mercoledì 15 giugno 2016

USUROCRAZIA: IL PARASSITISMO DEL SISTEMA BANCARIO INTERNAZIONALE

USUROCRAZIA : IL PARASSITISMO DEL SISTEMA BANCARIO INTERNAZIONALE E I MECCANISMI DI SFRUTTAMENTO MONETARISTICI DELL’ALTA FINANZA GIUDAICA

di Dagoberto Husayn Bellucci

“…io credo sinceramente, come voi, che le istituzioni bancarie siano più pericolose di un esercito in campo…”
( Thomas Jefferson – lettera a John Adams )

“ch’usura offende/la divina bontade”
( Dante Alighieri – Inferno XI , 95/96 )

“Dallo stato caotico dell’economia il genio ebraico sviluppò il sistema del capitalismo organizzato, grazie allo strumento più efficace: il sistema bancario.”
( Henry Ford – L’Ebreo Americano” – 10 Settembre 1920 – da “L’Ebreo Internazionale” ediz. di “Ar” – Padova 1969 )

“La razza, nell’ebreo, è lungi dall’essere un puro dato biologico e antropologico. La razza è la legge. Questa, intesa come una forza formatrice dall’interno e in un certo senso perfino dall’alto, nell’ebreo fa tutt’uno con quella.”
( Giovanni Preziosi – “Dieci punti fondamentali del problema ebraico” – 15 Agosto 1937 – da “Come il Giudaismo ha preparato la guerra” – ediz. “Tumminelli – Roma 1939 )


La vittoria delle forze rivoluzionarie islamiche in Iran ha aperto un nuovo corso nella storia mondiale e in quella delle relazioni internazionali. Dagli infami accordi siglati a Yalta che sancirono la spartizione universale bipolare tra l’imperialismo dell’Occidente capitalista e l’imperialismo dell’Oriente marxista nessun popolo, nessuna nazione e nessuno Stato era riuscito a spezzare le catene del giogo e della tirannia che, su scala globale, divideva uomini, partiti e governi della politica mondiale in filo-americani e filo-sovietici.
La gloriosa Rivoluzione Islamica iraniana, diretta con saggezza e determinazione dalla Guida spirituale e politica dell’Imam Khomeini (che Dio lo abbia in Gloria), riuscì a materializzare da una lotta quasi ventennale di popolo e ad edificare un regime, ispirato agli scritti dell’Imam sul Governo Islamico, che rifiutava tanto il consumismo capitalista occidentale quanto il socialismo ‘reale’ materialista orientale incarnati dalle due superpotenze imperialista degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica.
Il crollo dei regimi d’ispirazione marxista nell’Europa Orientale che ha caratterizzato la seconda metà degli anni Ottanta ha determinato e accelerato le dinamiche di espansione mondiale del capitalismo occidentale fornendo alla plutocrazia statunitense – espressione del lobbismo multinazionale eterodiretto dall’Internazionale Ebraica – l’opportunità di instaurare il suo One World, mondo unidimensionale e unipolare, espressione di una visione meccanicistica ed economicista della vita e rappresentazione formale della Grande Parodia ovvero – su di un piano metafisico – dell’apocalittica emersione di forze ‘altre’, tellurico-discendenti, lunari, materialiste o sataniche che dir si voglia.
Il tentativo di instaurazione di un mondo asservito alle logiche consumistiche e di mercato dirette dalle multinazionali e dal sistema bancario e finanziario internazionale è miseramente fallito unitamente con i complotti e le strategie belliche statunitensi di imporre manu militari al resto del pianeta la concezione occidentale di sistemi di vita e di potere alieni attraverso l’efficacia dei mezzi di comunicazione di massa, le parole d’ordine della “democrazia” e del “parlamentarismo”, le sirene della “libertà” e quelle dello “sviluppo”.
Il mondo marcia verso un nuovo ordine internazionale multipolare: Cina, Russia, India, mondo islamico, diversi Stati dell’America Latina si stanno pesantemente liberando dei lacci plutocratici entro i quali erano state imbavagliate e legate le aspirazioni di intere nazioni e popoli che rivendicano una loro partecipazione all’economia e al nuovo ordinamento globale. L’America ed i suoi alleati – in particolare il Sionismo internazionale – arretrano mentre nuovi soggetti geopolitici si affacciano sulla ribalta della scena internazionale.
Se tutto ciò è potuto accadere una gran parte del merito dev’essere riconosciuto alla resistenza adottata dal mondo islamico dinanzi ai piani della Finanza usurocratica e ai complotti dell’Imperialismo. Le nazioni islamiche più consapevoli hano rifiutato di riconoscere una supremazia mondiale statunitense ed il modello di sviluppo capitalistico occidentale e la democrazia quali “fine della storia” (utilizzando la propagandistica immagine offerta dal funzionario dell’Establishment mondialista Francis Fukuyama al quale si deve questa ‘brillante’ metafora sull’unidimensionalità ‘irresistibile’ del modello parlamentaristico-democratico statunitense e sul “villaggio globale” quale ‘sfondo’ idoneo per il ‘bivacco’ sciacallesco delle aziende multinazionali sui resti spogli dei popoli sottomessi ad un mefitico e alienante sistema di oppressione che, a partire dalla metà degli anni Ottanta, abbiamo imparato a conoscere massmedialmente sotto la dizione di “globalizzazione”) ovvero la pretesa superiorità di un modello occidentale il quale intede imporsi a livello globale quale unico e indiscutibile: l’attuale crisi economico-finanziaria internazionale, generata dal cuore del sistema ovvero dalla plutocrazia statunitense, è una conferma, l’ennesima, di quanto fallaci e erronee risultino queste utopistiche ‘concezioni’.
Comprendere la crisi dell’Occidente significa, in ultima analisi, capire i guasti del sistema di produzione capitalista, l’errata direzione su basi materialistiche ed edonistiche assunta dai paesi ricchi e l’usurocratiche ‘attenzioni’ rivolte dalle Multinazionali verso il resto del pianeta inteso esclusivamente quale grande ‘mercato’ e laboratorio per nuove alchimie di sfruttamento. In sintesi potremmo riferirci ad un grande mercato globale informatizzato dove i flussi finanziari e commerciali si sono uniformati a quelli di individui e persone: il modello globalizzante di libero mercato favorisce le transazioni economiche, il trasferimento di merci e capitali da un luogo ad un’altro, la delocalizzazione dell’industrializzazione, l’anonimato delle società d’affari e le migrazioni di anime alla ‘cerca’ di nuove opportunità lavorative.
L’Occidentalizzazione del mondo, intesa nella sua intima essenza, è soprattutto “americanizzazione” e riflette modi e stili di vita “made in USA”. Il trionfo del modello di sviluppo capitalistico – che per sua natura non ha patria nè ideali, nè valori nè etica e tantomeno abbisogna di ‘basi operative’ in quanto multinazionale e cosmopolita per interesse – è collegato ad un modello universale che utilizza meccanismi e strumenti simbolici persuasivi e ‘fascinosi’ tra i quali la scienza, la tecnologia, l’informatica e su quello che è l’immaginario collettivo sul quale si basano ovvero il valore e la fiducia del progresso, mito-fondante l’espansionismo capitalista.
Tecnica, scienza e informatizzazione dell’esistenza costituiscono i miti della modernità e, inevitabilmente, dell’occidentalizzazione del pianeta: queste conquiste del genio umano sono state asservite alle logiche di sfruttamento, colonizzazione, omologazione imposte dal modello dominante occidentale al resto del mondo. Il dominio dell’economico si è manifestato con l’affermazione del mercato unico e ha cavalcato l’utopia dell’irrinunciabile sviluppo.
“Il fallimento dello “sviluppo”, cioè la constatata impossibilità di ripetere nei paesi del cosiddetto Terzo Mondo quel complesso di trasformazioni che hanno portato all’opulenza dell’Occidente, si lascia dietro una vera e propria catastrofe di cui si tarda a misurare l’ampiezza. – scrive Serge Latouche (1) – Ovunque, a ristrette èlites che vivono all’ombra del mercato mondiale, corrispondono immense masse sradicate che hanno subito la stessa invasione culturale prima ancora che economica. L’espansione dell’Occidente risulta essere piuttosto il trionfo di un modello universale, quasi una megamacchina tecnico-scientifica che impone al di fuori di qualsiasi possibilità di controlo i propri imperativi mercantili, che non l’effetto di un diretto dominio militare e/o economico. Certo, questo aspetto del buon vecchio colonialismo e imperialismo non sono scomparsi, anzi! Ma la loro portata è ormai senza comune misura con gli effetti di una uniformazione planetaria tanto travolgente quanto destinata nella maggior parte dei casi a restare puramente immaginaria.”
E’ un moto apparentemente inarrestabile ma, allo stesso tempo, irrealizzabile quello prodotto dai nuovi meccanismi di sfruttamento turbo-capitalistici che ha ridimensionato lo stile di vita di milioni, miliardi, di persone senza però riuscire a dare risposte adeguate nè ai loro bisogni materiali nè tantomeno a sopperire al vuoto spirituale che – una volta immesso il virus occidentale della modernizzazione in una società del Terzo Mondo – quest’incedere travolgente della modernità ha provocato, sradicando culture, deformando tradizioni, divorando merci e consumando vite in nome del progresso, del trionfo della tecnica e della scienza, in nome della democrazia.
Occidentalizzazione=mondializzazione=omologazione planetaria alias globalizzazione. Sia detto per inciso che l'”occidentalizzazione” sia da intendersi più come un’esprit, un diabolico meccanismo, una corsa folle, una fuga in avanti ed un’insieme di sistemi di produzione, mezzi di sviluppo, immagini, mode e stili di vita che non necessariamente l’immagine, peraltro deformata, delle società occidentali che quest’aggettivo ‘evoca’.
“L’Occidente non è più l’Europa, nè geografica, nè storica; non è più nemmeno un complesso di credenze condivise da un gruppo umano che vaga per il pianeta; proponiamo di leggerlo come una macchina impersonale, senza anima e ormai senza padrone, che ha messo l’umanità al proprio servizio. Emancipata da qualsiasi forza umana che volesse arrestarla, la macchina impazzita prosegue la sua opera di sradicamento planetario.” (2)
Il modello occidentale è diventato dunque il paradigma di un complesso di idee che rappresentano il sistema di sfruttamento usurocratico planetario ovvero il Mondialismo.
“Il termine “mondialismo” – scrive Maurizio Lattanzio (3) – si riferisce ad una concezione politico-culturale di cui si fanno portatori e diffusori potenti gruppi tecnocratico-plutocratici occulti o, quanto meno, ‘defilati’, non esposti alle luci dei ‘riflettori’ – cioè dei mass media sapientemente manovrati – che ‘illuminano’ la grande ribalta politica internazionale. Gli oligarchi mondialisti operano tramite istituzioni parimenti occulte o, se si preferisce, semi-pubbliche (Trilateral Commission, Bildeberg Group, Council on Foreign Relations, Pilgrims Society, sistema bancario internazionale ecc.) , con l’obiettivo strategico di giungere alla realizzazione di un progetto che prevede l’instaurazione di un unico governo mondiale, depositario del potere economico, politico, culturale e religioso. Le articolazioni strutturali di un simile progetto si fondano sull’integrazione ‘trilaterale’ dei “grandi insiemi” geoeconomici: USA, Europa, Giappone, i quali saranno sottoposti al dominio dei tecnocrati-funzionari dell’apparato di potere plutocratico installato nei consigli d’amministrazione delle banche e delle multinazionali. Queste sono le strutture operative del comando oligarchico dal quale l’Alta Finanza ebraico-massonica internazionale pianifica e concretizza l’asservimento dei popoli del pianeta mediante i meccanismi capitalistico-finanziari della grande usura. Il mondialismo è la ‘scimmia’ dell’universalità; è la contraffazione anti-tradizionale e parodistica delle idealità universali che hanno omogeneamente permeato le costruzioni politiche ed hanno ispirato le vicende storiche delle Civiltà tradizionali. Il mondialismo è un processo dissolutivo ‘discendente’ il cui tratto distintivo è il riduzionismo, ovvero la degradazione dell’umanità ad una poltiglia indifferenziata, conformemente con i perversi ritmi scandita da condizionanti e alienanti dinamiche massificatorie. Punto d’arrivo è la serie degli individui-robot che ripetono demenzialmente uno stesso tipo dalle bestiali caratteristiche di tesaurizzatore, trafficante e consumatore di cose materiali. Questo obiettivo ‘tattico’ è perseguito dall’oligarchia mondialista in funzione di una strategia di dominio planetario, oggi esplicitamente denominata Nuovo Ordine Mondiale”.
Quando individuiamo nell’elemento ebraico il principale ‘agente’ e la cinghia di trasmissione di una visione unidimensionale materialistica che dall’alto Medio Evo fino ai giorni nostri si è palesata esclusivamente quale espressione massima dello spirito mercantilistico ‘rovesciato’ che appartiene di buon diritto allo stereotipo dell’homo economicus ovvero un tipo umano ‘deambulante’ , cosmopolita e alieno da qualsivoglia pulsione ideale, estraneo ai valori etico-spirituali e nemico di ogni Tradizione.
L’homo economicus è la quintessenza del ‘razionalismo’ innalzato a dogma infallibile e o strumento determinato e caparbio delle logiche e delle strategie affaristico-mercantili che rappresentano la dimensione ‘espansionistica’ della materia che si pone al di sopra e contro qualunque anelito spirituale ed eroico-sacrificale degli individui i quali – nella società rovesciata massificata dell’One World mondialista – sono ‘intesi’ e riconosciuti esclusivamente quali numeri tra i numeri, massa-lavoro, strumenti di produzione e di consumo.
L’obiettivo di un simile individuo-massa è quello della massimizzazione del proprio benessere (che viene definita da una certa funzione matematica detta funzione di utilità) ovvero il conseguimento di un determinato numero di risultati attraverso tecniche sempre più affinate che risultino vantaggiose per ciò che riguarda gli strumenti, i mezzi, le strategie ed i costi utilizzabili.
L’archetipo dell’homo economicus risulterà pertanto la figura del mercante ebraico, il quale avrà il ruolo di agente sovvertitore all’interno delle società goiym = non ebraiche europee e islamiche sedimentando e metabolizzando i ‘refusi’ dottrinario-materialistici ‘raccolti’ dalla ‘giurisprudenza’ ebraica nel Talmud il quale agirà da catalizzatore, punto di riferimento, centro nevralgico ‘ideale’ e principale elemento di coesione dell’unità del disperso popolo “eletto” degli israeliti nonchè il potente depositario dell’identità cultural-razziale dell’ebreo nel corso dei secoli.
Un potente catalizzatore, “simbolo che ha tenuto assieme i Giudei dispersi nei vari paesi, custodendo l’unità del Giudaismo” (secondo lo storico ebreo Graetz) , attorno al quale si è formulata la filosofia di vita opportunistico-vittimistica ebraica e la mentalità auto-ghettizzante dell’esclusivismo giudaico rivelandosi altresì fondamentale per evitare alla nazione ebraica derive assimilazioniste e fughe dalla Legge, la quale ‘incatena’ da tremila anni un intero popolo ad una concezione ‘inversa’ del mondo che riflette una volontà vendicativa , gelosa del proprio esclusivismo religioso e razziale, rispetto alle altre comunità, alle altre nazioni e più vastamente al mondo circostante che, per l’ebreo, sarà sempre ed esclusivamente “terreno di conquista”.
“Per questa oligarchia il Tempio sarà uno solo, il mondo cosmico abitato dall’uomo. E si edificherà, nel segreto dei conciliabili bancari, nella Banca del Mondo, centro di emissione dove la cabala degli iniziati trasformerà la carta in oro. Là celebreranno il rito della inversione di tutti i valori. Il prodotto che diventa niente; ed il niente di uno straccio di carta che diventa valore, oro. Affinchè il lavoro produca miseria e la miseria intellettuale dei parassiti si trasformi nel controlo di tutte le ricchezze del mondo.” (4)
La pratica di sfruttamento monetario denominata Grande Usura giudaica sarà la ‘realizzazione’ conforme ad un percorso di ribaltamento della funzione economica intervenuto nel corso dei secoli attraverso un processo di dissoluzione quantitativa della moneta. Renè Guènon, analizzando questa fase metastorica dell’umanità, scriverà in proposito: “…presso i Celti i simboli raffigurati nelle monete trovano spiegazione solo se li si rapporta a conoscenze dottrinali caratteristiche dei Druidi (…)…la moneta, là dove esisteva, non poteva di per sè essere la cosa profana che più tardi è divenuta (…) …la moneta, dopo aver perduto ogni garanzia di ordine superiore, ha visto il suo stesso valore quantitativo (…) ridursi senza posa…” (5)
L’ ‘inveramento’ ‘miracoloso’ che determinò la sostituzione dell’oro con la carta-straccia rappresenterà il momento determinante per l’instaurazione del dominio ebraico sull’economia ovvero l’esproprio ‘legalistico’ esercito sulla sovranità politico-monetaria che consentirà all’Internazionale Ebraica – intesa come l’insieme delle differenti Kehillah = comunità ebraiche ‘sparpagliate’ e ‘accampate’ sciacallescamente nei quattro angoli del pianeta – la rendita monetaria di sfruttamento derivante dalla pratica di indebitamento usurocratico nei confronti delle masse planetarie.
La ‘creazione’ dal ‘nulla’ della carta-straccia sarà l’operazione ‘prodigiosa’ che consentirà all’Ebraismo cosmopolita il ‘trasferimento’ della convenzione monetaria dall’oro, l’argento e i metalli ‘pregiati’ (intesi e convenzionalmente ‘accettati’ come moneta-merce nell’antichità) alla moneta di costo nullo, ovvero alle banconote, della quale il Kahal = Alto Sinedrio (organo supremo decisionale dell’ebraismo mondiale di tutti i tempi) deterrà il monopolio dell’emissione.

La tecnica di fabbricazione della falsa moneta consiste nella diffusione della cosiddetta moneta fiduciaria ovvero nell’emissione dei titoli rappresentativi della moneta-merce detenuta quale riserva: quest’operazione permetterà ai banchieri ebrei di ‘prestare’ carta-straccia in sostituzione dell’oro e dell’argento.
Per comprendere esattamente le dinamiche storico-sociali che permisero all’Internazionale Ebraica di raggiungere questo obiettivo occorre riferirci al periodo che, nell’Antico Testamento della Bibbia, viene comunemente ricordato come la “fuga” israelita dall’Egitto verso la leggendaria Terra Promessa ossia all’esperienza nomadistica della massa ebraica quando i giudei duplicheranno specularmente la moneta-merce sostituendola con i titoli rappresentativi dell’oro e dell’argento – terafim e mamrè – solidalmente ‘garantiti’ dall’insieme della collettività giudaica sulla quale le prescrizioni mosaiche eserciteranno una influenza condizionante.
Mosè imporrà alla massa ebraica, furtivamente ‘scappata’ dall’Egitto e rifugiatasi nel deserto del Sinai per un tempo che il testo sacro determina in quarant’anni, l’obbligo del prestito reciproco in caso di bisogno oltre alla remissione dei debiti ogni sette anni in ricorrenza con il il cosiddetto anno sabattico. Per l’ebreo sarà pertanto assolutamente indifferente prestare o meno denaro poichè, grazie alle direttive mosaiche, si sarebbe comunque trovato nella condizione di poter, a sua volta, chiedere denaro in prestito a un correligionario, nella certezza di vedere estinto il proprio debito alla fine del settennio e di poterlo ‘riaccendere’ all’inizio del settennio successivo.
Scrive Giacinto Auriti in proposito: “Non si può comprendere come sia stata possibile la realizzazione storica di questa strategia monetaria, se non si considera la fondamentale esperienza del popolo ebraico dopo la fuga dall’Egitto. Questo popolo si fermò e visse per quarant’anni nel deserto del Sinai, in un periodo storico in cui l’economia era prevalentemente agricola. Per sopravvivere non aveva altra altemativa che spendere il tesoro sottratto agli egiziani, consumando definitivamente la ricchezza acquistata, ovvero trovare un’espediente per appropriarsi senza costo, dei beni prodotti dagli altri popoli. E’ storicamente provato che il popolo ebraico, invece di comprare merce mediante l’oro e l’argento, introdusse nel mercato, come mezzi di pagamento,i titoli rappresentativi dell’oro e dell’argento, ed i mercanti stranieri erano ben disposti ad acquistare questi simboli (mamrè o mamrà) in luogo delle monete metalliche, sia perché, usando i titoli rappresentativi evitavano il rischio di essere rapinati dai predoni (che non avendo alcuna cultura scritturale non raffiguravano nei simboli documentali alcun valore monetario), sia perché avevano nel simbolo il massimo affidamento, in quanto questa cambiale emessa dal componente il popolo israelita era garantita solidalmente da tutta la collettività ebraica. Non ci si può spiegare infatti l’assoluta fiducia riconosciuta dal mercato al simbolo documentale, così come se fosse stato esso stesso d’oro, se non si considera il poderoso influsso che ebbero nel popolo ebraico alcuni fondamentali comandamenti mosaici. Mosè infatti comandò al suo popolo l’obbligo dei prestito reciproco in caso di bisogno e la remissione dei debiti ogni sette anni, in ricorrenza del cosiddetto anno sabatico (Deuteronomio, 15, 1 -6). Nel rispetto collettivo di questi precetti, per l’ebreo era indifferente prestare o non prestare denaro al proprio fratello, perché avendo prestato denaro, ognuno a sua volta era in condizioni di pretendere il prestito da un altro ebreo, ed era altresì indifferente che nell’anno sabatico si avesse la remissione dei debiti perché – per quanto grande fosse stato l’ammontare dei debiti estinti – si era sempre nella condizione di poterli riaccendere all’inizio del nuovo settennio.Da questi comandamenti mosaici derivò che, ogni qual volta la cambiale veniva presentata per l’incasso, veniva regolarmente pagata, perché il debitore insolvente poteva rivolgersi per un prestito ad un altro ebreo, e questi glielo concedeva per comandamento religioso, tanto più perché, se a sua volta avesse avuto necessità di denaro, poteva pretenderlo nei confronti di altro componente il popolo ebraico. Così avvenne che ogni titolo di credito emesso da un qualunque componente il popolo ebraico, era sorretto dalla responsabilità solidale di tutti gli ebrei. La certezza dell’adempimento divenne tale che, chi aveva in mano il titolo di credito, riteneva più comodo tenerlo presso di sè, piuttosto che presentarlo all’incasso.” (6)
La certezza dell’adempimento del titolo diventerà talmente ‘assorbente’ che i portatori del titolo riterranno più ‘comodo’ e conveniente tenerlo presso di sè piuttosto che presentarlo all’incasso per diversi motivi: un ‘titolo’ rappresentativo dell’oro e dell’argento non aveva alcun valore per le tribù nomadi stanziate all’epoca nel Vicino Oriente e specialmente nel deserto tra Sinai e Terra Santa e quindi non risultava ‘appetibile’ per scorribande e agguati. Inoltre questo titolo rappresentativo dava la ‘garanzia’ di poter essere ‘incassato’ in qualunque momento presso una qualunque comunità ebraica: il valore originariamente previsto come conseguibile alla normale scadenza del credito diventerà così un valore ‘conseguito’ e ‘godibile’ immediatamente mediante il semplice possesso del documento cartaceo.
Nella pratica mercantile usurocratica il documento monetario emesso dal giudeo acquistava da sè un valore equivalente, se non addirittura maggiore, rispetto a quello dell’oro. Questa pratica permetterà all’ebraismo un’azione di ‘arraffamento’ della “sovranità monetaria presso tutti i popoli del mondo, mediante il monopolio del conio di simboli monetari di costo nullo (…) Su queste basi culturali e religiose gli ebrei rimarranno collegati tra di loro in una vera e propria struttura bancaria che ancora oggi opera con le medesime regole.” (7)
La creazione di un insieme di ‘banchi’ di pegni consentirà all’ebraismo di detenere il monopolio finanziario di Imperi e Regni cominciando quella lenta ma inarrestabile attività di erosione, confisca e arraffamento della sovranità monetaria ‘estorta’ mediante la pratica ‘legalistica’ dell’Usura (8), interdetta dalla legislazione cristiana – e successivamente tassativamente proibita da quella islamica – ma rimasta quale libero esercizio ‘commerciale’ nelle mani del parassitismo giudaico e – sovente nell’Europa cristiana – legittimata e autorizzata per le masse ebraiche le quali rimasero così le sole ‘autorizzate’ a prestare con interesse.
L’atteggiamento assunto dalla Chiesa Cristiana nei confronti della pratica usuraia è sempre rimasto, in linea teorica, piuttosto deciso; sicuramente più netto e categorico di quanto non lo fosse nell’ambiente culturale e religioso ebraico che poneva il divieto entro i confini del solo giudaismo, tra consanguinei e aderenti alla medesima confessione religiosa ma lo tollerava tranquillamente e, legislativamente, lo ‘fomentava’ nei rapporti con gli stranieri = goiym (i non ebrei) (cfr Deuteronomio 28,12; 23,20; Esodo 22,24; Levitico 25,35 ss; Salmi 15,5; Ezechiele 18,13ss; 22,12 ecc.).
Sappiamo comunque che anche il divieto ebraico restava un lontano ideale, in quanto la Legge in più punti prescriveva dei limiti al creditore nell’esigere pegni (cfr Esodo 22,25; Amaleciti 2,8; Giacobbe 24,3.9; Deuteronomio 24,6; 24,10), proprio per non far diventare il povero lo schiavo di un proprio connazionale (cfr Levitico 25,39ss; Amaleciti 2,6; Ne 5,1-13).
Secondo quanto riportano i testi sacri i tassi praticati da Israele non superavano mai quelli delle civiltà ad essa coeve (p.es. nel codice Hammurabi si arriva fino a 50-70%).
Nel periodo ellenistico si arrivò (se si esclude l’Egitto dove rimase al 24%) a un tasso ragionevole dell’8-10%. Nel I secolo d.C. un decreto imperiale lo fissò al 12% nelle province dell”Asia.
Nella legislazione giustinianea troviamo i primi “massimali” relativi all’usura su base annua: i senatori non potevano chiedere più del 4%, la maggior parte della popolazione non poteva chiedere più del 6%, gli uomini d’affari non potevano superare l’8%; ma per i prestiti marittimi, ad alto rischio, si poteva giungere sino al 12%.
Sotto l’imperatore Niceforo (802-811) si proibì ai sudditi di riscuotere interessi: solo lo Stato poteva farlo al 16,66%. Anche l’imperatore Basilio I (867-86) proibì l’usura. Furono le prime iniziative volte a salvaguardare l’economia cristiana dalla lascivia congenita nell’elemento ebraico il quale andava sempre più assumendo quelle caratteristiche che ne contrassegneranno per secoli la funzione sociale di prestamonete al servizio dell’aristocrazia, delle autorità (anche di quelle religiose) e delle transazioni di capitali tra regni e nazioni.
Appare comunque evidente che queste misure fossero stabilite da Niceforo e da Basilio, e dai loro successori, per tentare di salvare il salvabile tentava di salvare , ovvero da un lato le ‘forme’ della legislazione cristiana dall’altro lato la ‘sostanza’ della realtà socio-economica imperante: da un lato si scoraggiava la partecipazione dell’aristocrazia al mercato dei capitali, dall’altro si permetteva che venissero richiesti interessi superiori al 6% generalizzato, al fine di incoraggiare le spedizioni a rischio.
Tuttavia nell’XI il tasso ufficiale d’interesse, ch’era andato aumentando progressivamente in base al corso della moneta, arrivò al 5,5% per le persone di alto rango, al 8,33% per la maggior parte della popolazione e al 11,71% per gli uomini d’affari.
Questo significa che, malgrado la condanna religiosa del prestito ad interesse, gli imperatori bizantini, piuttosto realisti, non tentarono mai seriamente di proibirlo ma scelsero di autorizzarlo per meglio controllarlo. Quanto alla chiesa, essa si limitava a condannare gli ecclesiastici che la praticavano.
Non c’è fonte patristica, latina o greca, che non condanni decisamente il fenomeno dell’usura. La prima condanna la troviamo in Clemente Alessandrino (Paedagogus, 1,10 e Stromata 2,19), ma subito dopo gli fanno eco Tertulliano (Adversus Marcionem, 4,17), Cipriano (Testimoniorum libri III ad Quirinum, 3,48), Commodiano (Instructiones 65), Lattanzio (Institutiones divinae, 6,18), Ilario (Tractatus in Ps XIV 15), Ambrogio (De Off. II,3, De Bono Mortis 12,56, De Nab. 4,15, Epistola 19 e De Tobia 42), Girolamo (In Ez. Commentarii 6,18), Agostino (Ennarationes in Ps. XXXVI, sermo 3,6; 38,86 e De baptismo contra Donatistas 4,9), Leone Magno (Ep. IV e sermo XVII). In particolare Girolamo sosteneva che il divieto dell’usura tra “fratelli (ebrei)” (Dt 23,20) era stato “universalizzato” dai profeti e dal Nuovo Testamento, e tuttavia non si diffonderà mai in occidente un’interpretazione universalistica della parola “fratello”, poiché anche quando si comincerà a parlarne, nei secoli XII e XIII, lo si farà in maniera del tutto astratta e convenzionale, in riferimento ai cattolici-romani sparsi nel mondo, certamente non in riferimento ai cristiani ortodossi né tanto meno ai musulmani, nei confronti dei quali, proprio in quei secoli, sarà durissima la contrapposizione ideologica, politica e militare.
Per non parlare dei padri greci: Basilio (Homilia II in Ps XIV), Gregorio Nazianzeno (Or. 16,18), Gregorio Nisseno (Ep. ad Letoium, Contra usurarios, Homilia IV in Ecclesiastem), Giovanni Crisostomo (Homilia LVI in Mt, Homilia XVI in Gen, Hom. XIII in 1 Cor, Hom. X in 1 Tess.). E non si devono dimenticare il canone 20 del concilio di Elvira (300), Arles (314), Nicea (325) e Clichy (626).
Malgrado le ‘proibizioni’ ‘scritte’ e le ‘conferme’ sanzionatorie di Papi e Autorità ecclesiastiche la pratica usuraia continuerà ad espandersi come sottolinea lo storico Georg Ostrogorsky il quale afferma che “sebbene l’usura fosse contraria alla moralità medievale, la proibizione di prestare a usura era molto rara a Bisanzio. Le esigenze dell’economia monetaria, molto sviluppata nell’impero, ignoravano i precetti della morale e il prestito a usura era stato in ogni tempo molto diffuso a Bisanzio”(9)

Per comprendere i motivi di questa generale ‘disattenzione’ nei confronti della pratica usuraia bisogna tenere in considerazione quanto scrive l’eminente storico francese Jacques Le Goff il quale scrive:
“Bisogna eliminare subito un equivoco. La storia ha strettamente legato l’immagine dell’usuraio a quella dell’ebreo. Fino al XII secolo, il prestito a interesse che non metteva in gioco somme considerevoli e avveniva parzialmente nel quadro dell’economia naturale (si prestavano grano, vestiti, materiali ed oggetti e si riceveva una maggior quantità delle stesse cose prestate) era essenzialmente nelle mani degli ebrei. A questi in effetti venivano proibite, poco a poco, attività produttive che oggi chiameremmo « primarie » o «secondarie ». Non restava loro altro, a fianco di alcune professioni liberali come la medicina, per lungo tempo disdegnata dai cristiani, che lasciavano ad altri le cure di un corpo affidato dai ricchi e dai potenti ai medici ebrei, e dagli altri ai guaritori popolari e alla natura, che far rendere il denaro, al quale proprio il cristianesimo negava ogni fecondità. Non cristiani, gli ebrei non avevano scrupoli e non violavano le prescrizioni bibliche, facendo prestiti ad individui o istituzioni che non facevano parte della loro comunità. I cristiani d’altronde non si curavano affatto di applicare loro una condanna riservata essenzialmente alla famiglia e alla comunità cristiana, in primo luogo ai chierici e poi ai laici. Alcuni monasteri, dal canto loro, praticavano forme di credito, soprattutto il pegno morto (mort-gage), condannato alla fine del XII secolo. In effetti, tutto cambiò nel XII secolo, in primo luogo per il fatto che il progresso economico portò con sé un enorme aumento della circolazione monetaria e lo sviluppo del credito. Alcune forme di credito furono ammesse; altre, come il prestito a uso [la consegna ad altri di una cosa infungibile affinché se ne serva per un certo tempo o per un uso determinato con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta], integrato dalla riscossione di un interesse, videro rinnovarsi e precisarsi nel modo che si è visto le antiche condanne, e inasprirsi la repressione. Allo stesso tempo, la condizione degli ebrei nel mondo cristiano peggiorava. C’erano state delle rivolte popolari contro di loro verso l’Anno Mille e poi all’epoca delle crociate, ad opera soprattutto delle masse in cerca di capri espiatori delle calamità (guerre, carestie, epidemie) e di vittime che scontassero il loro fanatismo religioso. L’ostilità della Chiesa all’ebraismo si inasprì, e nella società cristiana comparve, nel XII e soprattutto nel XIII secolo, un antisemitismo ante litteram, dal popolo ai sovrani. Si diffuse l’ossessione dell’impurità degli ebrei. Apparvero e si moltiplicarono le – accuse di assassinio rituale (in Inghilterra a Norwich nel 1144, in Francia a Blois nel 1171), insieme a quelle di profanazione dell’ostia. Gli ebrei, deicidi, assassini di Gesù nella storia, divenivano uccisori di Gesù nell’ostia, man mano che andava sviluppandosi il culto eucaristico Il grande dantista André Pezard ha ben visto che per Dante, che esprime qui la mentalità della sua epoca, «l’usura è condannata [… ] come forma di bestialità». A una genìa bestiale fa riscontro una pratica bestiale. Un solo e medesimo odio si sviluppò presso i cristiani nei confronti degli ebrei e dell’usura. Il IV Concilio Lateranense (1215) decretò: « Volendo impedire che in questa materia i cristiani siano trattati in modo disumano dagli ebrei, stabiliamo […] che, se con un qualunque pretesto degli ebrei abbiano richiesto a cristiani interessi gravosi ed eccessivi, sia proibito ogni commercio dei cristiani con loro, finché non abbiano dato soddisfazione ». Gli usurai cristiani dipendevano, in quanto peccatori, dai tribunali ecclesiastici, le ufficialità, che dimostravano generalmente una certa indulgenza nei loro confronti, lasciando a Dio il compito di punirli con la dannazione. Ma ebrei e stranieri (in Francia gli usurai italiani e meridionali, della Lombardia e di Cahors) dipendevano dalla giustizia laica, più dura e più repressiva. Filippo Augusto, Luigi VIII e soprattutto san Luigi emanarono una legislazione assai dura nei confronti degli usurai ebrei. Così la repressione parallela dell’ebraismo e dell’usura contribuì ad alimentare il crescente antisemitismo e a rendere ancor più tetra l’immagine dell’usuraio, più o meno identificato con l’ebreo.
Il grande sviluppo economico del XII secolo fece moltiplicare gli usurai cristiani. Questi nutrirono un’ostilità tanto maggiore nei confronti degli ebrei poiché questi erano a volte temibili concorrenti. Ci interesseremo qui degli usurai cristiani, senza dimenticare che, nel XIII secolo, la loro storia si svolge su uno sfondo di antisemitismo.” (10)
Al di là , e ‘oltre’, qualsivoglia ‘sfondo’ di “antisemitismo” (sic!) la realtà fattuale del Medio Evo ‘segnerà’ una svolta decisiva per il ruolo e la funzione che verrà esercitata dai prestamonete ebrei. Non ancora ‘pronti’ per la costituzione di un vero e proprio ‘ordinamento’ legalitario del sistema monetario gli ebrei si organizzeranno mediante la costituzione di una serie di “banchi pegni” ai quali faranno affidamento sempre più spesso signori e signorotti cristiani, autorità politiche e religiose ed infine Stati e Nazioni. La creazione di quest’insieme di economia commerciale su basi usurocratiche daranno agli ebrei il predominio nel prestito con interesse e, successivamente, consegneranno nelle mani dell’usuraio ebreo le casseforti dei popoli e delle nazioni ‘gentili’.
“Nel medioevo ed agli albori della modernità la moneta era ancora aurea o argentea. – scrive Luigi Copertino (11) – La moneta, pertanto, era un bene reale e, come tale, era oggetto di proprietà da parte del suo portatore ossia da parte di chi ne veniva legittimamente in possesso. Con la nascita della banca comparve la carta-moneta che è giuridicamente una cambiale bancaria, la note of bank o banconota, emessa dal banco depositario delle riserve di moneta aurea ed argentea che artigiani e mercanti ad esso affidavano in custodia. In particolare erano i mercanti ad essere agevolati, negli spostamenti, dalla possibilità loro offerta, dalla rete internazionale di cambiavalute, che avevano banchi aperti sulle piazze di tutt’Europa, di portare con sé soltanto lettere di cambio, ossia ricevute bancarie, coperte da riserve di moneta aurea o argentea. Infatti i mercanti esibendo, presso il banco della piazza ove momentaneamente si trovavano, la lettera di cambio, ossia la banconota, potevano ottenere monete metalliche nella quantità corrispondente al valore nominale della ricevuta esibita. Il banco a sua volta avrebbe recuperato il quantitativo di moneta metallica sborsata presso il banco di emissione della lettera di cambio, esibita dal mercante di passaggio. Il sistema fu ben accetto anche perché era più sicuro far circolare note bancarie che moneta metallica. Le monete auree o argentee, rimanendo depositate presso il banco, assolvevano inizialmente alla funzione di garantire la copertura, e dunque il valore, delle banconote. Queste, infatti, erano emesse in forma di cambiali recando la dicitura, ancora visibile qualche anno fa sulle vecchie lire, pagabili a vista al portatore accompagnata dalla firma del legale rappresentante del banco di emissione (che nel caso delle vecchie lire era quella del governatore della Banca d’Italia).”.
La moderna banca, o per essere più esatti il sistema bancario o dei crediti internazionali, divenne a partire dal Rinascimento un’efficace strumento per la ‘scalata’ ‘sociale’ dell’elemento ebraico all’interno delle comunità ‘gentili’ = non ebraiche del Vecchio Continente. Sarà difatti attraverso questo mezzo che gli ebrei da ‘paria’ e reietti della società cristiana diventeranno i futuri ‘oligarchi’ ovvero i ‘tenutari’ delle ‘casse’ le quali diventeranno fondamentali nella gestione degli affari di Stato per Re e Imperatori, nobili e aristocratici di ogni risma e nazione e anche per il clero che non lesinerà prestiti dagli strozzini di razza ebraica.
Il sistema monetario moderno discende direttamente dagli antichi banchi dei pegni degli usurai ebrei; ne è – per così dire – un’estensione ed il ‘naturale’ sviluppo: “in origine – scrive Sergio Gozzoli (12) – le banche servivano soprattutto ad agevolare la circolazione monetaria snellendola materialmente: chiunque possedesse in buona quantità oro in moneta o in lingotti, trovava più comodo e conveniente depositarlo presso una banca che tenerselo in casa. Con le ricevute, o “certificati”, che la banca gli dava in cambio, oltre che effetturare pagamenti a terzi egli poteva in qualunque momento rientrare in possesso dell’oro. Ma la maneggevolezza della carta – cioè delle ricevute emesse dalla banca – era tale rispetto alla grevità del metallo, che solo una piccola percentuale dei depositanti tornava ad esigere tutto il proprio oro. Questo significava che le banche dovevano preoccuparsi di tenere in riserva reale solo quella quantità di oro che potesse far fronte alle richieste di questa piccola percentuale: con tutto l’oro rimanente, le banche potevano fare affari in proprio.”
In realtà assistiamo, questa volta su più larga scala, all’esatta riproposizione di quanto avvenuto all’epoca dell’esodo ‘biblico’ dall’Egitto nella quale gli ebrei presero a fabbricare i titoli sostitutivi dell’oro e dell’argento (mamrè e terafim): ad esser ‘sostituito’ sarà stavolta il ‘valore’ aureo con una ‘ricevuta’, o certificato, che apparentemente servirà a garantire i ‘depositari’ dei metalli ‘nobili’ …le banche lucreranno alacremente con tutte le riserve auree in loro possesso creando oro dal nulla mediante l’invenzione e l’immissione sul mercato della cartamoneta la quale garantirà la rendita monetaria ed il parassitismo usurocratico ebraico il quale nel volgere di pochi secoli costituirà il sistema monetario e finanziario di sfruttamento internazionale destinato a controllare le transazioni ‘monetaristiche’ su scala globale e il giro degli ‘affari’ di interi Stati e nazioni mediante la creazione delle Banche centrali, delle banche d’affari internazionali, delle società anonime di capitali e delle aziende multinazionali il tutto nel quadro ‘legalitaristico’ dell’ “usura azionaria”.
“Correlata con la pratica grosso-usuraio-monetaria – scrive Maurizio Lattanzio (13) -, risulta la usura azionaria, nella quale il titolo azionario, ‘appare’ come una ‘quota’ del capitale sociale, mentre, in realtà con l’atte del conferimento, la proprietà della ‘quota’ è trasferita dal socio alla cosiddetta società per azioni o società anonima, la quale è una ‘astrazione legalistica’ definita “persona giuridica” – ovvero entità ‘fantomatica’ carente di contenuto ‘umano’ – dai codici borghesi del Sistema giudaico-mondialista. Il ‘valore’ del titolo azionario viene ‘duplicato’ mediante il valore nominale o di emissione e il valore di borsa o quotazione, ‘dipendente’ dalla convenzione di compravendita sul mercato degli ‘stracci di carta’ o, attualmente, ‘cibernetici’. La proprietà dei soci ‘diventa’ proprietà della società, mentre ‘questa’ diventa proprietà degli amministratori, così come il valore di mercato della borsa, causato dalla convenzione degli azionisti, ‘diventa’ proprietà della speculazione ebraica riconducibile ai ‘manovratori’ della ‘mercatura borsistica’.”
“Con questa tecnica – afferma Auriti (14) – si spoglia l’azionista in due tempi: prima perchè gli si toglie la proprietà attribuita all’atto del conferimento al fantasma giuridico – società anonima, poi perchè attraverso le oscillazioni manovrate in borsa lo si spoglia anche del valore creditizio del titolo. L’azionista così, dopo essere stato spogliato della proprietà del capitale abbandona definitivamente il proprio patrimonio nelle mani del sistema bancario.”.

Andiamo ‘concludendo’ questa nostra ‘ricognizione analitica’ sui meccanismi di sfruttamento dell’usurocrazia ebraica senza dimenticarci di una figura assolutamente rilevante della cultura e della narrativa del Novecento, il poeta americano Ezra Pound (15), il quale scriverà questi versi “contro l’usura”:
“Con Usura nessuno ha una solida casa
di pietra squadrata e liscia
per istoriarne la facciata,
con usura
non v’è chiesa con affreschi di paradiso
harpes et luz
e l’Annunciazione dell’Angelo
con le aureole sbalzate,
con usura
nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine
non si dipinge per tenersi arte
in casa, ma per vendere e vendere
presto e con profitto, peccato contro natura,
il tuo pane sarà straccio vieto
arido come carta,
senza segala né farina di grano duro,
usura appesantisce il tratto,
falsa i confini, con usura
nessuno trova residenza amena.
Si priva lo scalpellino della pietra,
il tessitore del telaio

CON USURA
la lana non giunge al mercato
e le pecore non rendono
peggio della peste è l’usura, spunta
l’ago in mano alle fanciulle
e confonde chi fila. Pietro Lombardo
non si fé con usura
Duccio non si fé con usura
né Pier della Francesca o Zuan Bellini
né fu la “Calunnia” dipinta con usura.
L’Angelico non si fé con usura, né Ambrogio de Praedis,
Nessuna chiesa di pietra viva firmata: Adamo me fecit.
Con usura non sorsero
Saint Trophime e Saint Hilaire,
Usura arrugginisce il cesello
arrugginisce arte e artigiano
tarla la tela nel telaio, non lascia tempo
per apprendere l’arte d’intessere oro nell’ordito;
l’azzurro s’incancrena con usura; non si ricama
in cremisi, smeraldo non trova il suo Memling
Usura soffoca il figlio nel ventre
arresta il giovane drudo,
cede il letto a vecchi decrepiti,
si frappone tra i giovani sposi

CONTRO NATURA
Ad Eleusi han portato puttane
Carogne crapulano
ospiti d’usura. ” (16)


“S’è battuto Contro l’usura e l’ha pagata cara. – scrive Giano Accame (17) – L’hanno chiuso a Pisa in una gabbia e poi per dodici anni a Washington, senza processo, in un manicomio criminale. (…) La lezione di Pound si conclude in un appello a colmare il deficit di democrazia che sta espropriando i popoli ed eleva il denaro ad ethos dell’Occidente: nella secolarizzazione, principio residuale di fede e d’obbedienza.”

Noi – affermatori di Valori conformi alla Tradizione informale e assertori di un’ordine fondato sui Valori dell’Essere e non dell’avere, propugnatori di un progetto politico rivoluzionario mirante l’annientamento del Sistema Giudaico-Mondialista (…perchè , per dirla con Franco Giorgio Freda (18), “Ora è proprio questo, la distruzione del sistema, il nostro compito storico immediato: questo significa ‘testimoniare’ attivamente i principì del vero Stato nella nostra tipica situazione storica. Questo ha valore per noi di coerente adesione agli elementi fondamentali della nostra idea del mondo (…) Noi siamo dei fanatici, dei fanatici che mirano a essere sempre più lucidi. Ed è proprio del fanatico assumere una idea del mondo e, riconosciutala, (…) tendere a essa – tutto subordinando a tale obiettivo e tutto ritenendo valido purchè si riveli efficace per raggiungerlo.”….) – non siamo ‘economisti’ nè ci occupiamo di ‘merci’ e di ‘monete’….(…neanche lo ‘straccio’ di un giudeuro…in tasca solo i pugni e la volontà di non mollare…) ma, riteniamo ‘opportuno’ e di assoluta rilevanza politica, la identificazione dell’esprit ‘moderno’ delle società contemporanee – ‘famelicamente’ prone a Mammona e asservite ai diktat sinagogico-sistemici mediante l’imposizione delle forche ‘caudine’ alias lex judaica – con la Grande Usura giudaica, lo spirito mercantilistico-usuraio dei prestamonete kippizzati di tutte le epoche e di ogni ‘latitudine’ e l’inversione , in senso materialista, economicista e monetaristico, della vita sociale dei popoli e delle nazioni ‘goyim’.
Il mondo si divide in due categorie: gli sfruttatori e gli sfruttati del Sistema giudaico-mondialista ovvero della Grande Usura dell’Alta Finanza cosmopolita, parassitaria ‘kosherizzata’ alias la pratica di sfruttamento monetario denominata Usurocrazia.

Ricordiamo in proposito cosa ci insegna il Sublime Corano: “”Coloro che si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato da Satana e questo perché dicono: il commercio è come l’usura. Ma Allah ha permesso il commercio ed ha proibito l’usura” e , ancora dal Libro Increato, “”Allah vanifica l’usura e fa decuplicare l’elemosina…O voi che credete,temete Allah e rinunciate ai profitti dell’usura se siete credenti” (19).
Come si ‘noterà’ non siamo ‘musulmani’ per ‘caso’…il ‘caso’ , ‘semplicemente’, non esiste!
Au ‘revoir’….

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA “ISLAM ITALIA”
DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)
Note –
1 – Serge Latouche – “L’occidentalizzazione del mondo” – ediz. “Bollati Boringhieri” – Torino 1992;
2 – introduzione a S. Latouche – op. cit.;
3 – Maurizio Lattanzio – sul Mondialismo dal mensile “Avanguardia”;
4 – “La Rivolta del Popolo” citato da Carlo Alberto Roncioni in “Il Potere Occulto” – ediz. “Sentinella d’Italia” – Monfalcone 1974;
5 – Renè Guènon – “Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi” – ediz. “Adelphi” – Milano 1982;
6 – Giacinto Auriti – “L’Ordinamento Internazionale del Sistema monetario – Principi ed orientamenti per una riforma del sistema monetario” – ediz. “Marino Solfanelli” – Chieti 1985;
7 – Giacinto Auriti in Aa.Vv. – “L’occulta strategia della guerra senza confini” – Atti del II° Convegno Nazionale del Centro Studi Politici e Costituzionali, Rimini 1972;
8 – sulla pratica dell’usura nel periodo medioevale e nella storia si consultino:
· J. Le Goff, La borsa e la vita. Dall’usuraio al banchiere, ed. Laterza, Bari 2003
· J. Le Goff, La nascita del Purgatorio, ed. Einaudi, Torino 1982
· Cassimatis, Les intérêts dans la législation de Justinien et dans le droit byzantin, 1931
· L’etica economica medievale (a cura di Ovidio Capitani), ed. Il Mulino, Bologna 1974
· O. Capitani, Sulla questione dell’usura nel Medioevo, in Bull. Dell’Ist. St. It. per il ME 1958
· Gamba Carlo, Licita usura. Giuristi e moralisti tra Medioevo ed età moderna, Libreria Editrice Viella, Roma 2004
· B. N. Nelson, Usura e cristianesimo, ed. Sansoni, Firenze 1967
· G. Todeschini, La ricchezza degli ebrei. Merci e denaro nella riflessione ebraica e nella definizione cristiana dell’usura alla fine del medioevo, Spoleto 1989
· Gamba Carlo, Licita usura. Giuristi e moralisti tra Medioevo ed età moderna, Viella
· Ragazzini Giuseppe; Ragazzini Marco, Breve storia dell’usura, CLUEB
· F. Casolini, Bernardino da Feltre. Il martello degli usurai, Milano 1939
· Giovanni Guerrieri, Gli ebrei a Brindisi ed a Lecce 1409-1497. Contributo alla storia dell’usura nell’Italia meridionale, Bocca, Torino 1900.
· M. Giacchero, Aspetti economici fra III e IV secolo: prestito ad interesse e commercio nel pensiero dei Padri, in “Augustinianum” n. 17/1977
· P.S. Leicht, Laesio enormis e justum pretium, in Studi di storia e diritto in onore di Carlo Calisse, Milano 1940, I, pp. 35-57
· C. Semeraro, Prestito, usura e debito pubblico nella storia del cristianesimo, in “Salesianum” n.53/1991
· M. G. Mara, “Usura”, in Dizionario patristico e di Antichità cristiane, Ed. Marietti, Casale Monferrato 1983-89
· S. Giet, De saint Basile à saint Ambroise. La condamnation du pret à intéret au IVe siècle, in “Rech SR” n. 33/1944
· R. P. Maloney, Early Conciliar Legislation on Usury, in “Rec. Th.”, n. 39/1972 e The Teaching of the Fathers on Usury, in “V. Chr.”, n. 27/1973
· G. Ceccarelli, Etica economica e Monti di Pietà, in L’Italia alla fine del Medioevo: i caratteri originali nel quadro europeo, Atti dell’VIII e del IX Convegno Internazionale di Studi della Fondazione Centro Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo, Pacini, Pisa
· G. Ceccarelli, L’atteggiamento della Chiesa, in I “Lombardi” in Europa nel Medioevo, a cura di R. Bordone, Franco Angeli, Milano
· G. Ceccarelli, L’usura nella trattatistica teologica sulle restituzioni dei male ablata (XIII-XIV secolo), in Credito e usura fra teologia, diritto e amministrazione. Linguaggi a confronto (secc. XII-XIV), Atti del Convegno internazionale tenutosi a Trento (3-5 settembre 2001), a cura di G. M. Varanini, École Française de Rome
· G. Ceccarelli, Il Gioco e il Peccato. Economia e rischio nel Tardo Medioevo, il Mulino, Bologna, 2003
· G. Ceccarelli, Usura e casistica creditizia nella Summa Astesana: un esempio di sintesi delle concezioni etico-economiche francescane, in Ideologia del credito fra Tre e Quattrocento: dall’Astesano ad Angelo da Chivasso, Atti del convegno di Asti (9-10 giugno 2000), a cura di B. Molina e G. Scarcia, Centro Studi sui Lombardi e sul credito nel Medioevo, Asti, 2001, pp. 15-58.
· R. M. Gelpi – F. Julien Labruière, Storia del credito al consumo. La dottrina e la pratica, Bologna 1994
· F. Sinatti D’Amico, I Monti di Pietà e la povertà operosa, in AA. VV., S. Giacomo della Marca nell’Europa del ‘400,, Atti del Convegno storico internazionale (Monteprandone, 7-10 settembre 1994), a cura di Silvano Bracci, Centro Studi Antoniani, Padova 1997, pp. 91-92.
· A. Ghinato, Studi e documenti intorno ai primitivi Monti di Pietà, Roma 1956-63
· V. Meneghin, Bernardino da Feltro e i Monti di Pietà, Padova 1974
· A. Milano, Considerazioni sulla lotta dei Monti di Pietà contro il prestito ebraico, in Scritti in memoria di Sally Mayer, Gerusalemme 1956, pp. 199-223.
· M. Maragi, I cinquecento anni del Monte di Bologna, Bologna 1973, p. 54. Sul Monte di Pietà di Bologna vedi, M. Fornasari, Economia e credito a Bologna nel quattrocento: la fondazione del Monte di pietà, “Società e storia” anno XVI, n. 61, luglio-settembre 1993. Dello stesso autore vedere anche: Il thesoro della città. Il Monte di pietà e l’economia bolognese nei secoli XV e XVI, Bologna 1993
· M.G. Muzzarelli, I banchieri ebrei e la città, in M.G. Muzzarelli (a cura di), Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, Bologna 1994
· T. Fanfani, Alle origini della Banca. Etica e Sviluppo economico, Bancaria, Roma 2002
· La condanna dell’usura in alcune prediche di S. Bernardino da Siena, di S. Giacomo della Marca e del beato Bernardino da Feltre
9 – Georg Ostrogorsky – “Storia dell’impero bizantino” – ediz. “Einaudi” – Torino 2005;
10 – Jacques Le Goff – “La borsa e la vita. Dall’usuraio al banchiere” – ediz. “Laterza” – Roma-Bari 2003;
11 – Luigi Copertino – articolo “Il Nichilismo della Finanza” – dal sito www.effedieffe.com ;
12 – Sergio Gozzoli – “Sulla pelle dei popoli – Viaggio nel labirinto del potere mondialista” – Nr 27 del periodico “L’Uomo Libero” – Anno IX – Giugno 1988;
13 – Maurizio Lattanzio – articolo “La ‘Grossa Usura’ giudaica…” – da Agenzia di Stampa “Islam Italia” – Anno 3 – Nr. 23 – Gennaio 2004;
14 – Giacinto Auriti – AaVv – “L’occulta strategia della guerra senza confini” – op. cit.;
15 – Ezra Pound – “Ezra Pound – nome completo Ezra Weston Loomis Pound – (Hailey, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1 novembre 1972) è stato un poeta statunitense che visse per lo più in Europa e fu uno dei protagonisti del modernismo e della poesia di inizio XX secolo. Costituì la forza trainante di molti movimenti modernisti, principalmente dell’imagismo e del vorticismo. Nacque il 30 ottobre 1885 a Hailey, Idaho, ove il padre era occasionalmente giudice fondiario. Trascorse la giovinezza a Filadelfia. Iniziati gli studi, si prefisse fin da adolescente di essere poeta. Nel 1898, con una prozia, visitò per la prima volta l’Europa. Studiò alla Cheltenham High School, allo Hamilton College di Clinton e all’Università di Pennsylvania, Filadelfia, dove conobbe e frequentò i futuri poeti William Carlos Williams e H. D. (pseudonimo di Hilda Doolittle), che fu un suo amore giovanile. Nel 1907-1908 insegnò letteratura spagnola e francese al Wabash College (Indiana), ma si dimise dopo essere stato criticato per i suoi atteggiamenti disinvolti.
Nel 1908 lasciò definitivamente gli Stati Uniti per l’Europa. Approdò dapprima a Gibilterra, poi si stabilì a Venezia. Qui pubblicò il suo primo libro di poesie, A lume spento. Nel settembre 1908 raggiunse Londra, dove rimase 12 anni. La prima poesia di Pound fu ispirata dalle sue letture dei preraffaelliti, da altri poeti dell’Ottocento e dalla letteratura medievale, in particolare dalla letteratura cortese, ma anche da letture di filosofia neo-romantica e occultismo. Trasferitosi a Londra e dopo un periodo parzialmente antiquario (Personae, 1909; Canzoni, 1910), sotto l’influsso di Ford Madox Ford e T. E. Hulme cominciò ad adottare un linguaggio poetico e forme di poesia più moderni (Lustra, 1915).

Credeva che William Butler Yeats fosse il più grande dei poeti contemporanei: lo conobbe e ne divenne amico, svolgendo per alcuni anni funzione di segretario del poeta irlandese. La collaborazione tra Yeats e Pound fu indispensabile a far sì che ciascuno riuscisse a modernizzare la propria poesia. Durante la guerra, Pound e Yeats trascorsero alcuni periodi insieme nel casolare Stone Cottage nel Sussex, in Inghilterra, studiando fra l’altro letteratura giapponese, specialmente i drammi del genere Nō. Nel 1914, sposò un’artista inglese, Dorothy Shakespear.
Negli anni antecedenti la prima guerra mondiale, Pound fu tra i principali promotori dell’imagismo e del vorticismo. Questi movimenti, che richiamarono l’attenzione sull’opera di poeti e artisti quali James Joyce, T.S. Eliot, Wyndham Lewis, William Carlos Williams, H.D., Richard Aldington, Marianne Moore, Rebecca West e Henri Gaudier-Brezska, ebbero importanza cruciale nella nascita del modernismo di lingua inglese. La guerra distrusse la fiducia di Pound nella moderna civiltà occidentale, ed egli decise di abbandonare Londra per Parigi, ma non prima di aver pubblicato Omaggio a Sesto Properzio (Homage to Sextus Propertius) nel 1919 e Hugh Selwyn Mauberley nel 1920. Se questi due fondamentali poemetti rappresentano l’addio di Pound a Londra e alla sua cultura, i Canti (The Cantos), che iniziò a pubblicare nel 1917, annunciavano il suo futuro cammino letterario. Nel 1920 abbandonò la conservatrice Londra per Parigi, pulsante scena per avanguardie culturali ed avanguardisti. Frequentò Constantin Brancusi, Francis Picabia, Georges Braque, Ernest Hemingway (che testimonierà: “Io gl’insegnai a tirare di pugilato e Pound a me ciò che si doveva e non si doveva scrivere”), Pablo Picasso, Jean Cocteau, Tristan Tzara, Erik Satie. Presentò James Joyce a Sylvia Beach, proprietaria della famosa libreria Shakespeare & Co., che nel 1922 pubblicò Ulisse.
Nel 1921-22 aiutò a rivedere e scorciare il manoscritto di The Waste Land di Thomas Stearns Eliot, che dedicò il poema “Ad Ezra Pound – il miglior fabbro”, citando la definizione che nel Purgatorio, Canto 26, Guido Guinizelli dà del trovatore Arnaut Daniel. Negli anni di Londra e Parigi e anche in seguito si adoperò perché Eliot, Joyce ed altri artisti potessero avere agio di lavorare, sollecitando finanziamenti e aiutandoli di persona.
A Parigi si dedicò con sempre maggior passione agli studi musicali, scrivendo un eccentrico Trattato d’armonia e componendo in collaborazione con amici musicisti il melodramma Le Testament, da François Villon, che ebbe la sua prima esecuzione in forma concertistica nel 1926. Nel 1925 usciva a Parigi un primo volume di XVI Canti.
Stanco dell’atmosfera urbana e del freddo nord, nel 1924 si stabilì definitivamente in Italia, a Rapallo, una cittadina ligure nel golfo del Tigullio, dove avrebbe potuto dedicarsi indisturbato alle sue passioni artistiche e storiografiche e allo sport preferito, il tennis.
Anche a Rapallo Pound creò un circolo di amici artisti e progettò iniziative letterarie e musicali, quali il Supplemento Letterario (1931-1932) del Mare (settimanale rapallese) e le stagioni di concerti degli “Amici del Tigullio” che si svolsero per tutti gli anni 1930. Nei concerti era spesso impegnata Olga Rudge, violinista americana che nel 1925 diede a Pound una figlia. Nel 1926 nacque a Parigi, dalla moglie Dorothy, Omar Shakespeare Pound. (“Si noti il crescendo”, commentò Pound.)
Negli anni 1930 rivolse i suoi interessi sempre più alla politica e all’economia, pubblicando un pamphlet dal titolo ABC dell’economia, e Jefferson e/o Mussolini, opera in cui dava un’interpretazione liberale e artistica del dittatore italiano (il quale tuttavia gli concesse una sola udienza nel 1933). Insieme diede diverse sistemazioni alle sue intuizioni critiche nei volumi Come leggere, ABC del leggere, Rinnovare, Guida alla cultura, Carta da visita. In particolare “Rinnovare” (“Make it new”), motto confuciano, divenne la sua insegna. A Confucio e alla scrittura cinese dedicò diversi studi, traduzioni e gruppi di canti. Infatti negli anni di Rapallo pubblicò via via i volumi contenenti i canti 31-41 (“Jefferson”), 42-51 (“La quinta decade: Siena”) e 52-71 (“Cina – John Adams”). In questi volumi il poema d’ispirazione dantesca diventa una rivisitazione di momenti storici esemplari e un atto di accusa contro l'”usura” (canto 45).
Lontano dall’America dal 1911, vi ritornò nel 1939 con l’intenzione, affermò, di mediare fra le posizioni della patria e del paese di adozione, ma non trovò ascolto. In compenso il suo collegio, Hamilton College, gli conferì il dottorato ad honorem.
Dal 1941 al 1943 Pound realizzò a Roma per la radio italiana numerose trasmissioni in inglese in cui difendeva il fascismo e accusava gli angloamericani e la finanza internazionale di aver provocato la guerra contro i paesi che si erano ribellati al giogo dell’usura. Trasmesse in Gran Bretagna e USA queste trasmissioni gli valsero un’incriminazione per tradimento da parte del governo americano.
Durante la Repubblica Sociale Italiana (ottobre 1943 – aprile 1945) continuò la sua attività giornalistica e compose due canti in italiano (72-73) in cui ribadiva la solidarietà al fascismo.
Il 3 maggio 1945 fu arrestato da partigiani italiani e consegnato ai militari USA, che lo trattennero per alcune settimane a Genova e poi lo trasferirono nel campo di prigionia e rieducazione per militari americani DTC ad Arena Metato nel comune di San Giuliano Terme, presso Pisa.
Per circa tre settimane fu rinchiuso in una gabbia di ferro posta all’aperto, esposto al sole di giorno e alla luce dei riflettori di notte. Subì un collasso fisico e mentale, dopo il quale fu trattato con maggiore considerazione: gli fu assegnata una tenda presso l’infermeria e gli fu consentito di scrivere e utilizzare la macchina da scrivere nelle ore serali. Instancabile, trascorse i mesi pisani componendo gli undici Canti pisani (dal 74 all’84) e traducendo ancora Confucio.
A fine novembre fu trasferito in aereo a Washington per il processo. L’accusa di alto tradimento lo avrebbe probabilmente portato alla pena di morte. Ma un vero e proprio clamore nel mondo dei poeti si erse in sua difesa e il processo fu annullato. Pound fu dichiarato infermo di mente e internato nell’ospedale criminale federale di St. Elizabeths di Washington
Recluso nell’ospedale di St. Elizabeth, circondato da un grande parco, Pound fu visitato regolarmente dalla moglie e da vecchi e nuovi amici artisti: Eliot, Cummings, William Carlos Williams, Marianne Moore, e tra i giovani: Robert Lowell, James Laughlin (che, con “New Directions”, fu suo editore), Sheri Martinelli, e molti altri. Trovò anche proseliti per le sue idee sociali e ispirò la pubblicazione di opere rare di Louis Agassiz, Alexander Del Mar, Edward Coke, ecc. Questi stessi autori diventavano nel frattempo protagonisti dei canti che continuava a scrivere e pubblicare. Nel 1948 i Canti pisani ottennero il Premio Bollingen per la poesia della Library of Congress provocando non poche polemiche visto che Pound era nel contempo ospite involontario del governo americano in un manicomio criminale. Della giuria facevano parte T.S. Eliot e W.H. Auden, che in questo modo pensavano di attirare l’attenzione sulla pietosa situazione del non più giovane poeta. Ma la polemica finì più per nuocere che giovare e per molti anni del caso Pound non si parlò più.
Nel 1957 un gruppo di amici fra cui Hemingway, Robert Frost e Archibald MacLeish si prodigarono perché si trovasse una soluzione al caso Pound. La pubblica accusa, verificato che Pound non si sarebbe potuto processare a causa delle sue condizioni mentali, ritirò l’accusa, e il poeta tornò in libertà e ripartì poco dopo per l’Italia.”
(crf http://it.wikipedia.org/wiki/Ezra_Pound )
16 – Ezra Pound – “Contro l’Usura” – Canto XLV – si consulti anche di Giano Accame – “Ezra Pound Economista – Contro l’usura” – ediz. “Settimo Sigillo” – Roma 1995;
17 – Giano Accame – “Ezra Pound Economista – Contro l’usura” – ediz. “Settimo Sigillo” – Roma 1995;
18 – Franco Giorgio Freda – “La disintegrazione del Sistema” – ediz. di “Ar” – Padova 1980;
19 – si consulti in merito:
http://www.signoraggio.com/signorag…melebanche.html
http://www.signoraggio.com/mi_princ…o_islamico.html
http://www.signoraggio.com/mi_islam…far_banca.ht m
http://www.signoraggio.com/mi_il_si…_del_corano.htm
In merito al sistema economico nel mondo islamico consigliamo del martire Grande Ayatollah Mohammad Baqer al Sadr – “La Economia Islamica” – ediz. a cura dell’Asociacion Islamica de los Estudiantes Iranies en Espana – Madrid (Spagna) 1984 e, dello stesso autore, “Aperçu de l’economie islamique” – ediz. a cura della “Foundation ‘Bibliotheque Ahl el Beit'” – Paris (Francia) 1982. Consigliamo anche di AaVv – “Aperçu sur la legislation du travail en Islam” – ediz. a cura della “Fondation Al Balagh” – Teheran (R.I. dell’Iran 1994.

TRATTO DA:
https://dagobertobellucci.wordpress.com/2011/08/07/usurocrazia-il-parassitismo-del-sistema-bancario-internazionale-e-i-meccanismi-di-sfruttamento-monetaristici-dellalta-finanza-giudaica/


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