. Un solo e medesimo odio si sviluppò presso i cristiani
nei confronti degli ebrei e dell’usura. Il IV Concilio Lateranense
(1215) decretò: « Volendo impedire che in questa materia i cristiani
siano trattati in modo disumano dagli ebrei, stabiliamo […] che, se con
un qualunque pretesto degli ebrei abbiano richiesto a cristiani
interessi gravosi ed eccessivi, sia proibito ogni commercio dei
cristiani con loro, finché non abbiano dato soddisfazione ». Gli usurai
cristiani dipendevano, in quanto peccatori, dai tribunali ecclesiastici,
le ufficialità, che dimostravano generalmente una certa indulgenza nei
loro confronti, lasciando a Dio il compito di punirli con la dannazione.
Ma ebrei e stranieri (in Francia gli usurai italiani e meridionali,
della Lombardia e di Cahors) dipendevano dalla giustizia laica, più dura
e più repressiva. Filippo Augusto, Luigi VIII e soprattutto san Luigi
emanarono una legislazione assai dura nei confronti degli usurai ebrei.
Così la repressione parallela dell’ebraismo e dell’usura contribuì ad
alimentare il crescente antisemitismo e a rendere ancor più tetra
l’immagine dell’usuraio, più o meno identificato con l’ebreo.
Il grande sviluppo economico del XII secolo fece moltiplicare gli
usurai cristiani. Questi nutrirono un’ostilità tanto maggiore nei
confronti degli ebrei poiché questi erano a volte temibili concorrenti.
Ci interesseremo qui degli usurai cristiani, senza dimenticare che, nel
XIII secolo, la loro storia si svolge su uno sfondo di antisemitismo.”
(10)
Al di là , e ‘oltre’, qualsivoglia ‘sfondo’ di “antisemitismo” (sic!)
la realtà fattuale del Medio Evo ‘segnerà’ una svolta decisiva per il
ruolo e la funzione che verrà esercitata dai prestamonete ebrei. Non
ancora ‘pronti’ per la costituzione di un vero e proprio ‘ordinamento’
legalitario del sistema monetario gli ebrei si organizzeranno mediante
la costituzione di una serie di “banchi pegni” ai quali faranno
affidamento sempre più spesso signori e signorotti cristiani, autorità
politiche e religiose ed infine Stati e Nazioni. La creazione di
quest’insieme di economia commerciale su basi usurocratiche daranno agli
ebrei il predominio nel prestito con interesse e, successivamente,
consegneranno nelle mani dell’usuraio ebreo le casseforti dei popoli e
delle nazioni ‘gentili’.
“Nel medioevo ed agli albori della modernità la moneta era ancora
aurea o argentea. – scrive Luigi Copertino (11) – La moneta, pertanto,
era un bene reale e, come tale, era oggetto di proprietà da parte del
suo portatore ossia da parte di chi ne veniva legittimamente in
possesso. Con la nascita della banca comparve la carta-moneta che è
giuridicamente una cambiale bancaria, la note of bank o banconota,
emessa dal banco depositario delle riserve di moneta aurea ed argentea
che artigiani e mercanti ad esso affidavano in custodia. In particolare
erano i mercanti ad essere agevolati, negli spostamenti, dalla
possibilità loro offerta, dalla rete internazionale di cambiavalute, che
avevano banchi aperti sulle piazze di tutt’Europa, di portare con sé
soltanto lettere di cambio, ossia ricevute bancarie, coperte da riserve
di moneta aurea o argentea. Infatti i mercanti esibendo, presso il banco
della piazza ove momentaneamente si trovavano, la lettera di cambio,
ossia la banconota, potevano ottenere monete metalliche nella quantità
corrispondente al valore nominale della ricevuta esibita. Il banco a sua
volta avrebbe recuperato il quantitativo di moneta metallica sborsata
presso il banco di emissione della lettera di cambio, esibita dal
mercante di passaggio. Il sistema fu ben accetto anche perché era più
sicuro far circolare note bancarie che moneta metallica. Le monete auree
o argentee, rimanendo depositate presso il banco, assolvevano
inizialmente alla funzione di garantire la copertura, e dunque il
valore, delle banconote. Queste, infatti, erano emesse in forma di
cambiali recando la dicitura, ancora visibile qualche anno fa sulle
vecchie lire, pagabili a vista al portatore accompagnata dalla firma del
legale rappresentante del banco di emissione (che nel caso delle
vecchie lire era quella del governatore della Banca d’Italia).”.
La moderna banca, o per essere più esatti il sistema bancario o dei
crediti internazionali, divenne a partire dal Rinascimento un’efficace
strumento per la ‘scalata’ ‘sociale’ dell’elemento ebraico all’interno
delle comunità ‘gentili’ = non ebraiche del Vecchio Continente. Sarà
difatti attraverso questo mezzo che gli ebrei da ‘paria’ e reietti della
società cristiana diventeranno i futuri ‘oligarchi’ ovvero i ‘tenutari’
delle ‘casse’ le quali diventeranno fondamentali nella gestione degli
affari di Stato per Re e Imperatori, nobili e aristocratici di ogni
risma e nazione e anche per il clero che non lesinerà prestiti dagli
strozzini di razza ebraica.
Il sistema monetario moderno discende direttamente dagli antichi
banchi dei pegni degli usurai ebrei; ne è – per così dire –
un’estensione ed il ‘naturale’ sviluppo: “in origine – scrive Sergio
Gozzoli (12) – le banche servivano soprattutto ad agevolare la
circolazione monetaria snellendola materialmente: chiunque possedesse in
buona quantità oro in moneta o in lingotti, trovava più comodo e
conveniente depositarlo presso una banca che tenerselo in casa. Con le
ricevute, o “certificati”, che la banca gli dava in cambio, oltre che
effetturare pagamenti a terzi egli poteva in qualunque momento rientrare
in possesso dell’oro. Ma la maneggevolezza della carta – cioè delle
ricevute emesse dalla banca – era tale rispetto alla grevità del
metallo, che solo una piccola percentuale dei depositanti tornava ad
esigere tutto il proprio oro. Questo significava che le banche dovevano
preoccuparsi di tenere in riserva reale solo quella quantità di oro che
potesse far fronte alle richieste di questa piccola percentuale: con
tutto l’oro rimanente, le banche potevano fare affari in proprio.”
In realtà assistiamo, questa volta su più larga scala, all’esatta
riproposizione di quanto avvenuto all’epoca dell’esodo ‘biblico’
dall’Egitto nella quale gli ebrei presero a fabbricare i titoli
sostitutivi dell’oro e dell’argento (mamrè e terafim): ad esser
‘sostituito’ sarà stavolta il ‘valore’ aureo con una ‘ricevuta’, o
certificato, che apparentemente servirà a garantire i ‘depositari’ dei
metalli ‘nobili’ …le banche lucreranno alacremente con tutte le riserve
auree in loro possesso creando oro dal nulla mediante l’invenzione e
l’immissione sul mercato della cartamoneta la quale garantirà la rendita
monetaria ed il parassitismo usurocratico ebraico il quale nel volgere
di pochi secoli costituirà il sistema monetario e finanziario di
sfruttamento internazionale destinato a controllare le transazioni
‘monetaristiche’ su scala globale e il giro degli ‘affari’ di interi
Stati e nazioni mediante la creazione delle Banche centrali, delle
banche d’affari internazionali, delle società anonime di capitali e
delle aziende multinazionali il tutto nel quadro ‘legalitaristico’ dell’
“usura azionaria”.
“Correlata con la pratica grosso-usuraio-monetaria – scrive Maurizio
Lattanzio (13) -, risulta la usura azionaria, nella quale il titolo
azionario, ‘appare’ come una ‘quota’ del capitale sociale, mentre, in
realtà con l’atte del conferimento, la proprietà della ‘quota’ è
trasferita dal socio alla cosiddetta società per azioni o società
anonima, la quale è una ‘astrazione legalistica’ definita “persona
giuridica” – ovvero entità ‘fantomatica’ carente di contenuto ‘umano’ –
dai codici borghesi del Sistema giudaico-mondialista. Il ‘valore’ del
titolo azionario viene ‘duplicato’ mediante il valore nominale o di
emissione e il valore di borsa o quotazione, ‘dipendente’ dalla
convenzione di compravendita sul mercato degli ‘stracci di carta’ o,
attualmente, ‘cibernetici’. La proprietà dei soci ‘diventa’ proprietà
della società, mentre ‘questa’ diventa proprietà degli amministratori,
così come il valore di mercato della borsa, causato dalla convenzione
degli azionisti, ‘diventa’ proprietà della speculazione ebraica
riconducibile ai ‘manovratori’ della ‘mercatura borsistica’.”
“Con questa tecnica – afferma Auriti (14) – si spoglia l’azionista in
due tempi: prima perchè gli si toglie la proprietà attribuita all’atto
del conferimento al fantasma giuridico – società anonima, poi perchè
attraverso le oscillazioni manovrate in borsa lo si spoglia anche del
valore creditizio del titolo. L’azionista così, dopo essere stato
spogliato della proprietà del capitale abbandona definitivamente il
proprio patrimonio nelle mani del sistema bancario.”.
Andiamo ‘concludendo’ questa nostra ‘ricognizione analitica’ sui
meccanismi di sfruttamento dell’usurocrazia ebraica senza dimenticarci
di una figura assolutamente rilevante della cultura e della narrativa
del Novecento, il poeta americano Ezra Pound (15), il quale scriverà
questi versi “contro l’usura”:
“Con Usura nessuno ha una solida casa
di pietra squadrata e liscia
per istoriarne la facciata,
con usura
non v’è chiesa con affreschi di paradiso
harpes et luz
e l’Annunciazione dell’Angelo
con le aureole sbalzate,
con usura
nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine
non si dipinge per tenersi arte
in casa, ma per vendere e vendere
presto e con profitto, peccato contro natura,
il tuo pane sarà straccio vieto
arido come carta,
senza segala né farina di grano duro,
usura appesantisce il tratto,
falsa i confini, con usura
nessuno trova residenza amena.
Si priva lo scalpellino della pietra,
il tessitore del telaio
CON USURA
la lana non giunge al mercato
e le pecore non rendono
peggio della peste è l’usura, spunta
l’ago in mano alle fanciulle
e confonde chi fila. Pietro Lombardo
non si fé con usura
Duccio non si fé con usura
né Pier della Francesca o Zuan Bellini
né fu la “Calunnia” dipinta con usura.
L’Angelico non si fé con usura, né Ambrogio de Praedis,
Nessuna chiesa di pietra viva firmata: Adamo me fecit.
Con usura non sorsero
Saint Trophime e Saint Hilaire,
Usura arrugginisce il cesello
arrugginisce arte e artigiano
tarla la tela nel telaio, non lascia tempo
per apprendere l’arte d’intessere oro nell’ordito;
l’azzurro s’incancrena con usura; non si ricama
in cremisi, smeraldo non trova il suo Memling
Usura soffoca il figlio nel ventre
arresta il giovane drudo,
cede il letto a vecchi decrepiti,
si frappone tra i giovani sposi
CONTRO NATURA
Ad Eleusi han portato puttane
Carogne crapulano
ospiti d’usura. ” (16)
“S’è battuto Contro l’usura e l’ha pagata cara. – scrive Giano Accame
(17) – L’hanno chiuso a Pisa in una gabbia e poi per dodici anni a
Washington, senza processo, in un manicomio criminale. (…) La lezione di
Pound si conclude in un appello a colmare il deficit di democrazia che
sta espropriando i popoli ed eleva il denaro ad ethos dell’Occidente:
nella secolarizzazione, principio residuale di fede e d’obbedienza.”
Noi – affermatori di Valori conformi alla Tradizione informale e
assertori di un’ordine fondato sui Valori dell’Essere e non dell’avere,
propugnatori di un progetto politico rivoluzionario mirante
l’annientamento del Sistema Giudaico-Mondialista (…perchè , per dirla
con Franco Giorgio Freda (18), “Ora è proprio questo, la distruzione del
sistema, il nostro compito storico immediato: questo significa
‘testimoniare’ attivamente i principì del vero Stato nella nostra tipica
situazione storica. Questo ha valore per noi di coerente adesione agli
elementi fondamentali della nostra idea del mondo (…) Noi siamo dei
fanatici, dei fanatici che mirano a essere sempre più lucidi. Ed è
proprio del fanatico assumere una idea del mondo e, riconosciutala, (…)
tendere a essa – tutto subordinando a tale obiettivo e tutto ritenendo
valido purchè si riveli efficace per raggiungerlo.”….) – non siamo
‘economisti’ nè ci occupiamo di ‘merci’ e di ‘monete’….(…neanche lo
‘straccio’ di un giudeuro…in tasca solo i pugni e la volontà di non
mollare…) ma, riteniamo ‘opportuno’ e di assoluta rilevanza politica, la
identificazione dell’esprit ‘moderno’ delle società contemporanee –
‘famelicamente’ prone a Mammona e asservite ai diktat
sinagogico-sistemici mediante l’imposizione delle forche ‘caudine’ alias
lex judaica – con la Grande Usura giudaica, lo spirito
mercantilistico-usuraio dei prestamonete kippizzati di tutte le epoche e
di ogni ‘latitudine’ e l’inversione , in senso materialista,
economicista e monetaristico, della vita sociale dei popoli e delle
nazioni ‘goyim’.
Il mondo si divide in due categorie: gli sfruttatori e gli sfruttati
del Sistema giudaico-mondialista ovvero della Grande Usura dell’Alta
Finanza cosmopolita, parassitaria ‘kosherizzata’ alias la pratica di
sfruttamento monetario denominata Usurocrazia.
Ricordiamo in proposito cosa ci insegna il Sublime Corano: “”Coloro
che si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato da
Satana e questo perché dicono: il commercio è come l’usura. Ma Allah ha
permesso il commercio ed ha proibito l’usura” e , ancora dal Libro
Increato, “”Allah vanifica l’usura e fa decuplicare l’elemosina…O voi
che credete,temete Allah e rinunciate ai profitti dell’usura se siete
credenti” (19).
Come si ‘noterà’ non siamo ‘musulmani’ per ‘caso’…il ‘caso’ , ‘semplicemente’, non esiste!
Au ‘revoir’….
DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA “ISLAM ITALIA”
DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)
Note –
1 – Serge Latouche – “L’occidentalizzazione del mondo” – ediz. “Bollati Boringhieri” – Torino 1992;
2 – introduzione a S. Latouche – op. cit.;
3 – Maurizio Lattanzio – sul Mondialismo dal mensile “Avanguardia”;
4 – “La Rivolta del Popolo” citato da Carlo Alberto Roncioni in “Il
Potere Occulto” – ediz. “Sentinella d’Italia” – Monfalcone 1974;
5 – Renè Guènon – “Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi” – ediz. “Adelphi” – Milano 1982;
6 – Giacinto Auriti – “L’Ordinamento Internazionale del Sistema
monetario – Principi ed orientamenti per una riforma del sistema
monetario” – ediz. “Marino Solfanelli” – Chieti 1985;
7 – Giacinto Auriti in Aa.Vv.
– “L’occulta strategia della guerra senza confini” – Atti del II°
Convegno Nazionale del Centro Studi Politici e Costituzionali, Rimini
1972;
8 – sulla pratica dell’usura nel periodo medioevale e nella storia si consultino:
· J. Le Goff, La borsa e la vita. Dall’usuraio al banchiere, ed. Laterza, Bari 2003
· J. Le Goff, La nascita del Purgatorio, ed. Einaudi, Torino 1982
· Cassimatis, Les intérêts dans la législation de Justinien et dans le droit byzantin, 1931
· L’etica economica medievale (a cura di Ovidio Capitani), ed. Il Mulino, Bologna 1974
· O. Capitani, Sulla questione dell’usura nel Medioevo, in Bull. Dell’Ist. St. It. per il ME 1958
· Gamba Carlo, Licita usura. Giuristi e moralisti tra Medioevo ed età moderna, Libreria Editrice Viella, Roma 2004
· B. N. Nelson, Usura e cristianesimo, ed. Sansoni, Firenze 1967
· G. Todeschini, La ricchezza degli ebrei. Merci e denaro nella
riflessione ebraica e nella definizione cristiana dell’usura alla fine
del medioevo, Spoleto 1989
· Gamba Carlo, Licita usura. Giuristi e moralisti tra Medioevo ed età moderna, Viella
· Ragazzini Giuseppe; Ragazzini Marco, Breve storia dell’usura, CLUEB
· F. Casolini, Bernardino da Feltre. Il martello degli usurai, Milano 1939
· Giovanni Guerrieri, Gli ebrei a Brindisi ed a Lecce 1409-1497.
Contributo alla storia dell’usura nell’Italia meridionale, Bocca, Torino
1900.
· M. Giacchero, Aspetti economici fra III e IV secolo: prestito ad
interesse e commercio nel pensiero dei Padri, in “Augustinianum” n.
17/1977
· P.S. Leicht, Laesio enormis e justum pretium, in Studi di storia e
diritto in onore di Carlo Calisse, Milano 1940, I, pp. 35-57
· C. Semeraro, Prestito, usura e debito pubblico nella storia del cristianesimo, in “Salesianum” n.53/1991
· M. G. Mara, “Usura”, in Dizionario patristico e di Antichità cristiane, Ed. Marietti, Casale Monferrato 1983-89
· S. Giet, De saint Basile à saint Ambroise. La condamnation du pret à intéret au IVe siècle, in “Rech SR” n. 33/1944
· R. P. Maloney, Early Conciliar Legislation on Usury, in “Rec. Th.”,
n. 39/1972 e The Teaching of the Fathers on Usury, in “V. Chr.”, n.
27/1973
· G. Ceccarelli, Etica economica e Monti di Pietà, in L’Italia alla
fine del Medioevo: i caratteri originali nel quadro europeo, Atti
dell’VIII e del IX Convegno Internazionale di Studi della Fondazione
Centro Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo, Pacini, Pisa
· G. Ceccarelli, L’atteggiamento della Chiesa, in I “Lombardi” in
Europa nel Medioevo, a cura di R. Bordone, Franco Angeli, Milano
· G. Ceccarelli, L’usura nella trattatistica teologica sulle
restituzioni dei male ablata (XIII-XIV secolo), in Credito e usura fra
teologia, diritto e amministrazione. Linguaggi a confronto (secc.
XII-XIV), Atti del Convegno internazionale tenutosi a Trento (3-5
settembre 2001), a cura di G. M. Varanini, École Française de Rome
· G. Ceccarelli, Il Gioco e il Peccato. Economia e rischio nel Tardo Medioevo, il Mulino, Bologna, 2003
· G. Ceccarelli, Usura e casistica creditizia nella Summa Astesana:
un esempio di sintesi delle concezioni etico-economiche francescane, in
Ideologia del credito fra Tre e Quattrocento: dall’Astesano ad Angelo da
Chivasso, Atti del convegno di Asti (9-10 giugno 2000), a cura di B.
Molina e G. Scarcia, Centro Studi sui Lombardi e sul credito nel
Medioevo, Asti, 2001, pp. 15-58.
· R. M. Gelpi – F. Julien Labruière, Storia del credito al consumo. La dottrina e la pratica, Bologna 1994
· F. Sinatti D’Amico, I Monti di Pietà e la povertà operosa, in AA.
VV., S. Giacomo della Marca nell’Europa del ‘400,, Atti del Convegno
storico internazionale (Monteprandone, 7-10 settembre 1994), a cura di
Silvano Bracci, Centro Studi Antoniani, Padova 1997, pp. 91-92.
· A. Ghinato, Studi e documenti intorno ai primitivi Monti di Pietà, Roma 1956-63
· V. Meneghin, Bernardino da Feltro e i Monti di Pietà, Padova 1974
· A. Milano, Considerazioni sulla lotta dei Monti di Pietà contro il
prestito ebraico, in Scritti in memoria di Sally Mayer, Gerusalemme
1956, pp. 199-223.
· M. Maragi, I cinquecento anni del Monte di Bologna, Bologna 1973,
p. 54. Sul Monte di Pietà di Bologna vedi, M. Fornasari, Economia e
credito a Bologna nel quattrocento: la fondazione del Monte di pietà,
“Società e storia” anno XVI, n. 61, luglio-settembre 1993. Dello stesso
autore vedere anche: Il thesoro della città. Il Monte di pietà e
l’economia bolognese nei secoli XV e XVI, Bologna 1993
· M.G. Muzzarelli, I banchieri ebrei e la città, in M.G. Muzzarelli
(a cura di), Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, Bologna 1994
· T. Fanfani, Alle origini della Banca. Etica e Sviluppo economico, Bancaria, Roma 2002
· La condanna dell’usura in alcune prediche di S. Bernardino da
Siena, di S. Giacomo della Marca e del beato Bernardino da Feltre
9 – Georg Ostrogorsky – “Storia dell’impero bizantino” – ediz. “Einaudi” – Torino 2005;
10 – Jacques Le Goff – “La borsa e la vita. Dall’usuraio al banchiere” – ediz. “Laterza” – Roma-Bari 2003;
11 – Luigi Copertino – articolo “Il Nichilismo della Finanza” – dal sito www.effedieffe.com ;
12 – Sergio Gozzoli – “Sulla pelle dei popoli – Viaggio nel labirinto
del potere mondialista” – Nr 27 del periodico “L’Uomo Libero” – Anno IX
– Giugno 1988;
13 – Maurizio Lattanzio – articolo “La ‘Grossa Usura’ giudaica…” – da
Agenzia di Stampa “Islam Italia” – Anno 3 – Nr. 23 – Gennaio 2004;
14 – Giacinto Auriti – AaVv – “L’occulta strategia della guerra senza confini” – op. cit.;
15 – Ezra Pound – “Ezra Pound – nome completo Ezra Weston Loomis
Pound – (Hailey, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1 novembre 1972) è stato un
poeta statunitense che visse per lo più in Europa e fu uno dei
protagonisti del modernismo e della poesia di inizio XX secolo. Costituì
la forza trainante di molti movimenti modernisti, principalmente
dell’imagismo e del vorticismo. Nacque il 30 ottobre 1885 a Hailey,
Idaho, ove il padre era occasionalmente giudice fondiario. Trascorse la
giovinezza a Filadelfia. Iniziati gli studi, si prefisse fin da
adolescente di essere poeta. Nel 1898, con una prozia, visitò per la
prima volta l’Europa. Studiò alla Cheltenham High School, allo Hamilton
College di Clinton e all’Università di Pennsylvania, Filadelfia, dove
conobbe e frequentò i futuri poeti William Carlos Williams e H. D.
(pseudonimo di Hilda Doolittle), che fu un suo amore giovanile. Nel
1907-1908 insegnò letteratura spagnola e francese al Wabash College
(Indiana), ma si dimise dopo essere stato criticato per i suoi
atteggiamenti disinvolti.
Nel 1908 lasciò definitivamente gli Stati Uniti per l’Europa. Approdò
dapprima a Gibilterra, poi si stabilì a Venezia. Qui pubblicò il suo
primo libro di poesie, A lume spento. Nel settembre 1908 raggiunse
Londra, dove rimase 12 anni. La prima poesia di Pound fu ispirata dalle
sue letture dei preraffaelliti, da altri poeti dell’Ottocento e dalla
letteratura medievale, in particolare dalla letteratura cortese, ma
anche da letture di filosofia neo-romantica e occultismo. Trasferitosi a
Londra e dopo un periodo parzialmente antiquario (Personae, 1909;
Canzoni, 1910), sotto l’influsso di Ford Madox Ford e T. E. Hulme
cominciò ad adottare un linguaggio poetico e forme di poesia più moderni
(Lustra, 1915).
Credeva che William Butler Yeats fosse il più grande dei poeti
contemporanei: lo conobbe e ne divenne amico, svolgendo per alcuni anni
funzione di segretario del poeta irlandese. La collaborazione tra Yeats e
Pound fu indispensabile a far sì che ciascuno riuscisse a modernizzare
la propria poesia. Durante la guerra, Pound e Yeats trascorsero alcuni
periodi insieme nel casolare Stone Cottage nel Sussex, in Inghilterra,
studiando fra l’altro letteratura giapponese, specialmente i drammi del
genere Nō. Nel 1914, sposò un’artista inglese, Dorothy Shakespear.
Negli anni antecedenti la prima guerra mondiale, Pound fu tra i
principali promotori dell’imagismo e del vorticismo. Questi movimenti,
che richiamarono l’attenzione sull’opera di poeti e artisti quali James
Joyce, T.S. Eliot, Wyndham Lewis, William Carlos Williams, H.D., Richard
Aldington, Marianne Moore, Rebecca West e Henri Gaudier-Brezska, ebbero
importanza cruciale nella nascita del modernismo di lingua inglese. La
guerra distrusse la fiducia di Pound nella moderna civiltà occidentale,
ed egli decise di abbandonare Londra per Parigi, ma non prima di aver
pubblicato Omaggio a Sesto Properzio (Homage to Sextus Propertius) nel
1919 e Hugh Selwyn Mauberley nel 1920. Se questi due fondamentali
poemetti rappresentano l’addio di Pound a Londra e alla sua cultura, i
Canti (The Cantos), che iniziò a pubblicare nel 1917, annunciavano il
suo futuro cammino letterario. Nel 1920 abbandonò la conservatrice
Londra per Parigi, pulsante scena per avanguardie culturali ed
avanguardisti. Frequentò Constantin Brancusi, Francis Picabia, Georges
Braque, Ernest Hemingway (che testimonierà: “Io gl’insegnai a tirare di
pugilato e Pound a me ciò che si doveva e non si doveva scrivere”),
Pablo Picasso, Jean Cocteau, Tristan Tzara, Erik Satie. Presentò James
Joyce a Sylvia Beach, proprietaria della famosa libreria Shakespeare
& Co., che nel 1922 pubblicò Ulisse.
Nel 1921-22 aiutò a rivedere e scorciare il manoscritto di The Waste
Land di Thomas Stearns Eliot, che dedicò il poema “Ad Ezra Pound – il
miglior fabbro”, citando la definizione che nel Purgatorio, Canto 26,
Guido Guinizelli dà del trovatore Arnaut Daniel. Negli anni di Londra e
Parigi e anche in seguito si adoperò perché Eliot, Joyce ed altri
artisti potessero avere agio di lavorare, sollecitando finanziamenti e
aiutandoli di persona.
A Parigi si dedicò con sempre maggior passione agli studi musicali,
scrivendo un eccentrico Trattato d’armonia e componendo in
collaborazione con amici musicisti il melodramma Le Testament, da
François Villon, che ebbe la sua prima esecuzione in forma concertistica
nel 1926. Nel 1925 usciva a Parigi un primo volume di XVI Canti.
Stanco dell’atmosfera urbana e del freddo nord, nel 1924 si stabilì
definitivamente in Italia, a Rapallo, una cittadina ligure nel golfo del
Tigullio, dove avrebbe potuto dedicarsi indisturbato alle sue passioni
artistiche e storiografiche e allo sport preferito, il tennis.
Anche a Rapallo Pound creò un circolo di amici artisti e progettò
iniziative letterarie e musicali, quali il Supplemento Letterario
(1931-1932) del Mare (settimanale rapallese) e le stagioni di concerti
degli “Amici del Tigullio” che si svolsero per tutti gli anni 1930. Nei
concerti era spesso impegnata Olga Rudge, violinista americana che nel
1925 diede a Pound una figlia. Nel 1926 nacque a Parigi, dalla moglie
Dorothy, Omar Shakespeare Pound. (“Si noti il crescendo”, commentò
Pound.)
Negli anni 1930 rivolse i suoi interessi sempre più alla politica e
all’economia, pubblicando un pamphlet dal titolo ABC dell’economia, e
Jefferson e/o Mussolini, opera in cui dava un’interpretazione liberale e
artistica del dittatore italiano (il quale tuttavia gli concesse una
sola udienza nel 1933). Insieme diede diverse sistemazioni alle sue
intuizioni critiche nei volumi Come leggere, ABC del leggere, Rinnovare,
Guida alla cultura, Carta da visita. In particolare “Rinnovare” (“Make
it new”), motto confuciano, divenne la sua insegna. A Confucio e alla
scrittura cinese dedicò diversi studi, traduzioni e gruppi di canti.
Infatti negli anni di Rapallo pubblicò via via i volumi contenenti i
canti 31-41 (“Jefferson”), 42-51 (“La quinta decade: Siena”) e 52-71
(“Cina – John Adams”). In questi volumi il poema d’ispirazione dantesca
diventa una rivisitazione di momenti storici esemplari e un atto di
accusa contro l'”usura” (canto 45).
Lontano dall’America dal 1911, vi ritornò nel 1939 con l’intenzione,
affermò, di mediare fra le posizioni della patria e del paese di
adozione, ma non trovò ascolto. In compenso il suo collegio, Hamilton
College, gli conferì il dottorato ad honorem.
Dal 1941 al 1943 Pound realizzò a Roma per la radio italiana numerose
trasmissioni in inglese in cui difendeva il fascismo e accusava gli
angloamericani e la finanza internazionale di aver provocato la guerra
contro i paesi che si erano ribellati al giogo dell’usura. Trasmesse in
Gran Bretagna e USA queste trasmissioni gli valsero un’incriminazione
per tradimento da parte del governo americano.
Durante la Repubblica Sociale Italiana (ottobre 1943 – aprile 1945)
continuò la sua attività giornalistica e compose due canti in italiano
(72-73) in cui ribadiva la solidarietà al fascismo.
Il 3 maggio 1945 fu arrestato da partigiani italiani e consegnato ai
militari USA, che lo trattennero per alcune settimane a Genova e poi lo
trasferirono nel campo di prigionia e rieducazione per militari
americani DTC ad Arena Metato nel comune di San Giuliano Terme, presso
Pisa.
Per circa tre settimane fu rinchiuso in una gabbia di ferro posta
all’aperto, esposto al sole di giorno e alla luce dei riflettori di
notte. Subì un collasso fisico e mentale, dopo il quale fu trattato con
maggiore considerazione: gli fu assegnata una tenda presso l’infermeria e
gli fu consentito di scrivere e utilizzare la macchina da scrivere
nelle ore serali. Instancabile, trascorse i mesi pisani componendo gli
undici Canti pisani (dal 74 all’84) e traducendo ancora Confucio.
A fine novembre fu trasferito in aereo a Washington per il processo.
L’accusa di alto tradimento lo avrebbe probabilmente portato alla pena
di morte. Ma un vero e proprio clamore nel mondo dei poeti si erse in
sua difesa e il processo fu annullato. Pound fu dichiarato infermo di
mente e internato nell’ospedale criminale federale di St. Elizabeths di
Washington
Recluso nell’ospedale di St. Elizabeth, circondato da un grande
parco, Pound fu visitato regolarmente dalla moglie e da vecchi e nuovi
amici artisti: Eliot, Cummings, William Carlos Williams, Marianne Moore,
e tra i giovani: Robert Lowell, James Laughlin (che, con “New
Directions”, fu suo editore), Sheri Martinelli, e molti altri. Trovò
anche proseliti per le sue idee sociali e ispirò la pubblicazione di
opere rare di Louis Agassiz, Alexander Del Mar, Edward Coke, ecc. Questi
stessi autori diventavano nel frattempo protagonisti dei canti che
continuava a scrivere e pubblicare. Nel 1948 i Canti pisani ottennero il
Premio Bollingen per la poesia della Library of Congress provocando non
poche polemiche visto che Pound era nel contempo ospite involontario
del governo americano in un manicomio criminale. Della giuria facevano
parte T.S. Eliot e W.H. Auden, che in questo modo pensavano di attirare
l’attenzione sulla pietosa situazione del non più giovane poeta. Ma la
polemica finì più per nuocere che giovare e per molti anni del caso
Pound non si parlò più.
Nel 1957 un gruppo di amici fra cui Hemingway, Robert Frost e
Archibald MacLeish si prodigarono perché si trovasse una soluzione al
caso Pound. La pubblica accusa, verificato che Pound non si sarebbe
potuto processare a causa delle sue condizioni mentali, ritirò l’accusa,
e il poeta tornò in libertà e ripartì poco dopo per l’Italia.”
(crf http://it.wikipedia.org/wiki/Ezra_Pound )
16 – Ezra Pound – “Contro l’Usura” – Canto XLV – si consulti anche di
Giano Accame – “Ezra Pound Economista – Contro l’usura” – ediz.
“Settimo Sigillo” – Roma 1995;
17 – Giano Accame – “Ezra Pound Economista – Contro l’usura” – ediz. “Settimo Sigillo” – Roma 1995;
18 – Franco Giorgio Freda – “La disintegrazione del Sistema” – ediz. di “Ar” – Padova 1980;
19 – si consulti in merito:
http://www.signoraggio.com/signorag…melebanche.html
http://www.signoraggio.com/mi_princ…o_islamico.html
http://www.signoraggio.com/mi_islam…far_banca.ht m
http://www.signoraggio.com/mi_il_si…_del_corano.htm
In merito al sistema economico nel mondo islamico consigliamo del
martire Grande Ayatollah Mohammad Baqer al Sadr – “La Economia Islamica”
– ediz. a cura dell’Asociacion Islamica de los Estudiantes Iranies en
Espana – Madrid (Spagna) 1984 e, dello stesso autore, “Aperçu de
l’economie islamique” – ediz. a cura della “Foundation ‘Bibliotheque Ahl
el Beit'” – Paris (Francia) 1982. Consigliamo anche di AaVv – “Aperçu
sur la legislation du travail en Islam” – ediz. a cura della “Fondation
Al Balagh” – Teheran (R.I. dell’Iran 1994.
TRATTO DA:
https://dagobertobellucci.wordpress.com/2011/08/07/usurocrazia-il-parassitismo-del-sistema-bancario-internazionale-e-i-meccanismi-di-sfruttamento-monetaristici-dellalta-finanza-giudaica/
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